Aspasia, la maestra

Insieme a Saffo, Aspasia è la donna più famosa della grecità classica e non è un caso che fosse originaria di una città ionica dell’Asia Minore, non molto lontana da Lesbo. 

Aspasia era nata a Mileto in una famiglia benestante, ma si era presto trasferita ad Atene, non sappiamo quando e perché. Le testimonianze che abbiamo su di lei, insolitamente numerose se consideriamo che si tratta di una donna, sono tutte letterarie e molto contraddittorie, spesso ispirate da precise posizioni ideologiche. Per quelle più malevole è facile pensare che prendendo di mira lei, si puntasse in realtà a colpire l’uomo di cui fu a lungo compagna, amante e maestra, quel Pericle che per circa trent’anni, più o meno dal 460 al 430 a.C., fu di fatto l’arbitro indiscusso della politica ateniese. Probabilmente per lo stesso motivo le fu intentato persino un processo per empietà, come a Fidia, l’architetto del Partenone, e al filosofo Anassagora, anche loro molto vicini a Pericle. E, sempre per screditarla, veniva tacciata di medismo, cioè di essere un’attivista al servizio dei Persiani, che con le loro tendenze espansionistiche continuavano a minacciare le libere città greche. 

Sull’altro fronte troviamo in primo luogo Socrate che, nel dialogo platonico Menesseno, afferma di aver appreso da lei l’arte della retorica, come altri illustri oratori a partire dallo stesso Pericle. Maestra di filosofi e uomini illustri sarebbe dunque Aspasia. Solo che didàskalos, la parola greca per maestro, non ha una forma femminile ed è solo l’articolo, he, a individuare il genere della persona che designa. L’autore del dialogo è quello stesso Platone che, nella Repubblica e nelle Leggi, quando la lingua non gli fornisce il femminile, per condizioni e ruoli che non erano mai stati attribuiti alle donne, non aveva esitato a creare dei veri e propri neologismi: polìtides, (femminile plurale di polìtes, cittadino) e persino àrchousa (femminile di archon, una sorta di ministro). Mentre non ha altrettanto coraggio quando si tratta di maestri… sembra di leggere certe cronache contemporanee.

Analogo riconoscimento per la cultura e intelligenza di Aspasia lo troviamo in Senofonte; e nel frammento di una commedia di cui non conosciamo l’autore, Aspasia è messa addirittura sullo stesso piano di Socrate: ambedue sono educatori, anzi, a giudicare dalla carriera dei discepoli dell’una e dell’altro, gli insegnamenti di lei hanno avuto un esito migliore.

Aspasia che disputa con dei filosofi. Michel Corneille il Giovane, 1672 circa, Reggia di Versailles

A noi moderni non appare facilmente comprensibile come Aspasia possa essere insieme la maestra di Pericle e la sua amante, ma non dobbiamo dimenticare che anche Socrate era legato a molti suoi discepoli da rapporti amorosi. Perché Eros, come c’insegna il Simposio, forse il più famoso dei dialoghi di Platone, è presente in ogni relazione pedagogica che si ponga l’obiettivo della formazione spirituale dell’allievo. Nel Simposio Aspasia non c’è, ma al suo posto Socrate introduce, col ruolo di maestra, un’altra donna, la sacerdotessa di Mantinea Diotima, di cui riferisce, a beneficio dei suoi discepoli, una memorabile lezione su Eros. 

Al contrario di Aristotele, infatti, che nel secolo successivo s’ingegnerà a dimostrare l’inferiorità naturale delle donne, Socrate sosteneva, come ricordano fonti diverse, che non c’è differenza tra donne e uomini, i quali possono avere in egual misura virtù civili e militari, purché abbiano accesso all’educazione – anche sotto questo aspetto l’insegnamento socratico minava l’ordine costituito e certamente pesò nella condanna a morte del filosofo. 

