La prima studente d’arte cipriota 

Loukia Nicolaidou è nata in una famiglia benestante a Limassol, Cipro, nel 1909 e ha studiato nella scuola privata di lingue straniere e studi greci. Dopo la laurea, ha iniziato un corso per corrispondenza della scuola di pittura parigina Abc. Incoraggiata dal pittore Vassilis Vryonidis, ha preso l’insolita decisione -per una donna del suo tempo- di partire per Parigi dove ha frequentato per un anno l’Accademia Colarossi. Su suggerimento dello scultore Constantinos Dimitriadis si iscrive quindi alla Scuola nazionale superiore di Belle Arti dove segue le lezioni di Lucien Simon. 
Contrariamente alla maggior parte dei pittori ciprioti (solo uomini), che all’epoca andavano a studiare a Londra a causa del controllo britannico dell’isola (data la mancanza di una scuola d’arte a Cipro), la scelta di Parigi di Nicolaidou non è stata casuale (Lamprou: 2014). Le donne avevano una presenza più diffusa nelle scuole d’arte della capitale francese e migliori opportunità di successo. Molto prima che a Londra, le pittrici a Parigi si avvalevano del potenziale dei modelli nudi (maschili e femminili) -necessari per lo studio dell’anatomia, dell’espressione e della plasticità della forma umana- e, in definitiva, potevano il coltivare il proprio talento (Nachlin : 1971). Nicolaidou è stata dunque la prima donna cipriota a studiare arte (Petridis: 2016). Si è laureata nel 1933, quindi è tornata nella sua isola. Un anno dopo ha tenuto a Cipro la sua prima mostra individuale che tuttavia ha ricevuto solo indifferenza. Sono seguite altre mostre singole, ma non sono andate meglio. 

La società cipriota ha dimostrato di non accettarla, in parte a causa della sua scelta e gestione dei soggetti, in parte per il suo genere. All’epoca il ruolo di una donna era ancora intrecciato con il matrimonio, la maternità e la vita privata, mentre la pittura, come altre arti e professioni, era dominata dall’uomo. Nel 1937 si trasferisce a Londra, dove continua la carriera artistica. Partecipa a una mostra collettiva, ricevendo recensioni assai positive. Non molto tempo dopo si sposa e gradualmente smette di prendere parte a mostre. Muore nel Regno Unito nel 1994. 
Nicolaidou appartiene alla prima generazione di artisti/e ciprioti/e (nati prima del 1920), che ha focalizzato il suo interesse sull’essere umano e sull’ambiente urbano, assimilando creativamente gli insegnamenti dell’arte europea (Nikita: 2002). Come i suoi colleghi artisti contemporanei, Nicolaidou, durante il suo breve soggiorno a Cipro, ha trovato il suo stile personale studiando i temi del paesaggio e della vita quotidiana delle persone (vedi ad esempio  Oi Agathoi Karpoi tis Gis [Τhe Fine Fruits of the Earth] e Politis Frouton stis Platres [Fruit Vendor at Platres]) – dando enfasi al colore e alla resa di una situazione esoterica e tentando di unire la tradizione al modernismo (Petridis: 2016). Dopo la partenza per il Regno Unito, le sue opere sono diventate più geometriche (Petridis: 2016). È stata influenzata dalle correnti artistiche del postimpressionismo, del fauvismo e dell’espressionismo, mentre tra i suoi colleghi artisti più evidenti sono state le influenze di Gauguin -sia per quanto riguarda i temi che per l’uso del colore- in particolare la costruzione dello spazio pittorico attraverso grandi superfici colorate (si può vedere l’influenza su di lei dai suoi dipinti, ad esempio Donne tahitianeParau ApiDonna caraibicaSuzanne SewingNight café). 
Tuttavia, Nicolaidou va oltre tali influenze. L’introduzione del nudo femminile -in effetti, non nel tradizionale modo maschile e in un momento in cui, in particolare a Cipro, era insolito – equivale a audacia. Nei suoi nudi, le donne sono o insieme ad altre donne (vedi Sta Horafia [Nei campi]) o sole (vedi Meleti Gymnou [Studio di nudo]) e non sembrano essere interessate all’occhio maschile. Esistono senza la sua approvazione e la loro nudità non mira a compiacerlo (Danos: 2006). 
Al contrario, ad esempio, dei nudi di un collega artista contemporaneo, Polyviou, che sono allungati e flessibili e si riferiscono direttamente all’immagine della donna come un oggetto erotico fragile e sensuale (Lamprou: 2004), le donne di Nicolaidou hanno le dimensioni di un solito corpo femminile di tutti i giorni. Il modo in cui si trovano nel loro spazio, senza essere impostati, consente a qualsiasi imperfezione di essere visibile. Inoltre, nella misura in cui non sono visti da dietro o da un angolo, dove essi stessi non sono consapevoli di essere osservati (quindi, senza il loro consenso) non sono soggetti al voyeurismo. Quando sono sorpresi, quando qualcuno si intromette nel loro spazio personale -come nel caso della donna che esce dal bagno indossando il suo asciugamano (vedi Meta to Banio [After the Bath])- sembrano piuttosto infastiditi. 
Nel dipinto Prosopografia mias Filis [Ritratto di una ragazza], Nicolaidou va ancora oltre e rifiuta il ruolo di una donna come musa di un artista maschile (Lamprou: 2014). Questo dipinto è dominato dall’imponente figura di una pittrice che copre l’intera tela. Si fa avanti, non dà il permesso allo sguardo dello spettatore di sfuggire alla sua realtà, non vuole essere piacevole o carina, non sorride. Tiene i pennelli, gli strumenti del suo lavoro, in un modo molto professionale, non permettendo a nessuno di vedere cosa fa come fosse una leggera occupazione passatempo. Questo dipinto in particolare può far dialogare Nicolaidou con altre donne pittrici -una questione importante se si considera la narrativa che vuole che le donne siano influenzate dai colleghi maschi; una narrativa che vuole che le donne vivano e creino nell’ombra di un uomo, senza dialogare tra loro. 
Come esempi di altri dipinti simili, possiamo citare Autoritratto come allegoria della pittura (1638-1639) di Artemisia Gentileschi (1593-1653), Autoritratto con cappello di paglia (1782) di Elisabeth Vigee Le Brun (1755 -1842) e gli autoritratti di Frida Kahlo (1907-1954) (Stewart: 2019). 

