La Svezia di Elisa Cappelli

In Svezia, pubblicato nel 1902 e dedicato alle giovani generazioni, è il risultato di un viaggio effettuato da Elisa Cappelli nell’estate del 1898. Il percorso verso la Svezia, da Firenze a Monaco, quindi fino a Berlino e Copenaghen, occupa i primi sette capitoli del volume.
Dalla capitale danese l’autrice e la sua ex-allieva svedese, Ebba, raggiungono la Svezia in piroscafo, approdando a Göteborg dove vive la famiglia della giovane, che le ospiterà per qualche giorno. La tappa successiva termina in Dalecarlia [oggi Dalarna]; da qui, attraverso paesaggi pittoreschi, le viaggiatrici procedono verso il rifugio di Gustav Vasa a Örnas e quindi raggiungono Rattvik, dove si fermeranno per qualche tempo; si trasferiscono a Leksand per partecipare alla festa del solstizio d’estate e a un matrimonio. La tappa successiva è Ludvika, raggiunta in battello; qui le due donne sono accolte da una famiglia di amici di Ebba. La permanenza prolungata nella villa degli ospiti permette all’autrice di descrivere la vita quotidiana, gli interni e gli esterni dell’abitazione, il giardino e l’orto estivo. Durante una visita alla miniera di Grangesberg ha la possibilità di osservare lo stile di vita delle famiglie operaie, apprezzando l’igiene e il decoro delle loro pur modeste abitazioni. Le viaggiatrici proseguono per Uppsala, la «Bologna del nord», dove sono accolte con festeggiamenti in onore dell’italiana e con un banchetto all’Università. La tappa successiva conduce Cappelli a casa di parenti dell’amica a Knifsta, dove viene ricevuta con grande emozione, poiché è la prima italiana a visitarli.

Diversi capitoli sono poi dedicati alla descrizione della capitale, Stoccolma, dove l’autrice incontra il direttore della Biblioteca Reale, assiste all’arrivo del principe ereditario in stazione e visita il Museo Nazionale. Il giorno successivo è la volta di Drottingholm, la reggia fuori città, mentre la sera le visitatrici sono travolte dalla vivacità della vita notturna nel fine settimana estivo. Il soggiorno prosegue con una sosta a Frescati, nei pressi di Stoccolma, per incontrare un pastore luterano e assistere a una funzione religiosa. Infine la permanenza a Stoccolma termina con una gita fuori città a Djurgården, un pranzo all’hotel Hasselbacken, la visita a Skansen, il primo esempio di museo all’aperto, e infine una visione panoramica della città. Inizia quindi il viaggio di ritorno verso l’Italia: la prima tappa è nuovamente Göteborg, dove l’autrice è invitata a una scuola maschile e a una scuola professionale della zona. Una gita alle cascate di Trollhättan, in un paesaggio naturale grandioso, conclude il soggiorno svedese di Cappelli. Il rientro riprende con la traversata fino a Lubecca; quindi è la volta di Amburgo, dove Ebba saluta la sua insegnante e rientra in Svezia, mentre l’autrice prosegue per l’Italia attraverso la Svizzera, sostando a Basilea, Interlaken e Berna. Un’ultima tappa a Milano precede il ritorno definitivo a Firenze.

Il primo impatto di Cappelli con la realtà nordica le suscita grande serenità: a differenza di quanto affermato da altri viaggiatori e viaggiatrici, la natura svedese non è mai un’autentica wilderness, ma è sempre mite, gradevole e ingentilita dall’intervento umano, nei giardini e nei parchi che durante la stagione estiva fanno bella mostra di sé. Dalla «foresta immensa di faggi» dove raccoglie l’erba di maggio, alle campagne della Svezia centrale, si tratta sempre di paesaggi rilassanti: «[…] molte pianure, e di tanto in tanto una striscia di mare. Grandi prati verdi su cui pascolano giovenche, e vaste distese di grano già alto. Più qua e più là macchie di ginestre selvatiche e fiori bianchi, e molti arbusti di lilla, che annunzia la primavera». L’ordine, la cura con cui giardini pubblici e privati vengono mantenuti sono motivo di continuo e compiaciuto stupore. Fin dall’arrivo a Göteborg l’autrice condivide con chi legge il proprio entusiasmo: «Ed oh! quanti bei fiori ammirai in quel vasto ed elegante giardino coltivato da mano sapiente e amorosa! Le piogge d’oro, i lilla, le rose armonizzavano coi fiori bianchi, che contrastavano mirabilmente col verde smeraldico dei praticelli, smaltati anch’essi di candide margheritine. Piccoli laghetti contornati di erbe folte e molti alberi, come ippocastani e abeti, intramezzavano col loro verde più cupo quell’armonia di colori. Non ho mai veduto tante gradazioni di verde come al Nord. A questo contribuiscono le acque copiose che sotto forma di laghi, di fiumi, di canali, irrigano per ogni parte il suolo. […] Il culto poi degli alberi e dei fiori è qui più sentito che altrove. Dappertutto si vedono fiori: alle finestre, ai balconi, nei piccoli giardinetti che sono davanti all’ingresso dei palazzi, e anche nei salotti e nelle mense. Ti offrono fiori, se ti vedono la prima volta, come per allacciare con questa gentile manifestazione di natura il loro vincolo di simpatia. Ti offrono fiori, se vengono a dirti addio. Gli Svedesi sentono la religione delle cose poetiche e gentili».

