A Madrid, dal 31 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024, il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, in collaborazione con l’Arp Museum Rolandseck di Remagen (Germania) celebra con una mostra tante artiste che, seppur talentuose, sono state oscurate per secoli da una storia dominata da un protagonismo maschile. Maestras è il titolo della mostra, curata dalla studiosa d’arte contemporanea e femminista Rocío de la Villa, responsabile dell’associazione Donne nelle Arti Visive: in esposizione oltre cento pezzi tra dipinti, sculture, opere grafiche e tessili. La mostra approderà poi, in versione ridotta, all’Arp Museum Bahnhof Rolandseck dal 25 febbraio al 16 giugno 2024. È la prima grande mostra che riflette il processo di ripensamento femminista su cui il Museo Thyssen è impegnato negli ultimi anni, da quando, nel 2011, si è tenuta la mostra Heroinas. Riunisce le opere di tante artiste che per anni sono rimaste chiuse nei magazzini e che ora sono di nuovo visibili, appese alle pareti dei musei. La mostra è accompagnata da diverse attività che la completano, una serie di documentari, film biografici, un seminario sulle figure femminili nell’arte spagnola, un simposio sulle artiste contemporanee e la creazione di un microsito.
Per chi non potesse andare a Madrid e godere di queste opere dal vivo, suggerisco due link, dove è possibile fare un tour virtuale:
https://www.museothyssen.org/thyssenmultimedia/visitas-virtuales/maestras
https://www.museothyssen.org/exposiciones/maestras
Artemisia Gentileschi, Angelica Kauffmann, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Fede Galizia, Clara Peeters, Rosa Bonheur, Mary Cassatt, Berthe Morisot, María Blanchard, Natalia Goncharova, Sonia Delaunay, Maruja Mallo, sono solo alcune delle protagoniste della mostra, donne colte, curiose, geniali interpreti del loro tempo, che hanno saputo raccontare adottando nuove e originali soluzioni espressive. Sono oltre settanta le artiste presenti, alcune delle quali per la prima volta esposte in Spagna. Scorrendo attentamente le loro biografie nel catalogo della mostra, scopriamo una nuova visione del modo in cui vissero e operarono: molte di loro parteciparono attivamente ai movimenti d’avanguardia, offrendo un modello di impegno, creatività e indipendenza. Studiarono in Accademie di Belle Arti, nonostante i divieti dell’epoca, ed esposero in grandi rassegne insieme ai loro colleghi maschi; insegnarono e formarono giovani artiste, viaggiarono in paesi stranieri, cogliendo l’opportunità di esperienze cosmopolite. Molte di loro si dedicarono per tutta la vita alla carriera artistica, rifiutando il matrimonio, altre invece furono supportate da maestri, mariti, padri, fratelli. Il contributo di tutte è stato fondamentale per la causa delle donne, e ha segnato quel lungo e intenso percorso, che ha portato ai traguardi di oggi.
La mostra ci conduce in un viaggio che spazia dai capolavori realizzati dalla fine del XVI secolo ai primi decenni del XX, ed è strutturata per periodi storici, generi artistici e temi. L’intento è quello di provocare una più attenta comprensione del contributo femminile allo sviluppo dell’arte, documentando anche il lento, ma costante processo che ha portato le donne all’emancipazione. Otto sono i nuclei fondamentali attraverso i quali si tratteggia una storia dell’arte parallela a quella a cui ci ha abituate l’egemonia di una narrazione tutta al maschile.
1. Sororidad I-La questione femminile
Questa prima sezione della mostra si riferisce all’eterno dibattito in difesa del potere intellettuale delle donne e del loro diritto all’accesso alla conoscenza. Prende le mosse da Christine de Pizan, che nel suo libro, La città delle Dame (1404-1405), presenta una società utopica in cui racchiude un elevato numero di sante, eroine, poete, scienziate, regine, esempi dell’enorme potenziale che le donne possono offrire alla società. Fondamentale per Christine è il tema dell’istruzione femminile: l’impossibilità infatti di accedere all’istruzione è stata la principale responsabile dell’assenza delle donne dalla scena culturale. Le opere raccolte in questa prima sezione raccontano la storia di figure femminili bibliche ed eroine dell’Antichità; sono donne che raccontano donne, come Giuditta con la testa di Oloferne, Susanna spiata dai vecchioni, o Porzia che si ferisce alla gamba, donne forti che trionfano grazie alle loro virtù. Sono rappresentazioni più o meno inconsce del conflitto con il genere maschile, esempi di come, attraverso le eroine dell’antichità, le autrici hanno saputo dar voce con determinazione alle donne del loro presente.

