Ivana Kobilca 

«Volevo vedere tutto e guardare dietro ogni tenda. 
E oggi non ho rimpianti. 
Ho visto il mondo e la vita, è stato bello e pieno di sole. 
Non ho rimpianti» 

Questa citazione ben rappresenta la pittrice slovena più famosa di tutti i tempi, donna cosmopolita e libera. Non è facile per una artista affermarsi a fine Ottocento, in un contesto culturale ancora dominato da preconcetti e preclusioni alle donne, ma Ivana Kobilca ci riesce. Dotata di un talento che coltiva sin dalla scuola elementare e di grande apertura mentale, viaggia, studia, dipinge e si afferma nel panorama artistico e culturale a cavallo tra XIX e XX secolo. Pittrice realista, incontra e si confronta con i più grandi pittori – uomini – della sua epoca, tesse sodalizi con altre artiste, si forma presso varie scuole, evolve nella sua ricerca artistica e fa parlare di sé in mezza Europa. Non ha ancora 30 anni quando il suo talento è ufficialmente riconosciuto ed Ivana diventa rapidamente una figura chiave dello sviluppo artistico e culturale del proprio Paese.
Lubiana, la città in cui nasce il 20 dicembre 1861, era allora il capoluogo della Carniola, una delle regioni dell’immenso Impero asburgico che si estendeva dal mare Adriatico alle steppe caucasiche. Era un centro commerciale e amministrativo molto dinamico, anche culturalmente. Ivana nasce in una famiglia di ricchi artigiani, che vogliono quindi offrire alla figlia una educazione all’altezza della loro posizione sociale. La giovane frequenta le scuole elementare e media presso le Orsoline ed impara due delle lingue più culturalmente rilevanti per l’epoca – italiano e francese – ed anche il disegno.

Fotografie della prima mostra personale
di Ivana Kobilca. Ljubljana,1889

Ma la scoperta dell’arte avviene grazie ad un viaggio a Vienna, con il padre, all’età di sedici anni. La capitale dell’Impero asburgico è una metropoli cosmopolita e Kobilca viene ammessa alla prestigiosa Akademie der bildenden Künste (Accademia delle Belle Arti). Vi rimane un paio di anni, durante i quali si dedica soprattutto a copiare le grandi opere lì esposte. Si trasferisce poi a Monaco, anch’essa città vivace e punto d’incontro degli artisti dell’epoca, dove frequenta una scuola di pittura per ragazze sotto la guida di Alois Erdtelt e un corso di disegno anatomico con lo scultore Christoph Roth. Disegnare un corpo umano nudo era proibito alle donne a causa della morale del tempo, e questo era anche il motivo per il quale non era loro consentito frequentare accademie di Stato! Erdelt insegna la pittura alla maniera dei pittori olandesi del XVII secolo, sottolineando l’importanza di ogni piccolo dettaglio: Ivana diventa così una grande ritrattista e comincia a vivere grazie a commissioni da parte di funzionari e di ricchi borghesi.

In occasione della prima mostra collettiva a cui partecipa con un paio di opere nel 1888, viene notata da Richard Muther, uno dei maggiori critici d’arte del tempo, e l’anno seguente, nella sua Lubiana, realizza la prima mostra personale. A causa del clamore sollevato per il ritratto di sua sorella Fanny a spalle scoperte, deve per un po’ piegarsi alla “moralità” ancora molto rigida nel suo Paese, ma le sue sperimentazioni continuano.
Nella prima fase della sua produzione le palette scure e terrose predominano: all’interno di una concezione di arte essa stessa in evoluzione, che inizia ad accogliere eventi di vita reale e quotidianità, Ivana Kobilca ritrae in particolare figure femminili, come la celebre Kofetarica (La bevitrice di caffè) (1888). È uno dei suoi ritratti più ammirati, conservato nella Galleria Nazionale della Slovenia, a Lubiana, che accoglie molte opere della sua pittrice: ritratti di familiari e membri della società borghese dell’epoca, ma anche scene di vita quotidiana, fiori e nature morte.

