L’interesse per le giornaliste della carta stampata nasce dalla ricerca di fonti per la stesura di una biografia di Nellie Bly, la giornalista americana di fine Ottocento famosa per le sue clamorose inchieste sotto copertura e per aver compiuto il giro del mondo in 72 giorni. Fra i testi a disposizione si trovano gli scritti imprescindibili di Cristina Scatamacchia sul fenomeno Nellie Bly e sulla storia del giornalismo americano e il breve saggio Tredici giornalisti quasi perfetti di David Randall che, esaltando il mestiere di reporter della carta stampata, ne evidenzia il lavoro svolto sul campo, la rapidità dei tempi impiegati per individuare, raccogliere la notizia, stendere l’articolo e trasmetterlo con scarsi mezzi a disposizione e l’uso di un linguaggio diretto e immediato. Tra le tredici eccellenze troviamo Nellie Bly che, sempre armata di matita e taccuino, spediva i suoi pezzi per posta.

Già dalla fine del Settecento è possibile trovare le prime giornaliste. Scatamacchia fornisce un quadro del giornalismo Usa a partire dalle sue origini, evidenziando la presenza sempre più numerosa, qualificata e consapevole delle donne come tipografe, giornaliste di rubriche, reporter e imprenditrici editoriali. Certamente dovette passare molto tempo prima che potessero lavorare da professioniste nelle redazioni. All’inizio vi entrarono solo come mogli, figlie o sorelle per svolgere attività non retribuite, una mera estensione dei compiti domestici di sostegno e contributo pratico ai maschi della famiglia. Nel periodo coloniale e rivoluzionario «Il mestiere di giornalista era un lavoro altamente specializzato: occorreva saper leggere, scrivere, predisporre i caratteri tipografici, correggere le bozze, stampare le copie, tenere la contabilità e mandare avanti l’impresa commerciale». (Cristina Scatamacchia, Nellie Bly-Un’avventurosa giornalista e viaggiatrice americana dell’Ottocento) e poteva capitare che in assenza o per morte dei titolari, le donne che collaboravano all’azienda di famiglia si trovassero a continuare da sole l’attività assumendone con successo la direzione.
Ma le giovani in cerca di occupazione che aspiravano a diventare giornaliste professioniste non ebbero vita facile e, se riuscivano a essere assunte in una redazione, venivano automaticamente destinate alle rubriche di gossip, moda e cura della casa. La politica, le interviste e le inchieste erano cose da uomini, in contrasto con lo stereotipo femminile in un’epoca in cui non era benvisto che le donne parlassero in pubblico né che si muovessero liberamente per le strade, dove avrebbero rischiato di perdere la reputazione di donne oneste. Nel periodo rivoluzionario e dell’Indipendenza la stampa era unicamente periodica, venduta solo per abbonamento annuale (dai 6 ai 10 dollari) a un pubblico colto e agiato in grado di sostenerne la spesa e interessato soprattutto alle questioni politiche. Ma alla fine del Settecento si diffusero i penny papers, giornali quotidiani popolari venduti dagli strilloni per strada a prezzi ridotti (da 6 a 1 centesimo) e quindi accessibili a un pubblico di massa attratto da notizie locali, articoli scandalistici e di cronaca nera riferiti con un approccio sensazionalistico. «Come ha osservato Michael Schudson si passò dalle views alle news, ovvero posero l’accento sulle notizie ed espressero un interesse decrescente per gli editoriali. Tuttavia, negli anni che intercorsero tra il 1830 e il 1860, il giornalismo non riuscì ancora ad articolare idee e ideali comuni. Ciò sarebbe avvenuto solo verso la fine dell’800 e per questo motivo lo storico ha sostenuto che “la nascita della notizia” avrebbe avuto luogo solo allora. I penny papers, comunque furono i primi a utilizzare reporter per reperire le notizie di cronaca locale e ad ammettere le donne nel loro staff editoriale».
Fermo restando che a tutti i livelli sociali l’unica occupazione considerata onorevole per una donna era il matrimonio con conseguente accudimento della prole e del coniuge, erano molte le donne povere costrette a lavorare per necessità. Le ragazze indigenti e deprivate culturalmente lavoravano senza sosta come operaie sottopagate senza alcuna speranza di migliorare la propria condizione di povertà e di degrado. Le ragazze più acculturate, ma con pochi mezzi, lavoravano nei negozi o negli uffici e quelle più ambiziose, spesso non interessate al matrimonio, dovevano mettere in campo qualità come la tenacia, il coraggio, la determinazione, l’intraprendenza personale e una buona dose di creatività per aspirare a mestieri meglio retribuiti e stimolanti come la reporter. Nellie Bly era un concentrato di queste doti a cui univa un gusto per le sfide e una autenticità nella comunicazione che conquistava lettrici e lettori forzando, anche inconsapevolmente, la gabbia dello stereotipo femminile. Pertanto, le esigenze del mercato della carta stampata connesse al graduale cambiamento del costume e della mentalità favorirono l’ingresso delle giornaliste professioniste nelle redazioni. Alla fine dell’Ottocento infatti, il mercato era in grande espansione e aveva bisogno di aumentare il personale disposto a sfornare rapidamente una quantità sempre maggiore di articoli che riempissero le pagine dei quotidiani per un pubblico più vasto e vario, spesso attratto dal sensazionalismo e dalle rappresentazioni a tinte forti anche a scapito della veridicità delle notizie.
