I destini di tre patriote per i 150 anni di Roma capitale (3 febbraio 2021)

 

Il 3 febbraio 2021 ricorrono i 150 anni di Roma capitale. Con una legge dell’allora Regno d’Italia, datata 3 febbraio 1871, si stabiliva il trasferimento della capitale da Firenze a Roma e si compiva l’ultimo atto del processo di unificazione nazionale. Il 20 settembre 1870 i bersaglieri erano entrati in Roma dalla breccia di Porta Pia. L’operazione militare, condotta con il tacito accordo delle diplomazie europee e approfittando dell’allontanamento delle truppe francesi, venne accolta con entusiasmo dalla popolazione romana, secondo la testimonianza di Edmondo De Amicis.
«In pochi minuti tutto il Campidoglio è imbandierato. Il cavallo dell’imperatore romano è carico di popolani; l’imperatore tiene fra le mani una bandiera tricolore. […] Si grida: “Viva Vittorio Emanuele in Campidoglio!” Le donne si mettono le coccarde tricolori sul seno».

Sarà la Sindaca Virginia Raggi, prima donna ad assumere questo incarico, e, contemporaneamente, la più giovane tra tutti i sindaci di Roma città metropolitana, a commemorare il 3 febbraio 2021 la proclamazione di Roma capitale.

Il destino di Roma si intreccia con il processo di unificazione nazionale in eventi, figure, storie che assumono e mantengono a 150 anni di distanza un alto valore istituzionale e simbolico.
Ne sono buon esempio le vicende di tre patriote, Cristina Trivulzio di Belgioioso, Margaret Fuller e Giuditta Tavani Arquati. Tutte e tre furono coinvolte nell’esperienza della Repubblica Romana e, alla sua conclusione, se ne andarono esuli con i garibaldini che il 3 luglio 1849 lasciarono la città. Cristina e Margaret vi svolsero un ruolo da protagoniste, la prima come responsabile del servizio ospedaliero per l’assistenza ai feriti, la seconda come “corrispondente di guerra” del New York Tribune; invece, la più giovane Giuditta perderà la vita nel 1867 in un tragico episodio legato alla sfortunata spedizione garibaldina di Mentana.

Nel biennio 1848-49 movimenti insurrezionali, che gli storici hanno definito “Primavera dei popoli”, scoppiano in molti paesi e città europee. Le parole d’ordine degli insorti sono: Costituzione, giustizia sociale e, nei paesi sottoposti a dominazione straniera come l’Italia, indipendenza. Il movimento fu talmente vasto e lo sconvolgimento tanto profondo che ancora oggi si dice “è successo un quarantotto” per indicare una situazione di totale disordine e sovvertimento.

La vicenda della Repubblica Romana si iscrive in tale contesto, avendo come antecedenti le insurrezioni di Milano e Venezia, nella cornice della Prima guerra d’indipendenza.

La Costituente, una combattente vestita all’Ernani come nella Milano delle Cinque Giornate, spaventa Ferdinando II e fa rotolare a terra uno dopo l’altro i sovrani «traditori» della causa italiana (Carlo Alberto, Leopoldo II, il papa).
L’immagine, pubblicata sul periodico radicale livornese “L’Inferno. Giornale della Notte” del 12 febbraio 1849, è conservata alla Biblioteca Labronica F. D. Guerrazzi di Livorno.
(Da Banti A.M., Nel nome dell’Italia. Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini, Laterza, Roma-Bari 2011, p. 210.)

A Roma, dopo la fuga del papa a Gaeta e la votazione della Costituente che, nonostante la scomunica papale, elegge, a suffragio “universale” maschile, 179 deputati, si dichiara decaduto il potere temporale del Papato, si adotta come bandiera il tricolore bianco, rosso e verde e, il 9 febbraio 1949, si proclama la Repubblica. L’Assemblea costituente promulga il 2 luglio una Carta che fungerà da modello per approvare la Costituzione della Repubblica italiana, in vigore dal 1° gennaio 1948.
Dal suo esilio di Gaeta il Papa chiama in soccorso i sovrani cattolici: gli risponde l’ex carbonaro Luigi Napoleone (che dal 1852 sarà imperatore dei Francesi con il nome di Napoleone III) inviando un corpo di spedizione di 7000 uomini comandato dal generale Oudinot.
Il Generale Garibaldi arruola e comanda, insieme a Carlo Pisacane, le truppe poste a difesa della città, mentre il triumviro Mazzini cerca, inutilmente, di costruire consenso e legittimità internazionale intorno alla Repubblica e di negoziare un’uscita politica dalla crisi.
Tra i volontari accorsi al fianco di Garibaldi, molti provengono dal Nord Italia, dove, con la sconfitta di Novara (23 marzo 1849) e l’abdicazione di Carlo Alberto, si conclude la guerra contro l’Austria.
Negli oltre due mesi d’assedio numerosi esempi di solidarietà, fra cui sono in prima linea le donne, si registrano fra i cittadini romani, i volontari italiani e gli stranieri accorsi in difesa della Repubblica Romana.