Questa prima digressione crea una cornice di riferimento per chi legge: il motivo dell’amore per la natura si ripeterà, come un refrain, a sottolineare l’indole gentile e mite di quel popolo. Oltre che negli altri parchi di Göteborg lo si ritroverà nella natura incontaminata del Dalarna, dove Cappelli giunge attraversando «molti laghi e prati e boschi e foreste di abeti, pini e betulle: le graziose betulle del Nord, col fusto liscio, bianco e sottile, e con le foglioline rotonde, tremolanti e leggermente dentellate»; quindi nei pressi della «casina di Örnas», dove le due viaggiatrici fanno merenda «sedute in mezzo al prato, davanti un mucchio di betulle che fiancheggiavano il lago, irradiato dal sole» e dove l’autrice coglierà l’occasione per l’unica digressione storica del libro sulla figura di Gustav Vasa, il primo re di Svezia; infine, presso le «spiagge erbose» del lago Siljan, «l’occhio della Dalecarlia» dalle acque «chiare e rilucenti». Anche la villa che la ospita a Ludvika è circondata da un magnifico giardino, «ricco di piante disposte in graziose giardiniere fatte di tronchi di betulle». A fianco, ecco l’orto, «con patate, piselli, baccelli, rabarbaro, spinaci, radici, barbabietole, insalata e moltissime piante di uvaspina e ribes di cui si fanno conserve». Sempre a Ludvika, l’autrice raggiunge in calesse la sommità della collina, per una strada «in mezzo alla foresta: un vecchio sentiero attraverso abeti, pini e betulle, un’aria profumata, deliziosa. Il lago è circondato da foreste di betulle verdeggianti e dalla foresta nera che si riflette nelle acque. La foresta è silenziosa, il paesaggio è grandioso, solenne, calmo come gli abitanti di queste pacifiche regioni. Prima di tornare alla villa cogliemmo nella foresta dei mughetti selvatici, grossi come ceci e di un profumo soavissimo; la linnèa, fiorellino rosa, dalle piccole foglie tonde e graziose che Linneo, il celebre naturalista svedese, portava sempre all’occhiello in estate, e dal cui nome esso s’intitola; e la pyrola, fiorellino bianco, pur vago e odoroso. La foresta qui è lunga tante miglia da non vederne la fine». Perfino verso Grangesberg, nel distretto carbonifero più grande di Svezia, il calesse passa attraverso «giardini fioriti, appartenenti a famiglie private», quelle degli operai: anche loro hanno cura della natura. La fantasia è stimolata da un paesaggio «che i nordici assomigliano ai veli di sposa con cui si ornano le fate, le mille voci che nel silenzio delle notti chiare sussurrano gli alberi, da essi chiamate voci della foresta, esaltano la loro immaginazione a tal punto, da personificare tutte le cose che vedono»: così si esprime la fervida immaginazione dei popoli del Nord. Infine, i giardini della reggia di Drottingholm sono «deliziosi, a somiglianza del parco di Versailles. Di fronte alla facciata del castello sono quattro praticelli staccati e divisi da piccole vie fiorite; ed ai lati, larghi viali, intramezzati da tigli, formano una via lunga, interminabile, ove è dolce sostare per inebriarsi nell’armonia dei canori uccelletti che in quel silenzio, ripieno di profumo e di verde, dan concerti divini». Anche le scuole sono sempre immerse nel verde, perciò stimolano la gioventù a conoscere la natura, respirare aria salubre e ricrearsi. In questa narrazione il Nord raramente assume valori negativi: uno scorcio di sublime appare nei pressi di Göteborg, dove «il paesaggio pittoresco sotto quell’imperversar di natura diveniva orrido, senza esser meno attraente», o di fronte al «Cattegat, vasto mare, che in quel momento era calmo e immobile come un’immensa lastra d’acciaio […] paesaggio bellissimo, ma severo; severo e sereno come l’aspetto della natura nordica che infonde l’energia e l’amore pel lavoro», perciò persino la tetraggine del paesaggio ha un effetto positivo, poiché stimola all’operosità.

