Una stanza tutta per te. Spazio e tempo della narrazione

Nonostante le regole aristoteliche dell’unità di tempo, di luogo e d’azione non siano più rigidi vincoli come nel passato, quando si affrontano le prime prove narrative, capita spesso che non si presti la dovuta attenzione a due elementi, comunque, importantissimi: lo spazio e il tempo della narrazione. Se l’unità di luogo – lo spazio in cui succedono le cose fondamentali di una storia – è rigorosa nel teatro, per il limite materiale nello spazio della scena, in qualsiasi altro tipo di narrazione il luogo può mutare anche molte volte nel corso della storia descritta, producendo una sequenza di svolte importanti come un incontro con una persona speciale, un cambio di prospettiva, un colpo di scena, eccetera.

Il più delle volte, la scelta dello spazio narrativo è determinata dal tipo di storia che si vuole raccontare. La scena degli accadimenti può essere aperta, come quando, ad esempio, si vuole raccontare una storia movimentata in cui i personaggi si spostano da una città all’altra o affrontano viaggi avventurosi verso terre lontane.
Mentre sarà preferibilmente chiusa, nel caso si scelgano storie dove l’elemento più importante è lo stato psicologico dei personaggi e, come nei romanzi di Kafka, si focalizzi l’attenzione sulla loro vita interiore, sulla particolare valenza simbolica che in questo caso hanno le stanze della loro casa, il luogo di lavoro, gli uffici dove si muovono ogni giorno. Un altro esempio di ambientazione chiusa sono le atmosfere horror di certe storie di Edgar Allan Poe e quelle dei gialli e dei polizieschi della cosiddetta “camera chiusa”, dove la soluzione dei vari casi indagati sfiora spesso la dimensione del fantastico.

Per la buona riuscita di un romanzo, la scelta dell’ambientazione non può essere affidata al caso ma dovrebbe essere sempre attinente al tipo di storia che si vuole raccontare. Basti pensare che il/la protagonista e i vari altri personaggi di una storia sono ciò che sono – nel bene e nel male –, anche grazie al posto in cui si trovano. Le descrizioni degli ambienti dove si svolgono gli accadimenti, conducono il/la lettrice all’interno della storia in senso quasi fisico. Se ci riflettiamo, nei grandi capolavori della letteratura, lo spazio è sempre curato rigorosamente in ogni dettaglio.
L’Ulisse di James Joyce probabilmente non sarebbe tale senza le strade, i bar, le atmosfere di Dublino, i racconti di Flannery O’Connor non riuscirebbero a coinvolgerci fino in fondo senza le ambientazioni della Georgia.

La lettrice. Dipinto di Gabriella Maramieri

Quando un romanzo è ben riuscito, l’ambientazione è così profondamente integrata con le vicende e con i personaggi da risultare quasi invisibile: l’attenzione si può concentrare sui personaggi e sulle vicende, attraverso un’immersione totale nel mondo narrato (che per tutta la durata della lettura diventerà anche il mondo di chi legge). Questo perché chi scrive non si è limitato/a a informare semplicemente il/la lettrice, bensì è riuscito/a a suscitare emozioni attraverso i sentimenti, i pensieri e le azioni dei personaggi che si muovono in un determinato ambiente.

L’atmosfera creata in modo efficace dall’ambientazione aiuta chi legge a sentirsi totalmente addentro alle vicende. I luoghi possono essere descritti con molti dettagli, oppure no (le descrizioni minuziose non bastano da sole a determinare la qualità di una buona ambientazione!). Tuttavia, una cosa è certa: gli ambienti rappresentati con cura influenzano le azioni dei personaggi e rendono più credibile la realtà in cui si muovono. Ad esempio, ciò che accade in un inverno siberiano è molto diverso da quello che accade a Ischia nel mese di luglio.

