È passato ormi più di un anno dall’inizio della guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. Migliaia di civili sono stati uccisi, otto milioni di ucraini hanno lasciato il loro Paese: quasi una persona su cinque è dovuta fuggire. Quella guerra è arrivata sui nostri schermi, sulle prime pagine dei quotidiani, una guerra che non avevamo mai vista così vicina, ormai sono rimasti pochi gli italiani che hanno vissuto direttamente i bombardamenti, la fame e il terrore di un conflitto armato. A raccontarla tante donne, forti, determinate, coraggiose, anche se ammettono che la loro compagna è la paura.
Marina Ovsyannikova, giornalista della Tv russa di stato ha coraggiosamente protestato in diretta. Nel programma di notizie serali, con milioni di telespettatori, è apparsa dietro la conduttrice portando un cartello su cui era scritto: Fermate la guerra, non credete alla propaganda, qui vi viene mentito. La sua protesta ha suscitato un enorme scalpore internazionale. Arrestata e multata è stata poi rilasciata. Ora vive in Ucraina.


Oleksandra Kurshinoa, ventiquattro anni, giornalista ucraina, è caduta sotto il fuoco dell’artiglieria russa il 15 marzo 2022 insieme al cameraman Pierre Zakrzewski. Non era una reporter abituata alla guerra, era solo una giovane di Kiev innamorata della musica, dei viaggi, della fotografia e del giornalismo. Ma cominciano a cadere le bombe, vengono colpiti l’ospedale di Mariupol, i palazzi di Kherson, la centrale nucleare di Zaporizhzhia. E lei entra nella squadra di Fox News.
Toma Istomina è vicedirettrice e cofondatrice del Kyiv Independent, giornale nato nel novembre 2021 da un gruppo di giornalisti licenziati dal loro giornale per aver difeso l’indipendenza editoriale.
Altra giornalista del Kyiv Independent è Asami Terajima.
«Con le sirene che squillano attraverso la strada stretta e accidentata, un’ambulanza si dirige verso un ospedale improvvisato. “Quanti altri minuti?” chiede ai medici il soldato ferito, gemendo di dolore. “Dieci minuti al massimo”, risponde il medico, stringendo forte la mano del ferito».

Tante le giornaliste inviate da tutto il mondo per conto di giornali o tv seguono la guerra sul campo, intervistano soldati, civili, sotto il fuoco dei bombardamenti filmano città distrutte, ci raccontano con emozione la disperazione di chi ha perso tutto.
Sarah Rainsford è corrispondente estera della BBC. Dal fronte ucraino racconta la resistenza di centinaia di uomini e donne che si preparano alla guerra raccogliendo scorte di cibo, acqua, medicine, arruolandosi nell’esercito, preparando bottiglie molotov.
«A Dnipro folle di donne trascorrono il sabato a preparare bottiglie molotov. Insegnanti, avvocati, casalinghe. Tutti accovacciati sull’erba, a riempirle. Vogliono essere pronti a difendere le loro case e la loro città».

Polina Ivanova è corrispondente estera del Financial Times. Isabelle Khurshudyan è corrispondente estera del Washington Post. Nell’ultimo anno hanno seguito l’invasione dell’Ucraina e i suoi effetti all’interno della Russia.

María R. Sahuquillo di El País è sul fronte della guerra in Ucraina fin dall’inizio.
Clarissa Ward è attualmente capo corrispondente internazionale per la CNN. Nel febbraio 2022 è stata inviata al fronte ucraino, nella città di Kharkiv per documentare le prime mosse dell’invasione russa in Ucraina. In seguito è stata trasferita a Kiev, dove si è impegnata in una serie di reportage sull’avanzata delle truppe russe e sulla fuga dei profughi ucraini. Si è particolarmente interessata alla situazione umanitaria dei bambini e dei civili feriti negli ospedali ucraini. Clarissa è arrivata in Ucraina incinta al quinto mese di gravidanza del terzo figlio. La sua foto con il pancione tra le rovine di Kharkiv ha circolato molto sui social, e ha suscitato polemiche la sua scelta di partire lo stesso per il fronte, ma lei non ha avuto esitazione: «Sarà piuttosto impegnativo con i viaggi e il freddo intenso. Ma migliaia di donne ucraine vivono la mia stessa esperienza».

