«La gioia è come il volo» ci dice Emily Dickinson; volare è come sognare e nessuno può togliere i sogni.
Avevo accettato, già dal mese di febbraio, l’invito di mio fratello Cesare a partecipare a un volo di gruppo, il Tour Italy del club Piloti di Classe, programmato dal 29 luglio al 5 agosto ‘23. Sono stata invogliata dall’interessante itinerario che univa il piacere del volo a belle tappe artistiche lungo tutta l’Italia. Siam partiti col suo Folder da Mezzana Bigli, in provincia di Pavia, sabato 29 luglio 2023 con un bel cielo sereno, dopo i terribili temporali della settimana precedente che avevano fatto gravissimi danni, tanto da far temere un possibile annullamento del volo. La sorte ci stava sorprendentemente favorendo e il piacere del volo diveniva realtà.
La prima meta era Massa Cinquale, punto di ritrovo per tutti i partecipanti. Il panorama della nostra pianura era particolarmente verde, dato che le piogge abbondanti avevano rinfrescato i campi. Poco prima dell’atterraggio erano in vista le maestose alpi Apuane con le loro cave di marmo, famose in tutto il mondo. Dall’alto ne appariva la visione d’insieme, come neppure Michelangelo poté averla avuta mentre percorreva quei sentieri a zig zag segnati nella roccia bianca per effettuare la scelta, il taglio e il pericoloso trasporto dei blocchi candidi; quelli che poi lui sapeva spogliare dell’esubero per mostrare i capolavori che ancora parlano a chi li…sa ascoltare.
All’aeroclub arrivano uno dopo l’altro i velivoli e si va così a formare il gruppo nello spazio bar; molti si conoscevano, per me erano tutti nuovi. Nelle presentazioni mi ha colpito il fatto che accanto al proprio nome i piloti, alla richiesta “Di dove sei?” rispondevano non con il nome del luogo della propria abitazione, ma con quello della propria sede aerea che diveniva così un elemento identitario, superiore alla propria città di residenza.
Siamo circa una trentina, alcuni volano soli, altri hanno un copilota; molti sono qui, altri ci raggiungeranno nella prossima tappa. Nessuna donna pilota presente in questo gruppo, solo due compagne di piloti oltre a me. Io conosco poche donne nei club di ultraleggeri, ma una nell’aeronautica militare sì che la conosco, perché è stata una mia alunna nella scuola elementare negli anni’80 e di lei ricordo che aveva un’ottima intelligenza logico-matematica.
Nel pomeriggio si decolla per Iseo Lake Airfield, dove ero già stata due anni fa con Cesare. Conosco la pista, molto verde ed è proprio sul lago; atterrando vedo la Lucchini di Lovere, importante industria siderurgica, attiva dal 1856, per la quale ho una particolare attenzione poiché mio figlio ci va in trasferta per lavoro abbastanza spesso. Si picchettano gli aerei per la notte e si apprezza un ottimo aperitivo offertoci dai gestori, a base di rosato e ottimi formaggi della zona, poi con un pullman ci si trasferisce in un albergo a Trescore Balneario dove si alloggia in una struttura grande che può accogliere tutti quanti.
Domenica 30 luglio, dopo colazione, si ritorna al campo volo per decollare verso i lidi veneti; il panorama è da cartolina, poiché la pioggia della notte ha reso terso il cielo. Sorvoliamo il lago di Garda e si entra in Veneto, a tratti si incontrano nubi sfilacciate che assomigliano a zucchero filato e qualche cirro luminoso, così bello che sembra panna montata. Ritornano in me le note della canzone Nuvole barocche di Fabrizio de André che avevo amato in gioventù.

Ma ecco la laguna, i numerosi canali e il verde smagliante dei campi di mais che saranno la polenta dell’inverno; in lontananza si scorge Venezia e poco dopo si giunge ad Ali Caorle, un’aviosuperficie tra le più attrezzate d’Italia. I piloti fanno rifornimento di carburante e poi a tavola si trova una vera prelibatezza: pesce fritto, pescato nella notte, in abbondante quantità, servito dopo un risotto ai frutti di mare. Prima di riprendere il volo dò un saluto alla bandiera del leone di San Marco che sventola accanto a quella italiana e a quella europea; qui a risuonarmi è Francesco Guccini con la sua Venezia, tanto bella quanto amara e anche con Asia, nella quale Venezia è cantata come la porta dell’oriente. Con noi vi è anche un curioso equipaggio formato da papà Leonardo e da suo figlio Riccardo di nove anni, il più giovane partecipante, che assiste il padre nelle operazioni di pilotaggio, atterraggio e decollo.

