Editoriale. Lassù sulla montagna più alta del mondo

Carissime lettrici e carissimi lettori,
più su, sempre più su. In alto. Per salvare il mondo. Con gli abiti di lusso.
Ve la immaginate una passerella allestita a seimila e trecento metri, quasi come l’altezza dell’Everest (8848 metri), nella catena dell’Himalaya? Non è fantasia. Venti ragazze, provenienti da tutto il pianeta, sfileranno in quelle altezze sfidando la finezza dell’ossigeno e indossando abiti di haute couture, in accordo alla sostenibilità ecologica.
Lo hanno definito “un evento epocale” pronto a conquistare il Guinness World Record. È il G20 del 2023, presieduto quest’anno dall’India che vedrà anche svolgersi molti interessanti eventi. Tra questi il Ladakh International Fashion Runway, défilé ad alta quota: a 6300 metri (il 30 agosto prossimo). A guidarlo sarà una ragazza italiana di meno di trenta anni, Giulia Ragazzini. Nata e cresciuta a Roma, Ragazzini è un’influencer di una certa notorietà in tutto il mondo (la seguono oltre un milione di persone). Fa l’imprenditrice digitale, è attrice e collabora con brand di alta moda e lifestyle. «Il suo successo – dicono – può essere attribuito al suo impeccabile senso dello stile, alla sua capacità di connettersi con il suo pubblico e alla sua dedizione all’arte in generale». L’evento, guidato da Giulia Ragazzini, si chiama più dettagliatamente The Highest Altitude Fashion show on Earth. Si svolgerà a Umling-La, la strada carrozzabile più alta del mondo, situata a un’altitudine mozzafiato di 19.022 piedi sul livello del mare. «Questa posizione – scrivono nel comunicato – presenta una sfida senza precedenti a causa della sua altitudine estrema, dove i livelli di ossigeno sono solo dal 25 al 35 percento rispetto alle pianure. Questo Giulia lo sa, ma si fa coraggio e in un’intervista a una radio ha promesso di nascondere le sue emozioni e dare forza alle sue compagne di avventura: altre venti modelle provenienti da tutto il pianeta per rappresentare, al G20, con i loro vestiti in passerella, la sostenibilità alla salute della Terra».
L’audace tentativo di ospitare una sfilata di moda a una tale altezza è stato reso possibile dal visionario ed esperto analista di moda, Pankaj K Gupta, che ha già organizzato una sfilata di moda sul Monte Everest e detiene due Guinness World Records. Lo spettacolo porta un messaggio profondo incentrato sul motto della pace, dell’amicizia e dello sviluppo sostenibile ed è stato scelto per rappresentare i paesi ospiti del G20 per fondere il mondo della moda con questioni globali, promuovendo un futuro sostenibile e armonioso.
Qui sulle altezze vertiginose dell’Himalaya Giulia Ragazzini e le altre venti Miss – ognuna in rappresentanza dei Paese del G20 – il 30 agosto prossimo saranno premiate dal Dalai Lama, ospite dell’evento di moda sostenibile. Così la moda contribuirà a gridare il suo sdegno contro il cambiamento climatico. Gli abiti, tutti elegantissimi, che sfileranno sulla passerella più vicina al cielo di ogni tempo, sono confezionati con un filo di seta, la seta Eri, che ha la caratteristica distinta di essere derivato dal bozzolo di seta Eri senza danneggiare il baco da seta, rendendola, così, una seta non violenta. Questa scelta si allinea perfettamente con l’etica dello spettacolo di promuovere pratiche etiche ed ecologiche all’interno dell’industria della moda.
«I disegni per la sfilata – spiegano – sono il risultato della creatività collettiva e della genialità artistica. I designers hanno lavorato instancabilmente sotto il tutoraggio e la guida di Pankaj K Gupta, il creatore indiano dei modelli, infondendo alla collezione una perfetta miscela di innovazione, tradizione e stile contemporaneo». I colori saranno quelli che daranno il via alla collezione primavera-estate 2025. La tavolozza ruoterà attorno alla famiglia di colori Rgb (Rosso, verde e blu), una scelta rara e accattivante: «La sfilata di moda ad alta quota sulla Terra promette di essere un’esperienza indimenticabile e trasformativa, riunendo i mondi della moda, dell’arte, della natura e della coscienza globale. Con la sua enfasi su pratiche sostenibili, produzione etica e una visione per un mondo pacifico e interconnesso, l’evento rappresenta un faro di speranza e ispirazione per il futuro della moda e del nostro pianeta».