Francesco Hayez, Ritratto di Cristina di Belgioioso, 1832, olio su tela, 136×101 cm, collezione privata, Firenze

La principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso, a lungo esule a Parigi fra il 1830 e il 1840, era già stata testimone, nell’agosto del 1848, del ritorno degli Austriaci in Milano dopo l’insurrezione delle Cinque Giornate (18–22 marzo) e la breve stagione del Governo provvisorio, di cui era stata protagonista attraverso le pagine di “Il Crociato”, un giornale da lei fondato e sovvenzionato.
«Dopo i fatti dell’agosto quasi 100 mila milanesi ebbero asilo nel Cantone Ticino: fra questi, due membri del Comitato di difesa, Restelli e Maestri: s’unirono questi a Mazzini, pure emigrato, al quale le ultime nostre sciagure non furon nuove: si costituirono in giunta insurrezionale. Un gran numero di lombardi, specialmente coloro, che tutto sperano dalla casa di Savoia soltanto, si portarono in Piemonte: dove ebber accoglienza poco fraterna: a Parigi stessa furono freddamente ricevuti coloro, che v’eran venuti a dimandare il soccorso francese. L’Austria aveva fatti precedere i nostri lagni da ogni calunnia».
​L’articolo viene pubblicato sulla rivista francese “Revue des Deux Mondes” nel 1848. Dunque, Cristina, come molti suoi compatrioti, sceglie la via dell’esilio e, dopo un breve soggiorno in Francia, raggiunge Roma. Qui insieme ad altre patriote e con la collaborazione delle donne di Trastevere, organizza un efficiente servizio di assistenza per i feriti. Dopo la caduta della Repubblica, la principessa Belgioioso va nuovamente esule, questa volta in Oriente: in una località vicina ad Ankara fonda e dirige una comunità agricola. Rientra in Lombardia nel 1856, approfittando di una amnistia. Muore nel luglio 1871, dopo che Roma è stata proclamata capitale del Regno d’Italia.
Circa l’impegno e la competenza con cui Cristina attende e sovrintende l’organizzazione degli ospedali romani per il soccorso ai feriti ecco la testimonianza di Margaret Fuller, inviata a Roma dal New York Tribune.
«Ha diffuso un invito alle donne romane perché preparino garze e bende e offrano i loro servigi ai feriti; ha riordinato gli ospedali e in quello centrale, la Trinità dei Pellegrini, […] essa è rimasta giorno e notte dal 30 aprile quando sono giunti i primi feriti».
L’appello, datato 1°maggio 1849 e sottoscritto dal Comitato Centrale (oltre a Belgioioso, Enrichetta Pisacane e Giulia Bovio Paulucci), contiene l’elenco degli ospedali romani e delle rispettive responsabili, prevede turni di assistenza e dispone modalità per la restituzione dei materassi prestati.

A Margaret Fuller è affidata la direzione dell’ospedale Fatebenefratelli. Gli articoli della Fuller ci danno informazioni sui volontari feriti o morenti:
«[…] ho percepito le loro sofferenze mentali e il loro angoscioso desiderio di avere vicino le persone care che si trovavano lontane; molti di loro infatti erano lombardi, giunti dai campi di Novara per combattere con una sorte più fausta; parecchi erano studenti universitari che si erano arruolati precipitandosi in prima linea».
Così Margaret descrive la partecipazione popolare alle ultime fasi dell’assedio:
«Quando incominciarono a cadere le bombe, una donna trasteverina, nobile discendente della romanità, ha dimostrato di essere degna di quell’eredità, afferrando una bomba e spegnendone la miccia. Ricevette una medaglia e una ricompensa in denaro».

