Cambiamo discorso. Donne di scienza

È questo il secondo incontro online del ciclo Cambiamo discorso dedicato all’Effetto Matilda: il primo si occupava di arte, mentre ora il focus si sposta sul rapporto tra donne e scienza, nel webinar in programma per giovedì 13 ottobre dal titolo Un’“Atlantide” del sapere femminile: storie di scienziate dimenticate.

Mai come per questo argomento è calzante il riferimento a Matilda Joslyn Gage (1826-1898), diventata – grazie alla storica della scienza Margaret W. Rossiter – eponimo per indicare il pregiudizio che nega il contributo femminile alla ricerca scientifica. Matilda, infatti, era l’attivista americana a favore del suffragio femminile e dell’abolizionismo, che nel 1870 pubblicò un saggio dal titolo Woman as Inventor; da qui l’Effetto Matilda per combattere lo stereotipo della mancanza, nelle donne, di predisposizione o inclinazione per i saperi scientifici.
Di tutte le scienziate sminuite o trascurate nella storia della scienza, se non ignorate o addirittura scavalcate da colleghi maschi che si sono impossessati delle loro scoperte, prendendosene i meriti, ci parlerà Vanessa Sabbatini, studiosa di storia delle donne. Le poniamo ora alcune domande perché ci introduca al meglio il tema su cui la sentiremo discutere nel webinar di giovedì prossimo.

Cara Vanessa, le lettrici e i lettori di Vitamine vaganti hanno già avuto modo di leggere integralmente la tua bella tesi, dal titolo «Siamo sempre state donne, mai persone». La voce di Dacia Maraini contro la violenza di genere. Ci puoi dire che cosa ti ha portata a occuparti delle tematiche femminili?
Il mio interesse per la storia delle donne si è manifestato fin dall’età adolescenziale, quando incontrai per la prima volta le parole di Virginia Woolf attraverso il testo Una stanza tutta per sé (1929); un libro che mi consentì all’età di diciassette anni di rivalutare quale fosse stato il percorso e la presenza delle donne nei secoli, di cui poco si parlava a scuola, e allo stesso tempo di riguardare alla mia breve esperienza personale, vissuta fino a quel momento, con uno sguardo differente. Decisi allora che avrei voluto saperne di più delle tante Judith, potenziali sorelle di Shakespeare o di altri noti personaggi, che non avrebbero potuto dare espressione al loro talento, a causa di un destino storico, sociale e culturale che le avrebbe sicuramente relegate a un ruolo subalterno o comunque condotte al misconoscimento e all’oblio.
In seguito durante il periodo universitario ebbi la possibilità di coltivare questo mio interesse frequentando corsi e laboratori che proponevano focus in materia di studi di genere e la redazione della mia tesi di laurea triennale in Letteratura italiana contemporanea, pubblicata all’interno di Vitamine Vaganti, rappresentò una fase importante di approfondimento e di acquisizione di consapevolezza in merito ad argomenti come la letteratura a firma femminile e la violenza maschile contro le donne, che segnarono alcune tappe di studio future e di impegno sociale.

Come è avvenuto, poi, il passaggio dalla letteratura alla storia delle donne, in particolare nell’ambito scientifico?

Giulia Bonarelli nel laboratorio del Manicomio di Ancona (Archivio privato di Lidia Bonarelli)

Il passaggio è avvenuto precisamente nel 2017, quando assistetti nella città di Senigallia a una presentazione, organizzata dall’Associazione di Storia contemporanea, di un catalogo di una mostra sulla Grande guerra nella città di Ancona: Nel luogo della memoria. Testimonianze della Grande Guerra nei documenti dell’Archivio di Stato di Ancona, a cura di Carlo Giacomini. All’interno del testo erano presenti informazioni sul Manicomio provinciale e poche righe erano dedicate alla figura di Giulia Bonarelli (1892-1936), neurologa, prima medica professionista della città dorica, moglie del noto psichiatra Gustavo Modena (1876-1958), la quale lavorò anche e soprattutto all’interno del Manicomio a partire dagli anni della Prima guerra mondiale. Si accese la mia curiosità nei confronti di questa personalità di cui si sapeva allora ben poco, alla quale decisi di dedicare la mia tesi di laurea magistrale, estendendo la ricerca ad altre figure di prime mediche professioniste che operarono nel territorio marchigiano. Mediche non meno importanti della pioniera della medicina più nota a livello internazionale, che ha avuto i suoi natali nelle Marche, precisamente a Chiaravalle, Maria Montessori (1870-1952). Da qui sorse il mio interesse per la storia delle donne nella scienza.