Carl Larsson, Garden och Brygghuset

Anche Cappelli, come le altre viaggiatrici nel Nord, subisce la fascinazione del sole di mezzanotte. Così descrive il suo primo risveglio a Göteborg: «Mi levai col sole già alto, spaventata per timore che fosse troppo tardi. Invece erano le prime ore della mattina, e bisognava ch’io m’assuefacessi a vedere il sole sorgere prestissimo e tramontare a ora tarda. […] la luce limpida, crepuscolare che sussegue al tramonto e rimane fino allo spuntar dell’alba, forma l’incanto delle notti di Svezia». Uno stupore che si ripete dopo la festa di Midsommar, la notte di mezza estate: «verso le 2 il cielo si rischiarò dalla parte di levante, poi la luce si fece gialla, indi arancione e rossiccia. Il sole si era levato!». Il Grande Assente, l’inverno gelido del nord, è spesso contrapposto alla mite stagione estiva; in una delle case che la ospitano Cappelli osserva con curiosità sci e slitta, percepiti come utili mezzi di comunicazione durante il periodo invernale e ancora praticamente sconosciuti al pubblico italiano. Le «scarpe da neve» sono «una specie di assicella di legno lunga e stretta, ricurva ai due lati e terminata a punta in guisa di barca; su questa è fissata con bullette una striscia di cuoio contornata da un rullino pure di cuoio, e imbullettato a forma di scarpa, sulla quale posa il piede che si infila in una staffa, anch’essa di cuoio. Con tal mezzo scivolano agevolmente sulla neve indurita e sul ghiaccio, coll’aiuto anche, volendo, di un bastone ferrato per guidarsi»; la slitta invece è «una specie di carrozzella senza ruote […] trascinata dai cavalli o dalle renne».

Non solo la natura impressiona positivamente la viaggiatrice, ma anche gli interni delle case private dove risiede con l’amica. Le famiglie ospitanti, per quanto agiate, non fanno mai sfoggio del loro benessere: pulizia e semplicità, unite all’eleganza, sono le caratteristiche prevalenti delle abitazioni svedesi. Anche nelle case contadine è «ammirata per la nettezza, l’ordine e la ricchezza di vesti e di biancheria, tutta tessuta dalla donna di casa». Cappelli condivide la sua curiosità con chi legge servendosi di immagini visive efficaci, paragoni, descrizioni accurate: le ghiacciaie, «casette in pietra, da sembrar tunnels»; i giardini con «graziose giardiniere, fatte di tronchi di betulle»; l’accurata coltivazione dell’orto, in particolare del rabarbaro, «da noi usato in medicina […] qui servito come piatto dolce, con contorno di panna». Le camere sono arredate per essere usate come salotti: «i letti sono bassi, senza spalliera, su cui il giorno vien distesa una gran coperta a colori con intorno guanciali identici, da farli sembrare sofà eleganti […] Quindi anche la cameretta del più meschino operaio ha sempre un aspetto leggiadro nella sua semplicità, e la nettezza ne conforta l’occhio e lo spirito». Durante la sua permanenza a Ludvika Cappelli partecipa alla preparazione delle conserve: tra le numerose specie di frutta utilizzate l’esotico lingon, il mirtillo rosso, tipicamente svedese; nei pranzi mancano pasta e riso, sostituiti dalle minestre di latte; la lavorazione del burro è affidata a «giovani ben pulite, nel massimo rispetto di pulizia e igiene, i primi precetti del popolo svedese». Descrive l’abbondante colazione, che «non si fa col solo caffè e latte, panini e via discorrendo, ma s’incomincia dal mangiare ogni sorta di principii col burro e formaggio, quindi carne, sia di vitello, di renna, di montone o di bove, coll’annesso e connesso di conserva di frutta e patate; pesci di ogni genere, dolci confezionati con panna e frutta diverse. Il latte serve per pura bibita». Numerosi sono i piccoli rinfreschi casalinghi: curiosi di conoscere la visitatrice italiana, gli Svedesi le aprono amichevolmente la porta delle loro abitazioni. A Göteborg si cena su una terrazza «coperta di cristalli, essendo qui, anche d’estate, le sere alquanto fresche»; si prende il tè in casa di un’amica, una «casetta artistica, elegante, dalle tappezzerie a vivi colori, con quadri, cornici, ninnoli e vasi, e fiori da ogni parte».

