La guerra “sola igiene del mondo”? Perché sono pacifista e antimilitarista

È il 24 maggio, a metà mattinata sono a casa perché ho terminato presto la mia giornata di lezioni a scuola. Accendo la tv come mero sottofondo alle mie faccende culinarie da sbrigare in cucina. L’apparecchio resta sintonizzato distrattamente su Rai 2, va in onda il programma I fatti vostri ed è il momento della striscia di approfondimento culturale curata da Umberto Broccoli. Alle sue spalle il monitor proietta l’immagine della copertina della Domenica del Corriere del 24 maggio 1915 e il professore ricorda che la data odierna è importante perché ha segnato l’ingresso dell’Italia nella Grande guerra. Broccoli afferma: «Non dobbiamo fare un peana della guerra, la guerra è sempre sbagliata, però questa era la Grande guerra, la guerra degli italiani», e aggiunge di mandare dalla regia come sottofondo musicale La leggenda del Piave di Ermete Giovanni Gaeta, il canto patriottico del fiume sacro, teatro della Prima guerra mondiale: «La guerra è stata combattuta soprattutto dai generali da lontano, ma al fronte ci andavano gli italiani, non celebriamo la guerra, ricordiamo la Grande guerra come un momento di grande unità nazionale intorno a questo fiume sacro che è il Piave che mormorava, per l’appunto».
Sospendo ciò in cui sono indaffarata, mi siedo e continuo a guardare con attenzione. Viene proiettata in video una pagina della Stampa Sera del 1965, che celebra il cinquantesimo anniversario della Grande guerra. Campeggiano in prima pagina le parole del presidente Saragat: «Onoriamo coloro che caddero nel sacro nome della patria. L’eroismo dei nostri soldati nella Prima guerra mondiale, che si è acceso nelle alte memorie del Risorgimento, ha animato l’eroismo dei combattenti nelle battaglie successive e nella Resistenza».

Mi sento strana, avverto un disagio interiore, non mi sento in linea con questa esaltazione del sacrificio patriottico, non perché non lo riconosca – ho studiato e insegno la storia – ma perché questa narrazione fa da eco alla narrazione attuale che continuamente ascoltiamo e leggiamo sulla guerra: la guerra non è mai giusta, MA… la guerra è violenza, morte, distruzione, MA… Ecco: è quel MA che mi provoca dissonanza, malessere, perché la congiunzione avversativa della nostra lingua stona dentro di me in modo inequivocabile, come le unghie che stridono su una parete a cui tentano disperatamente di arrampicarsi. Allora ripenso alla letteratura, all’arte, alla musica, alle voci che appena un secolo fa hanno rappresentato la guerra e che quest’anno ho raccontato alle mie e ai miei studenti di quinta in un percorso che ora riecheggia in me. A esse voglio dare ancora voce per spiegare il disagio che provo, il senso di dissociazione profonda rispetto a una società assopita che non riesce ad aprire fino in fondo quegli occhi cuciti con filo di ferro a impedire di vedere oltre lo stillicidio di umanità che si consuma ogni giorno in tutte le guerre nel nostro piccolo atomo opaco del male.

