Napoleone Bonaparte non ha certo bisogno di presentazioni: nato ad Ajaccio, in Corsica, il 15 agosto 1769 e morto in esilio nell’isola di Sant’Elena il 5 maggio 1821, le imprese militari e l’impegno politico lo hanno reso il protagonista dell’Europa post-Rivoluzione francese, un vero e proprio spartiacque della storia continentale se non anche mondiale. Ricostruire un itinerario che ricalchi la sua vita è l’impresa di Andrea Merlotti e Paola Bianchi, docenti di Storia moderna, che nel loro libro Andare per l’Italia di Napoleone e nella puntata Sui passi di Napoleone di Lovely Planet ci narrano le vicende del grande generale corso seguendo i suoi spostamenti, a due secoli dalla morte.
Non si può non iniziare dalla Corsica, più precisamente dal suo capoluogo, Ajaccio: qui Napoleone nacque dentro il palazzo di famiglia, figlio di Carlo Bonaparte e Maria Letizia Ramolino, entrambi appartenenti alla piccola nobilità corsa. Il dibattito sulla ‘vera’ nazionalità di Napoleone è tuttora aperto ed emerge con forza nella vecchia casa natale e in Palazzo Fesch, fatto edificare dallo zio Joseph Fesch, vescovo di Lione e cardinale che ebbe un ruolo chiave nell’ascesa del nipote: i Bonaparte (leggenda vuole che Napoleone abbia tolto la ‘u’ da ‘Buonaparte’ dopo la morte del padre per sembrare più francese ma l’atto di nascita, redatto in italiano, mostra già il cognome come oggi lo conosciamo) erano di origine o genovese o toscana e si erano resi protagonisti del movimento indipendentista locale dopo che l’isola venne venduta dalla Repubblica di Genova al re Luigi XV. In seguito all’allontanamento dal patriota Pasquale Paoli successivo alla disfatta di Portu Novu, la loro casa era stata saccheggiata e bruciata dalla popolazione, indignata da quello che consideravano un vero e proprio voltafaccia. La villa è stata poi ristrutturata ed è oggi conosciuta come Maison Bonaparte, ma ha ben poco di quando vi abitava il piccolo Napoleone.

La complessa storia famigliare ha portato sia la Francia che l’Italia a reclamarne le vere origini: i francesi sottolineano che tutto quello che il generale ha fatto lo ha compiuto per la gloria del loro Paese mentre in Italia, soprattutto la destra e specie durante la dittatura fascista, viene portata l’attenzione sulle origini italiane della famiglia e sul fatto che in Francia, prima dei grandi successi politici e militari, Napoleone fosse sempre definito in modo spregiativo come ‘l’italiano’. In realtà pare sia quasi assodato che si identificasse come corso: tuttavia, dalla sua collezione d’arte a Palazzo Fesch, proveniente dalla collezione privata e contenente il maggior numero di opere italiane all’estero dopo il Museo del Louvre,1 emerge l’immagine di un uomo profondamente diviso tra due mondi, che mai riuscì a sentirsi totalmente francese. Ad Ajaccio è conservata anche la cappella imperiale con i resti e le tombe dei discendenti e dei parenti di Napoleone, il che rende la città sia l’inizio che la fine della storia della famiglia Bonaparte.
Andiamo ora nella Francia continentale seguendo il piccolo Napoleone nei suoi studi in una realtà culturale e linguistica molto diversa da quella corsa: ad Autun frequentò un collegio gesuita dove imparò non senza una certa difficoltà il francese – lingua di cui non possiederà mai completa maestria.