Cappelli riporta con molta attenzione non solo le abitudini alimentari ma anche il comportamento svedese a tavola: nei pranzi in onore dell’ospite è sempre presente il vino, ma «è vino forestiero […] e si beve a sorsi fra una pietanza e l’altra, e non senza alzare prima il bicchiere per fare il brindisi che si rinnova più e più volte durante il pranzo». La stessa attenzione dedicata alla tavola da pranzo è riservata anche a un semplice tè: «l’apparecchio della tavola non è meno gaio e fantastico. Nel centro fiori olezzanti, collocati artisticamente in graziosi vasetti di cristallo. La tovaglia e i tovagliuoli elegantemente cifrati e ricamati […] guarniti di frangia o di trina; lavori tutti eseguiti a mano dalla solerte massaia», poiché «l’operosità delle donne del nord è proverbiale».

Durante il viaggio è necessario pure alloggiare in alberghi, pranzare al ristorante e rifocillarsi nei caffè. È questo l’unico caso in cui Cappelli mostra tutto il suo disappunto: la infastidisce il self-service, una pratica consueta in Nord Europa ma evidentemente ancora sconosciuta in Italia: «[…] negli alberghi […] c’è l’uso a tavola di servirsi da sé; la qual cosa è di non poca noia per quell’andare e venire continuo dalla tavola grande imbandita nel centro della sala, ai tavolini ove si siede mangiando. È poi di sommo incomodo in viaggio, allorché il treno si ferma solo brevi minuti. In tal caso, o ingozzare come polli, o rinunciare alle pietanze ultime». È Ebba, esempio di efficienza, che si prende cura di lei pur senza rinunciare al proprio pasto, «ma i nordici sanno fare miracoli, di cui noi italiani non siamo capaci». Cappelli ha modo di paragonare ristoranti e caffè a quelli italiani: a Göteborg, in un parco simile alle «nostre Cascine […] il restaurant elegante e sontuoso, con un servizio ancor più elegante ed accurato, era tale da disgradarne il nostro Doney». A Uppsala incontra le famiglie di alcuni ex-allievi delle sue lezioni fiorentine; nel grande parco della città, in una sala «tutta chiusa da cristalli, illuminata a luce elettrica», è accolta con «un sontuoso rinfresco» cui fa seguito «una cena ancor più sontuosa», con «brindisi, evviva, felicitazioni innumerevoli». Per tutto il tempo la banda, informata della sua presenza, esegue sia la marcia reale sia alcune sinfonie italiane: «quelle accoglienze entusiastiche fatte a me che rappresentavo loro l’Italia, mi dettero la visione della sovranità, e mi parve per un momento di essere la regina di que’ posti», afferma l’autrice, evidentemente a proprio agio fra gli ospiti, i quali, come ulteriore omaggio, le offrono un dolce che raffigura «il duomo di Pisa, con la torre pendente, annaffiato dal moscato italiano». A Stoccolma soggiorna al famoso hotel Hasselbacken, «un luogo delizioso […] il salone tutto tappezzato di lavori a mano»; prima di affrontare una faticosa giornata a Skansen pranza «in un luogo di bagni chiamato Saltsjöbaden […] Bellissimo l’albergo e attraentissimo il paesaggio. In una terrazza gremita di tavole apparecchiate non mancavano i commensali, ed in una loggia a parte era l’orchestra che di tanto in tanto rallegrava quella moltitudine […] abbasso era un giardino vasto, splendido di verde e di fiori, e quivi veniva servito il caffè».