Fig.2: Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni, 1610
Fig.3: Artemisia Gentileschi, Giuditta e la sua ancella, 1618/19
Fig.4: Elisabetta Sirani, Porzia che si ferisce la coscia, 1664
2. Botanicas – Conoscitrici delle meraviglie della natura
La seconda sezione si concentra sul ruolo delle artiste nella nascita e nel successo del genere della natura morta, e presenta il lavoro della tedesca Maria Sibylla Merian insieme a quello di altre pittrici del XVII secolo come Fede Galizia, Giovanna Garzoni, Clara Peeters, Louise Moillon e Mary Beale. Formidabile cura dei dettagli, occhi attenti e tratti precisi e delicati sono le componenti distintive di queste nature morte, che presentano alla maniera fiamminga una quantità di oggetti, di frutta e d’insetti, tutti descritti nei minimi particolari, e disposti ordinatamente sul piano. Composizioni floreali che presentano un’incredibile varietà di fori, molto dettagliati, tutti di una ricchezza straordinaria di colori, e di vibrazioni luministiche. Il gruppo di opere che ne risulta rivela non solo il virtuosismo raggiunto da queste pittrici, ma anche la loro capacità di osservazione e lo spessore del loro sapere scientifico.

Fig.6: Fede Galizia, Portafrutta in vetro con pesche, mele cotogne e gelsomino, inizio sec. XVII
Fig.7: Clara Peeters, Natura morta con fiori, coppa in argento dorato, mandorle, noci, dolci, panini, vino e
brocca in peltro, 1611
Fig.8: Giovanna Garzoni, Natura morta con melone su un piatto, uva e una lumaca, 1650
3. Ilustradas y Academicas – Accademiche e ritrattiste
L’Illuminismo in Francia fu il periodo delle salonnières: il nuovo ideale egualitario illuminista offriva alle donne l’opportunità di mostrare le proprie doti intellettuali, e di accedere a una cultura non più soltanto maschile, reagendo a una condizione di passività fino ad allora riservata alla donna verso una sorta di iniziale emancipazione della condizione femminile. Anche la regina Maria Antonietta col suo mecenatismo contribuì al riconoscimento del valore della produzione artistica femminile, che si concentrò sul genere del ritratto, sia in pittura che in scultura, sulla pittura di genere e sulle scene mitologiche. Lo vediamo attraverso il lavoro di Angelica Kauffmann, Adélaïde Labille-Guiard, Élisabeth Vigée-Le Brun o Victoria Martín Barhié, tra le altre.

Fig.10: Élisabeth Vigée-Le Brun, Lady Hamilton come una Baccante, 1790/92
Fig.11: Adélaïde Labille-Guiard, Ritratto di donna, 1787
4. Orientalismo/Costumbrismo
Durante la seconda metà del XIX secolo, l’attenzione agli usi e ai costumi orientali e in genere a quelli popolari, il fascino sia del lontano ed esotico che del locale e rurale, esplosero negli ambienti colti. Questa sezione evidenzia il contributo delle artiste a questo genere, mostrando come, rispetto al punto di vista maschile, abbiano sperimentato l’empatia con altre donne non occidentali, conferendo dignità a temi e soggetti presi dalla vita quotidiana. Animate dall’amore per i viaggi, e da un desiderio di libertà e di conoscenza, con uno sguardo sensibilissimo e una maggiore capacità di ascolto queste artiste seppero cogliere un volto dei paesi visitati e della gente incontrata meno noto, più umano, che i viaggiatori maschi avevano ignorato, e dar voce a emozioni che solo un’anima femminile poteva esprimere. Ne sono esempi Rosa Bonheur, affascinata dalla cultura spagnola, Henriette Browne, che viaggiò a lungo nei paesi musulmani, o Mary Cassatt all’inizio della sua carriera a Siviglia.

Fig.13: Henriette Browne, Una contadina nordafricana, 1867
Fig.14: Alejandrina Gessler (Madame Anselma), Festa della purificazione (40 giorni dopo il parto), 1872/80
5. Trabajos, Cuidados – Lavoro, cura
Questa sezione ospita raffigurazioni di lavoratrici impegnate in vari mestieri e professioni, databili dal 1860 circa ai primi decenni del XX secolo. La fitta presenza di donne nel sistema lavorativo di fine Ottocento contribuì a formare e modellare una nuova identità femminile: i contatti con realtà esterne allo stretto ambito familiare condussero progressivamente le donne a prendere coscienza della propria condizione, ad acquisire consapevolezza dei propri diritti, e a garantirsi una maggior autonomia rispetto ai ruoli cui la famiglia e la società intendevano relegarle. A differenza delle lavoratrici raffigurate dagli artisti maschi, spesso mostrate isolate e intrappolate nel loro lavoro, le lavoratrici ritratte dalle donne non sono mai sole e interagiscono sempre tra loro, sottolineando i loro legami di solidarietà. Ed ecco Le lavandaie di Marie-Louise Petitet, Le casalinghe di Lluïsa Vidal o le commesse del Negozio di scarpe di Elizabeth Sparhawk-Jones.