A differenza di Gentileschi, la pittura di Nicolaidou non è però un’allegoria dell’arte, ma una rappresentazione dell’artista, che non ha più bisogno di un pretesto per ritrarsi in tale posizione (anche se nel suo caso non è un autoritratto, ma il ritratto di una amica). Inoltre, a differenza di lei, l’artista di Nicolaidou guarda direttamente verso chi osserva, cosa che accade anche a Le Brun e molto più sistematicamente a Kahlo. A differenza di Le Brun, tuttavia, la pittrice di Nicolaidou non indossa orecchini, un cappello o abiti pesantemente pieghettati, il che renderebbe il suo lavoro difficile. Sembra essere vestita in modo più semplice e comodo. 
In questa ritrattistica, il fatto che una pittrice sia raffigurata al lavoro da un’altra persona ha il proprio significato, in quanto riporta la donna al suo ruolo tradizionale di modella, anche se nella capacità di pittrice. Da Gentileschi a Kahlo attraverso Nicolaidou possiamo vedere la progressiva liberazione dell’artista e il superamento della sua paura di essere accusata di eccessiva ambizione e narcisismo, ma allo stesso tempo emergono tutti quei fattori che la trattengono. 
Nel caso di Nicolaidou, la fuga fiduciosa e visionaria a Parigi, l’indifferenza della società cipriota al suo lavoro al suo ritorno, ma anche il fatto che alla fine abbia rinunciato alla pittura quando ha formato una propria famiglia, dimostra che il talento e le virtù, come perseveranza e disciplina, non sono sufficienti a una donna per avere successo. 
Gli stereotipi di genere e i ruoli di genere, nonché le barriere istituzionali, trattengono le donne, mentre la biologia e la statistica arrivano a trasformare un problema sociale, politico, culturale ed economico in un ordine “normale” delle cose. Se una donna benestante, che ha una stanza tutta sua, secondo il famoso detto di Woolf, per dedicarsi all’arte alla fine si ritira, si può immaginare cosa succeda alle donne che sono prive dei privilegi a causa di altre caratteristiche identitarie, quali la razza o il censo. 
Opere di Loukia Nicolaidou si trovano nella collezione della Galleria di Stato di Arte cipriota contemporanea, nella collezione della Fondazione culturale della Banca di Cipro e nella Galleria comunale di Limassol. 

Ringraziamo per la traduzione in italiano Ilaria Billieri.

Qui le traduzioni in francese, inglese e greco.

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.

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