Amália Rodrigues. La regina del Fado

A Alma do Fado, definita la Voce del Portogallo, è conosciuta in tutto il mondo come una delle maggiori interpreti e compositrici di questo genere musicale. Una musica che oggi potremmo definire “culturalmente ibrida”, incontro tra origini brasiliane e lisbonesi, ma ritmicamente afroamericana, unita alle tradizioni portoghesi. Probabilmente è la forma cantata della nostalgia degli emigrati europei in Brasile, a fine Ottocento, utile per accompagnare riunioni e feste.

Quella di Amália fu una profonda e autentica anima lusitana, tanto che durante i suoi funerali la sua voce fu trasmessa con altoparlanti lungo le strade di Lisbona, dove nacque nel 1920 e morì a 79 anni. Il timbro della sua voce era lo specchio della malinconia, del male metafisico incarnato dalla tradizione del fado.

Amália nasce in una famiglia immigrata dalla provincia, molto numerosa e con grandi difficoltà economiche, tanto che, come spesso accadeva, i genitori la affideranno alla nonna, Ana do Rosario Bento.

Sicuramente non vive un’infanzia gioiosa e lo spirito malinconico viene esaltato da questa condizione originaria. Il suo talento canoro viene subito notato, fin da piccola; racconta che si divertiva ad esibire la sua voce di fronte ad amicizie e parentele, dalle quali riceveva caramelle e paghette, e in piccoli eventi locali. Conosceva e cantava soprattutto testi popolari e cinematografici, come i tanghi di Gardel. Frequenta la scuola fino alla terza elementare perchè anche i suoi nonni hanno purtroppo bisogno del suo aiuto per vivere: il suo primo impiego sarà, non a caso, in una fabbrica di caramelle, dove si occupa di sbucciare la frutta e incartare i prodotti finiti.  A quindici anni vende frutta, vini e souvenir per turisti nel mercato del molo di Lisbona.

La svolta decisiva che lancerà Amália Rodrigues in un’escalation di successi durata oltre mezzo secolo avviene a 15 anni quando partecipa alla Marcha de Alcântara, dove canta accompagnata per la prima volta dalla chitarra, incidendo nel pubblico la potente sensualità della sua voce indimenticabile: nelle esibizioni indosserà sempre abiti neri, uno scialle, una spilla luccicante. Nel 1938 partecipa ad un famoso concorso di Fado e sarà l’occasione per farsi conoscere ed apprezzare, tanto da entrare in una delle maggiori case discografiche di fado di quel periodo: “O retiro da Sevra”. Così inizia la carriera di cantante e si esibisce con i maggiori musicisti portoghesi, tra cui Armando Augusto Freire, Jaime Santos, José Marque.

Inizialmente la sua vita sentimentale non fu semplice: si innamora molto giovane di un musicista dilettante, del quale resta incinta, e quando lui nega il matrimonio riparatore, lei tenta il suicidio. Per fortuna si salva, il matrimonio viene celebrato, ma dura pochi anni e il figlio non nacque mai. Molto tempo dopo Amália si innamora di un industriale brasiliano, César Séabra, che sposerà dopo quindici anni di convivenza e al quale resterà per sempre legata.

La famiglia di origine non approverà mai la sua vita dedicata alla musica, solo il fratello e la zia le resteranno accanto. Nel 1945 si esibisce con un grande concerto a Rio de Janeiro, nel Casinò di Copacabana. Diventerà ancor più popolare e famosa con il film Les amants du Tage, tanto da essere invitata al teatro Olympia di Parigi e iniziare così una carriera internazionale che la porta in tournée in Spagna, in Brasile, negli Stati Uniti e in Italia.

Nell’arco di un anno divenne la cantante più remunerata rispetto ai musicisti del momento; si esibì anche nel teatro di rivista e nel cinema, recitò un ruolo importante accanto a Hermínia Silva, nell’operetta Rosa Cantadeira, dove interpreta il Fado do Ciúme (Fado della gelosia). Ma il suo impresario, José de Melo, le impedisce inizialmente di incidere dischi temendo una minore presenza di pubblico ai concerti. Incide il primo disco solo nel 1945, grazie al quale diventa così famosa da collaborare con grandi chitarristi e parolieri, tra cui i poeti Linhares Barbosa e Amadeu do Vale. Inciderà circa 170 lp che le frutteranno il prestigioso Midem (disco de ouro) nel 1967 a Cannes.