Nasce così il mio manifesto pacifista e antimilitarista, dall’urgenza che da cittadina avverto di voler urlare queste parole a chi non ha orecchi per ascoltare la parola PACE, a chi non colpevolizza chi chiede la PACE.
Sono pacifista e antimilitarista perché «Non c’è bene che paghi la lagrima pianta invano, il lamento del ferito che è rimasto solo, il dolore del tormentato di cui nessuno ha avuta notizia, il sangue e lo strazio umano che non è servito a niente» (Renato Serra). 
Sono pacifista e antimilitarista perché «Di queste case/non è rimasto/che qualche/brandello di muro…/È il mio cuore/il paese più straziato…/Come questa pietra/è il mio pianto/che non si vede…/Non sono mai stato/tanto/attaccato alla vita» (Giuseppe Ungaretti).
Sono pacifista e antimilitarista perché «In fondo i soli veramente ragionevoli erano i poveri, i semplici, che stimarono subito la guerra una disgrazia, mentre i benestanti non si tenevano dalla gioia, quantunque proprio essi avrebbero potuto rendersi conto delle conseguenze» (Erich Maria Remarque).
Sono pacifista e antimilitarista perché «Soltanto l’ospedale mostra che cos’è la guerra… Io vedo dei popoli spinti l’uno contro l’altro, e che senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una incolpevole obbedienza si uccidono a vicenda» (Erich Maria Remarque).
Sono pacifista e antimilitarista perché «tu, uomo del mio tempo, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,/senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,/come sempre, come uccisero i padri, come uccisero/gli animali che ti videro per la prima volta» (Salvatore Quasimodo).
Sono pacifista e antimilitarista perché «Un senso di raccapriccio mi invade e cerco di guardare altrove. Ma lì è come una calamita e il mio sguardo vi ritorna… Su ogni carro vi sono dei soldati russi con armi automatiche in pugno. È la prima volta che ne vedo in combattimento così da vicino. Sono giovani e non hanno la faccia cattiva, ma solo seria e pallida, e compunta, guardinga… E tanti e tanti altri dormono nei campi di grano e di papaveri e tra le erbe fiorite della steppa… E quei pochi che siamo rimasti, dove siamo ora?» (Mario Rigoni Stern).
Sono pacifista e antimilitarista perché «senza neanche togliersi la cintura della divisa, incurante che costei fosse una vecchia, si buttò sopra di lei, rovesciandola su quel divano-letto arruffato, e la violentò con tanta rabbia, come se volesse assassinarla. La sentiva dibattersi orribilmente, ma, inconsapevole della sua malattia, credeva che lei gli lottasse contro, e tanto più ci s’accaniva per questo, proprio alla maniera della soldataglia ubriaca» (Elsa Morante).
Sono pacifista e antimilitarista perché «Questo luogo non è più un luogo, questo paesaggio non è più un paesaggio. Non c’è più un filo d’erba, non una spiga, un arbusto, una siepe di fichi d’India… tutto è bruciato… asini morti, gonfi d’aria come palloni. Grappoli di proiettili come sterco di capra. Ossa scarnificate che affiorano dal terriccio» (Melania Mazzucco).

Sono pacifista e antimilitarista perché «Ho scelto di essere libera. Libera da questa guerra, che altri hanno deciso per me. Libera dalla gabbia di un confine, che non ho tracciato io. Libera da un odio che non mi appartiene e dalla palude del sospetto. Quando tutto attorno a me era morte, io ho scelto la speranza» (Ilaria Tuti).
Sono pacifista e antimilitarista perché «per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone prima che vengano bandite per sempre? La risposta, amico mio, se ne va nel vento… The answer, my friend, is blowin’ in the wind» (Bob Dylan).
Sono pacifista e antimilitarista perché «Io dico sì, dico si può saper convivere è dura già, lo so. Ma per questo il compromesso è la strada del mio crescere. E dico sì al dialogo perché la pace è l’unica vittoria, l’unico gesto in ogni senso che dà un peso al nostro vivere» (Pelù-Ligabue-Jovanotti).
Sono pacifista e antimilitarista perché «Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato non significa che debba essere parte anche del nostro futuro. Come le malattie, anche la guerra deve essere considerata un problema da risolvere e non un destino da abbracciare o apprezzare» (Gino Strada).
Sono pacifista e antimilitarista perché «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (art. 11 della Costituzione).
Sono pacifista e antimilitarista perché «sia chiaro: con la guerra siamo tutti sconfitti! Anche coloro che non vi hanno preso parte e che, nell’indifferenza vigliacca, sono rimasti a guardare questo orrore senza intervenire per portare la pace. Tutti noi, in qualsiasi ruolo, abbiamo il dovere di essere uomini di pace. Nessuno escluso! Nessuno è legittimato a guardare da un’altra parte» (Papa Francesco).
Sono pacifista e antimilitarista perché «come donna non ho patria, la mia patria è il mondo intero» (Virginia Woolf).

Il pacifismo non è il nemico degli oppressi, degli aggrediti, dei martoriati dalla guerra. Il pacifismo è la strada verso il pieno rispetto dei diritti umani e la realizzazione di essi in una società veramente civile, giusta, paritaria. 
Il pacifismo è la strategia per la vera inclusione e l’unica vera arma per fermare le stragi contro l’Umanità e la Madre Terra.
Prima lo capiremo e prima smetteremo di precipitare inesorabilmente negli abissi dell’autodistruzione.
Se non ora, quando?

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Articolo di Valeria Pilone

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Già collaboratrice della cattedra di Letteratura italiana e lettrice madrelingua per gli e le studenti Erasmus presso l’università di Foggia, è docente di Lettere al liceo Benini di Melegnano. È appassionata lettrice e studiosa di Dante e del Novecento e nella sua scuola si dedica all’approfondimento della parità di genere, dell’antimafia e della Costituzione.

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