Lo tengo d’occhio con simpatia e tenerezza. Si riparte e gusto dall’alto la città di Venezia, le sue isole e la splendida Chioggia, misteriose culle di una civiltà marinara ricche d’arte. Durante la nostra sosta il medico, Vincenzo, ha approfittato per accompagnare la sua fidanzata tailandese, per la prima volta in Italia, a vedere la città più bella del mondo, atterrando a Lido nell’aeroporto Nicelli.
È ora per tutti di decollare alla volta dell’avioclub di Valdichiana, in Toscana. Il pullman ci scorta poi verso l’hotel di Chianciano, florida località termale della Belle Epoque, ma ora un po’ decadente e fuori moda. Io avevo accompagnato mia madre alle cure termali negli anni ’70 e la ricordavo molto più vivace. I piloti, dopo cena, si confrontano e si passano informazioni a loro utili, mentre io invece faccio interviste qua e là per conoscere meglio questi appassionati del volo che mi confidano volentieri le storie delle loro vite. Ne trovo in particolare uno, Gianni, nato a Fiume, che è appassionato come me di storia del Novecento e ci confrontiamo con grande piacere e passione.
Per me il bello viene il giorno dopo, dedicato alla visita di Montepulciano e di Pienza, splendide cittadine rinascimentali toscane. Una guida ci attende e ci conduce a visitare il tempio di San Biagio, vero spettacolo dell’architetto Antonio da Sangallo che ha saputo coniugare le linee greco-classiche al rinnovamento culturale del’500, dove l’equilibrio degli spazi suggerisce e rimanda a un equilibrio interiore.

Si visita poi la città di Montepulciano, famosa per il vino Nobile, ma anche per lo zafferano; ci si porta poi a Pienza, la città voluta da Silvio Piccolomini, poi papa Pio II, che aveva voluto una città ideale come ne erano state ipotizzate molte in quel periodo, ma questa è l’unica che fu veramente realizzata. Visitiamo la chiesa di Santa Maria Assunta poggiante sulla costa del monte, tanto da rischiare uno scivolamento, e il labirinto verticale, relativo alle gallerie costruite per puntellare l’abside che ho visitato io sola, in compagnia di Lucio, un pilota di Milano di grande sensibilità e simpatia.
Nella piazza un cantante lirico allieta la visita ai molti turisti presenti. Io sono entrata in un negozietto ad acquistare un profumo tipico, così da illudermi di portare a casa il ricordo olfattivo di questa piccola perla italiana.
Primo di agosto: partenza iper Capaccio Paestum. La tratta Valdichiana – Paestum è più lunga delle precedenti. I piloti si erano consultati prima del decollo per le varie rotte possibili: c’è chi fa via mare con vista Capri e costa amalfitana, chi come Cesare, preferisce la terraferma. Noi sorvoliamo un paesaggio secco, passiamo su Orvieto e su Monte Cassino, che mi commuove non poco per il ricordo della sua distruzione da parte dell’aviazione americana nel tentativo di espugnare il nemico, ritenuto asserragliato al suo interno che invece non c’era. Accanto al grande monastero ricostruito, vedo un cimitero militare cattolico, ortodosso ed ebraico; è quello polacco, dei mille soldati morti tra il 17 e il 18 maggio ’44 in sostegno dell’Italia contro i tedeschi; per loro nella notte fu scritta una canzone in cui si paragonavano quei soldati a mille papaveri rossi e mi chiedo se De Andrè si sia ispirato a loro nel comporre La guerra di Piero”.