Il successo di questa carismatica cantante, dal fascino austero e passionale (fu anche l’idolo della comunità gay portoghese), visse dei momenti di ombra, soprattutto negli anni successivi alla “rivoluzione dei garofani”. Da varie parti le sarà rimproverato di aver costruito la sua immagine di idolo della nazione durante il regime di Salazar, ma senza alcuna sua afferenza politica. Per queste accuse Amália vivrà anni di grande solitudine, solo dieci anni dopo la rivoluzione verrà pienamente riabilitata dal governo socialista, ma il dolore per essere stata oggetto di maldicenza sarà tanto acuto da spingerla ad una sorta di auto-esilio, esibendosi quasi solo all’estero, ma anche chiudendosi nella sua casa, oggi divenuta museo. Alla sua morte furono proclamati tre giorni di lutto e una folla immensa partecipò alle esequie; fu sepolta nel Pantheon della sua città, fra i più grandi personaggi portoghesi.

Nella sua carriera Amália si dedicò anche alla musica italiana, interpretando brani popolari come La bella Gigogin, inno del Risorgimento, brani siciliani come Vitti ‘na crozza e Ciuri ciuri, napoletani come La tarantella. Nel 1972 si esibì con Maria Carta al Teatro Sistina di Roma, in un recital trionfale a due voci in cui al fado si alternava la musica tradizionale sarda; nel 1995 cantò con Roberto Murolo i classici Dicitincello vuje e Anema e core. È evidente l’incontro voluto con le tradizioni musicali di cantanti stranieri, uniti nella condivisione di un legame ancestrale, ognuno/a con le proprie origini.

Resta nel tempo una delle maggiori interpreti del fado, vissuto, come spesso dichiarava lei stessa, come “il destino”, dall’origine latina fatum, fato, fatalismo, melanconia, saudade, un sentimento collettivo che fa sentire l’anima dell’essere uniti dal sentimento della nostalgia. Amália era solita dichiarare: «Non sono io che canto il fado, è il fado che canta me», ma anche: «Io sono il fado liberato. Quando sono sul palco faccio quello che voglio. (…) Il Il fado si sente, non si comprende né si spiega». È stata ricordata anche dal regista Pedro Almodovar, nel film Parla con lei, del 2001, che inizia la prima scena con una citazione della cantante: «Quando morirò, voglio che la gente pianga per me». La biografia più completa è stata pubblicata da Vítor Pavão dos Santos, suo amico personale, nella quale ha raccolto testimonianze e memorie: Amália Rodrigues. Una biografia (traduzione di Cinzia Buffa, edizioni Cavallo di Ferro, 2006) è scritta in prima persona, con la voce di Amália, quasi si trattasse di una confessione. Tra le sue celebri, innumerevoli interpretazioni vanno ricordate almeno: Lágrima, Uma casa portuguesa, Coimbra, Lisboa antiga, Maria Lisboa, El porompompero, Ai Mouraria, Barco Negro, Fado Vitoria, basate sui versi dei maggiori poeti (da Pedro Homem de Mello a David Mourão Ferreira, passando per Alberto Janes, José Régio fino a Camões); consigliamo inoltre l’ascolto di una canzone composta da lei stessa, pubblicata nell’album del 1980, Gostava de Ser Quem Era.

Qui le traduzioni in francese e inglese.

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Articolo di Milena Gammaitoni

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Professoressa di Sociologia Generale presso l’Università di Roma Tre, l’Università Jagellonica di Cracovia e la Sorbonne Nouvelle di Parigi. Si occupa di questioni relative all’identità, storia e condizione sociale di artiste e artisti, metodologia della ricerca sociale di tipo complementare. Cura e pubblica saggi in libri collettanei, riviste scientifiche e culturali ed è autrice di tre volumi monografici.

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