Olga Biglieri. Barbara dei colori

In questo nuovo anno e per tutto il 2022 Vitamine vaganti proporrà un articolo al mese per ricordare un’artista il cui anniversario di morte cade proprio in quel mese. Per gennaio la scelta è caduta su Olga Biglieri, nata a Mortara, nel cuore della Lomellina (Piemonte), da una famiglia di agricoltori benestanti il 15 marzo del 1915 e morta a Roma il 10 gennaio del 2002.

Carattere avventuroso, pronta a rompere gli schemi tradizionali, con la passione per l’arte e per il volo, è stata un personaggio straordinario per il suo tempo, aviatrice, pittrice, giornalista, femminista, pacifista. Trasferitasi a Novara a undici anni, cominciò a studiare disegno e, appena sedicenne, segretamente prese il brevetto per il volo a vela all’Aeroclub di Càmeri e due anni dopo da pilota di velivoli a motore. Frequentò per un biennio i corsi dell’Accademia di Brera a Milano perché voleva dipingere le sensazioni che provava volando, trasferire sulla tela con colori intensi le forti emozioni del volo, soprattutto il brivido della velocità. Raccontò che, quando era su nel cielo, non aveva più corpo, era solo spirito.

Vomito dall’aereo

Nel 1935 partecipò a una movimentata serata futurista al teatro Coccia di Novara ed entrò in rapporto con il gruppo futurista veronese, che portava il nome di Umberto Boccioni.
Un suo quadro, intitolato Vomito dall’aereo, finì nella vetrina di un corniciaio di Brera, dove Filippo Tommaso Marinetti lo notò e chiese di conoscere subito l’autrice. Olga venne invitata ad esporre alla XXI Biennale di Venezia del 1938 ed entrò a far parte del movimento futurista come “aeropittrice-aviatrice futurista”, ribattezzata poi da Marinetti “Barbara dei colori”.

Del suo incontro col fondatore del movimento futurista scrisse: «Non mi sfiorò neppure l’idea che Marinetti, in quel momento, stava catturando un caso nuovo nel futurismo, un caso che poteva far notizia: un’aviatrice, diceva lui; l’unica donna aviatrice del movimento futurista. Non capii che solo quello gli importava, e non come sapevo dipingere». 

A sinistra: Aeropittura, 1938. A destra: L’aeroporto abbranca l’aereo, 1938
A sinistra: Porto mediterraneo in festa, 1939. A destra: Pensieri in carlinga, 1938

Le sue opere di questo periodo sono trionfalistici racconti di vittorie militari nei cieli, dove tutto è in movimento, soggetti, colori, linee, prospettiva.

Il rapporto tra l’universo femminile e il futurismo è stato controverso. Marinetti nel Manifesto del 1909 dichiarava di voler «glorificare il disprezzo della donna», una donna concepita come serbatoio d’amore, donna veleno, donna ninnolo tragico, donna fragile. Alla dichiarata misoginia risposero però donne audaci, libere, che sfidarono l’uomo sul suo stesso terreno, scrittrici, pittrici, aviatrici e Valentine de Saint-Point che nel suo Manifesto della Donna futurista del 1912 aveva avuto la visione di una donna emancipata e indipendente.

Nel gruppo Olga conobbe Ignazio Scurto, giovane poeta, inventore, insieme con lo scultore e pittore Renato Di Bosso, della “cravatta futurista”, un’anticravatta di metallo, sostenuta da un leggero collare elastico. Si sposarono nel 1939 e per il romanzo del marito, L’aeroporto, Olga illustrò la copertina: la si può riconoscere nella protagonista Tulliola, moderna, indipendente, che ama volare, determinata e sicura di sé. 

Copertina del romanzo L’aeroporto di Ignazio Scurto, disegnata da Olga Biglieri/Barbara

L’anno prima aveva avuto al Broletto di Novara la sua prima mostra personale, a cui seguirono partecipazioni alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e alla Mostra d’Oltremare di Napoli: in questo modo contribuì a risollevare le sorti di un movimento che cominciava a risentire della crisi, ma anche a provocarne la fine di lì a poco. Convinta pacifista, infatti, rifiutò l’esaltazione della guerra ad opera dei futuristi, come aveva già fatto con il loro maschilismo, e prese le distanze dal movimento. Dalla celebrazione di battaglie aeree e acrobazie vittoriose nei cieli passò a scene dove non c’è più la sensazione trionfalistica, ma solo morte. In Battaglia aerea, del 1942, due aerei si scontrano in volo, un altro precipita lasciando una scia nera e in basso un profilo di donna, forse proprio Barbara, che assiste alla scena. 

Intanto Scurto venne richiamato in guerra, prima in Francia, poi in Russia, da dove tornò distrutto nel fisico e nello spirito; Olga nel frattempo scriveva novelle “rosa” che le permettevano di arrotondare gli introiti più dei quadri. Ignazio morì nel 1954, Olga, rimasta sola, con le bambine si rifugiò in montagna, in Val d’Ossola. Devastata dal dolore per un passato che, con ammirevole coerenza, non rinnegò mai, per quindici anni non dipinse più, trovò lavoro come giornalista, collaborando con importanti testate, entrò nel mondo della moda e la Rai le affidò la conduzione di Stella Polare, una trasmissione radiofonica quotidiana di moda, che ha insegnato a vestirsi alle italiane del dopoguerra. Per grandi aziende, come la Bpd, la Montecatini e la Rodhiatoce, fu addetta alle relazioni pubbliche e contribuì al lancio di nuove fibre. Nei primi anni Sessanta fondò a Roma un’agenzia di stampa, la Telex-press, e organizzò “Le trame d’oro”, un premio legato alla formazione in campo stilistico e sartoriale.

A sinistra: Aeropittura di città, 1939. A destra: Battaglia aerea, 1942.

A questo punto ritornò al vecchio amore e si riavvicinò alla pittura. Grazie all’amicizia con il pittore svedese Gosta Liljestrom, si dedicò all’acquarello e sperimentò l’arte dei murales; intanto continuava a scrivere racconti per l’infanzia e testi per la radio. Organizzò anche eventi e sfilate per diverse sartorie, aderì dapprima al Movimento Femminista, per poi approdare al Pacifismo. Partecipò con l’impronta della sua mano all’Albero della pace, dal 1986 al Museo della Pace di Hiroshima, una tela lunga dieci metri dove intellettuali, superstiti del disastro nucleare, personaggi italiani, come Sandro Pertini ed Enrico Berlinguer, e premi Nobel, tra i quali Rita Levi Montalcini, hanno lasciato l’impronta delle loro mani. 

Dalla fine degli anni Settanta viaggiò molto: Unione Sovietica, Cuba, Giappone, Canada. Interessata alla creatività di bambini e bambine, nel 1978 partecipò al Festival internazionale dei Bambini a Yalta e nel 1979 a Cuba al Festival mondiale della Gioventù. Nel 1995 intervenne alle celebrazioni in onore di Marinetti, parlando delle donne futuriste, e nel 1998 partecipò al seminario sulle aeropittrici futuriste. Nel 2000 fu candidata al Premio Nobel per la pace.

Fino alla sua morte ha continuato a dipingere. Ha lasciato un’autobiografia, Barbara a colori, un autentico percorso della memoria. 

Dopo una lunga malattia, morì a Roma all’età di 86 anni.

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Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.

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