Ricordando Elena Gianini Belotti. Una voce coraggiosa e attuale dalla parte delle bambine e delle donne: questo il titolo del convegno organizzato dall’Udi di Genova per ricordare, a un anno dalla scomparsa, una studiosa, una scrittrice, una pedagogista il cui testo Dalla parte delle bambine ha costituito un fondamentale spartiacque nella scienza pedagogica contribuendo alla nascita della pedagogia di genere.
In questa occasione si è voluto approfondire l’intera produzione letteraria di Elena Belotti, ricordata anche come scrittrice di tanti romanzi ispirati quasi sempre a storie vere. Narrativa che costituisce un patrimonio prezioso della nostra letteratura, sia per la testimonianza di discriminazione sessista sia per l’acuta analisi di disagio femminile vissuta fino agli anni Novanta.
Se milioni di donne hanno letto e ricordano il saggio Dalla parte delle bambine o Prima le donne e i bambini, un numero certamente inferiore conosce la sua vasta produzione letteraria, a iniziare da Il fiore dell’ibisco (Rizzoli, 1985) nel quale si rivendica il diritto per una donna ad amare un uomo più giovane, affrontando la destrutturazione degli stereotipi di genere sia a livello emotivo personale sia a livello culturale collettivo.
Tra le pagine troviamo l’ammissione di un giovane uomo che afferma: «[…] Non perché tu non mi attragga. È perché non ho coraggio, mi fai troppa paura. Ho paura di te, del tuo cervello, della tua lucidità, della tua statura, della tua ricchezza. Perché tu mi sovrasti, sei tanto migliore di me. Paura di essere dominato, divorato, annientato… e in più, dato che per età potresti essere mia madre, rappresenti l’interdetto, il tabù».
In questa storia, raccontata con scrittura fluida, riemerge l’eco, mai spenta, di millenni di ideologia patriarcale che incatena non solo le donne ma anche gli uomini. Sempre nel libro Il fiore dell’ibisco emerge prepotentemente la fatica quotidiana del genere femminile. Fatica, oggi più che mai attuale, che si rispecchia nel cosiddetto multitasking a cui spesso diamo il senso di una “bravura femminile” a districarsi e risolvere i mille problemi quotidiani. Elena aveva già capito che era un inganno, un canto di sirene a cui non prestare ascolto: «[…] I talenti delle donne vanno smarriti nella fatica quotidiana di pensare, organizzare. Agire per gli altri… dispersi, assorbiti, corrosi dalle esigenze altrui che vengono prima delle proprie… impoveriti, isteriliti, soffocati dalle continue richieste di attenzione, di cura, di accudimento… una massa di lavoro fisico e mentale che succhia ogni respiro, non lascia tempo e pensieri per sé…». Risalta in questo romanzo una lungimiranza che ritroveremo lucidamente in tutti i suoi scritti.
Probabilmente Elena Belotti, ritenuta esclusivamente una saggista e ricordata solo per il suo primo saggio, non riuscì a conquistare la grande platea di lettori e lettrici di Dalla parte delle bambine tanto che, tre anni dopo, pubblicò con Mondadori il saggio Amore e Pregiudizio, nel quale vengono ripresi i concetti già espressi nel volume Il fiore dell’ibisco. Nel saggio scrive: «[…] Si sa o non si sa che le donne, che rivendicano il diritto ad amare un uomo più giovane, compiono un gesto sovversivo nei confronti delle norme che le imprigionano? […] per gli uomini ci sono due stagioni entrambe dotate di un potere di seduzione… un’eterna primavera negata alle donne…».
In Adagio un poco mosso (Feltrinelli, 1993) il tema dell’anzianità di una donna viene ripreso con sette racconti briosi in cui avanti con l’età non solo accettano serenamente lo scorrere degli anni, ma “rifioriscono” cercando di recuperare il tempo perduto che “le ha spossessate di sé stesse”.
Molte delle tematiche affrontate nel libro Dalla parte delle bambine le ritroviamo nel romanzo Pimpì oselì (Ed. Feltrinelli 1996), opera autobiografica che irride sia a una sorta di mito dell’infanzia, sia alla retorica fascista di quei tempi. Una scrittura che evidenzia un mondo soffocante di usi, tradizioni, credenze religiose che si snodano tra la zona del bergamasco e la periferia di Roma. Tutto viene raccontato con gli occhi di una bambina che non vuole giocare con le bambole, ma preferisce arrampicarsi sugli alberi e scavalcare cancelli. La sapiente arte narrativa materializza ai nostri occhi quella bimba testarda, ribelle che rifiuta di essere «modesta e pura», che rifiuta di occupare nel mondo un posto già designato da altri. È evidente come le tematiche del suo primo saggio, esposte ben ventitré anni prima, rimangano ancora urgenti e spesso irrisolte: la cultura che plasma e sovrasta la natura femminile e l’incapacità di dare a ciascun individuo la possibilità di crescere e sviluppare la propria personalità nel modo che “sente” più opportuno, indipendentemente dal sesso di appartenenza.
