La scomparsa di Chiara Frugoni, medievista e divulgatrice straordinaria

Con la scomparsa di Chiara Frugoni, avvenuta il 9 aprile scorso a Pisa, città dove era nata il 4 febbraio 1940, la cultura italiana è un po’ più povera, priva com’è di una studiosa di Storia medievale che della divulgazione aveva fatto la sua ragione di vita, a beneficio di studenti, insegnanti, semplici lettori e lettrici appassionate alla materia.
Figlia di Arsenio, a sua volta medievista illustre, scomparso tragicamente nel 1970 insieme al figlio Giovanni, si era laureata a Roma nel 1964, all’Università La Sapienza, e si era perfezionata alla Scuola Normale Superiore di Pisa, per dedicarsi poi all’insegnamento universitario. Dal 1980 al 1988 aveva occupato la cattedra di Storia medievale nella sua città, per passare all’Università di Tor Vergata a Roma, dove rimase fino al 2000. Nella prestigiosa carriera di divulgatrice ha collaborato ai quotidiani la Repubblica e Il manifesto, come pure a trasmissioni radiotelevisive.

Chiara Frugoni, Perfino le stelle devono separarsi,
Feltrinelli, 2014

È stata fondatrice e presidente dell’associazione Amici della Biblioteca Universitaria di Pisa, nata allo scopo di valorizzare e rendere fruibile quell’importante patrimonio librario. Impossibile citare tutte le sue pubblicazioni, che sono un elenco lunghissimo, ma va segnalato in particolare il suo interesse per due figure emblematiche: san Francesco e santa Chiara, a cui dedicò svariati studi. Curò l’edizione di testi altrui e altri ne scrisse a quattro mani con esperti della disciplina. Si occupò anche di narrativa, con libri illustrati rivolti a un pubblico giovanile e nel 2014, nel centenario della nascita del padre, dette alle stampe un’opera più intima e autobiografica: Perfino le stelle devono separarsi (Feltrinelli), in cui apriva un confronto con la complessa figura paterna e tratteggiava nel dettaglio le proprie origini.

La caratteristica principale del metodo adottato da Frugoni, che l’ha resa così speciale e così vicina a chiunque abbia un minimo di curiosità per quel millennio spesso travisato, è stato lo studio minuzioso delle fonti non solo scritte, ma specialmente quelle iconografiche: affreschi, dipinti, sculture, bassorilievi, miniature, scrigno inesauribile di scoperte. Ecco dunque le sue indagini sul Battistero di Parma, sul Duomo di Modena, sulla Cappella Bardi all’interno della Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, sul Camposanto monumentale di Pisa, sulla cappella degli Scrovegni a Padova realizzata da Giotto (1303-5), sull’affresco di Ambrogio Lorenzetti a Siena, noto per l’allegoria e il contrasto fra gli effetti del Buono e del Cattivo governo (1338-9).
Nel 2011 individuò in uno degli affreschi nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi un profilo di diavolo tracciato tra le nuvole, profilo che non era noto e su cui pertanto non si avevano studi; la notizia fece un certo scalpore, suscitando molto interesse nel mondo dell’arte.
Dal 21 al 25 settembre scorso, in Umbria, il Festival del Medioevo di Gubbio è stato dedicato al suo ricordo e la collega e amica Virtus Zallot, storica dell’arte e studiosa di iconografia medievale, ha avuto l’onore di celebrarla.

Chiara Furgoni, A letto nel Medioevo. Come e con chi,
Il Mulino, 2022

Proprio quest’anno è uscito postumo l’ultimo delizioso lavoro di Chiara Frugoni: A letto nel Medioevo. Come e con chi (Il Mulino) in cui analizza con la consueta arguzia, lo spirito, l’abilità che la contraddistinguono gli usi di quel mobile tanto utile e comodo, essenziale per il nostro riposo. Un bellissimo articolo di Claudio Strinati se ne occupa sulla rivista Robinson (10 settembre) ed è un vero piacere scoprire come era organizzata la casa medievale, come erano spartiti gli ambienti, in cosa consisteva (o non consisteva) la camera da letto, spesso uno spazio multifunzionale perché un po’ più caldo e riparato. All’occorrenza diventava luogo per incontrarsi, mangiare, parlare, e le spassose avventure di cui Il Decameron di Boccaccio è ricco diventano fonte di informazioni di prima mano, insieme alle decorazioni di edifici privati, come quelle dello splendido Palazzo Davanzati di Firenze, e alle miniature, ad esempio quelle quattrocentesche che raffigurano il mercato bolognese di Porta Ravegnana, dove sono in vendita prodotti, manufatti, oggetti per la casa e, naturalmente, letti di varie fogge e con vari prezzi.
Fra i principali interessi della studiosa hanno un ruolo privilegiato le donne, a cominciare da quella straordinaria figura che fu Chiara, alle quali ha riservato preziosi approfondimenti che sfatano tante false credenze e stereotipi duri a morire, rivelandone doti di intraprendenza, tenacia, coraggio.

Il Medioevo, e ora ne parleremo nel dettaglio, non fu solo quel buio, lungo periodo in cui erano diffusi mille pregiudizi e infiniti timori: e Frugoni affronta il tema insieme allo storico Georges Duby in Mille e non più Mille. Viaggio tra le paure di fine millennio, volume riccamente illustrato (Euroclub, 1999). Paura della miseria, paura dello straniero, paura delle epidemie, paura della violenza e paura della fine del mondo: una visione cupa della realtà, anche se in gran parte giustificata dalle condizioni di vita, tuttavia aperta al cambiamento, alle novità, alla speranza, specie nel passaggio verso il Basso Medioevo.

