Cristina di Svezia (1626 – 1689)

Ritratto di Cristina di Svezia

Nata a Stoccolma l’8 dicembre del 1626, in assenza di eredi maschi, Cristina divenne regina di Svezia a sei anni, alla morte in battaglia del padre Gustavo II Adolfo il Grande, grazie ad un provvedimento che questi era riuscito a strappare anni prima al Parlamento.

Il suo era un mondo maschile, dominato dalla guerra, in cui le donne, anche quelle della sua famiglia, avevano scarso potere ed un unico fine, quello di sposarsi e generare il maggior numero possibile di figli. Cristina si pose come figura di rottura con la tradizione sotto tutti i punti di vista: le sue scelte audaci e irremovibili, indice di personalità volitiva e travolgente, l’hanno spinta a vivere un’esistenza libera da pressioni e condizionamenti come solo un uomo potente poteva permettersi di fare.

Il suo originalissimo modo di condurre sé stessa, gli affari personali e di Stato fu profondamente influenzato fin da subito dall’educazione ricevuta, solitamente destinata a un principe maschio erede al trono, che comprendeva studi umanistici, strategie politiche e molto esercizio fisico. Cristina rivelò uno spiccato intuito e un’autentica avidità per ogni genere di nozioni e stimoli. Coraggiosa e vivace qual era, amava anche tutto ciò che fosse militare, la vita all’aria aperta, gli animali, la caccia, le corse e il galoppo sfrenato a cavallo. Viceversa detestava tutto ciò che fosse appannaggio del sesso femminile compresi abiti, ornamenti, maniere e stile di vita che giudicava inutilmente ingombranti o sostanzialmente noiosi.

Dotata di determinazione, al compimento dei 18 anni prese nelle sue mani il governo del Paese, adoperandosi tra l’altro per la conclusione della Guerra dei Trent’ Anni. Promosse il commercio estero e l’attività di estrazione mineraria e fece di Stoccolma una delle città più colte d’Europa, il che le donò il soprannome di Minerva del Nord. Invitò a corte i più celebri letterati, filosofi e scienziati; intrattenne una fitta corrispondenza personale con Pascal che le donò una sua “pascalina”, antenata della moderna calcolatrice, e con Cartesio che, ospite a palazzo, le diede lezioni private di filosofia e religione per alcuni mesi. Inviò emissari all’estero in cerca di libri e opere d’arte e raccolse preziose collezioni come quella proveniente da Praga che inglobava molti capolavori italiani e che incrementò la sua attrazione fatale per la cultura di Roma.

Cristina parlava correntemente svedese, tedesco, francese ma anche un po’ di italiano, sapeva leggere e commentare i testi latini, conosceva le opere degli antichi greci, e aveva studiato matematica, fisica e astronomia. Adorava disquisire di scienze e filosofia. Quasi ogni ramo del sapere la incuriosiva, persino l’arabo, l’ebraico e l’alchimia. Amava il teatro e la danza e lei stessa si dilettava a danzare e recitare. Le furono dedicate diverse opere teatrali e in una di queste interpretò entusiasta la parte della dea Diana che tanto le somigliava per carattere, fiero irascibile audace e volitivo, e per lo stile di vita dinamico e intraprendente.

Ma Cristina era soprattutto una donna anticonformista e insofferente ai vincoli ed il suo amore per la libertà la portò a scelte dirompenti col suo ruolo di monarca: l’abiura della religione luterana e la conversione al cattolicesimo; una vita sentimentale fuori dagli schemi e il rifiuto del matrimonio; la scelta di un successore e l’abdicazione a suo favore; l’abbandono della propria terra per la libertà intellettuale di Roma.

Benché la pratica del cattolicesimo fosse vietata, Cristina si sentiva tollerante ed avviò colloqui segreti con sacerdoti gesuiti che la conquistarono con la loro sapienza e la loro forza d’animo tanto da indurla a convertirsi. Del resto Lutero aveva affermato che il destino di una donna era quello di generare figli fino alla morte e lei non aveva nessuna intenzione di concepire un figlio né di generarlo.

Nonostante le pressioni cui era soggetta ed il lungo corteggiamento di uomini illustri e di prìncipi, Cristina non si rassegnò mai all’idea di cedere il proprio ruolo di comando a un uomo per il solo fatto di averlo sposato, né di sottostare alle conseguenti soggezioni.

Al fine di garantire la successione, preferì nominare direttamente un principe ereditario e lo scelse nella persona del suo più assiduo pretendente, il cugino Carlo Gustavo, cui era stata legata da un idillio infantile. Ma non le bastava. Per evadere dal suo mondo doveva dare una svolta decisiva alla propria vita, rinunciando definitivamente al trono, ma voleva farlo da regina, unica e indiscussa. Così nel 1650, all’età di 24 anni, al fine di ristabilire l’autorità personale che era stata ridimensionata dalla nomina del successore, organizzò la cerimonia ufficiale dell’incoronazione a regina e la trasformò in un evento epocale con addobbi sfarzosi, cortei chilometrici, fuochi d’artificio, balli, banchetti e mascherate allegoriche che si protrassero per settimane. Quando poi comunicò al Senato la decisione di abdicare, si trovò a fronteggiare il parere contrario di tutti e fu costretta a soprassedere finché, dopo altri quattro anni di regno, depose la corona, impaziente di partire per Roma, ove anelava di raggiungere intelletti simili al proprio. Non senza aver prima negoziato un appannaggio per gli anni a venire con un accordo che continuava a riconoscerle il titolo di regina.