Si sorvola anche la splendida Reggia di Caserta che vista dall’alto mostra ancor più la sua magnificenza. L’arrivo a Capaccio Paestum, tra il Cilento e la costa amalfitana, vede una ragazza in pista con macchina fotografica in mano ad accogliere gli equipaggi per fare loro delle brevi interviste, raccoglie le loro prime impressioni per diffonderle sui social; è Serena, ingegnera aeronautica, appassionata di volo che poi, sotto il capannone, ci offre i panini e le mozzarelle fresche di giornata del salernitano. Il tempio di Paestum ci dicono non essere lontano, ma non sarà possibile andarlo a visitare per questioni di tempo; il nostro pullman ci porta a Castellamare di Stabia dove è stato prenotato per noi uno splendido hotel antico restaurato, l’Hotel Stabia. Grandi scalinate di fine ottocento portano alle camere e alla sala da pranzo; tutto è verniciato di bianco e ciò fa maggiormente risaltare i mobili antichi conservati e disposti nei vari piani, abbelliti da vasi di ortensie giganti bianche e azzurre che ne esaltano l’eleganza. Dopo cena ci attende una sorpresa inaspettata, a tutti/e molto gradita: la presenza in sala di un pianoforte nero laccato offre a un nostro pilota l’opportunità di suonare; lui è infatti un membro di un gruppo di musicisti che si esibisce a Barcellona, dove vive. Senza spartito, suona libero e sicuro offrendoci famosi brani da tutti noi amati: i celeberrimi pezzi dei Beatles che mi riportano agli anni della mia giovinezza. La serata continua in terrazza, al settimo piano, dove si può ammirare la luna piena che sorge dal monte e illumina il golfo di Salerno.
Il giorno dopo, mercoledì 2 agosto, appuntamento alle ore 9 per gli scavi di Pompei. La giovane guida ci narra con grande competenza i fatti storici di quella tragedia del 79 d.c. che, come scrisse Goethe, grande viaggiatore del settecento, «procurò ai posteri tanta gioia dopo che seppellì queste città vesuviane». Visitiamo per circa due ore i principali edifici privati e pubblici della città; nel teatro grande vengono ancora messe in scena, nella bella stagione, tragedie greche e concerti.

Nel pomeriggio è la volta di Ercolano, più piccola di Pompei, che fu distrutta con una modalità differente e che lasciò quasi intatti gli oggetti in legno, in vetro e in oro, ora conservati nel museo. Impressiona il livello avanzato raggiunto dalla civiltà romana di cui noi utilizziamo ancora moltissime cose da loro inventate; in particolare mi hanno colpito i gioielli dalle linee così moderne da poter essere indossati oggi da noi. Il caldo non aiuta la visita negli scavi, che in primavera o in autunno sarebbe più gradevole, ma non mancano fontanelle e, prima di salire sul pullman, anche un chiosco con granite.
Giovedì 3 agosto si decolla per Matera, come scalo l’aviosuperficie e agriturismo di Pietro Natile di Ginosa, che ci offre un’accoglienza fantastica con prodotti di alta qualità, come focacce, salumi, olio, dolci e birra di loro produzione. Vi è un incontro con le amministrazioni locali e i rappresentanti del turismo pugliese. Io, un po’ defilata, comunico con i produttori della birra e con i loro figli che studiano a Taranto e da settembre all’università di Torino. Pietro ha creato un’azienda agricola associandola alla sua passione per il volo, infatti lui promuove una nuova tipologia di turismo che coniuga le attività di terra con quelle di cielo; lui col suo autogiro offre la possibilità di compiere voli sulla zona per vedere il mare e, nell’entroterra, ammirare le gravine, che sono come canyon naturali e in terra può far conoscere gli animali della sua fattoria. Il pomeriggio è destinato alla visita di Matera, resa famosa da alcuni registi, quali Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson, che l’hanno scelta come sfondo per narrare la vita di Gesù. La guida ci porta su quelli che sono i balconi della città che offrono una vista spettacolare da varie angolature. Ci ricorda che fu uno scritto di Carlo Levi, confinato dal regime fascista, a rendere nota la situazione dei contadini che vivevano nelle grotte. «Nelle grotte dei Sassi si cela la capitale dei contadini, il cuore nascosto della loro antica civiltà. Chiunque veda Matera non può non restarne colpito
tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza». È nel suo libro Cristo si è fermato a Eboli la descrizione della vita contadina nelle grotte e della loro devozione nelle chiese rupestri, i cui affreschi però sono oggi quasi del tutto scomparsi.
Visitiamo un’abitazione lasciata intatta dal 1956 e la neviera accanto ad essa che serviva per trattenere la neve, indispensabile per conservare gli alimenti durante l’anno. La pavimentazione della città è in pietra così levigata da rendere la strada molto scivolosa, tanto che ci sono degli scorrimano in ferro, cosa che non ha però impedito a due piloti di scivolare.
Venerdì 4 agosto decollo con rotta l’aviosuperficie di L’Aquila. È forse il tratto di cielo che mi ha emozionata di più per l’immensa distesa di grano già mietuto, del Tavoliere delle Puglie, seconda pianura dopo la Padana e importante geopatrimonio che nutre con frumento, oli, viti, legumi, barbabietola e pomodori. Dall’alto si ha una visione ampia, impossibile da avere stando a terra; i colori dorati dei campi hanno varie sfumature, gli appezzamenti talvolta fumano, perché le stoppie vengono fatte bruciare per preparare il terreno alla successiva aratura. Se, quando andiamo a piedi in montagna, abbiamo la possibilità di vedere l’orizzonte lontano molto ampio, per vedere lo spazio pianeggiante dobbiamo proprio salire sugli ultraleggeri che, volando a circa duemila piedi, ci consentono di avere una visuale dettagliata del territorio, ma non così sfuocata come su un aereo di linea.
Sono grata a mio fratello che mi offre questa opportunità, grazie alla passione per il volo che coltiva fin da bambino. Dall’alto, nell’avvicinarci a l’Aquila vedo delle casette tutte uguali col tetto rosso, di certo sono quelle costruite per i terremotati. Nella sede dell’aviosuperficie, lì proprio sotto il Gran Sasso, è imbastita una arrosticinata, una vera prelibatezza.

