Fausta Deshormes La Valle: un’artigiana dell’informazione a servizio dell’Europa

Fausta (1927-2013), nata e cresciuta in una famiglia di giornalisti, studia Giurisprudenza presso l’Università di Roma, ma al contempo sviluppa una forte passione che l’accompagna per il resto della propria vita: l’amore per una corretta informazione, con la consapevolezza di quanto essa possa influire sulla formazione e di conseguenza sulla responsabilizzazione dei cittadini e delle cittadine e sulla loro partecipazione alla vita sociale e politica. Nel 1945 è già redattrice di “L’Universitario” (una rivista del gruppo di studenti L’Interfacoltà); dal 1946 al 1951 è segretaria di redazione della rivista “Annali Ravasini” mensile dedicato al settore medico e dal 1951 al 1955 è redattrice della rivista “Ricerca”, organo della Federazione Universitaria Cattolici Italiani (Fuci).

Sono proprio gli incontri, le amicizie e le reti intessute in quegli anni a risultare decisivi e determinanti per il suo futuro. Già dal 1951 grazie ad Ivo Murgia, fondatore di “Ricerca” e direttore responsabile della rivista dal 1945 al 1947, inizia per lei una nuova entusiasmante avventura. Viene coinvolta nelle attività del Segretariato italiano della Campagna Europea della Gioventù (Ceg), un’organizzazione legata al Movimento Europeo, e nella sensibilizzazione dei/lle giovani sulle questioni europee; dal 1955 al 1958 viene designata caporedattrice della rivista, organo della Campagna, “Giovane Europa”. Un periodo breve ma che, come l’esperienza in “Ricerca”, la segna profondamente. È proprio in quegli anni, infatti, che la giovane Fausta affina le sue doti di giornalista e quelle abilità e competenze che le tornano utili durante il proprio lavoro nella Commissione europea, immagina e pianifica eventi che possano raggiungere il pubblico più giovane (come concorsi e seminari), amplia la sua rete di contatti e trova l’amore, Philippe Deshormes (Segretario della Campagna Europea dal 1953 sino al 1959).

Ma Fausta, grazie alla Campagna Europea della Gioventù, non trova solo l’amore. Dopo la nascita dei suoi due figli e il trasferimento a Bruxelles vuole tornare, e ne è fermamente convinta, a mettere le proprie energie a disposizione del progetto di integrazione europea. Già il 1° gennaio 1961 viene reclutata dal direttore del Servizio di Stampa e Informazione delle Comunità, Jacques-René Rabier, ed entra a lavorare per la divisione Informazione Universitaria-Gioventù-Educazione popolare,  il cui responsabile è una sua vecchia conoscenza: Jean-Charles Moreau, ex segretario della Campagna Europea della Gioventù. Le viene, così, offerta la possibilità di mettere a frutto l’esperienza maturata, in particolare nella Fuci e durante il lavoro come caporedattrice di “Giovane Europa”, nel campo dell’educazione della gioventù. Questo sino al 1974, anno in cui viene chiamata a prendere servizio (sino al dicembre del 1976) presso il Gabinetto del Vice-presidente della Commissione, l’italiano Carlo Scarascia Mugnozza. In quel frangente si occupa in particolare di protezione ambientale, di tutela dei consumatori, di relazioni con il Parlamento europeo.

Inoltre, sono proprio quelli gli anni in cui comincia a diventare sempre più insistente e pressante il dibattito sui diritti delle donne. La mobilitazione delle Nazioni Unite, a cui segue il Decennio delle Donne, arriva sino alle porte delle istituzioni europee. La Commissione europea programma, perciò, un sondaggio i cui risultati vengono discussi durante una grande conferenza intitolata Le donne e la Comunità europea che si tiene a Bruxelles nel marzo 1976 e che riunisce circa 120 delegate. Ed è esattamente al termine di quella conferenza che le donne avanzano la proposta, e che la Commissione europea avalla, di creare due unità per le donne. Una, diretta da Fausta Deshormes La Valle, su Informazione della stampa e delle associazioni femminili e una su I problemi concernenti il lavoro delle donne, la cui prima responsabile è Jacqueline Nonon. L’evento viene ben raccontato dalla stessa Deshormes in un saggio pubblicato in un libro contenente alcune riflessioni del gruppo Donne per l’Europa, un’organizzazione nata da un’idea di Ursula Hirschmann, consorte di Altiero Spinelli, verso la metà degli anni Settanta:

«Questo bisogno di informazione si è in particolare manifestato in occasione di un colloquio che riunì a Bruxelles, nel marzo 1976, centoventi donne che rappresentavano ad alto livello gli ambienti della vita politica, sociale e culturale dei Nove. Scopo di tale colloquio Le donne e la Comunità europea era quello di valutare i risultati di un sondaggio d’opinione realizzato nei nove Paesi della Comunità europea, nel 1975, in occasione dell’Anno Internazionale della Donna. Durante i dibattiti, la Commissione delle Comunità fu investita da proposte concrete, in seguito alle quali venne creata, in seno alla Direzione Generale dell’Informazione, un’unità destinata a intrattenere permanentemente un dialogo con le associazioni femminili informandole e documentandole su tutti gli aspetti dell’integrazione europea, e aiutandole a scambiare le informazioni da un’associazione dall’altra e da Paese a Paese».

