Liberi e libere di essere

Il mio lavoro di ricerca, un invito alla vera libertà. Questo il focus di ciò che mi propongo di comunicare: un sano modo di stare al mondo essendo liberi di fare, di dire, di essere. Soprattutto, libere. Per le donne, riscattare sé stesse è stato difficile e doloroso. Con il femminismo, grande rivoluzione di genere, hanno dimostrato capacità rimaste inespresse nella sola sfera del privato, conquistando diritti sociali, civili e politici. Le loro lotte restano una grande lente d’ingrandimento per analizzare ancora oggi le distorsioni che vi sono nel sistema sociale, politico ed economico. Così, ho raccolto la loro testimonianza considerandola fondamentale memoria da tramandare alle nuove generazioni e insegnamento pratico di come è possibile auspicare un miglioramento e realizzarlo. Inoltre, la storia delle donne che ci hanno preceduto, il loro esserci con passo deciso nel cammino della loro emancipazione politica da cittadine e in quello per la parità di diritti in ambito lavorativo fino alla liberazione dal dominio maschile nella sessualità, sono un forte stimolo per dibattere e combattere contro le diseguaglianze che ancora permangono tra uomo e donna.

L’elaborato, quindi, percorre storicamente la nascita e lo sviluppo del movimento femminista in ambito internazionale tra Stati Uniti, Inghilterra e Francia; prosegue con le rivendicazioni femministe nel contesto nazionale per finire a quello più locale, nel territorio partenopeo, dove il gruppo delle Nemesiache propone un femminismo diverso che comunica attraverso la potenza purificatrice dell’arte esprimendosi con la pittura, la fotografia, la poesia, il teatro e il cinema. Nei diversi Paesi citati, a lungo si è lottato per il diritto di voto concesso alle donne statunitensi nel 1918, dieci anni dopo alle inglesi grazie alle azioni rivoluzionarie e di protesta delle suffragette. Le francesi, invece, solo dopo la fine della seconda grande guerra conquistano i loro diritti politici. La donna si avvicina al mondo della politica reputata dal senso comune dissacratoria delle virtù ritenute esclusive delle donne: decoro, mansuetudine, dedizione oblativa. Dalle riflessioni sulla loro condizione giuridica, ci si accorge della necessità di una “nuova democrazia” basata sull’abbattimento dei ruoli tradizionali di genere e dell’oppressione sessuale maschile. Urgente è una rivoluzione culturale che può portare a una autentica liberazione delle donne, principalmente quella del loro corpo del quale vengono espropriate perché strumentale alla sola riproduzione e oggetto di leggi alla cui discussione non ha mai contribuito il pensiero femminile. L’equivalente della lotta per il voto condotta dal primo femminismo, infatti, è quella per la depenalizzazione dell’aborto concentrata negli anni ’70 e a seguire. Noto è, dalla Francia, il manifesto dal titolo Je me suis fait avorter (Ho abortito) pubblicato dal settimanale francese Le nouvel observateur e firmato da 343 donne tra le quali la famosa scrittrice Simone de Beauvoir. Nel manifesto, tutte affermano di aver fatto ricorso all’aborto sottolineando quante donne francesi affrontano condizioni pericolose perché costrette ad agire in clandestinità dal momento che anche gli anticoncezionali sono proibiti. Non sono le sole, in Italia solo nel 1978 la legge n.194 sancisce l’abrogazione degli art. 545 e segg. del Codice penale che ritiene l’aborto un attentato alla stirpe. La stessa è preceduta da lunghi e difficili contrasti politici e culturali che fanno parte di quel secondo femminismo sviluppatosi dalla fine degli anni’60 e che si allontana dall’integrazione delle donne nella società attraverso legislazioni di favore e di tutela mostranti la donna il solo sesso debole. Infatti, fino a quel momento si cerca di ottenere leggi che garantissero nuove e migliori condizioni lavorative, quelle private e quelle delle istituzioni in reazione all’immagine della donna disegnata dalla nuova codificazione dopo l’Unità macchiata, purtroppo, da ingiuste proibizioni e discriminazioni di genere. Tra queste, l’impossibilità di amministrare i propri beni, il reato di aborto, l’adulterio condannabile solo se commesso dalla donna, divieto di accedere alle libere professioni e di esercitare la patria potestà. Tra i pesi maggiori, il non poter procedere alla ricerca della paternità impedendo a qualsiasi ragazza fuori dal matrimonio e non, di citare in giudizio l’uomo da cui ha subito violenza o lusinghe in quanto sola colpevole di aver ceduto alle avances maschili, peccando di immoralità e rinunciando all’unico suo patrimonio economico in assenza di dote, la verginità.