Sosta nell’albergo e ripartenza per la visita guidata della città che fu teatro del terribile terremoto del 2009, oggi in gran parte ricostruita: la basilica di Santa Maria di Collemaggio, massima espressione dell’architettura abruzzese, con la storia del suo famoso papa Celestino V e la basilica di San Bernardino con un imponente organo e la splendida pala d’altare in ceramica vetrificata dei Della Robbia. Visitiamo anche alcune parti della città ancora puntellate, in attesa di restauro, e scorgiamo alcuni splendidi scorci in stile romanico. Scrosci d’acqua improvvisi rinfrescano la città, il pullmino ci riporta all’albergo per l’ultima notte del nostro gran giro d’Italia.

Sabato 5 agosto partenza per la destinazione finale, l’aeroporto di Fano che è proprio a fianco dell’autostrada. Vedo, sopra Fano, monte Giove, a me caro per passati incontri con i camaldolesi che lì continuano l’antica tradizione monastica; mando col pensiero un saluto all’attuale priore, un giovane lodigiano. È giunto il momento dei saluti, a ciascun partecipante viene consegnata la pergamena ricordo di questo viaggio indimenticabile che ha visto venti aerei in volo e trenta persone, tra piloti e copiloti; il presidente nel ricordarci la proposta di legge presentata in parlamento per favorire il turismo aereo ci dà appuntamento per il tour del prossimo anno. Ogni equipaggio può tornare alle proprie destinazioni, sempre dopo aver consultato le previsioni metereologiche che tengono sulle spine… anche le/i piloti migliori.
«Volare è il contrario del viaggio: attraversi una discontinuità dello spazio, sparisci nel vuoto, accetti di non essere in nessun luogo per una durata che è anch’essa una specie di vuoto nel tempo; poi riappari, in un luogo e in un momento senza rapporto col dove e col quando in cui eri sparito». (Italo Calvino).
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Articolo di Maria Grazia Borla

Laureata in Filosofia, è stata insegnante di scuola dell’infanzia e primaria, e dal 2002 di Scienze Umane e Filosofia. Ha avviato una rassegna di teatro filosofico Con voce di donna, rappresentando diverse figure di donne che hanno operato nei vari campi della cultura, dalla filosofia alla mistica, dalle scienze all’impegno sociale. Realizza attività volte a coniugare natura e cultura, presso l’associazione Il labirinto del dragoncello di Merlino, di cui è vicepresidente.
