Cambiamo discorso. Scrivere la storia delle donne

L’incontro online che si terrà il 18 gennaio prossimo, nell’ambito del ciclo di webinar Cambiamo discorso-Contributi per il contrasto agli stereotipi di genere, organizzato da Reti Culturali, vedrà, per la seconda volta dopo diversi anni di relazioni tenute da esperte, una figura maschile come protagonista. Questo per sottolineare l’importanza, ormai decisamente riconosciuta, che la sottovalutazione, il nascondimento, la cancellazione dell’universo femminile ancora diffusamente presente negli studi accademici, nei libri di testo scolastici, nella governance politica e sociale nonché nella toponomastica cittadina, sia un discorso che riguarda non solo le donne, ma la civiltà stessa. Per non parlare del fatto che una società che non riconosce il valore delle donne al di fuori delle mura domestiche, non può pretendere che poi le donne, che vogliono essere libere, studiare, lavorare, avere ruoli sociali importanti, possano farlo senza incorrere spesso in maltrattamenti e violenze di ogni tipo, non solo fisiche, ma psicologiche, economiche, “culturali”, e il più delle volte proprio in ambito familiare.

Cambiamo discorso, 18 gennaio 2024

Dopo l’intervento del fondatore dell’associazione Maschile Plurale, Stefano Ciccone (leggi qui) che ha chiuso il 2023, iniziamo il 2024 con la relazione di Marco Severini, docente di Storia contemporanea e di Storia delle donne all’Università di Macerata, che ringraziamo per il tempo che ci dedicherà, rispondendo a queste domande, che ci introdurranno ai temi che svilupperà nel webinar prossimo.

Quando e in che modo hai deciso di occuparti di storia delle donne, nel tuo percorso personale e culturale?
Ho iniziato poco più di dieci anni fa, leggendo, studiando e partecipando a convegni e meeting nei quali ho trovato un po’ di ricerca, qualche buona idea, ma anche non pochi steccati, molta diffidenza e una dose consistente di vetusta autoreferenzialità.

In ambito accademico, chi si occupa di questioni femminili trova prevalentemente spazio oppure ostacoli?
Poco spazio, molti ostacoli, dialogo scarso o di facciata: soprattutto da parte delle donne. È un po’ come se ognuno si tenesse rinserrato nella sua turris eburnea: magari ci si sporge per salutare, ma di farti salire per dare un’occhiata non se ne parla affatto. Tutto ciò si oppone a una vera circolazione della cultura e fa un favore alla persistenza della società patriarcale e maschilista. Noi abbiamo seguito la pratica mazziniana dell’associazione, base ed élan vital di una cultura democratica vivace, non ammuffita, non “proprietà” dei soliti volti.