Un’altra prova della lungimiranza di Elena Belotti la ritroviamo nel romanzo Apri le porte all’alba (Feltrinelli, 2001): «[…] che razza di amore sarebbe quello che arriva a uccidere? Chiamiamolo con il suo nome: bisogno sfrenato, incoercibile e patologico di possesso. Anche questa sarebbe una battaglia da fare: ottenere dai media che usino un linguaggio corretto perché quello scorretto deforma le coscienze».
Ogni considerazione di attualità è superflua.
La sua produzione narrativa è indubbiamente lo specchio dell’evolversi dei tempi. In Cortocircuito (Rizzoli, 2006) evidenzia le vite delle e degli immigrati, delle badanti dell’Est o delle Filippine e suggerisce a italiani e italiane di accettare questa commistione di etnie, lingue e culture come un arricchimento. Elena va anche pragmaticamente alla considerazione che “senza lo straniero” il nostro Paese si fermerebbe in molte attività.
Tra i romanzi anche Prima della quiete. Storia di Italia Donati (Rizzoli, 2003) e Pane Amaro (Rizzoli, 2006).
Il primo racconta la storia vera della maestra Italia Donati, classe 1863, vittima di maldicenze feroci che la portarono a un gesto estremo, mentre il secondo racconta, grazie al ritrovamento di un diario del padre del 1913, i sogni andati in frantumi di un emigrato in America.
Tematiche attuali che, attraverso la narrazione di specifiche storie, ci fanno ancora una volta riflettere su come il tempo trascorso non abbia cancellato stereotipi e tabù. Cambiano i luoghi, i confini geografici, ma l’essenza dolorosa del pregiudizio rimane intatta.
Tra le relatrici del convegno Flora Cordone, Responsabile della Biblioteca Margherita Ferro Udi Genova, la professoressa Elisabetta Degl’Innocenti e la giornalista e scrittrice Cristiana di San Marzano, fondatrice nel 1992 insieme a Elena Belotti, Dacia Maraini, Carla Ravaioli, Chiara Valentini e altre fra giornaliste e scrittrici, del gruppo Controparola.
Cristiana di San Marzano ha evidenziato come, per le giovani donne italiane degli anni Settanta, Dalla parte delle bambine abbia rappresentato quello che Il secondo sesso di Simone De Beauvoir, più di vent’anni prima, aveva rappresentato per le generazioni di quel periodo: un saggio dirompente, che invitava alla riflessione sull’essere donna, al significato dei ruoli attribuiti dal pensiero e dalla cultura maschile. Il primo saggio di Elena Belotti rivoluzionava i tradizionali metodi educativi, denunciava «per la prima volta i condizionamenti culturali da abbattere per sfuggire al tanto deprecato destino femminile», aiutando generazioni di donne «a prendere coscienza di come erano state manipolate e orientate fin dalla tenera età, condizionate nei loro desideri e nelle loro aspettative».
In chiusura dei lavori la nipote Barbara Belotti ha raccontato piccoli pezzi di vita della zia, che ne hanno messo in luce la grande personalità, la profonda cultura e il carattere indomito fino alla fine dei suoi giorni.
La proiezione di alcune foto ha mostrato Elena da bambina: una “piccola donna” quasi sempre con il broncio davanti all’obiettivo. Un broncio disobbediente che sembrava disdegnare vezzi femminili imposti. Un broncio in cui ci siamo riconosciute in tante e che ci ha fatto riavvertire il disagio di un ruolo che ci veniva imposto.
Per l’otto marzo del 2024 sarà emesso un francobollo per ricordarla, ma Elena Belotti e i suoi libri meritano molto, molto di più. Non è stata solo l’autrice di Dalla parte delle bambine, come lei stessa teneva a sottolineare, ma è stata una Donna dalla parte delle Donne.
E questa sua straordinaria attività deve ancora trovare giusta luce.
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Articolo di Ester Rizzo

Giornalista, laureata in Giurisprudenza, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) nel corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo, Le Ricamatrici, Donne disobbedienti e Il labirinto delle perdute.