Ad Aspasia vennero dedicate due opere intere da Eschine e Antistene, discepoli di Socrate – una sorta di elogio quella di Eschine, analogo al famoso Elogio di Elena composto dal sofista Gorgia – e tutto un capitolo della Vita di Pericle da Plutarco, il celebre biografo che, scrivendo  nel primo secolo della nostra era, raccoglie notizie di fonti diverse, senza preoccuparsi di eventuali contraddizioni: da una parte la definisce sophè e politikè (sapiente ed esperta di politica), dunque assolutamente degna del rispetto e dell’amore di Pericle; ma non ha dubbi sulla sua professione di porne (prostituta) e mezzana, se non addirittura tenutaria di bordello. 

Nella maggior parte dei testi, tuttavia, è l’epiteto di etera quello considerato appropriato a definire lo status di Aspasia nel periodo in cui visse ad Atene da straniera. La parola greca hetàira alla lettera vuol dire semplicemente compagna e nella sua versione maschile designava, fin dai tempi di Saffo, i membri di una consorteria, legati da passioni, da riti, da militanza politica. Nella versione femminile il termine è ambiguo, tanto che è più facile definirlo al negativo: l’etera non è, e non può aspirare a essere, la moglie legittima di un cittadino, diritto riconosciuto solo alle figlie legittime di cittadini: la cittadinanza è un privilegio che si tramette di padre in figlia. 

Privilegio discutibile, tuttavia: la moglie legittima di un cittadino ha l’onore di generare nuovi figli per la gloria e la grandezza di quella città che a lei stessa non riconosce nessun diritto, a cominciare da quello di ricevere un’istruzione, ad eccezione di quella relativa alla filatura e alla tessitura. Il suo ruolo resta confinato alla procreazione e il fatto che viva praticamente reclusa in casa, uscendo solo in occasione di riti religiosi da cui sono esclusi gli uomini e dei funerali di parenti stretti, risponde al bisogno di assicurarsi che i figli che partorisce siano frutto del seme del marito legittimo. 

Le donne che non si trovavano in questa fortunata condizione erano libere: di uscire di casa, di istruirsi, di frequentare chi volevano; sempre che ne avessero i mezzi, naturalmente. Delle tante che, pur giuridicamente libere, non appartenevano a famiglie benestanti sappiamo pochissimo; ma dato che dovevano procurarsi di che vivere, la disponibilità a prestazioni sessuali a pagamento poteva essere una soluzione. La prostituta di solito era impiegata in un bordello, ma poteva anche gestire personalmente la sua attività. Lo status della porne, tuttavia, può facilmente confondersi con quello dell’etera, anche perché lo scivolamento da una condizione all’altra non doveva essere infrequente.

Se le relazioni eterosessuali, almeno in linea di principio, erano limitate di solito alle esigenze procreative, ciò era dovuto anche alla totale separazione delle vite di uomini e donne, a partire dall’educazione: era difficile, perciò, che ci potesse essere una qualche condivisione di interessi tra un uomo e una donna. Marito e moglie non avevano niente da dirsi: emblematica è la scena del Fedone in cui Socrate, in procinto di morire, congeda rapidamente la moglie Santippe che è andata a trovarlo in carcere, per passare le ultime ore a discorrere con i discepoli di vita e di morte. Discorsi poco adatti a una donna, a meno che questa, come era il caso di Aspasia, avesse potuto dedicarsi alla filosofia, alle lettere, alle arti, in modo da poter aspirare a essere amica, compagna, amante di uomini di alto sentire. I quali uomini non di rado riconoscevano alle donne di questa specie non solo abilità e sensibilità più raffinata, ma anche competenze e conoscenze superiori alle loro. Fino al punto da ricorrere ad esse per esserne istruiti, per averne consigli ed essere guidati nelle scelte importanti. Le etere, infatti, partecipavano ai banchetti, ai simposi, riunioni maschili che erano insieme occasioni di piacere e luoghi in cui s’intrecciavano dibattiti su questioni filosofiche, poetiche, politiche 

Aspasia conversa con Alcibiade e Socrate. Nicolas-André Monsiau, 1798, Museo Puškin, Mosca 

