In questo 2021 sono due gli anniversari relativi alla vita dell’affascinante attore e chansonnier Yves Montand: legato alla nascita il primo (Monsummano Terme, oggi in provincia di Pistoia, 13 ottobre 1921), legato alla morte il secondo (Senlis, 9 novembre 1991). Cento anni e trenta.

in via Gragnano 199
Ivo Livi nacque in Toscana da genitori di ideali socialisti: Giovanni e Giuseppina Simoni; all’affermarsi del fascismo la coppia, con i tre figli Lydia, Giuliano e Ivo, trovò accoglienza a Marsiglia, luogo di espatrio di tante famiglie italiane. Il padre mise su una fabbrichetta di scarpe, che però non ebbe molta fortuna, e nel 1929 ottenne con i familiari la cittadinanza francese.
I figli non poterono frequentare a lungo le scuole, così Ivo cominciò a lavorare prima come pastaio, poi come apprendista parrucchiere, infine come metalmeccanico, ma intanto cantava e si esibiva su piccoli palcoscenici di teatri minori. Le sue passioni erano Fred Astaire, da un lato, e Gary Cooper, dall’altro, che voleva imitare nel ballo, negli atteggiamenti e nel fascino. Facendo proprio il cow-boy fu notato dall’impresario Audiffred che ne intuì le potenzialità di interprete: bello, simpatico e con una voce suadente, così Ivo in piena guerra, nel 1942, comparve in un primo film in bianco e nero: La prière aux étoiles, che rimase incompiuto. Partì poi all’avventura verso il mondo dello spettacolo parigino, nel 1944. La leggenda vuole che abbia scelto lo pseudonimo “Montand” perché nel suono francese assomiglia al frequente richiamo materno, quando si attardava a giocare all’aperto: «Ivo, monta!», ovvero sali le scale, vieni in casa. Così nacque Yves Montand.
Nello stesso anno la fortuna gli sorrise: sostituendo un collega, al Moulin Rouge si ritrovò a fianco della divina Édith Piaf che rimase entusiasta del giovane; fra i due nacque un sodalizio artistico e amoroso che tuttavia creò qualche problema di gelosia professionale, via via che Yves diventava più autonomo e più noto.

Una svolta ulteriore avvenne grazie al cinema, quando fu scelto come protagonista del film Mentre Parigi dorme di Marcel Carné (1946). Nella pellicola, che pure non riscosse grandi apprezzamenti, fu inserita una canzone che sarebbe rimasta per sempre nel cuore del pubblico francese: Les feuilles mortes, su parole del poeta Jacques Prévert e musica di Joseph Kosma, e che rappresentò anche uno dei massimi successi di Montand.
La carriera cinematografica decollava con il film seguente: Vite vendute di Clouzot (1953) e con la pausa italiana, in cui interpretò opere socialmente impegnate come Uomini e lupi di Giuseppe de Santis e, insieme ad Alida Valli, La grande strada azzurra di Gillo Pontecorvo, entrambe nel 1957. In quegli anni Montand e la moglie, la celebre attrice Simone Signoret, acquistarono una fattoria in Normandia che divenne luogo privilegiato di vacanze e di incontri con le amicizie parigine, per lo più intellettuali di sinistra come Sartre, De Beauvoir, ed alcuni colleghi e registi: Buñuel, Semprun, Reggiani. Dopo la breve parentesi hollywoodiana, preceduta da una trionfale tournée a Broadway, si legò a registi in prevalenza francesi che ne valorizzarono le doti di attore drammatico: Litvak con Le piace Brahms? (dal romanzo di Sagan, con Ingrid Bergman), Resnais con La guerra è finita (1966) e, ancor di più, Costa-Gavras con cui lavorò una prima volta nel ’65, in Vagone letto per assassini. Ma la fama internazionale arrivò con i tre film successivi: Z-l’orgia del potere (1969), fra i tanti riconoscimenti: premio Oscar per il miglior film straniero e premio della giuria al Festival di Cannes; La confessione (’70), a fianco della moglie; L’Amerikano (’73), girato in Cile poco prima del golpe.