Leggiamo che sei anche presidente di Asc-Associazione di storia contemporanea: ci parli di alcuni progetti importanti realizzati?
Ci occupiamo di cinque ambiti: storia politica; storia delle donne; storia odeporica; storia della storiografia; storia dei territori e delle periferie. Come storia politica abbiamo realizzato un lungo progetto di riscoperta delle matrici democratiche e mazziniane del processo risorgimentale e attuato il recupero dall’Europa di un imponente archivio di grande valore storico di un padre costituente.
Nella storia delle donne abbiamo iniziato, nel 2012, con la ricerca sulle proto elettrici italiane ed europee presentata in 102 località italiane e straniere (in Parlamento a un certo punto si è alzata una deputata della prima legislatura che ha proferito: “Avrei voluto scrivere io questo libro, ma nessuno mi ha aiutato con le fonti”!) e concluso con l’edizione della prima monografia sulle italiane dal 1848 al 2023 che presentiamo in questa occasione: in mezzo c’è stato il recupero dall’oblio di donne espunte dalla storia come Alda Renzi, che nell’Ancona occupata dai nazisti salvò 300 soldati da deportazione certa, della veneta Alda Da Rios, che nel 1928 a Milano fondò la prima sezione italiana del Soroprimist, di Licia Rognini, la vedova di Giuseppe Pinelli che da oltre mezzo secolo si batte con le figlie per ottenere verità e giustizia, e di tante altre partigiane, femministe ma soprattutto donne comuni che hanno lasciato una traccia significativa dietro di sé.
Quanto alla storia odeporica abbiamo intrapreso un progetto quindicennale con l’editore Marsilio volto a ricostruire la contemporaneità attraverso volumi collettanei che propongono casi di studio su viaggiatrici, viaggiatori e altre tematiche del genere: un anno si tiene il convegno internazionale (aperto a qualunque studioso/a che si interessi di odeporica), l’anno seguente si pubblica e si presenta il volume; il bilancio è di sei assise tenute e di altrettanti volumi pubblicati.
Per la storia della storiografia abbiamo promosso la lettura e, in alcuni casi, la valorizzazione di storiche e storici ancora di fatto sconosciuti nel nostro paese: nel 2013 abbiamo organizzato una rassegna itinerante in diverse città di regioni differenti intitolata I libri di storia che hanno fatto storia che ha avuto particolare successo ed è diventato un libro presentato in Italia e negli Stati Uniti.
Quanto alla storia dei territori, da una parte abbiamo cercato di contrastare le molteplici forme di municipalismo e particolarismo – soprattutto a opera di non addetti ai lavori come giornaliste/i, scrittrici/tori dell’ultima ora, pensionate/i etc. – dall’altra abbiamo incentivato un continuo dialogo tra centro e periferia. Di tutto abbiamo parlato, oltre che in tutta la penisola, durante tredici consecutive edizioni del Salone del Libro di Torino. In tredici anni abbiamo ideato e allestito oltre 1.100 eventi pubblici in Italia, Europa e Stati Uniti grazie al sostegno di diverse socie/i e a continue sinergie: il 13 gennaio 2011, giorno della fondazione dell’Associazione, eravamo 16 in un’aula accademica del mio ateneo gentilmente concessa, oggi siamo oltre 500 socie/i in tutto il mondo. E per iscriversi non c’è bisogno di alcuna segnalazione, ma solo della passione per la ricerca, lo studio e la comunicazione.

Nella tua pubblicazione Le fratture della memoria parli di un cammino complesso e frastagliato che ha portato le donne alla valorizzazione in società: sembra però che la meta, al di là dell’essere stata raggiunta, abbia davanti una via ancora lunga da percorrere, è così?
In parte è così, ma dipende in gran parte anche da chi, uomo o donna che sia, non ha volontà di portare avanti un percorso scevro da luoghi comuni e pregiudizi tipicamente maschili. L’odierna società è ancora profondamente maschilista. Purtroppo anche molte italiane non conoscono la ricchezza della loro storia e senza tale bagaglio continueranno a confrontarsi con la modernità prive di un supporto essenziale, indispensabile. Girando la penisola da settembre a dicembre per presentare Le fratture, a un certo punto incontravo chi parlava, immancabilmente, di femminismo: ma ben poche persone avevano sentito parlare del variegato femminismo italiano tardo-ottocentesco, capace di presentare cinque diverse varianti della lotta femminile per l’uguaglianza, la differenza e l’associazione; allo stesso modo, molte persone faticavano a mettere insieme gli originali movimenti di questo primo scorcio di ventunesimo secolo. Inoltre non si sapeva che le pacifiste sono state continuamente presenti nella storia dell’Italia contemporanea, che la lingua italiana è particolarmente sessista e che, secondo l’ultimo report del Global Gender Gap, l’Italia è scesa, tra 2022 e 2023, dal 63° al 79° posto (su 146 paesi): un salto indietro di 16 posizioni in 12 mesi! Così continuando, dicunt, si potrà raggiungere la parità di genere solo nel 2154. Mentre la violenza maschile di ogni tipo (fisica, morale, psicologica, comportamentale etc.) continuerà a radicarsi e ad attecchire sempre più anche tra le giovani generazioni.