Arsenio e Chiara Frugoni, Storia di un giorno in una città medievale, Laterza, 1997 (ed. 2016)

Basta ricordare le parole dello storico Carlo M. Cipolla, anch’egli grande comunicatore, quando ricordava che dopo le epidemie, come quella terribile di peste nera (1346-53), e le crisi economiche, si verifica sempre una ripresa, una vera e propria rinascita, grazie al calo demografico e a una rinnovata fiducia nel futuro. Un’altra opera fondamentale di Frugoni, Storia di un giorno in una città medievale (Laterza, 1997), raccoglie un saggio del padre Arsenio e moltissime selezionate immagini che danno a chi legge una visione viva, pulsante, immediata della quotidianità, dalle prime luci dell’alba al tramonto, attraverso i vari mestieri, i giochi infantili, gli spostamenti, la viabilità e i mezzi di trasporto, i passatempi, i cibi, le abitazioni, i riti religiosi, ma anche grazie ai momenti chiave di ogni nucleo familiare, come le nozze, la nascita e la morte.

Chiara Frugoni, Medioevo sul naso. Occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali, Laterza, 2001 (ed. 2014)

Tuttavia il libro che personalmente amo di più e che mi ha accompagnato nella carriera di docente di Storia, affascinando intere classi e varie generazioni di studenti, è Medioevo sul naso (Laterza, 2001) in cui Frugoni fa una piacevolissima carrellata sulle invenzioni che rendono più confortevole la nostra esistenza, a cui siamo talmente abituati/e da non porci neppure la domanda: ma chi le ha inventate e quando? Chi di solito non si sa, ma quando sì: nel Medioevo! Per puro divertimento e per invogliare alla lettura farò un breve elenco.Partiamo da un oggetto assai utile, persino indispensabile: gli occhiali, visibili non a caso sul volto di un monaco in una miniatura del XIV secolo, ma di uso precedente, a cui si uniscono specchi, lenti di ingrandimento, e , finalmente, i vetri alle finestre delle case più ricche.

Nascono le università, la cultura si allarga, compaiono i segni di punteggiatura, i numeri arabi e lo zero; in Europa si comincia a usare la carta (arrivata dalla Cina), anche filigranata. In campo economico saranno utilissimi i cambiavalute e le lettere di cambio (cambiali), geniale idea attribuita al mercante pratese Francesco Datini, nonché i monti di pietà. Nelle lunghe sere e nei momenti di pausa si gioca a dama, a scacchi, con i dadi e i tarocchi; Guido d’Arezzo inventa le note musicali e compaiono (sec. XI) i primi manuali di solfeggio. Un argomento che si presta alle divagazioni più curiose è l’abbigliamento: fanno la loro comparsa i bottoni in osso o metallo, gli uomini eleganti usano guanti e calze attillate, che soppiantano i più pratici pantaloni di provenienza germanica, raramente si indossa la biancheria intima, come dimostrano varie gustose miniature francesi.
Ma perché si dice «è tutto un altro paio di maniche»? Perché le maniche, spesso usate come tovagliolo (!), negli abiti più raffinati erano asportabili, per lavarle, almeno quelle, così si potevano sostituire. Bellissimo il capitolo dedicato al cibo e ai pasti: compare sulla tavola la forchetta a due rebbi (XI sec.), assai utile per mangiare i maccheroni, i vermicelli, le lasagne, i ravioli: vediamo documenti dell’epoca con massaie intente in queste preparazioni, con strumenti non molto diversi da quelli attuali. Novità ovviamente nel campo bellico, ma anche nelle cavalcature: arrivano, importanti per la stabilità, le staffe e gli speroni. Per arare o trainare un carro pesante verrà usato il collare rigido, talvolta si applicano le ruote dentate per fare più presa su terreni accidentati; magnifico l’affresco nel castello della Manta (Cuneo) in cui un vecchio viene trasportato con la carriola, mentre le navi ormai sono dotate di timone e la navigazione è più sicura grazie a bussola, astrolabio, carte nautiche.
Ultimo cenno, ma solo perché non vogliamo appagare troppe curiosità, a un piccolo animale sempre presente, nelle catapecchie come nei castelli: il gatto, fedelissimo convivente degli esseri umani, in perenne caccia ai topi, ingordi e affamati. Se pensate che oggi non sia più così, e i gatti siano solo graziosi amici ed elementi di arredo dei salotti, sappiate invece che al celebre Museo Ermitage di San Pietroburgo ci sono piccole porticine nelle splendide sale dove fra i capolavori si muove liberamente una pattuglia di una settantina di gatti-cacciatori, preferibilmente bianco-neri, per inserirsi meglio in ambienti tanto raffinati. Abbiamo iniziato dal Medioevo, e siamo al presente in cui dobbiamo ringraziare ancora, dopo svariate centinaia di anni, chi ci ha preceduto in quell’epoca che definire “secoli bui” è davvero riduttivo e antistorico. E manifestare tutta la nostra gratitudine alla fine studiosa che, con le sue ricerche e la sua incessante curiosità, ce l’ha fatta scoprire e apprezzare in modo tanto leggero e gradevole.

***

Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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