Riassumendo: meglio non abbondare nelle descrizioni troppo dettagliate, per non rischiare di annoiare chi legge. È meglio tralasciare ciò che non serve e selezionare con cura i particolari che si vogliono evidenziare, non per casuale capriccio, bensì perché strettamente funzionali alla storia. Mentre la macchina da presa, con una sola inquadratura, focalizza tutti i particolari significativi che illustrano la scena, in letteratura occorre esporre i particolari selezionati secondo una disposizione gerarchica – legata al loro significato e grado di importanza – per riuscire a ottenere efficaci effetti narrativi. Esiste, infatti, una vera e propria arte del “mostrare” e dell’”omettere” informazioni, distribuendo indizi significativi, come in un ampio dipinto dove alcuni particolari sono in luce e altri in ombra. Tutto ciò con l’intento di creare nel/la lettrice una gradevolezza anche estetica, che spinga a continuare a leggere con vivo interesse fino all’ultima pagina.

L’ambientazione è il modo in cui lettori e lettrici partecipano a livello sensoriale a situazioni che, ovviamente, non possono vedere se non con la fantasia. Stephen King sostiene che: «Pochi particolari scelti con cura, evocano tutto il resto». Se si vuole descrivere un bar, ad esempio, basterà utilizzare pochi dettagli significativi (il colore delle pareti, la musica, le luci, l’odore dell’ambiente). Ma sarà meglio non esagerare neppure nell’omettere: se i dettagli mancano quasi del tutto, i personaggi sembrano muoversi nel vuoto.

Lo spazio descritto può essere un luogo immaginario che non esiste nella realtà, come nei romanzi fantasy, in quelli di fantascienza, nelle favole, eccetera; oppure assumere un valore simbolico come nella Divina Commedia, dove l’Inferno rappresenta il regno del male, il luogo orrendo in cui si sprofonda e dove non giunge la grazia divina, il Purgatorio il luogo dove le anime sono impegnate a liberarsi dei propri peccati e il Paradiso il regno della luce, paragonato a un fiume splendente, popolato dagli angeli e dalle anime beate.

Prima di iniziare a scrivere una storia, liberando sulla pagina le proprie fantasie, sarebbe utile immaginare ogni aspetto del contesto, il clima, la stagione dell’anno e ogni dettaglio significativo dei luoghi dove si svolgerà la vita del/la protagonista e dei vari personaggi. Se ad esempio dobbiamo descrivere l’incontro di due persone in una piazza, sarà bene immaginare ogni aspetto dell’ambiente: l’attesa al semaforo rosso, i passanti, le vetrine dei negozi, la pasticceria dove avverrà l’incontro, gli odori, i rumori, le auto parcheggiate. Mentre si scrive è fondamentale essere concentrati/e nella scena, perché questo aiuta a incrementare la “credibilità” della storia, rendendola più avvincente agli occhi dei lettori e delle lettrici.

Altro elemento imprescindibile della narrazione è la dimensione temporale, che non corrisponde quasi mai alla successione cronologica degli eventi come realmente accadono, ma nella costruzione dell’intreccio con cui lo scrittore o la scrittrice riescono a zigzagare tra passato, presente e anche nel futuro.
Come per l’ambientazione, ogni descrizione relativa al tempo narrativo dovrebbe essere il risultato di una selezione accurata, perché chi narra non deve raccontare cronologicamente tutto ciò che è accaduto. I fatti omessi servono, infatti, a dare maggiore risalto a quelli messi in evidenza, come accade nelle riprese cinematografiche in controluce, dove le sagome in ombra si stagliano in modo netto su un fondo luminoso.
Anche nella dimensione temporale, insomma, è più efficace non dire minuziosamente lo scorrere delle ore e dei giorni, ma alludere soltanto, lasciando intuire tutto il resto alla/al lettore. L’allusione ha un effetto molto più potente dell’esposizione temporale esatta e completa, proprio come un’immagine dai tratti appena accennati può essere più suggestiva di una troppo “realistica”, ricca di noiosi dettagli che invece di aggiungere significato appiattiscono la visione d’insieme.