La svolta e la consacrazione definitiva di Kobilca arrivano con il trasferimento a Parigi, cuore pulsante della vita culturale e artistica di fine secolo. Qui l’artista continua a studiare, presso la scuola di Henri Gervex, uno dei più apprezzati pittori del periodo e amico, tra gli altri, di Rodin e Monet. Espone ben tre volte nel prestigioso Salon des Arts (1891, 1892 e 1897) e diventa membro onorario della Société Nationale des Beaux-Arts. Gli anni del soggiorno parigino sono i più fertili: la capitale francese è socialmente molto stratificata e Ivana sceglie per i suoi quadri i soggetti più disparati: dalle venditrici del mercato alle borghesi raffinatamente vestite. Vive in una specie di Comune bohémienne insieme anche ad altre donne artiste, tra cui Rosa Pfäffinger che così la definisce nel suo Parigi Bohémien (1889-1895), sottotitolato Rapporto autobiografico di Rose Pfäffinger: «pittrice di temperamento, che sapeva essere così meravigliosamente ubriaca e quando irritata, mostrava i suoi denti come un lupo mannaro dei Carpazi». A seguito di un clima sociale poco sereno Ivana si ritira con altre artiste ed altri artisti a Barbizon – a sud della capitale, ai margini della foresta di Fontainebleau – nell’immediata periferia di Parigi e comincia a dipingere en plein air ma non alla maniera impressionista. Qui le nuove tendenze e l’arte francese influenzano il suo stile e l’uso di alcuni colori, come l’inserimento della palette del blu e del verde.

Qualche anno dopo la troviamo in Italia, a Firenze, per un soggiorno studio e nel 1897 è la prima donna slovena ad esporre alla Biennale di Venezia con tre opere. Lo stesso anno si trasferisce a Sarajevo, dove vive agiatamente realizzando numerosi ritratti su commissione. Insieme ad un gruppo di artisti ed artiste di lingua tedesca fonda il Gruppo dei Pittori di Sarajevo e la rivista “Nada”. A questo periodo appartengono i numerosi autoritratti, che realizza anche attraverso l’uso di modelli fotografici.
Berlino è l’ultima capitale in cui soggiorna, prima di rientrare definitivamente a Lubiana allo scoppio della Prima guerra mondiale. Anche questa città “lascia un segno” nell’opera della pittrice, con l’inserimento dell’utilizzo del bianco e la realizzazione di nature morte.

Ivana Kobilca nel suo atelier, 1912

Muore a Lubiana il 4 dicembre 1926, ed è già considerata come la più grande pittrice jugoslava di tutti i tempi. Tale riconoscimento vede la sua consacrazione nel 1993 quando il volto dell’artista compare sulla banconota da 5000 talleri sloveni (la seconda, per valore), rimasta in circolazione fino all’introduzione dell’euro nel 2007.
La Galleria Nazionale della Slovenia, in occasione del centenario della sua fondazione, le ha consacrato una retrospettiva che ha visto esposte, tra giugno 2018 e febbraio 2019, circa 140 opere dell’artista, con dipinti provenienti anche da collezioni private fino ad allora sconosciute al grande pubblico. È stata la direttrice della Galleria, Barbara Jaki, a preparare con estrema cura questa esposizione, recuperando opere di privati raramente presentate in pubblico, bozzetti preparatori, fotografie e corrispondenze: un percorso articolato in dodici momenti che hanno esplorato tutta la creazione di Kobilca, la grande artista che tra le prime donne dell’era moderna è riuscita ad affermarsi in una professione prevalentemente maschile e ancora in buona parte da scoprire e studiare.  

Qui le traduzioni in francese, inglese e sloveno.

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Articolo di Alessandra Paci

Perugina di nascita, docente di francese, ho insegnato a Nizza, nel Viterbese, nel Cuneese e nel Ragusano. Rientrata in Umbria da 15 anni, mi occupo anche di Italiano L2, ho scritto due libri per la scuola e collaboro come consulente e correttrice di bozze con diverse Case Editrici. Molti sogni nel cassetto, tra cui un anno sabbatico da consacrare a viaggi e/o esperienze all’estero. Mi piace fotografare, camminare per monti, mari e valli e tante altre cose.

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