Ansiosa di lasciare la Svezia prima che qualcuno potesse ostacolarla si precipitò a rotta di collo fino al confine con la Danimarca dove ebbe luogo la sua metamorfosi: si liberò delle voluminose vesti femminili e dei tacchi, che le impacciavano i movimenti, per sostituirli coi più comodi stivali e pantaloni, si fece tagliare i capelli all’altezza delle spalle, e cinse la spada come un qualsiasi cavaliere per viaggiare in incognito e per assecondare la propria personalità ribelle. Finalmente libera dal protocollo di corte, da questo momento mostrerà di apprezzare cravatte giacche scarpe e parrucche da uomo, ma anche posizioni e atteggiamenti tipici maschili, come allargare le braccia in posizione rilassata e accavallare le gambe (allora rigorosamente proibito ad una donna che non fosse di facili costumi), togliersi il cappello piumato in presenza di papi e principi, usare un linguaggio più rude e abitudini più rozze.

Giunta a Roma Cristina fu ospitata per alcuni giorni dal Papa Alessandro VII all’interno delle mura del Vaticano, benché fosse allora vietato alle donne.

Nelle lussuose residenze romane che le vennero poi assegnate avviò un’intensa attività accademica per coltivare la musica, il teatro, la letteratura e le lingue, radunando intorno a sé, come già aveva fatto a Stoccolma, artisti, musicisti, letterati e poeti che formeranno il nucleo dell’Accademia dell’Arcadia, costituita un anno dopo la sua morte. La sua preziosa pinacoteca privata comprendeva, tra le altre, opere di Rubens, Van Dick, Tiziano, Raffaello e Tintoretto; la sua biblioteca personale contava ben 2.000 manoscritti, oggi proprietà della Biblioteca Vaticana; la sua collezione di sculture antiche da lei personalmente selezionate è oggi esposta al Prado di Madrid.

Col consenso del Papa Clemente IX promosse la costruzione del primo teatro romano per le rappresentazioni operistiche pubbliche che divenne molto popolare. Coinvolse compositori come Stradella, Corelli e Scarlatti mettendo a loro disposizione orchestre fino a 150 musicisti. Ammiratrice di Molière, ne intuì la grandezza prima degli altri e ne favorì in ogni modo l’ascesa. Strinse profonda amicizia col grande scultore Bernini, che decorò in suo onore la Porta del Popolo, le dedicò alcune delle sue opere e disse di lei: «Conosce la scultura meglio di me».

Il suo spirito politico e ribelle la indusse a ritenersi regina regnante per tutta la vita e a comportarsi come tale, facendosi paladina di donne allora considerate di condotta discutibile come le teatranti, le intellettuali e le ragazze in fuga da matrimoni indesiderati o dal convento. Quando si resero vacanti il trono napoletano e quello polacco si propose come monarca tessendo accordi diplomatici, ma giochi politici più grandi ne impedirono l’effetto desiderato. Mentre gli Ottomani assediavano Creta in quello slancio che sarebbe arrivato alle porte di Vienna, Cristina si attivò nel tentativo di creare una lega di potenze cristiane per combattere i Turchi e ciò fu molto apprezzato dal Papa.

Nonostante la sua posizione al vertice della società, la sua spregiudicata vita sentimentale fu spesso oggetto di pettegolezzi e scandali che la lasciavano del tutto indifferente: le sue infatuazioni, più o meno profonde e corrisposte, ebbero ad oggetto sia uomini che donne del suo entourage, aristocratici e non, persone di grande cultura e rettitudine morale ma anche soggetti opportunisti e poco eruditi. Tra i tanti spicca l’interesse a lungo manifestato per la bellissima dama di corte svedese Ebba Spare e l’indissolubile intesa che la legò a Roma al cardinale Decio Azzolino. Questi condivideva con lei una personalità provocatoria e imprevedibile e una profonda cultura. Lei riscoprì gli abiti femminili, lui le regalò la sua preziosa intercessione presso il Papa e ne fece la protettrice regale del suo Squadrone Volante creato per rendere il Papato indipendente dai grandi Stati cattolici. Entrambi passionali e attratti dagli intrighi di palazzo, finirono per innamorarsi e imbastire una reciproca e duratura devozione, spalleggiandosi continuamente, anche in politica, fino alla morte.

Cristina morì di polmonite il 19 aprile del 1689. Il cardinale rimase al suo capezzale fino alla morte e ne divenne erede universale ma le sopravvisse, afflitto dal dolore, per meno di due mesi.

I funerali della regina che aveva rinunciato al trono per il cattolicesimo dovevano essere fastosi e altrettanto straordinaria la sua sepoltura. Così Cristina di Svezia, simbolo della libertà intellettuale femminile in piena Controriforma, riposa in San Pietro, nelle Grotte Vaticane, accanto ai papi.

Si ringrazia Antonella Traverso per la stesura della Biografia.

Qui le traduzioni in francese e inglese.

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Articolo di Danila Baldo

Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, coordina il gruppo diade e tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa Femminista Europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane sino al settembre 2020.

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