Donne e Ambiente. Le donne alla COP26 di Glasgow

La COP26 di Glasgow ha sicuramente fatto comprendere quanto i cambiamenti climatici siano un problema reale e concreto per il mondo, oltre ad aver messo in luce i progressi scientifici e le innovazioni in questo ambito. Tuttavia, non viene sempre raccontato come questo vertice mondiale abbia anche affrontato una tematica estremamente importante, quella della parità di genere. Infatti il 9 novembre si è svolta a Glasgow una giornata interamente dedicata alle donne e alla lotta al gender gap. E sebbene non siano mancate le polemiche e le delusioni (sono pochissime le leader a sedere al tavolo delle discussioni rispetto agli uomini) la giornata di martedì scorso è stata un’ottima possibilità per capire quanto il problema climatico sia una prerogativa prevalentemente femminile.  

Donne che portano l’acqua


Dalle discussioni è emerso che statisticamente le donne hanno maggiori probabilità rispetto agli uomini di pagare gli effetti degli impatti climatici. Sono prevalentemente donne, infatti, a dover abbandonare la propria casa o il proprio lavoro a seguito dei disastri ambientali. E le lavoratrici agricole, ovviamente, ne pagano il prezzo più alto. Inoltre, è emerso che non è stato ancora sancito un accordo globale circa la parità di accesso all’istruzione e ad altri servizi che potrebbero di fatto permettere alle donne di partecipare allo sviluppo e all’implementazione di soluzioni climatiche, oltre che a rappresentare governi e imprese in incontri internazionali sul clima, proprio come la COP26.  
Insomma, un “cane che si morde la coda”: ci lamentiamo (giustamente) che ci sono poche personalità femminili di rilievo a dibattere sul clima a Glasgow, ma non facciamo nulla per risolvere il problema alla base, ovvero partendo dalla parità di accesso all’istruzione per le bambine in tutto il mondo.  
Certo, almeno il problema è saltato fuori durante il vertice, se seguiranno poi soluzioni reali ed efficaci potrà dircelo soltanto il tempo.  
Trovo in ogni caso indispensabile, in attesa delle nuove generazioni, dare voce e fare eco a quelle figure femminili che, sebbene siano in minoranza rispetto agli uomini, stanno dedicando la vita all’ambiente e lottano contro i cambiamenti climatici. E molte di loro erano presenti a Glasgow. 
«Oggi è il giorno, adesso è l’ora», in questo modo ha esordito Patricia Espinosa nel suo discorso alla COP26. Patricia è la segretaria esecutiva per la UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) e dal 2016 si batte per il clima. «O scegliamo di ottenere riduzioni rapide e su larga scala delle emissioni per mantenere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° C, o accettiamo che l’umanità affronti un futuro cupo su questo pianeta», continua nel suo intervento, con tono calmo ma deciso. Ma tra le battaglie di Patricia Espinosa non troviamo solo il clima; la donna infatti ha più volte dichiarato che una sua priorità è la lotta per la parità di genere e l’inclusività.  
 
Tra le figure femminili di Glasgow non possiamo non ricordare poi Christiana Figueres una figura manageriale di riferimento che sta investendo il suo tempo e il suo lavoro nell’ambiente. Christiana infatti è presidente di Lancet Countdown, un’iniziativa che ricerca i legami tra salute e cambiamenti climatici e propone soluzioni relative. È anche parte della Sustainability and Legacy Commission del Comitato Olimpico Internazionale e co-fondatrice di Global Optimism. Inoltre, siede in numerosi consigli di amministrazione come quelli di Impossible Foods, Acciona e World Resources Institute, oltre che presso i comitati consultivi ed organizzativi di Eni e Formula E. Christiana lavora dall’interno e cerca di tutelare il nostro ambiente proprio in alcuni consigli di amministrazione e attraverso la partecipazione ad iniziative ‘verdi’.  
 
Di grande interesse la figura di Liz Wathuti, l’attivista kenyota che ha commosso il mondo con il suo discorso durante il primo giorno del summit. «Ho visto con i miei occhi tre bambini piccoli piangere sul lato di un fiume prosciugato dopo aver camminato per 12 miglia con la madre per trovare l’acqua […] Per favore, aprite i vostri cuori. Questo non sta accadendo solo in Kenya», grida Liz, che da anni lotta contro il cambiamento climatico organizzando marce, comizi e fondando la Green Generation Initiative, un ente che ogni anno dona alberi da frutto alle scuole.  
Come lei, anche Vanessa Nakate 24 anni dall’Uganda dedica la sua vita a contrastare il cambiamento climatico. Sostenitrice di Greta Thunberg anche Vanessa si occupa di varie campagne ambientali, ma soprattutto ha istituito un’iniziativa di energia rinnovabile che fornisce alle scuole energia solare, la Green Schools Project.  

Vanessa Nakate

C’è poi Tori Tsui, un’attivista per la giustizia climatica e la salute mentale. Il suo lavoro è molteplice: da un lato infatti cerca di far intraprendere ricerche sul cambiamento dei sistemi di trasporto in nome della sostenibilità ambientale, dall’altro collabora con il Bad Activist Collective, che utilizza i suoi canali e social media per unire «creatori/trici di cambiamento, artist*, narratori/rici e attivist*» per «smantellare il perfezionismo e combattere per la liberazione delle persone e del pianeta».  
 Ci sono infine Maria Mendiluce e Laurence Tubiana, due donne e politiche che continuamente lavorano per lo sviluppo di idee ecosostenibili e affinché le potenze mondiali si diano da fare in merito alle questioni ambientali.  
 
Insomma, anche se poche, le donne alla COP26 si sono fatte sentire e non con i «bla bla bla», per citare il noto discorso di Greta Thunberg. Le donne a Glasgow hanno apparentemente ‘solo’ portato dei discorsi, ma nella realtà dei fatti sono promotrici effettive di tante iniziative, e si trovano a capo di tante associazioni che ogni giorno lottano e combattono per il nostro pianeta, facendo molto più di tanti altri partecipanti maschili. 
Sorge una riflessione: c’è un filo rosso che unisce la questione climatica a quella della parità di genere. Sono infatti entrambi temi molto dibattuti e verso i quali ci stiamo lentamente sensibilizzando (o almeno si spera!). Sono inoltre problemi che, come detto sopra, colpiscono direttamente le donne, che tuttavia vengono ancora tenute in posizioni marginali e minoritarie rispetto alle possibili soluzioni: basti pensare al numero di quote femminili al summit di Glasgow per rendersene conto.  
L’approccio poi è lo stesso: molt* infatti credono di poter combattere disparità di genere e cambiamenti climatici con i «bla bla bla», ma non basta. Servono i fatti, servono decisioni, servono accordi, servono leggi. Ma soprattutto servono donne, ed è forse questo quello che ci manca.  

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Articolo di Marta Vischi

Laureata in Lettere e filologia italiana, super sportiva, amante degli animali e appassionata di arte rinascimentale. L’equitazione come stile di vita, amo passato, presente e futuro, e spesso mi trovo a spaziare tra un antico manoscritto, una novella di Boccaccio e una Instagram story!

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