La bellezza del pianeta e la bellezza dell’Italia. Ma ritorna il ridicolo. Di nuovo una pubblicità da parte del Governo per tentare, secondo noi in modo molto maldestro, di diffondere i pregi e propagandare, a livello mondiale, il made in Italy. Questa volta protagonista la cucina autarchica, che poi così autarchica non è, come è stato osservato da più parti, viste le naturali varie influenze, dalle Americhe al mondo arabo, passando per la Cina e via discorrendo. C’è da dire che anche questa volta ne viene fuori un minestrone (è il caso di dirlo) di cose, più che di idee!!
Il disegno in questione sarebbe il logo della candidatura per la cucina italiana a Bene immateriale Unesco. A veder bene l’immagine ha poco del logo, richiama di più la cartellonistica pubblicitaria e di netto gusto trash (il rimando e le polemiche riportano alla campagna del ministero di Santanchè!).

L’idea (questa almeno non costosa come quella dall’assurdo nome ibrido di Open to meraviglia) è stata realizzata dagli allievi della Scuola della medaglia dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e l’hanno presentata al mondo (ahinoi!) al Parco archeologico di Pompei, alla presenza dei ministri Gennaro Sangiuliano e Francesco Lollobrigida. In quella Pompei archeologica che recentemente aveva visto arrivare in pompa magna praticamente tutto il governo attuale per inaugurare una novità che poi novità non è (esiste già un collegamento su rotaia ed è giornaliero!): il treno delle Ferrovie italiane che collegherebbe (prima era uno al mese, poi è stato moltiplicato e scadenzato per uno a settimana) Roma alla località vesuviana.

Torniamo al cosiddetto logo, continuando a sottolineare che c’è una netta differenza tra questo e l’immagine dove il primo deve essere «facilmente memorizzabile, evocativo ma asciutto ed essenziale, replicabile da chiunque», concetto del tutto assente nel caso in questione.
Una mano, si presume di un cuoco, dato l’argomento, tiene come se stesse su una fiamma, una pentola (che sembra, in effetti, anche uno scolapasta) dentro cui, o da cui, si sollevano, in un miscuglio da orrore, luoghi comuni di persone, cose, cibi legati all’Italia, con qualche strafalcione, come quella pizza molto da scopiazzatura americana! Insomma: tra due romantici cuoricini che indicano le “o” della scritta Io amo la cucina italiana, salgono su come essenze profumate di cibo, o scendono giù come elementi da cucinare, mischiati alla rinfusa, come figurine stereotipate che ci rappresenterebbero, tanti simboli dell’Italia. Ci sono la Torre di Pisa, il Colosseo, la Mole Antonelliana, un bicchiere di spumante (o è Prosecco?), un barattolo, un sole (già… questo è il paese del sole!), un pesce, delle vongole (perché?!), un mezzo limone che sostiene la facciata di Santa Maria delle Grazie, ciliegie, pomodorini ciliegini uguali alle ciliegie, nuvolette, bolle di sapone, vino rosso con grappolo di uva rossa, Arco di Costantino e siti archeologici a caso! Alla rinfusa anche tanti e tante italiane celebri: Giuseppe Verdi, Dante Alighieri, Leonardo da Vinci e Rita Levi Montalcini. Manca Giuseppe Garibaldi, ma forse è una presa di posizione ideologica? Una brutta grafica si unisce a un orrendo contenuto. Tutto questo per dire al mondo chi siamo e cosa offriamo!