Si tratta quasi di una trilogia di forte impatto, ispirata a fatti reali, a libri di memorie, a vicende politiche controverse. Z (ovvero ζει: [lui] vive), che ha nel cast Irene Papas e Jean-Louis Trintignan, con le musiche di Mikis Theodorakis, trae spunto dall’assassinio di Grigoris Lambrakis, nella Grecia dominata dalla dittatura dei Colonnelli. La confessione nasce dal libro L’Aveau di Artur London in cui il vice-ministro degli Esteri ceco racconta le sue vicissitudini di perseguitato. Al centro del terzo film, realizzato su soggetto e sceneggiatura dell’italiano Franco Solinas, si trova la figura di Anthony Dan Mitrione, ex capo della polizia di Richmond, divenuto poi agente della Cia, quindi assassinato, ma il tema su cui si vuole indagare è il coinvolgimento dei vari governi Usa nelle politiche attuate dai Paesi sudamericani, durante la Guerra fredda.
L’impegno della coppia Montand-Signoret si manifestava attraverso la scelta di apparire durante eventi, forme di protesta, incontri personali, viaggi in cui ebbero contatti con i leader dell’Urss; un’esperienza deludente che provocò in entrambi una crisi ideologica fu una lunga tournée nei Paesi dell’Est in cui si confrontarono con la mancanza di libertà e con una società più arretrata del previsto. Questo in sostanza non intaccò la fede di Montand negli ideali progressisti e di sinistra, ancora evidenti nelle scelte artistiche e nei testi da cantare nei tanti recital, da splendido intrattenitore padrone del palcoscenico: non solo quindi melodie immortali come A Paris, La bicyclette, La vie en rose, Sous le ciel de Paris o C’est si bon (da riascoltare su YouTube), ma anche canti popolari italiani, legati alle sue origini e a quelle dei genitori: da Amor dammi quel fazzolettino a Bella ciao. Un grande interprete, che sapeva superare i generi e passare con disinvoltura dalla passione alla leggerezza, dai toni suadenti a quelli più drammatici. Come nella carriera cinematografica, del resto. Nel 1970 due successi furono l’ottimo noir I senza nome (di Jean-Pierre Melville, con Delon e Volonté) e il musical con Barbra Streisand L’amica delle 5 1/2 (di Vincente Minnelli), a cui seguirono È simpatico, ma gli romperei il muso per cui ebbe il David di Donatello, Crepa padrone, tutto va bene, con Jane Fonda, diretto da Godard (’72) e Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre di Claude Sautet. A metà degli anni Ottanta, a fianco di Depardieu e Anteuil, girò un dittico che riscosse molti apprezzamenti di pubblico e di critica: Jean de Florette e Manon delle sorgenti, diretti entrambi da Claude Berri.
La sua vita privata fu piuttosto vivace e varie storie sono balzate agli onori della cronaca, tuttavia il lungo matrimonio con Simone Signoret resse a ripetute crisi, compresa quella clamorosa dovuta alla passione nata con la bellissima Marilyn Monroe, sul set americano di Facciamo l’amore (1960). Montand aveva conosciuto Signoret nell’estate del 1949; era una interprete assai affermata che per lui lasciò il marito, il regista Allegret. Le nozze avvennero nel 1951 in Provenza, nella graziosa località che entrambi amarono molto e dove trascorsero lunghi periodi: Saint-Paul-de-Vance, nell’entroterra della Costa Azzurra. Con la piccola Catherine, di tre anni, la coppia andò a vivere a Parigi.

Due anni dopo la morte della moglie, avvenuta nel 1985, sposò Carole Amiel, da cui ebbe tardivamente l’unico figlio: Valentin, nato nel 1988.
Montand morì settantenne, alla fine delle riprese del film IP5-L’isola dei pachidermi, dopo aver fatto un bagno in acque gelide per esigenze di copione, guarda caso come il protagonista che sarebbe morto proprio per un attacco cardiaco. Si racconta che nell’ambulanza che lo trasportava d’urgenza in ospedale abbia detto: «So che ho finito, ma non importa, ho avuto una vita molto buona». Vita di cui ha trattato nella autobiografia dal titolo Moi, ma vie.
Il bravissimo e poliedrico artista Gennaro Cannavacciuolo gli ha dedicato un bello spettacolo di canzoni, musica e parole: Un italien à Paris, che ha debuttato nel teatro monsummanese intitolato al concittadino il 7 novembre 2015 in anteprima nazionale a cui intervennero nel pubblico la vedova e il figlio, e a cui ebbi il piacere di assistere.

Montand è sepolto con Simone Signoret nel celebre cimitero parigino di Père-Lachaise che merita due parole di approfondimento. Fu aperto nel 1804 in un’area allora periferica, oggi inglobato nel XX arrondissement e il più visitato al mondo, con ben tre milioni e mezzo di ingressi all’anno. Dal 1817 le autorità cittadine decisero di traslarvi le salme di Abelardo ed Eloisa, La Fontaine, Molière e altri personaggi illustri, così da valorizzarlo e renderlo un luogo di memorie. È diventato quindi un vero monumento consacrato al ricordo di tante grandi personalità dell’Otto-Novecento, fra cui parecchie italiane (61 in 49 tombe) che vivevano là per motivi politici, culturali, artistici. Iniziamo con i fratelli Rosselli, assassinati a Bagnoles-de-l’Orne il 9 giugno 1937, proseguiamo con la nobildonna Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, nipote di Cavour e amante del re Napoleone III. Fra gli altri italiani celebri citiamo solo il musicista Luigi Cherubini e il pittore livornese Amedeo Modigliani, nella cui tomba riposa anche il grande amore Jeanne Hebuterne, che si suicidò subito dopo la sua morte per il dolore insopportabile. Di questo importante luogo e meta turistica parla un bel libro edito da Skira, curato da Costanza Stefanori, per chi volesse riprendere l’argomento e appagare le proprie curiosità.
***
Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne