Ricette per la sovversione

Il diritto al voto è stato una conquista fondamentale che ha permesso alle donne di partecipare attivamente alla vita politica. Nel 2020 è stato celebrato il centesimo anniversario del XIX Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America, che nel 1920 conferì il diritto di recarsi alle urne alle donne e che ancora oggi non è affatto una concessione scontata. 
Nella seconda metà dell’Ottocento sorsero i primi movimenti femminili organizzati: la battaglia per il diritto di voto intrapresa dalle suffragette (o, meglio, suffragiste) si accese dapprima nel Regno Unito, soprattutto nell’area di Manchester, per poi dilagare negli Stati Uniti e in tutta Europa, Italia compresa. Quando il movimento per il suffragio prese slancio, molti gruppi di suffragiste pubblicarono svariati ricettari, dichiarando al mondo che il lavoro delle donne, come cucinare, non era da meno di quello degli uomini. Distribuendo i loro libri di cucina, infatti, esse diffondevano il messaggio del suffragio tra le ricette e ne favorivano l’ingresso nelle case con lo scopo di veicolare le istruzioni per garantire e ottenere il voto alle donne, far passare concetti come i diritti riproduttivi, nonché l’abbandono delle costrizioni della moda, come i corsetti, a favore di look più agevoli per partecipare alle numerose manifestazioni civili a cui le donne erano caldamente invitate a partecipare. 

Questi ricettari camuffavano dietro l’apparente aspetto pratico la possibilità di diffondere messaggi ben diversi dalla cottura a puntino di una torta di mele, perché potevano ispirare le donne a impegnarsi nella battaglia politica per non essere discriminate e davano una chiave di lettura diversa anche agli uomini. Le ricette spaziavano dalle linee guida di base sulla preparazione del tè e sulla bollitura del riso a quelle per il parfait alle mandorle, ma la maggior parte comprendeva un flusso rilassante di zuppe, sughi, pane, arrosti, torte, frittate, insalate, sottaceti e budini. Nelle pagine di questi ricettari sono riportate molte ricette tramandate di madre in figlia, ricamando una storia di unità femminile che si estende attraverso il tempo e le generazioni: si va da quelle appetitose e stuzzicanti, che potrebbero essere preparate ancora oggi, ad altre inverosimili che è difficile credere siano mai state veramente cucinate e servite, ma vi si trovano anche messaggi di forza femminile, di solidarietà maschile e di una storia che comincia solo adesso a essere raccontata.  

Sono otto i libri di cucina delle attiviste apparsi tra il 1886 e il 1916, un arco storico che testimonia i cambiamenti avviati da industria e tecnologia nel sistema alimentare. «Nell’agosto del 1913, il New York Times pubblicò una notizia che ebbe una grande risonanza in tutti gli Stati Uniti: il marito di una suffragista che stava arringando la folla la interruppe gridando: “Mary, vieni a casa e preparami la cena! Il tuo posto è lì e non per strada a fare discorsi!”. Benché spalleggiato da altri uomini che le urlavano di tornare dal marito e dai figli, il coniuge dell’oratrice passò la notte in cella e lo stesso movimento delle suffragiste criticò la moglie accusandola di aver trascurato i suoi doveri domestici per sostenere le battaglie civili per la rivendicazione dei diritti, in contrasto con le nuove strategie adottate dal movimento che andavano invece nella direzione di conciliare le incombenze casalinghe con l’impegno politico. 
I ricettari delle suffragiste divennero, quindi, un originale strumento di lotta insieme alle manifestazioni, alla disobbedienza civile, ai picchetti e agli scioperi della fame e le bancarelle piene di piatti succulenti e le gare di cucina contribuirono a rafforzare la sinergia con il Movimento per l’economia domestica, deciso a fare della casalinga una professionista capace di gestire la casa con le competenze di una manager d’impresa» (Il Manifesto, 22.11.2020). 

Tra i libri proposti dall’editoria americana per celebrare il centesimo anniversario del voto alle donne ce ne sono alcuni dedicati alla cucina delle suffragiste: primo tra tutti, All Stirred Up: Suffrage Cookbooks, Food, and the Battle for Women’s Right to Vote, la cui autrice, Laura Kumin, presenta circa cinquanta ricette dell’epoca e le inserisce nel contesto storico e sociale del tempo, corredandole da numerose e deliziose immagini. I ricettari più famosi, ristampati ancora oggi, sono The Woman Suffrage Cookbook del 1886, a cura di Hattie A. Burr e The Suffrage Cook Book, compilato da Laura O. Kleber nel 1915. Il primo, in particolare, è stato il capostipite di una tendenza editoriale che negli Stati Uniti si è protratta per quarant’anni, una sorpresa di lavoro culturale affidato alla più immediata delle pubblicazioni, un manuale di ricette facili per la famiglia. The Woman Suffrage Cookbook è un libro ormai dimenticato, ma la sua storia delle suffragiste racconta una delle più divertenti e originali strategie di diffusione delle idee politiche, anche se le questioni discriminatorie non si sarebbero risolte subito perché, passate quelle di genere, fino al 1965 resistettero tristemente quelle basate sulla razza. Sfogliando le pagine dei ricettari, infatti, non si può fare a meno di notare l’assenza di cuoche nere, estromesse dal movimento che le suffragiste, provenienti per lo più dalla classe medio alta della popolazione, avevano costruito a loro immagine e somiglianza, rinnegando così una preziosa opportunità di solidarietà e sorellanza anche, ma non solo, a causa di un deplorevole pregiudizio razzista.