Dalla cucina (cultura?) alla rai, che è informazione e svago. Ma soprattutto informazione. Se si dubitava che Fabio Fazio fosse stato accompagnato alla decisione di abbandonare l’azienda, che aveva accolto lui e il suo programma per lungo tempo, per un’offerta economica migliore, per Corrado Augias e, soprattutto, per Maurizio Mannoni (anche loro sulla terza rete rai) la situazione appare più diretta: ambedue epurati. Augias (insieme a Giorgio Zanchini) non avrà più la striscia domenicale di Rebus, piacevolissima a vedersi. I due giornalisti sono stati sostituiti da altri tre professionisti, sembra filogovernativi, anzi, nettamente filomeloniani. Anche Maurizio Mannoni è stato messo fuori dalla sua Linea notte, la trasmissione di approfondimento del Tg3 della notte. Sarebbe stato l’ultimo anno di lavoro, non hanno avuto neppure la pazienza di aspettare una sola stagione.

Non mancano neppure questa settimana notizie di violenza, approccio malato e maschilista verso il corpo delle donne. Dal medico che in un ospedale del nord d’Italia riceve in un pronto-soccorso una giovane donna morsa alla natica da un cane e ha la sfacciataggine di mettere la diagnosi, come si dice, nero su bianco. Il medico scrive di suo pugno: cane buongustaio, la ragazza lo denuncia alla direzione del nosocomio che lo sospende. Almeno un po’ di esemplare giustizia!
Brutta, anzi, bruttissima la situazione in cui si è trovata una ragazza violentata. Il giudice (spero questa volta non sia stata una donna, come nei due casi che abbiamo raccontato nelle volte scorse!) ha decretato che mentiva perché troppo brutta e obesa per far gola (amaramente è il caso di dirlo!) a dei maschi in cerca di prede. La tristezza ci assale e urliamo il bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale di genere, di una ri-educazione dei maschi e di una didattica (perché no, scolastica) del dialogo e del rispetto tra ragazzi e ragazze che dovranno ripetere a sé stesse, nella scelta dei propri compagni (anche di vita) e di preparazione, come genitrici, in qualsiasi famiglia, di qualsiasi colore, per ri-petere, insieme, ai propri figli e anche alle figlie, quello che hanno imparato.

Altra brutta esperienza quella capitata (la cosa risale a due anni fa) su un social a Heather Parisi. Purtroppo, è una donna a scriverle queste misere parole: «Come sei invecchiata Heather, eri così bella». Heather Parisi, 63 anni lo scorso gennaio, decide di rispondere. Lo fa in modo pacato, ma decisa, dimostrando maturità e dichiarando la sua idea di bellezza: «Hai ragione – scrive – il mio viso e il mio corpo sono molto cambiati dai tempi di Cicale e Disco Bambina. Sono molto cambiati anche da prima della mia ultima gravidanza a 50 anni. Oggi di anni ne ho 61 (quando ha scritto il post ndr) e la bellezza della mia gioventù sicuramente non mi appartiene più. Ma io, fin da principio, ho deciso che quella bellezza, non l’avrei inseguita a ogni costo, che non avrei cercato di imbrogliare il tempo ricorrendo alla chirurgia. La faccia della vecchiaia è un atto di verità e di umiltà al tempo stesso. È la consapevolezza che a renderci esseri unici è il nostro vissuto, non anonimi corpi di una bellezza stereotipata. E credimi, non cambierei mai il mio essere invecchiata di oggi con la mia bellezza di ieri, perché oggi ho molto più da raccontare e ho una serenità che non ho mai avuto». Una bella grande lezione per i nostri e le nostre giovani, ma anche per noi! Che meraviglia!
Vorrei finire con un appello, l’ennesimo, contro una violenza che non sapevo così vasta e crudele. Lo dice lo spot che passa ora, in estate, in televisione. Le notizie sono terribili. Solo in Italia ogni anno la pubblicità progresso governativa dice che vengono abbandonati 80 mila gatti e 50 mila cani. Perché? Non ha nulla di retorico questa domanda. Ma non si vive così l’estate, non si basa il proprio relax sulla sofferenza di un altro essere che ci ama, perché questo è un dato di fatto. Non voglio aprire poi, riguardo alle crudeltà estive, la piaga della trascuranza di tanti e tante anziane. Un capitolo da affrontare.