Ritratto di Margaret Fuller, incisione

Margaret Fuller viene inviata in Europa nel 1846 dal New York Tribune: la sua prima tappa è Londra, dove conosce e stringe amicizia con Giuseppe Mazzini e dove incontra e si innamora del giovane marchese romano Giovanni Angelo Ossoli con il quale, nell’autunno del 1847, parte per Roma. Da qui invia regolari report al suo giornale: risiede nella città tranne nel periodo in cui soggiorna a Rieti, dove nasce Angelo. Caduta la Repubblica, Margaret e Giovanni con il piccolo Angelo si trasferiscono a Firenze. Si imbarcheranno per gli Stati Uniti il 17 maggio 1850, ma ormai in vista di New York il mercantile Elizabeth si incaglierà: nel naufragio tutti e tre perdono la vita e va perso per sempre il manoscritto sulla Repubblica Romana che Margaret intendeva dare alle stampe. I corpi di Margaret e Giovanni non saranno più ritrovati. Così suona l’epitaffio di Margaret, nel cimitero di Mont Auburn, Massachusetts: «Di nascita, figlia del New England/Di adozione, cittadina di Roma/Per genio, appartenente al mondo intero».

Alla difesa della Repubblica Romana partecipa anche Giuditta Tavani Arquati con il padre Giustino e il marito Francesco. I Tavani, una famiglia di piccoli imprenditori di idee liberali, possedevano un lanificio a Trastevere e compravano lana dai pastori della provincia. Giuditta si sposa, a soli quattordici anni con un altro patriota, Francesco Arquati, un allevatore più anziano di lei. Giuditta è colta, parla francese e tedesco e aiuta il marito nella attività del lanificio.
Quando la Repubblica cade, Giuditta e Francesco lasciano la città insieme a Garibaldi e a tutti i fuoriusciti. Vivranno come esuli e ricercati fra Venezia, Romagna e Subiaco. Nel 1865 rientrano come clandestini a Roma per organizzarne la liberazione, frequentano la casa e il lanificio di Giulio Ajani, un altro patriota.
È il 25 ottobre 1867, nei locali del lanificio Ajani si sono raccolte armi per appoggiare il corpo di spedizione garibaldino di cui si attende l’arrivo per dare il via all’insurrezione. Vi sono radunati una dozzina di patrioti. Il gruppo di cospiratori viene individuato: i gendarmi fanno irruzione e arrestano Giulio Ajani e altri patrioti, che al momento dell’irruzione si trovano in una casa vicina. Nel lanificio, invece, scoppia una bomba e si scatena l’inferno. Giuditta carica i fucili e incoraggia gli altri, mentre trecento zuavi danno l’assalto al laboratorio. Gli insorti resistono inaspettatamente per ore, in attesa di aiuti che però non arrivano. Alla fine sono sopraffatti: tutti vengono trucidati.
La figura di Giuditta Tavani Arquati diventa così il simbolo della lotta per la liberazione di Roma. Dal 1887 un’associazione laica e repubblicana a lei intitolata ricorda ogni 25 ottobre la data dell’eccidio. L’associazione, spazzata via dal Fascismo e ricostituita in età repubblicana, riesce nel 1909, insieme ad altre istituzioni, a far intitolare a Giuditta Tavani Arquati una piazza di Trastevere, nelle vicinanze dell’ex-lanificio Ajani.
Un esempio, forse raro ma significativo, per le azioni che oggi ispirano la mission di Toponomastica Femminile.


Carlo Ademollo, L’eccidio della famiglia Tavani Arquati, 1880, olio su tela, 27×44 cm,
Museo del Risorgimento, Milano. Il quadro rappresenta con crudo realismo come gli zuavi infierirono con le baionette sui corpi di Antonio, il figlio dodicenne, di Francesco e di Giuditta, incinta.

 

Bibliografia
AA.VV. Fare l’Italia, fare gli italiani: il processo di unificazione nazionale, in https://milanosifastoriabl.wixsite.com/fifi ; in particolare i moduli:
Il biennio 1848 – 1849 https://milanosifastoriabl.wixsite.com/fifi/m3
Le donne nel Risorgimento https://milanosifastoriabl.wixsite.com/fifi/m10
Alberto Mario Banti, Nel nome dell’Italia. Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini, Laterza, Roma-Bari 2011.
Bruna Bertolo, Donne del Risorgimento, Ananke, Torino, 2011.
Edmondo De Amicis, Ricordi del 1870-71, G. Barbèra, Firenze 1882, in: https://www.liberliber.it


***

Articolo di Silvana Citterio

Già dirigente scolastica e ricercatrice presso l’Irrsae Lombardia, ha pubblicato manuali scolastici per la scuola secondaria di primo grado. È coautrice del testo digitale sul Risorgimento Fare l’Italia, fare gli italiani: il processo di unificazione nazionale. È vicepresidente dell’associazione Iris (Insegnamento e ricerca interdisciplinare di storia) e ha promosso e fa parte dello staff di Milanosifastoria.

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