Dei restanti ricettari, alcuni erano esili e anonimi opuscoli, come Little Tastes of Enfranchisement, realizzato nel 1915 da un gruppo di donne californiane mentre altri, elegantemente rilegati, contavano centinaia di pagine, come il Washington Women’s Cookbook: Good Eats and Votes for Women, pubblicato nel 1909 dalla Washington Equal Suffrage Association per raccogliere fondi durante la campagna per il suffragio dal 1909 al 1910, e ogni raccolta era il frutto di un lavoro collettivo coordinato da una suffragetta compilatrice. Tra strategie di comunicazione ante litteram e colpi di genio, inoltre, le autrici intuirono che i nomi dei piatti sarebbero stati d’effetto se nominati nel modo giusto: dagli Spaghetti alla suffragista alla Torta per un marito dubbioso, il viaggio attraverso la propaganda del diritto di voto alle donne diventava ancora più diretto e aver optato per un ricettario serviva anche a sottolineare il concetto che occuparsi dei diritti delle donne non significava necessariamente abbandonare il ruolo di accudimento della famiglia, come molti detrattori sostenevano per ridicolizzare il movimento e ribaltava il luogo comune della cucina professionale, fino ad allora retaggio esclusivo degli uomini cuochi. I proventi della vendita dei ricettari servivano per sostenere la battaglia per i diritti ma anche a portare il messaggio delle suffragiste nelle case delle donne scettiche e ancora titubanti, perché le ricette si accompagnavano a riferimenti e argomenti a favore del diritto di voto spesso e volentieri conditi da espressioni umoristiche quali, ad esempio, gli ingredienti della Torta per il marito dubbioso di una suffragista, che prevedevano «Mezzo litro di latte dell’umana gentilezza e otto motivi per cui le donne dovrebbero votare», mentre il ragù preferito dalle persone che si erano schierate contro la concessione del suffragio alle donne contemplavano la presenza di un indigesto mix di «Verità calpestate, un buon pugno di ingiustizie e una manciata di stupidaggini». Per le donne, infatti, la cucina aveva rappresentato fino a quel momento solo un luogo operoso e silenzioso, un regno riservato alla famiglia, ma scegliendo di divulgare le ricette le attiviste del diritto al voto rivendicavano per sé il ruolo di cuoche e ribadivano come il mantenimento (della famiglia e, per analogica estensione, anche della società) fosse una questione di genere: l’economia domestica era loro responsabilità e, nonostante all’epoca la maggior parte dei soldi arrivasse dagli stipendi maschili, la gestione delle finanze spettava comunque alle donne che, così come erano in grado di amministrare sapientemente una casa, avrebbero potuto amministrare altrettanto bene una città, una nazione, il mondo. 

Si venne così delineando una biografia alimentare di genere che, contestualmente, restituiva l’immagine di una donna iper efficiente capace di occuparsi alla perfezione delle mansioni domestiche, di accudire la famiglia nel modo giusto, di preparare gustosi e nutrienti manicaretti e al tempo stesso di dedicarsi alle questioni pubbliche nazionali e internazionali. Il concetto venne sintetizzato efficacemente dal titolo dall’articolo apparso nel 2015 sul sito The Salt a firma di Nina Martyrism, How Suffragists Used Cookbooks As A Recipe for Subversion ovvero Come le suffragiste usarono i libri di cucina come ricetta per la sovversione. «Le donne hanno usato ciò che sapevano, ciò che potevano per sostenere le loro cause», ha spiegato l’eminente archivista culinario Jan Longone durante una conferenza del 2008 all’Università del Michigan. «Se questo significava preparare una torta, cucinare una cena o scrivere un libro di cucina, esse lo facevano e questi libri di cucina erano anche una confutazione strategica alle battute sprezzanti e alle insinuazioni offensive dirette contro le suffragiste, che venivano dipinte come madri negligenti e prostitute che odiavano la cucina, impegnate a fare politica mentre i loro figli morivano di fame». L’affermazione che questi libri cercavano di rafforzare era che la buona cucina e il voto sicuro andavano di pari passo, per citare il Washington Women’s Cook Book che si apriva con il verso: 

«Give us the vote and we will cook/The Better for a wide outlook. Dateci il voto e cucineremo il meglio per una visione più ampia». 

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Articolo di Serena Del Vecchio

Laureata in Giurisprudenza e specializzata nelle attività didattiche di sostegno a studenti con disabilità, è stata docente di discipline economiche e giuridiche e ora svolge con passione la professione di insegnante di sostegno. Ama cantare, leggere, camminare, pensare, suonare la chitarra e ha da poco intrapreso lo studio dell’arpa celtica, strumento che la aiuta a ritrovare pace e serenità interiore.

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