Lynsey Addario del New York Times: «Non posso scattare questa foto. Devo scattare questa foto. Ci sono immagini dall’Ucraina che devi vedere. Come quella della donna incinta portata via dall’ospedale bombardato di Mariupol. I fotografi hanno il coraggio di mostrarci esattamente cosa sta succedendo in queste situazioni difficili e pericolose. E le redazioni devono avere il coraggio di pubblicarle queste immagini: è un modo per dare voce ai morti e responsabilizzare i potenti. Questi sono imperativi etici profondi. Tuttavia, molti vogliono fare una scelta sicura che non rischi di offendere i lettori sensibili. Ma io sostengo che quando le azioni e/o le politiche di un governo potente portano alla morte, e in particolare alla morte di civili, la documentazione visiva deve essere pubblicata perché il valore informativo di ciò supera la privacy».


L’italiana Francesca Mannocchi, giornalista freelance, collabora con diversi canali televisivi e testate giornalistiche sia italiane, quali L’Espresso e LA7, sia internazionali, come Al Jazeera e The Guardian.

«Era aprile, ero a Bucha. Ho visto i cadaveri in strada, ascoltato i racconti dei civili torturati, le vedove di uomini giustiziati sulla porta di casa, visitato anziani colpiti alle gambe e lasciati marcire di dolore nelle cantine, anziani rimasti senza gambe, amputate perché non c’era più niente da fare. […] Ho osservato l’Ucraina per settimane, ho cercato di cogliere negli sguardi dei passanti cosa sia abitudine al conflitto, come la consuetudine alla paura modifichi la ritualità del quotidiano e insieme i connotati dei volti, ho scoperto che la guerra fa al viso di un uomo quello che il mare e il vento fanno agli scogli, li consuma e insieme li definisce».

Stefania Battistini, reporter per il TG1, documenta le sue missioni con una serie di ritratti della gente comune: donne, vecchi, bambini.
«Credo sia importante far capire che il ruolo dell’inviato di guerra è ancora fondamentale. Solo chi sta sul campo, assiste con i propri occhi a quello che accade, raccoglie le testimonianze delle vittime, può sgombrare il campo dalla propaganda e dalle fake news. Certo, è un lavoro difficile e faticoso, spesso non c’è la luce, si dorme in stanzoni, la cena non sempre è assicurata, ma questo è il lavoro che ho sempre voluto fare e quando è il momento di ripartire mi sento in colpa nei confronti degli ucraini, perché io una casa in cui tornare ce l’ho, mi sembra di abbandonarli. Per loro non posso far altro che tenere il riflettore puntato sulla loro sofferenza, essere testimone». Tra le persone che incontra tanti bambini, che giocano fingendo di avere tra le mani un kalashnikov. «La guerra fa anche questo: deruba i bambini della loro infanzia».

Emma Farnè per Tg1 e Rainews24 racconta la guerra dall’Ucraina.

Cecilia Sala è inviata podcast. Il suo racconto audio quotidiano, Stories, con interviste, voci, suoni, rumori, registrato sotto le bombe, si può ascoltare gratuitamente su tutte le piattaforme audio. «Certo che ho paura, sarei un’idiota se non l’avessi, ma penso che si capisca meglio la guerra se la vedo da qui».

Maria Grazia Fiorani per il Tg3 ha dato la notizia dello scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina: «Kiev si è svegliata sotto le bombe, in cinque ore è cambiato tutto!». Del suo mestiere dice: «Serve coraggio, determinazione e tanto amore per il mestiere perché vedere e raccontare la guerra e le sue atrocità ti mette in gioco completamente».
Gabriella Simoni è l’inviata di Mediaset. «Il giornalista deve andare dove gli altri non possono».
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Articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.