Avevo scritto un altro finale, giovedì sera, giorno segnato per la consegna del mio editoriale. Poi ieri mattina mi è arrivata la notizia che non avrei ancora voluto sentire e leggere. E ho cambiato il finale di questa mia storia periodica, ricordandone la funzione consolatoria, come l’aveva definita, facendomi il più grande dei regali, la mia amica Piera Degli Esposti, anche lei volata via da noi a metà agosto (il 14 agosto 2021).
Questa volta ci ha salutato Michela Murgia, (nata a Cabras, nella sua amatissima Sardegna, 51 anni fa, nel 1972). Ci ha lasciato anche più presto di quanto ci aveva annunciato, qualche mese fa, nella coraggiosa esternazione, in un’intervista, della sua malattia, ormai allo stadio estremo. Ci ha salutati/e serenamente. Non le faranno i funerali di Stato, non si proclamerà per lei il lutto nazionale con le bandiere a mezz’asta in segno di inchino. Non è bene farlo per le persone che nella vita hanno esercitato cultura. Ma noi, molte e molti di noi, le daranno il saluto del cuore ringraziandola e ricordando le sue tante lezioni di vita.
Una di queste, forse l’ultima, ve la ripropongo come poesia finale, non chiusa, ma apertura a varianti sul tema della libertà.
Questo di Murgia è un discorso disarmante e spiazzante. Non nel contenuto, come dire, superficiale, che è quello personale e inerente alle possibilità e dell’autrice. Ma il significato profondo. Il concetto dell’essenza: dell’osare. Questa è la lezione che ci ha dato Michela Murgia in questo suo intervento, forse l’ultimo in pubblico.
Ci ha offerto una lezione di libertà, con il suo coraggio di sempre. Una lezione che è diventata un testamento. Un lascito culturale (quanto ora ci sia bisogno di cultura, quella vera, se ne era accorta la stessa Murgia). Questa piccola, grande e coraggiosa donna che ci ha sussurrato anche il senso della morte (ma ne aveva parlato già, in chiave popolare della sua Sardegna, per chi se la ricorda in Accabadora, 2009).

“Sto vivendo il tempo della mia vita adesso. Non ho più filtri, non ho più paure, nessuno mi può fare niente. Mi sto facendo tutto da sola. Mi sveglio la mattina e dico basta, dico faccio tutto, tanto che mi fanno, non mi licenzia nessuno! Quindi questo è un momento di grandissima libertà! Questa libertà voglio usarla per lasciare una rendita. Può sembrare pomposo, no meglio, un’eredità, cioè l’idea che se c’è qualcosa che non ho avuto il coraggio di dire, perché ho calcolato protezioni, perché ho calcolato conseguenze, se c’è qualcosa che non ho avuto il coraggio di fare ora lo faccio. Volevo andare sull’Orient Express. Bene, ho chiamato Vogue e ho proposto: volete un servizio dall’Oriente Express? Mandatemi sull’Oriente Express, voglio organizzare questo sogno! Volevo vedere le sfilate, ma sono sempre stata troppo comunista e pauperista e dicevo: ma se mi vedo le sfilate cosa penseranno? Diranno che mi occupo di armocromia? Ma io non sono il segretario del partito democratico. A me non me ne frega niente, io alle sfilate ci posso andare. E ci sono andata! Vestirmi come una regina alle dieci del mattino con un abito da sera? L’ho fatto! E farò un sacco di altre cose che in questi mesi volevo fare. Cioè: io non ho più limiti, non me ne frega più niente! Però non aspettate di avere un cancro per fare la stessa cosa!!! Perché se ragionassimo tutti nello stesso modo probabilmente non avremmo i fascisti al Governo!». Accogliamo tutta la tua ironia. Ciao Michela e grazie di tutto quello che ci hai dato.