Un bravo autore o autrice, riesce a manipolare il tempo comprimendolo ed espandendolo, per adattarlo alle vicende narrate. Nei romanzi ben riusciti, non viene mostrato ogni momento della vita di un personaggio dalla nascita alla morte, ma ci si sofferma su determinate porzioni temporali, eliminando le parti irrilevanti per concentrarsi su quelle importanti.
Da Pirandello in poi, il “tempo della coscienza” (tempo soggettivo) prende il sopravvento sul “tempo sociale” (tempo oggettivo). Come, per esempio, nella tecnica del monologo interiore e in quella del flusso di coscienza, in cui essenzialmente la narrazione segue i fulminei passaggi mentali dei personaggi e il passato si fonde con il futuro, proprio come avviene di fatto nei processi mentali di ognuna/o. Nel complesso congegno narrativo occorrerà anche tenere sotto controllo il ritmo con cui le vicende vengono descritte: se il tempo si muove troppo velocemente il lettore/lettrice rimarrà delusa, se troppo lentamente si annoierà.

Gli autori/autrici hanno a disposizione diversi trucchi narrativi che consentono di muoversi avanti e indietro nel tempo, attraverso i pensieri, le azioni dei personaggi, il succedersi dei vari accadimenti. Parliamo del flashback (analessi), espediente utilissimo quando c’è bisogno di narrare qualcosa che è avvenuta prima dell’inizio della storia vera e propria. E parliamo anche della prolessi, quando al contrario si vogliono anticipare ai lettori dei fatti non ancora accaduti.
La prolessi ha la funzione di incuriosire la/il lettore e spingerlo ad andare avanti nella lettura. Capita a volte che il flashback sia troppo lungo perché invece di omettere qualcosa di non essenziale, chi scrive ha dato inizio alla storia in un punto non funzionale allo sviluppo complessivo delle vicende narrate. Quando si anticipano dei fatti all’inizio di una storia, occorrerà mettere in campo sinteticità, precisione, evitando dettagli superflui, per non creare confusione con il tempo narrativo della vicenda principale.
Ogni scena evocata – sia attraverso l’analessi che la prolessi – dovrà essere ancorata saldamente ai “richiami” della storia presente, per non risultare frutto di divagazioni casuali del tutto inutili alla principale vicenda narrata.

I tempi più usati in narrativa sono l’indicativo presente, l’imperfetto e il passato remoto. Oltre che dalle preferenze personali, la scelta del tempo può essere determinata dal tema del racconto. Un fantasy, ad esempio, si presta a essere narrato al passato remoto, un giallo letterario come i romanzi di Simenon all’imperfetto, mentre un romanzo per ragazzi, magari dalla trama brillante, può essere narrato al presente.

Quando ci imbattiamo in descrizioni temporali molto particolareggiate (dalla lancetta che indica l’ora sull’orologio, al giorno esatto della settimana o alle condizioni meteo), in genere, è perché chi narra ha voluto collocare i personaggi in un mondo fisico che rifletta stati d’animo, pensieri, desideri in modo verosimile e, possibilmente, avvincente per coloro che leggono. Anche in questo caso, bisognerebbe sempre evitare di non eccedere nei dettagli (per non annoiare!), ma scegliere con cura pochi elementi indispensabili e significativi per il contesto narrato.

Un altro accorgimento fondamentale, per scrivere storie avvincenti, consiste nel riuscire a condensare il significato di una scena sia nel tempo che nello spazio. Quanto più “significato” si riuscirà a inserire in ogni singola pagina, tanto più questo si espanderà nella mente di lettori e lettrici, dove i vari momenti narrati riecheggeranno gli uni con gli altri in un modo pressoché infinito.

La mente umana ha, infatti, la capacità di proiettare il presente nel futuro, e anche di rivivere il passato nel presente, senza bisogno di inventare una macchina del tempo. Sintetizzando, nella nostra mente ci sono tre tempi: il presente, il passato, il futuro; e a livello emotivo, una gamma pressoché infinita di sentimenti (allegria, tristezza, amore, rabbia, gelosia, delusione, speranza, eccetera) che prendono vita proprio grazie alle tre dimensioni temporali del presente, del passato e del futuro. Per comprendere meglio, con qualche esempio, basterà porsi delle domande: avremmo paura se non sapessimo prefigurarci il futuro nel presente? Proveremmo nostalgia, se non riuscissimo a rivivere mentalmente certi momenti del passato? Saremmo capaci di prendere delle decisioni sensate, se non sapessimo concentrarci nel momento presente?