Si spostò poi a Brianne-le-Château nella regione dello Champagne, in uno dei 12 collegi militari che consentivano di inserirsi nella Regia Scuola militare di Parigi; l’alta retta venne pagata su concessione del re grazie ai brillanti risultati nei suoi studi, che consistevano nella tipica educazione nobiliare dell’epoca: francese, storia, latino, disegno, scherma e matematica, materia che apprezzava e per cui era particolarmente dotato. Nonostante l’esito scolastico assai positivo, la vita nello Champagne non fu semplice: dalle lettere al padre sappiamo che il giovane pativa il clima umido e l’eccessiva severità degli ecclesiastici, fatto che lo spinse verso l’ateismo in età adulta. Una volta superati gli esami, tuttavia, poté finalmente andarsene e nel 1794 era a Parigi – tornò a Brianne soltanto quando vi passò per raggiungere Milano per essere incoronato re d’Italia, e una seconda volta nel 1814 quando qui ottenne una delle sue ultime vittorie contro la Sesta coalizione; comunque nel testamento era indicato che parte del suo patrimonio doveva essere dato alla città in segno di riconoscenza per gli anni della propria formazione.

Spostandoci in Italia la tappa più significativa è certamente Marengo, una cittadina poco distante da Alessandria, in Piemonte, dove il 14 giugno 1800 si svolse l’omonima battaglia contro gli Austriaci che segnò la storia italiana ed europea. Per celebrare la vittoria fu qui coniato il primo marengo, una moneta che venne usata per scambi commerciali in varie parti d’Europa e che costituì il primo tentativo di unione monetaria. Di particolare interesse è l’effigie impressa su di essa: il busto di Minerva con sopra la scritta «L’Italie delivréea Marengo», che può essere tradotto sia come ‘L’Italia è stata liberata a Marengo’ che come ‘L’Italia è stata consegnata a Marengo’, indicando l’inizio dell’ascesa di Bonaparte. Qui si è consolidata parte della memoria popolare legata all’epoca napoleonica: il ‘pollo alla Marengo’ è una ricetta che si dice sia nata in occasione della vittoria, quando Napoleone ordinò qualcosa di veloce da consumare per cena – era risaputo non gli piacesse passare il tempo a mangiare – e il suo chef personale insaporì del pollo con ingredienti recuperati sul momento dai contadini locali: uova, pomodori, gamberi di fiume, aglio, olio e pane raffermo. A Marengo è nato anche il primo museo napoleonico, grazie al lavoro e alla passione di un farmacista di Alessandria che raccolse molti cimeli del generale e dei suoi sottoufficiali nella sua villa privata.

Scendiamo poi a Roma, la seconda città dell’Impero francese dopo Parigi, inclusa nel dipartimento del Tevere e del Trasimeno. Napoleone non ha mai visitato la Città eterna: avrebbe voluto e si era preparato per un viaggio nel 1812 ma la campagna di Russia e la successiva discesa nel baratro gli impedirono di tener fede ai suoi propositi. Alcune delle sale del Quirinale vennero decorate e ridipinte per il suo arrivo e furono avviate numerose e importanti opere urbanistiche. A Sant’Elena Napoleone ha scritto molte lettere ai suoi parenti in cui si raccomandava di legarsi alle importanti famiglie nobili romane, in modo da poter così dare alla luce figli che sarebbero poi divenuti vescovi e cardinali, e potenzialmente anche papi, mantenendo l’influenza della famiglia Bonaparte. È grazie a questa raccomandazione che Roma si riempì di napoleonici, sia familiari che sostenitori. Tra di loro il fratello Luciano, giacobino della prima ora e che lo aiutò agli inizi della carriera, che si trasferì nella capitale dopo aver litigato con Napoleone e qui divenne feudatario per concessione del papa. La sorella Paolina andò in sposa a Camillo Borghese, con il quale è risaputo non ebbe mai un gran rapporto: per ovviare la noia contribuì a finanziare parecchie opere d’arte in città, fondò Villa Paolina e acquistò varie proprietà in giro per l’Italia – volendo si potrebbe creare un intero itinerario solo per Paolina.