Buon Ferragosto e buona lettura a tutte e a tutti.

Apriamo la rassegna degli articoli di questa settimana con il ricordo di quella donna libera e importante per tutte noi quale è stata Michela Murgia, con questo suo prezioso insegnamento: Sorridere mente si va via. Un dono immenso.

La donna di Calendaria 2023 di questa settimana è Ada Lifshitz Yonath. Nobel per la chimica nel 2009, prima israeliana a riceverlo, anche se diviso con altri due scienziati. Continuiamo con la serie La targa che non c’è, che ci presenta Vicolo della campanella n° 18: la casa natale di Ines Colapietro, in arte Ines Loris, una donna che per molti anni fu compagna di vita e di palcoscenico di Ettore Petrolini e su cui c’è stata una vera e propria “congiura del silenzio”. Da Roma ci spostiamo in Umbria: Donne antifasciste nel carcere di Perugia. Parte terza ci farà incontrare, tra le altre, la Madre Costituente Adele Bei e Camilla Ravera.
Cambiamo argomento e chiediamoci quando fu “concesso” alle donne di seguire corsi universitari. Era il 1875 e l’autrice dell’articolo Le tesi delle prime donne laureate a Firenze riporta i dati contenuti nel libro che ha lo stesso titolo, soffermandosi sulle tante difficoltà incontrate da queste antesignane semisconosciute. Restiamo a Firenze per cominciare a condividere uno dei contributi del X Convegno nazionale di Toponomastica femminile intitolato “Maestre d’arte in cammino”: Marina Marini, generosa mecenate.

Strategie matrimoniali è la nuova puntata di Biblioteche vaganti e di matrimonio si parla anche nella recensione di questo secondo numero di agosto della nostra rivista: Un saggio sociologico su matrimonio e maternità.

La nostra sezione Lgbtq+ ne Il tango tra eteronormatività e queer ci racconta invece come «il tango queer ha dato nuova vita al tango argentino, rivitalizzandolo dal suo conservatorismo e creando uno spazio di liberazione ed esplorazione».

Tempo d’estate e di un numero maggiore di ore libere, spesso dedicate alla visione di serie e di film. Perché ci attira tanto il genere horror? Se ne parla, naturalmente in ottica di genere, ne L’intrinseca femminilità dell’horror nei film. Sempre in ottica di genereleggeremo, nella Rubrica Sport, la bella intervista all’insegnante e scrittore Marco Giani L’importanza di far conoscere la storia del calcio femminile.

Passiamo alla politica. Di crisi delle democrazie si discute da tempo, al punto che è stato coniato un nuovo termine, frutto della crasi tra le parole democrazia e dittatura. Ce ne dà uno spaccato l’autore di La “democratura” francese, raccontandoci che cosa sta succedendo da tempo in Francia e quanto la libertà di espressione e di manifestazione vi siano fortemente compromesse. Per fortuna l’importanza e i valori della democrazia contenuti nella nostra Costituzione sono ben presenti nei lavori delle e degli studenti che hanno partecipato al X Concorso “Sulle vie della parità”: Le vie delle Madri Costituenti è l’articolo che ci descrive il bellissimo progetto di alcune classi dell’Istituto di istruzione superiore “Vergani-Navarra” di Ostellato, in provincia di Ferrara.

Chiudiamo, come sempre, con un’altra puntata de La cucina vegana. Questa volta la ricetta consigliata è Insalata di lenticchie, «perfetta per ottemperare al suo compito: le diverse verdure la rendono fresca, appetitosa e gradita a tutti, i legumi sono molto proteici, e l’aggiunta di olive e capperi assicura un buon apporto di sali minerali». Non resta che augurare a tutte e tutti noi Buon appetito.
SM

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

Lascia un commento