Per la sua indeterminatezza evocativa, personalmente, preferisco l’imperfetto. Questo tempo evoca, infatti, vicende avvenute in momenti imprecisati del passato e ha una sua vaghezza “poetica”, ricca di sfumature, che è tipica dei sogni, dei ricordi lontani nel tempo ma indelebili nella memoria, e ancora carichi di emozioni vive che colpiscono la sensibilità di chi si immedesima nelle situazioni. Ecco un esempio per comprendere la differenza tra una descrizione all’imperfetto e un’altra dove i fatti sono semplicemente narrati al passato. Dire: «Nelle mie domeniche solitarie, dopo cena, uscivo a guardare le stelle» è molto diverso dal dire: «Nelle mie domeniche solitarie, dopo cena, uscii a guardare le stelle». Le due frasi sembrano apparentemente avere lo stesso significato, ma la prima pone l’accento sull’abitudine di guardare le stelle nelle solitarie serate estive (come metafora del superamento della solitudine, grazie alla visione delle stelle), mentre la seconda frase descrive solo il fatto, collocandolo in un preciso momento temporale.

Quando parliamo di tempo in una storia, in realtà, parliamo anche di ritmo narrativo. Un’azione può essere descritta con diversi tempi e modi verbali che ne accelerano oppure ne rallentano lo svolgimento. Ad esempio, la voce del verbo andare “andò” suona più immediata di “andava” o “stava andando”. Anche la punteggiatura e la lunghezza del periodo, hanno un effetto sulla struttura temporale di un testo. Le frasi brevi sono più facili da seguire, si adattano bene ai libri per ragazzi e ai romanzi di genere (rosa, gialli, polizieschi, fantasy, eccetera). Le frasi lunghe possono sembrare più complesse (a volte lo sono, veramente!), ma i capolavori letterari assoluti, che magari hanno frasi lunghe diverse righe e dialoghi interminabili, scorrono altrettanto velocemente di un giallo appassionante. Se in una scena non succede niente d’importante, sarà bene accelerare il ritmo con frasi brevi ed eliminando i dettagli superflui. Quando invece si descrive una scena di primaria importanza, saranno preferibili frasi più lunghe e descrizioni più dettagliate, in modo da accentuare la tensione con un ritmo in sintonia con la drammaticità o con la scoppiettante comicità della pagina.

Pronta/o per metterti alla prova? Ora tocca a te…

Esercizio n. 1: La vostra casa
Descrivete la casa in cui vivete e che cosa ha (o non ha) in comune con la casa in cui vivevate da piccoli/e. Se abitate da sempre nella stessa casa, descrivete il vostro angolo preferito, evitando di usare troppi aggettivi perché tolgono a chi legge il gusto di immaginare.

Esercizio n. 2: L’abitazione del mio amore
Ipotizzando di essere nel mezzo di un vostro romanzo, fate entrare il/la protagonista (potete essere anche voi!) nell’abitazione di un suo amore del passato. La persona amata non abita più lì e il/la protagonista della vostra storia è affascinato/a dalle cose che vede, perché appartenevano al mondo del suo antico amore. Descrivete oggetti, abiti, libri, eccetera attraverso lo sguardo del/la vostra protagonista.

Esercizio n. 3: Cambiare i tempi
Prendete Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello (ma va bene qualsiasi altro romanzo) e riscrivete una pagina che vi ispira, prima al presente e poi con il tempo futuro.

Esercizio n. 4: Un mondo pretecnologico
Sfogliando quotidiani e riviste scegliete un fatto di cronaca che vi interessa e, ispirandovi all’articolo, scrivete una breve storia ambientandola in un’epoca in cui si viveva senza telefono, senza computer e anche senza gli altri elettrodomestici, compresi radio e tv.

In copertina: La nascita del fuoco (particolare). Dipinto di Gabriella Maramieri.

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Articolo di Gabriella Maramieri

Laureata in Lettere a La Sapienza, giornalista dal 1990, si è occupata di critica letteraria per L’Indice, Noi donne, Leggendaria, Minerva, Wimbledon. È autrice di romanzi, racconti, poesie, favole. Dal 2006 affianca alla passione per la scrittura l’attività di Consulente familiare Aiccef (Associazione italiana consulenti coniugali e familiari) e quella di Coach professionista Icf (International coach federation) e Aicp (Associazione italiana coach professionisti).

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