Carl Larsson, Apples

L’autrice si avvicina alla cultura popolare svedese in occasione della sua visita a Skansen, il primo museo all’aperto. Qui, oltre ad ammirare gli animali selvatici in gabbia, osserva le abitazioni tradizionali, complete del loro arredamento: «piccole casine antiche delle varie province della Svezia […] fra le altre cose notai dei piatti da tavola di latta di ogni grandezza, che servivano anticamente a tutto il contado e che oggi son considerati una rarità […] giocattoli e ninnoli di legno dipinto a mano, come tagliacarte, porta-sigarette, piccole scatole con sopra proverbî svedesi», mentre una galleria di fotografie mostra le regioni più lontane. Assiste anche a danze popolari: «In uno spazio circolare, contornato di panchine per gli spettatori, vidi ballare il minuetto da due graziosi bambini vestiti in costume del secolo passato»; infine, visitatori e visitatrici possono gustare prodotti gastronomici tipici: «piccole sfogliate, fatte di pasta e zucchero, e cotte lì per lì nel forno di una piccola stanza», come sempre con grande semplicità. A sera è il tram a riportare le amiche in centro, dove si fermano a riposare in una struttura particolarmente accogliente: «una di quelle piccole case che trovansi in Stockolma, quiete, silenziose, dove si può liberamente conversare e leggere tutti quanti i giornali, e che sono apposta per le signore o per chiunque voglia avere un’ora di tranquillità». Cappelli approva che la domenica i negozi rimangano chiusi per una forma di rispetto durante le celebrazioni religiose. Per i suoi spostamenti utilizza i mezzi pubblici, dei quali elogia la comodità e la rapidità; a Stoccolma «nei trams e nei battelli il conduttore non dà alcun biglietto né ritira i denari», il «prezzo della corsa» viene deposto in una cassetta e «nessuno oserebbe supporre la possibilità di infrangere cotesta disciplina: tanto l’idea della frode è sconosciuta da quei buoni e costumati abitanti». Anche i treni riscuotono la sua ammirazione: «Con un treno da bambole, tanto era piccino e breve (una specie dei nostri trams con due o tre carrozze) fummo in un paesello vicino a Ludvika a vedere una vecchina», afferma, dopo aver già descritto il suo viaggio verso il Dalarna su treni che, benché lenti, erano però molto sicuri, «giacché non si sente mai parlare né di deviamenti e, quel che è meglio, di disastri». Inoltre «sono puliti ed eleganti e offrono tutte le comodità. Perfino in 3a classe si trovano le stanzette apposite ove uno si può ritirare a far pulizia; ed ogni scompartimento è fornito di una boccia piena d’acqua con due bicchieri […] non si manca di nulla […] da noi, anche viaggiando in 1a classe, se non si ha con sé tutto il necessario, ci troviamo spesso a fare delle privazioni».

I mezzi di navigazione interni rivestono un’importanza fondamentale negli spostamenti di Cappelli, che attraversa più laghi e, durante la gita in battello sul lago Wessman, ammira un lungo, pittoresco tramonto: «star fuori fino a notte inoltrata a quella luce chiara e mite […] invitava alla meditazione e alla pace»; osserva con compiaciuto stupore come le barche del corteo nuziale di Leksand siano condotte da donne e uomini insieme. Il progresso dei mezzi di comunicazione va di pari passo con il rapido progresso industriale e il miglioramento dei servizi diffusi sul territorio: tali caratteristiche dei Paesi del Nord sono già note in Italia, ma la sua presenza sul territorio permette a Cappelli di fornire una testimonianza di prima mano. Questo progresso dipende dall’«indole» degli Svedesi, che «si approfondiscono nelle cose scientifiche, studiano i fenomeni naturali, e traggono da questo le più utili applicazioni alla vita»; le cascate di Trolhättan, che producono energia elettrica, sono «la meraviglia dei forestieri», mentre sono ormai largamente diffuse l’illuminazione elettrica, il telefono e il telegrafo. Viceversa, in alcuni campi le occupazioni le ricordano la madrepatria: il trasporto dei tronchi lungo il fiume nei pressi di Ludvika è simile a quello che si svolge in Cadore e perfino all’attività dei «bruni renaioli» che trasportano sabbia lungo il corso dell’Arno. Tuttavia, nonostante la fatica, boscaioli, falegnami, minatori, perfino le donne occupate a lavare il carbone accompagnano le loro mansioni col canto: «la felicità bisogna cercarla dentro di noi e non al di fuori!». Nella Svezia idealizzata di Cappelli tutti coloro che lavorano sembrano soddisfatti della loro posizione nella società.

In copertina. Carl Larsson. Colazione in casa sotto la grande betulla.

***

Articolo di Rossella Perugi

Laureata in lingue a Genova e in studi umanistici a Turku (FI), è stata docente di inglese in Italia e di italiano in Iran, Finlandia, Egitto, dove ha curato mostre e attività culturali. Collabora con diverse riviste e ha contribuito al volume Gender, Companionship, and Travel-Discourses in Pre-Modern and Modern Travel Literature. Fa parte di DARIAH-Women Writers in History. Ama leggere, scrivere, camminare, ballare, coltivare amicizie e piante.

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