Marco Severini

Quali sono, secondo te, le azioni da compiere per abbreviare il cammino? Legali, politiche o culturali?
In primis culturali, poiché senza una reale rivoluzione culturale e pedagogica, specie in tempi di social dilaganti, di mediocrazia (si legga il bel libro omonimo del filosofo canadese Alain Deneault, 2017) e di pressante intelligenza artificiale, il ruolo della donna rischia di venire ulteriormente compresso e discriminato: nel libro parlo anche del rapporto tra donna e social. Deve però trattarsi di una rivoluzione dal basso, capace di unire movimenti e associazioni territoriali in una trama che sia poi in grado di far sentire la propria voce sulla ribalta nazionale e internazionale. Va poi sensibilmente trasformato il percorso di apprendimento scolastico e universitario che tuttora utilizza manuali che non dedicano neanche un capitolo alla storia delle donne. È mai possibile che dopo un quarto di nuovo secolo la storia rimanga una disciplina maschile e maschilista? È assolutamente inaccettabile. Ed è anche questa una forma di violenza. Gioverebbe non poco disporre di repertori biografici femminili a livello territoriale: ma solo due regioni italiane (Lombardia, Marche) ne hanno. In Le fratture lancio la proposta che a farsene carico siano gli ex Consigli Regionali (ora, pomposamente, Assemblee Legislative) che, se vogliono, possono investire risorse e capacità per radunare gruppi di lavoro e dare vita a mappature repertoriali sulla storia delle donne così da coprire l’intero Paese.
Sul piano legale vedo poche strade concrete, tanto più in una Repubblica che registra, solo sul piano civile, 2 milioni e mezzo di processi pendenti (fonte: Altalex, 2023). La politica ha tante, troppe responsabilità: ma non conterei più di tanto su un Parlamento quasi irrilevante, visto che il 70,3% delle leggi approvate nell’ultimo anno è risultato di iniziativa governativa (fonte: Camera dei deputati, 2022-23), e su una classe dirigente poco preparata e fortemente autoreferenziale. Anche in questo caso o la metà delle/degli elettori che non vota – il trend è iniziato nel 1979 – torna in cabina oppure ogni speranza è vana, poiché sono entrate in crisi tutte le principali agenzie educative e senza un cammino di formazione non si va da nessuna parte. Soprattutto non vanno da nessuna parte le donne che continuano a essere uccise, umiliate e mortificate. Chiediamoci: chi educa oggi una amministratrice o una parlamentare alla vita pubblica? Una grande responsabilità hanno i media: la televisione presenta sempre le stesse persone, per lo più uomini, tutti autori di libri (ne escono 237 al giorno: fonte AIE, 2022), tutti privi di originalità e i cui interventi sono tristemente scanditi dagli applausometri, una noia mortificante ancor prima che mortale…
Capisco chi ha deciso di rifugiarsi nello streaming: in The Crown, una delle serie più belle degli ultimi tempi (ma preferisco Outlander), la regina madre a un certo punto dice: «La storia della monarchia in questo Paese è un percorso lastricato di umiliazioni, di sacrifici e di concessioni subite per sopravvivere. Prima abbiamo affrontato i baroni, poi i commercianti e ora i giornalisti» (questi ultimi si appropriano dello spazio e in buona parte del mestiere degli storici da oltre 70 anni, senza che nessuno faccia un commento!). Una soluzione? Difficile da trovare. Certo, se più del 60% di chi vive in Italia continua a non leggere neanche un libro all’anno (fonte: Open, 2023) e a ripetere come un mantra i più stantii luoghi comuni contro le donne, siamo fritti come un’oliva all’ascolana.

Non ci resta che invitarvi ad ascoltare la relazione del prof. Severini, il prossimo giovedì 18 gennaio alle ore 17.00, e anche a prepararvi a partecipare attivamente, ponendo domande a vostra volta.

Questo il link per effettuare la preiscrizione all’incontro online e ricevere poi le indicazioni per il collegamento: https://us06web.zoom.us/webinar/register/WN_ALuY9K9sQcOrEUflst-fSA

Qui si possono leggere tutte le precedenti conversazioni del ciclo.

Chi non potesse partecipare alla diretta dell’incontro online, potrà rivederlo (come tutti i precedenti) sulla pagina fb di Reti culturali.

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. Giornalista pubblicista, è vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea.

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