Quell’evento, e in particolare l’Anno Internazionale della Donna, è destinato a cambiare per sempre il corso della storia delle donne europee ed in un certo senso della democrazia stessa. A partire dal 1975, dalla nota conferenza di Città del Messico sino a tutto il periodo indetto dalle Nazioni Unite per le donne (1976-1985) noto come Decennio per le donne: uguaglianza, sviluppo e pace le donne d’Europa, sostenute in parte dalle istituzioni europee e in parte dalla loro voglia di riscatto e di uguaglianza, cominciano a rivendicare i propri diritti attivando una serie di iniziative, proposte e progetti. Fausta Deshormes La Valle, Jacqueline Nonon, Ursula Hirschmann, Eliane Vogel-Polsky sono queste alcune delle protagoniste di quell’avventura che ha dell’incredibile e che parte dalle istituzioni europee, ma che finisce con l’incidere profondamente sulle stesse legislazioni nazionali.

Tra alcuni dei momenti più eclatanti di quel percorso si possono citare: la battaglia per il riconoscimento della diretta applicabilità dell’art. 119 del Trattato Istitutivo delle Comunità Economiche Europee; le iniziative per le elezioni a suffragio universale del Parlamento europeo; la creazione di una Commissione ad hoc per i diritti delle donne (a cui fa seguito la Commissione d’inchiesta per i diritti della donna e la Commissione permanente per i diritti della donna); il lancio del primo Programma d’Azione per la Parità; la pubblicazione della rivista “Donne d’Europa” e la creazione della Lobby Europea delle Donne.

Di tutto questo cammino fatto di collaborazione tra uomini e donne, di speranze, di ambizioni e di duro lavoro, Fausta Deshormes La Valle  rappresenta, in qualche modo, uno dei principali elementi catalizzatori. Dal suo piccolo ufficio per l’informazione alle donne, che ella stessa definisce un osservatorio privilegiato, lavora incessantemente per informarle (ma informa anche gli uomini), propone iniziative e sostiene la formazione di reti (seppur non goda di alcun potere politico e sia, al contrario, costretta a lavorare con pochi finanziamenti e ricevendo una subdola opposizione da parte della gerarchia).

Fausta Deshormes La Valle non ha alcun potere, nel senso classico del termine, ma sa avendolo sperimentato durante gli anni di lavoro come caporedattrice di “Giovane Europa” quanto l’informazione possa attivare un cambiamento sociale; ma anche quanto l’informazione debba sempre avere un fine formativo. L’informazione senza formazione rischia di scivolare facilmente nella propaganda e nel populismo e, di questo, lei è pienamente cosciente. Dirige con maestria, e poche risorse, il suo Ufficio Informazione Donne tra mille peripezie e ostacoli e soprattutto conserva documenti di ogni genere e li dona qualche anno prima della sua morte agli Archivi Storici dell’Unione Europea a Firenze.

Sa che dal tipo di informazione che viene conservata dipenderà la storia di domani, quel terreno su cui verranno poste le basi morali e civiche dei futuri cittadini e delle future cittadine. In quest’ottica si comprende anche l’incommensurabile dono fatto alle generazioni future tramite il reperimento e la catalogazione di documenti preziosi per la storia dell’integrazione europea. Se Fausta non avesse avuto la premura di conservare tutti i documenti che hanno segnato la propria vita e che dimostrano al contempo l’impegno e la rilevanza che giovani e donne hanno avuto nel processo dell’integrazione europea quella parte di storia sarebbe stata cancellata, facendo venir meno una parte del racconto della storia dell’integrazione europea “dal basso” e da un’altra “angolatura”. Tutte le europee e tutti gli europei dovrebbero essere grati a questa grande donna che, con umiltà, è riuscita a rendere l’Unione Europea un posto un po’ più a misura di cittadini e cittadine. E che, e soprattutto, lo ha fatto senza alcun personalismo e senza pensare di star facendo qualcosa di straordinario o di eccezionale. Tanto che in un’occasione ebbe a dire qualcosa del tipo: «Perché mi premiate? Semplicemente per aver fatto il mio lavoro?»

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Articolo di Maria Pia Di Nonno

Dottoressa di Ricerca in Storia dell’Europa presso la Sapienza Università di Roma. Promotrice di un progetto di ricerca sulle Madri Fondatrici dell’Europa, ha ricevuto prestigiosi premi come, nel 2018, il Premio Altiero Spinelli della Commissione Europea.

 

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