Emancipare la donna da questo quadro d’inferiorità è il cardine del movimento femminista della metà del XIX secolo. La legge Carcano del 19 luglio 1902 offre agevolazioni lavorative alle donne che la produzione capitalistica e il decollo industriale dell’Italia unita hanno trasportato nella vita sociale tra le piccole industrie, lanifici, sartorie e magazzini di moda ma anche nei campi. Viene, con un’ulteriore legge, istituita una Cassa di maternità che consente di dare un sussidio fisso, non proporzionato al salario, per il congedo obbligatorio. Inoltre, diversi anni dopo, il contributo e l’azione riformista delle Madri costituenti permettono l’introduzione di articoli a protezione dei bambini e d’appoggio alla condizione femminile tra cui quelli sulla parità tra uomini e donne a lavoro, uguaglianza morale e giuridica dei coniugi all’interno della famiglia, sostegno a figli/e nate fuori dal matrimonio oltre alla cancellazione della dicitura “NN” dai loro documenti d’identità. La tutela fisica ed economica della lavoratrice madre, invece, diventa legge e abolisce il licenziamento per maternità che purtroppo le ragazze affrontano con la firma delle dimissioni in bianco. Diversamente, la seconda ondata del femminismo già citata — la cui origine si può riscontrare nell’esplosione sociale e culturale del fatidico ’68 italiano — mira, essenzialmente, a un cammino interiore di liberazione basato sul valore della differenza e indicando l’avversario nella contraddizione di sesso. Temi fondamentali di questo periodo: la ricchezza della specificità femminile schiacciata dalla cultura patriarcale, l’abbattimento della differenziazione dei ruoli maschili e femminili basata su ipotetiche diversità fisiologiche e di attitudini naturali, autogestione del corpo, la ricerca di un’identità sessuale della donna, la scoperta di un piacere autonomo dalla fecondazione. Di quest’ultima molto discute la portavoce principale del collettivo romano Rivolta femminile, Carla Lonzi, nell’opera La donna clitoridea e la donna vaginale (1971) che incentra la sua analisi sulla sessualità femminile. Secondo il suo pensiero, far coincidere il piacere fisico della donna con la procreazione è il primo gesto di violenza maschile. L’uomo impone alla donna il proprio modello sessuale e le inibisce la ricerca del suo, sottomettendola. Da qui, la distinzione tra i due prototipi di sessualità femminile, clitoridea e vaginale, e la necessaria centralità della clitoride nel discorso sull’orgasmo della donna per svincolarla così dalla passività a cui è condannata. Su questa nuova consapevolezza non è solo Rivolta femminile ma molti dei nascenti gruppi e collettivi femministi degli anni ’70 di cui la tesi traccia l’esperienza storica e le iniziative. Nel delineare i percorsi politici del nuovo diritto di famiglia, della legge sul divorzio, sull’aborto, sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro e contro la violenza sessuale vengono espresse, difatti, le posizioni dell’Mld, Filf, Lotta femminista, Anabasi, Cerchio spezzato.

Del mio lavoro, è il capitolo conclusivo che dà concreto esempio dell’importanza della libertà di essere oltre che di esistere il cui esercizio è un compito che ogni uomo e donna non possono dimenticare qualunque sia la società che li accoglie. Le Nemesiache, una realtà del femminismo che si ricollega a Napoli, ci ricordano che la vita è meravigliosa e che merita da parte di tutti presenza viva e consapevole in ricerca del proprio benessere interiore e in rapporto all’altro sesso, al contesto sociale e al territorio. Questo equilibrio raggiunto garantisce una giustizia politico-sociale e armonia durevole nel tempo. Originariamente misura, equilibrio, giustizia e armonia sono la personificazione proprio della dea della religione e delle mitologie greche Nemesi, sebbene comunemente è associata alla vendetta. Ripercorrendo la vita della leader del gruppo, Lina Mangiacapre, è tangibile il suo essere artista poliedrica, eclettica, multiforme. In contrasto con strutture precostituite, rifiuta lo stesso concetto di natura che plasma l’unicità di ognuno/a a ruoli predeterminati. Rievocando il mito e la cultura dell’immagine con le loro performance d’arte, promuovono l’assunzione del corpo come base naturale della propria identità per recuperare quella dimensione creatrice originaria di ogni donna e abbattere il patriarcato. Lina e le sue compagne invitano tutti, non solo le donne, a coltivare la propria unicità superando schemi ideologici e imposizioni culturali. Trasformarsi ogni giorno in quello che vogliamo essere è la preziosa opportunità di costituirci come identità integre tra forza maschile e forza femminile presenti antinomicamente in noi. La voce, la memoria e il vissuto in seno al gruppo di Silvana Campese come partecipante attiva degli scritti e negli spettacoli teatrali e cinematografici realizzati, hanno completato l’analisi dell’esperienza nemesiaca. L’intervista da me costruita sottolinea e approfondisce punti nodali del percorso artistico e intellettuale del gruppo; il contributo di una femminista storica, nonché nemesiaca, ha reso ancor più interessante immergersi nel mondo desiderato da queste donne, inteso come felice dove nessuno sia costretto a piegarsi a una normalità universalizzata che pretenda di poter dire cosa è giusto e cosa è sbagliato a chi non è conforme a precisi canoni estetici, di pensiero o di comportamento.

La tesi integrale al link: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/123_Scagliola.pdf

***

Articolo di Antonella Scagliola

Laureata in Scienze Pedagogiche presso l’Università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale, coltivo da sempre l’interesse per la riscoperta della ricchezza di ogni individualità. Attualmente frequento un Master in Management delle Risorse Umane e non tralascio di sostenere il contributo lavorativo che le donne possono offrire in ambito aziendale. Ho una passione smisurata per la lettura e la scrittura che donano accesso a nuove conoscenze.

Lascia un commento