A Pericle capitò di trovare in Aspasia la compagna e la donna ideale, capace di affiancarlo nella complessa operazione di guidare il popolo ateniese verso gli obiettivi che riteneva utili, senza assumere le parvenze di un tiranno, cosa che ne avrebbe messo a rischio il potere: non dimentichiamo che, per evitare che un uomo capace di affascinare il popolo e di condurlo nella direzione voluta, gli ateniesi si erano inventati il meccanismo dell’ostracismo: se qualcuno – magari per ambizioni personali – voleva liberarsi di un rivale pericoloso, bastava che lo accusasse di puntare alla tirannide e invitasse i cittadini a esprimersi sulla questione, scrivendo su un coccio il nome della persona che sembrava opportuno ostracizzare, ovvero mandare in esilio per dieci anni. Ne fu vittima persino Temistocle, il vincitore della battaglia navale di Salamina, in cui i Greci si liberarono quasi definitivamente dell’incubo persiano.  Insomma, evitare il sospetto di aspirare alla tirannide per quelli che noi chiameremmo leader politici carismatici non era facile e Pericle ci riuscì, sembra, anche grazie all’accortezza della compagna che gli stava accanto da quando, per amore di lei, si era separato dalla moglie legittima. Gli autori di commedie, malelingue per professione, insinuano che Aspasia gli procurasse diverse donne per soddisfare le sue voglie; e il fatto stesso che lui l’amasse e la rispettasse al punto di andare a renderle omaggio due volte al giorno, secondo Plutarco, non era visto di buon occhio: l’amore poteva fargli dimenticare i suoi doveri e i suoi obblighi nei confronti del popolo ateniese, compreso quello di osservare le leggi. Come quella che attribuiva i diritti di cittadinanza solo ai figli legittimi, che Pericle stesso aveva fatto approvare. E rispetto alla quale chiese piangendo al popolo una deroga speciale per Pericle il Giovane, il figlio avuto da Aspasia, dopo che erano morti i due che gli aveva dato la moglie. (Quella deroga consentì al figlio di diventare stratego e vincere contro gli Spartani nella battaglia delle Arginuse, per poi essere condannato a morte insieme ai suoi colleghi, per non aver soccorso i superstiti al naufragio provocato dalla tempesta che aveva distrutto molte delle navi vittoriose).

Vale la pena di ricordare che, dopo la morte prematura di Pericle causata dalla peste, Aspasia divenne la compagna di Lisicle che ne aveva ereditato il ruolo e continuò così a esercitare la sua influenza sulla politica ateniese: «Lisicle, il mercante di pecore, uomo di umili natali e volgare, divenne a sua volta il primo degli Ateniesi per aver vissuto con Aspasia, dopo la morte di Pericle». Plutarco, Vita di Pericle, 24, 6.

Resta il dubbio sulla veridicità della notizia secondo cui Aspasia sarebbe stata l’autrice o almeno l’ispiratrice dei discorsi di quell’uomo tanto eccezionale da dare il suo nome a un’epoca intera. Perché allora l’esortazione alle donne con cui si conclude il celebre Epitafio, il discorso in onore dei caduti del primo anno di guerra riportato da Tucidide – «ottima sarà la vostra reputazione se non sarete peggiori di quanto comporta la vostra natura e se fra gli uomini si parlerà il meno possibile della vostra virtù o dei rimproveri che vi si possono rivolgere» – suonerebbe davvero paradossale. O, al contrario, potrebbe confermare la tesi di chi pensa che in ogni epoca e ancora oggi le poche donne che arrivano a esercitare insieme agli uomini una qualche forma di potere, lungi dal metterne in discussione la gestione, ne imitano i comportamenti discriminanti e misogini.  

In copertina: Aspasia, erma marmorea, Musei Vaticani

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Articolo di Gabriella de Angelis

Docente di latino e greco nei licei e nei corsi dell’Università delle donne Virginia Woolf, si è dedicata alla rilettura dei testi delle letterature classiche in ottica di genere. All’Università di Aix-Marseille ha tenuto corsi su scrittrici italiane escluse dal canone. Fa parte del Laboratorio Sguardi sulle differenze della Sapienza. Nel Circolo LUA di Roma intitolato a Clara Sereni, organizza laboratori di scrittura autobiografica.

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