Il primato di Grazia

Grazia Deledda è stata la prima donna italiana a vincere il premio Nobel per la Letteratura nel 1926 con la seguente motivazione: «Per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi».

Viterbo. Largo Grazia Deledda. Foto di Maria Pia Ercolini

Ne traccia un profilo Laura Candiani:

«Grazia Cosima nasce a Nuoro il 27 settembre del 1871 in una famiglia borghese benestante, in cui il padre era imprenditore e possidente, ma anche poeta estemporaneo e appassionato di letteratura e di tradizioni sarde; la figlia frequenta solo le classi elementari, ma trova a Nuoro un ambiente culturalmente stimolante.

Nuoro, la lapide sulla sua casa natale

Può anche usufruire liberamente della ricca biblioteca paterna avvicinandosi così ai classici (Omero, Boccaccio, Tasso, Goldoni, Manzoni, Shakespeare, Hugo, Balzac) e soprattutto a quei narratori russi ‒ Tolstoj e Dostoevskij fra tutti ‒ che formeranno la sua base culturale da autodidatta. Legge avidamente anche le riviste che arrivano da Cagliari e da Sassari, inizia le prime collaborazioni a riviste femminili come “Ultima moda” e intreccia vivaci rapporti epistolari con letterati, artisti, etnografi. Fin dalla fondazione è socia consigliera della Società Nazionale per le Tradizioni Popolari Italiane, istituita nel 1883.

Intitolazioni. In alto: Rimini; al centro: Castrignano del Capo (sinistra), Licata (destra); in basso: Dolo (sinistra), Roma (destra)

Nel 1899 a Cagliari conosce il funzionario statale Palmiro Madesani e, dopo il matrimonio, si trasferisce a Roma dove avrà due figli (Sardus e Franz) e dove vivrà fino alla morte. Viene introdotta nell’ambiente letterario della capitale grazie alle amicizie con De Gubernatis, Manca, Perino. Inizia la collaborazione con la rivista “La nuova Antologia” fra i cui redattori c’è Giovanni Cena, piemontese di famiglia contadina e di tendenze socialiste, attivo nella lotta contro l’analfabetismo, che trova con Grazia e le sue origini sarde una particolare sintonia. L’ambiente romano è vivace: in quel periodo vivono nella capitale Sibilla Aleramo, Moretti, Corazzini, Severini, Balla e la sorella Nicolina, che ha lasciato Nuoro, dipinge e contribuisce a tenere viva l’attenzione di Grazia verso gli sviluppi del linguaggio artistico.
Deledda vive piuttosto appartata e nel suo giardino, sotto un bel cedro e con grande semplicità, riceve insieme a Nicolina poche e selezionate amicizie: giornalisti, scrittori, letterati, artisti. Intanto continua a scrivere intensamente, mentre la sua fama si è allargata; dopo la prima produzione giovanile influenzata dal Verismo, nel XX secolo vengono pubblicati i suoi capolavori. Nel 1896 il romanzo La via del male aveva ricevuto l’apprezzamento di Capuana; una certa notorietà le era arrivata dai Racconti sardi, da novelle e altri romanzi (Don Zua, Anime oneste, La giustizia), ma con il nuovo secolo lo stile necessariamente cambia. Si sta diffondendo in tutta Europa il Decadentismo, pubblicano Svevo, Pirandello, D’Annunzio, Pascoli e l’attenzione ora si rivolge verso l’interiorità e la psicologia dei personaggi, con le loro passioni e i loro dubbi, guardando ai rapporti interpersonali e soprattutto ai conflitti dentro la famiglia, microcosmo intorno al quale ruota la società. Grazia continua ad ambientare in Sardegna le sue opere: Elias Portolu (1903), Cenere, L’edera, Colombi e sparvieri, Canne al vento (1913), Marianna Sirca, La madre (1920). La Sardegna non è altro che uno spaccato del mondo e dell’eterno conflitto fra male e bene: i drammi sono gli stessi ovunque; scrive Deledda: “L’uomo è, in fondo, uguale dappertutto”.
I suoi romanzi della maturità sono spesso incentrati sul senso di colpa, sulla potenza del peccato, sulla forza implacabile del destino, sul caos morale. Momigliano ebbe a dire: “Nessuno dopo il Manzoni ha arricchito e approfondito come lei, in una vera opera d’arte, il nostro senso della vita”. E potremmo aggiungere che la sua presunta “incultura” in realtà fosse una precisa scelta antiaccademica, proprio come accade a Svevo, accusato da una parte della critica di “scrivere male”.
Nel 1926 arriva la consacrazione internazionale: dopo l’ormai lontano riconoscimento a Carducci (1906) e precedendo Pirandello, Quasimodo, Montale e Fo, Grazia Deledda diviene la prima e a oggi l’unica italiana premiata con il Nobel per la Letteratura. La sua vita rimane semplice e modesta, mentre la produzione continua fitta e ininterrotta fino alla morte, con novelle, con i romanzi Annalena Bilsini e La chiesa della solitudine e con l’autobiografia Cosima, quasi Grazia, pubblicata postuma nel ‘37».

Il francobollo emesso nel 1971

È morta a Roma il 15 agosto del 1936.
Nel 1959 le sue spoglie mortali sono ritornate nella sua isola, a Nuoro, nella piccola Chiesa della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene.

La sua presenza nella toponomastica è considerevole ovunque in Italia, soprattutto in Sardegna. Le sono state intitolate anche biblioteche e scuole e la sua abitazione nuorese oggi è adibita a “Museo deleddiano”. Per le vie di Galtellì (Nuoro) – dove si ambienta Canne al vento – è stato realizzato un percorso guidato attraverso le pagine del romanzo.
A Cervia, dove trascorreva i mesi estivi, nella sua casa al mare è posta una targa commemorativa ed il comune, nel 1927, le conferì la cittadinanza onoraria. A Madrid esiste una calle Grazia Deledda e a Lione le è stato dedicato il Circolo sardo.

Ci piace ricordare una famosa frase di un suo romanzo: «Siamo proprio come le canne al vento… siamo canne, e la sorte è il vento». In poche parole è racchiusa l’essenza dell’umanità che pare partire dall’aspra isola in cui Grazia aveva visto la luce.

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Articolo di Ester Rizzo

Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) di Licata per il corso di Letteratura al femminile. Collabora con testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra edit. ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzoLe Ricamatrici e Donne disobbedienti.

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