Seguiamo il generale sconfitto nel primo esilio sull’isola d’Elba, dove condusse a tutti gli effetti la vita di un sovrano: acquistò Villa dei Mulini a Portoferraio che usò come ‘sede reale’ e Villa di San Martino, nella località omonima, lo spazio di villeggiatura e luogo prediletto che fece decorare con immagini che rimandano alle campagne d’Italia e d’Egitto. La villa sarà poi comprata dal marito della nipote Matilde, il conte russo Anatolio Demidoff, col beneplacito di Napoleone III e trasformata in un museo.

Il viaggio termina a Parigi, la città che lo ha visto primo console e all’acme della sua vita come imperatore del popolo francese. Due edifici sono particolarmente simbolici: il palazzo delle Tuileries, storica sede dei governi monarchici che fu ampliato per connetterlo al Louvre, dove sarebbero andati i bottini frutto dei saccheggi, nella logica di esaltazione di un impero che doveva essere considerato sintesi e culmine di quello Romano e di quello Carolingio; e il castello di Malmaison, poco fuori città, acquistato dalla prima moglie Josephine e da lei amato e curato nei più piccoli dettagli, dedicandosi in particolar modo alla coltivazione dei roseti.

Leggenda vuole che qui sia stato redatto il Codice napoleonico e sia stata fondata la Legion d’onore. Ultima tappa è l’Hôtel des Invalides, originariamente luogo di accoglienza degli invalidi di guerra, divenuto Museo dell’esercito e cimitero; nella chiesa interna al complesso dal 1840 sono conservati i resti di Napoleone, dentro un enorme sarcofago di porfido rosso della Finlandia sotto una bellissima cupola dorata.


Viaggio napoleonico di Andrea Merlotti e Paola Bianchi – parte 2
Viaggio napoleonico di Andrea Merlotti e Paola Bianchi – parte 3
Viaggio napoleonico di Andrea Merlotti e Paola Bianchi – parte 4- Il Museo del Louvre, situato nel cuore di Parigi, è un’epica testimonianza dell’arte e della storia umana. Con oltre 35.000 opere in esposizione, questo maestoso edificio è un santuario che custodisce i tesori dell’umanità. La sua storia affonda le radici nel XII secolo, quando era una fortezza, ma è nel corso dei secoli che ha assunto la sua forma attuale, diventando un’icona culturale globale.
Il Louvre è celebre per ospitare capolavori senza tempo, come la “Gioconda” di Leonardo da Vinci, che cattura lo sguardo di milioni di visitatori ogni anno. Ogni ala del museo racconta una storia diversa, dalle antiche civiltà dell’Oriente alle magnifiche sculture dell’antica Grecia e Roma. Ci si immerge in un viaggio attraverso i secoli, testimone delle trasformazioni artistiche e sociali dell’umanità.
Il suo design architettonico, una fusione di stili che vanno dal medievale al moderno, è un elogio all’estetica e alla funzionalità. Oltre alle opere d’arte, il Louvre è una testimonianza dell’ingegnosità umana nel creare spazi che ispirano e trasportano il visitatore in un mondo di bellezza e creatività.
Il museo è anche un centro di ricerca, con ricercatori e studiosi che si immergono nelle profondità della storia dell’arte. La biblioteca e le risorse del Louvre fungono da faro per gli appassionati e gli accademici desiderosi di approfondire la loro comprensione delle opere esposte.
Tuttavia, il Louvre non è solo un’istituzione statica. Attraverso mostre temporanee e iniziative culturali, si impegna a mantenere viva la sua rilevanza, connettendo il passato con il presente. La sua presenza è un faro che attira persone da tutto il mondo, creando un dialogo globale sulla bellezza, la storia e la diversità culturale.
In conclusione, il Museo del Louvre è molto più di una semplice raccolta di opere d’arte. È un monumento vivo che celebra la ricchezza dell’esperienza umana. Ogni passo attraverso le sue sale è un viaggio nel tempo e nello spazio, un’esperienza che risveglia la nostra connessione con la creatività e la maestosità dell’umanità. ↩︎
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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.