Hai compiuto ricerche e studi anche su altri argomenti, quali? Hai sempre cercato anche in questi uno sguardo di genere?

Le mie ricerche si sono estese alla storia locale e alla storia della fotografia. Ad esempio l’esperienza di curatela del volume L’avvento della Regione e la fine del Novecento (2019), svolta in collaborazione con le studiose Monica Diambra e Rita Forlini, è stata l’occasione per approfondire la vicenda ancora poco e sporadicamente indagata della nascita delle prime radio e tv private del territorio marchigiano, soprattutto attraverso le parole dei protagonisti e delle protagoniste di quel periodo fatto di grande fantasia e di desiderio di libertà. Incontri che hanno lasciato un segno e che ancora oggi conservo con piacere. In ogni mia ricerca adotto uno sguardo consapevole, di genere, nella lettura delle fonti: non potrebbe essere diversamente.

Ripensando alla tua esperienza scolastica, hai trovato maggiormente docenti che hanno presentato la cultura in modo neutro (senza accorgersi della preponderanza di nomi maschili rispetto ai femminili, o dando questo dato come scontato) oppure hai trovato anche insegnanti capaci di dare una lettura critica riguardo alla mancanza di protagoniste citate nei manuali, soprattutto nell’ambito scientifico?
Ho incontrato docenti perlopiù nel contesto universitario che hanno saputo fornire una lettura critica sulla mancanza di protagoniste nei manuali dei differenti ambiti disciplinari, rispetto ai docenti e alle docenti incontrate nel periodo scolastico, che si attenevano rigorosamente al programma, un programma tutto al maschile; ma le scelte, seppur pian piano, stanno cambiando e noto una maggiore attenzione a riscoprire personagge che a lungo sono state dimenticate.

Quali progetti hai incontrato finora, capaci di incentivare le ragazze verso lo studio delle discipline Stem?
I progetti fino ad ora incontrati, che a mio parere sono in grado di incentivare le ragazze verso lo studio delle discipline Stem, sono quelli che promuovono il racconto, la narrazione delle storie delle scienziate; non solo vicende esemplari, ma storie comuni che indichino i successi, gli ostacoli, le difficoltà in cui ci si può imbattere nel corso di una carriera scientifica. Progetti che vanno a rintracciare le storie delle scienziate del passato, ma che tengano conto e promuovano l’ascolto delle esperienze delle scienziate di oggi, al fine di decostruire un immaginario carico di stereotipi e pregiudizi che sono presenti ancora oggi e che scoraggiano le giovani a intraprendere un percorso scientifico.

Rivolgiamo tanti complimenti alla giovane studiosa Vanessa Sabbatini e auguri per continuare nel suo percorso con la stessa determinazione e lucidità di intenti che ha dimostrato fino ad ora.

Questo il link per iscriversi al webinar e ricevere poi le indicazioni per il collegamento: https://csvmarche-it.zoom.us/…/WN_2uExuXqBRPiH4dwsuZprsQ

Potete leggere qui tutte le conversazioni precedenti del ciclo Cambiamo discorso, pubblicate su Vitamine vaganti, mentre chi non potesse partecipare alla diretta dell’incontro online, potrà rivederlo (come tutti i precedenti) sulla pagina fb di Reti culturali.

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.

5 commenti

  1. Anche a Padova come CGIL donne SPI e Auser abbiamo iniziato un percorso a partire dal 14 marzo2022 e tutt’ora in corso in cui, circa ogni quindici giorni raccontiamo, nel nostro quartiere, storie di donne straordinarie alternando storie di artiste a storie di scienziate e poi di letterate. Riteniamo anche noi che è ora riportare all’attenzione di tutte e tutti queste storie di donne non solo per rendere loro giustizia, ma perché il loro ricordo sia esempio e patrimonio condiviso. SENZA RACCONTO NON C’E’ STORIA.

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