Fig.16: Lluïsa Vidal, Casalinghe, 1905
Fig.17: Elizabeth Sparhawk Jones, Negozio di scarpe, 1911
Fig.18: Käthe Kollwitz, Mogli che salutano i soldati, 1937
6. Nuevas Maternidades – Nuove maternità
Il tema della maternità è stato uno dei più rappresentati nella storia dell’arte. Basti pensare alle innumerevoli raffigurazioni della Vergine col figlio. Tuttavia, fu solo alla fine del XIX secolo che in arte si cominciarono a esprimere i sentimenti che provavano le donne riguardo a questo tema. Un tema che rivela un problema di genere, perché la maternità è un’esperienza della vita della donna e quindi un soggetto femminile, un evento che si svolge all’interno del suo corpo, ma per secoli è stata rappresentata solo da uomini. Nelle opere delle artiste il tema investe una complessità di aspetti, i rapporti di affetto, amore, forza, stabilità, ma anche di accettazione, ribellione, paura, responsabilità.

Fig.20: Maria Luisa Puiggener, Al banco dei pegni, l’ultimo gioiello, 1900
Fig.21: Paula Modersohn-Becker, Madre e bambino, mezza figura, 1906
Fig.22: Tamara de Lempicka, Madre e bambino, 1932
Fig.23: Käthe Kollwitz, Madre con due bambini, 1932/36
7. Sororidad II, Complicidades – Sorellanza II. Complicità
All’inizio del XX secolo risalgono numerose rappresentazioni dell’amicizia tra donne, della loro complicità e della condivisione del tempo libero, dello svago. Sono spazi e momenti in comune di amiche, che possono essere due, tre o gruppi, in cui non accade nulla, fanno una gita in barca, o prendono il tè, passeggiano sotto al sole riparandosi con gli ombrelli o si fanno confidenze. Il percorso propone significative presenze come Le sorelle di Berthe Morisot, Tre donne con ombrelli di Marie Bracquemond, o Confidenze serali di Cecilia Beaux.

Fig.25: Marie Bracquemond, Tre donne col parasole, ca 1880
Fig.26: Cecilia Beaux, Confidenze serali, 1888
8. Emancipadas – Emancipazione
Tra il 1900 e il 1937, mentre viene raggiunto il suffragio femminile nella maggior parte dei paesi occidentali, le donne ottengono i primi riconoscimenti. Anche la moda fu segno evidente della loro emancipazione, proponendo capelli corti e un abbigliamento più pratico. Le artiste diedero il loro contributo ai nuovi linguaggi delle avanguardie, partecipando attivamente al dibattito artistico. Furono astrattiste, espressioniste, futuriste, simboliste, surrealiste, e, sfidando le convenzioni sociali e rifiutando regole e divieti, sperimentarono nelle avanguardie un’opportunità di liberazione sociale, un baluardo a difesa dei diritti delle donne. Camille Claudel, Helene Funke, Natalia Goncharova, Frida Kahlo, e Maruja Mallo sono alcune delle grandi maestre le cui opere sono esposte in quest’ultima sezione, dove troviamo ritratti di donne emancipate, sicure di sé, libere, indipendenti. Peccato che il viaggio attraverso cui ci conduce la mostra si fermi alle avanguardie e ai primi decenni del XX secolo. Avrei visto volentieri, a consolidare il processo di emancipazione delle donne, le tante artiste femministe che, oltre ai tradizionali mezzi espressivi, hanno esplorato una vasta gamma di nuovi strumenti, come il cinema, la video arte, la performance, e hanno finalmente denunciato la sottorappresentazione delle artiste nei musei, nelle gallerie, nei libri scolastici.

Fig.28: Natalia Sergeevna Goncharova, Le portatrici, 1911
Fig.29: Maruja Mallo, La Fiera, 1928
Fig.30: Frida Kahlo – Ragazza di Tehuacan, Lucha Maria, 1942
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Articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.