Anne Newport Royall (1769-1854): cacciatrice di notizie. Notissima ai suoi tempi, apprezzata, ma anche temuta e talvolta odiata, Anne Royall fu antesignana di quel giornalismo di denuncia, spesso scandalistico che si affermò alla fine dell’Ottocento con gli articoli dei muckrakers, “rastrellatori di fango”, come li avrebbe definiti in seguito Theodore Roosevelt. I suoi metodi spregiudicati e il suo stile innovativo fecero scuola. Lo storico e giornalista Jeff Birgess, che le riconosce la grande dote di saper sempre far ridere chiunque leggesse o ascoltasse i suoi scritti sarcastici e taglienti, si esprime così: «Spesso liquidata come personaggio eccentrico del periodo, Royall come scrittrice ed editrice pionieristica ha infranto le barriere per le donne nel giornalismo e nella politica e ha innalzato lo standard dei “ritratti a penna” basati sui fatti». (Jeff Birgess, The Trials of a Scold: The incredible truth story of writer Ann Royall). Nella prima parte della sua vita Anne Newport, orfana di padre, aveva vissuto poveramente in Pennsylvania fino a quando la famiglia emigrò in Virginia dove lei e sua madre entrarono al servizio del Maggiore William Royall, un piantatore anziano colto e benestante che aveva combattuto nella Rivoluzione americana e che Anne sposò dopo una lunga convivenza. Sostenuta dal marito, libero pensatore e massone, Anne potè istruirsi accedendo ai testi letterari e filosofici di orientamento deista disponibili in casa. Questa formazione contribuì a plasmare il suo carattere, già indipendente e anticonformista, orientandola verso opinioni radicali e anticlericali.
Rimasta vedova nel 1812, trascorse sette anni cercando di amministrare il patrimonio, tentando nuovi investimenti e difendendosi senza successo in una causa in cui perse l’eredità a favore di lontani parenti del marito. Per i giudici non fu secondario il fatto che avesse mostrato dubbia moralità avendo convissuto prima di sposarsi. Perduto il patrimonio le rimanevano lo status di vedova di un gentiluomo eroe della Rivoluzione e la sua cultura da autodidatta. Di solito una vedova senza mezzi poteva contare solo sull’appoggio dei parenti o sulla pubblica carità, ma non era il suo caso. Il timore di rischiare la prigione per debiti e la disperata necessità di trovare un’entrata la spinsero a viaggiare in cerca di opportunità. Oltre a possedere abilità domestiche di cucina e cucito, le vedove della middle class erano mediamente istruite e, al pari di altre nella sua condizione, Anne Royall pensò di trarre dalla scrittura una possibile fonte di sostentamento. In realtà il mercato editoriale non garantiva grandi entrate nemmeno per gli uomini e il rischio di ritrovarsi con copie invendute scoraggiava gli editori dal pubblicare opere nuove. C’era inoltre il problema della diffusione dei libri nelle zone lontane dalle grandi città e nei villaggi più sperduti, non sempre raggiunti dal servizio postale o dal commercio ambulante. Durante il primo viaggio in Alabama sperimentò il mestiere di narratrice di viaggi inviando all’amico Matt Dunbar lettere che, solo all’apparenza personali, contenevano resoconti gustosi e divertenti sui luoghi visitati e sulle persone incontrate, informazioni di varia natura che riguardavano le risorse economiche, i prodotti locali, gli effetti del tornado sul territorio, racconti, aneddoti, riflessioni e conversazioni con notabili locali di cui non mancava di fare ritratti lusinghieri o critici e pungenti, a seconda dell’accoglienza ricevuta. Lungi dall’avere un carattere privato le lettere presupponevano, nelle intenzioni dell’autrice, un uditorio più vasto e confermarono la sua vocazione di scrittrice interessata ad argomenti politici e sociali, in controtendenza con le contemporanee che prediligevano temi sentimentali. Progettò la vendita dei suoi scritti in abbonamento e, in attesa di fondi per la pubblicazione, nel 1824 si spostò a Washington D.C. per richiedere una pensione come vedova di guerra, ottenendo le rassicurazioni dell’allora Segretario di Stato John Quincy Adams che nel 1931, diventato presidente, le avrebbe rilasciato quella che viene considerata la prima intervista della storia pubblicata usando le virgolette per le risposte. Seguì l’intervista al gen. Lafayette da cui ottenne un attestato del servizio in guerra del marito. Riprese a viaggiare per il Paese in lungo e in largo sempre alla ricerca di notizie, spunti, acquirenti ed abbonati. I suoi scritti diventavano sempre più polemici e caustici denunciando episodi di corruzione delle élite locali e screditando quelle città che non le riservavano una degna accoglienza. Esigeva, infatti, un’ospitalità adeguata al suo status di vedova di un onesto combattente e patriota della Rivoluzione a cui la nazione doveva essere eternamente grata. Se ciò non accadeva, il suo “pungiglione” velenoso non mancava di stigmatizzare la cittadinanza ostile.
La fama che la precedeva suscitava timori o diffidenza e talvolta fu persino fatta oggetto di aggressioni fisiche e verbali. Dal 1826 al 1831 pubblicò Skethches of History, Life and Manners in the United States, by a Traveller, The Tennessean, a novel founded on fact, la serie di volumi The Black Books e le Letters from Alabama in cui rielaborò il materiale del suo primo viaggio. Coerentemente con la sua formazione laica e liberale, difendeva la libertà di parola e di stampa, denunciava ingiustizie, frodi e corruzione a livello locale e nazionale, criticava le divisioni interne degli abolizionisti, tuonava contro l’ipocrisia e il bigottismo delle sette religiose e in particolare dei Presbiteriani del secondo Grande Risveglio, sostenitori di un Partito cristiano che lei accusò di complottare contro lo Stato. Nel 1829 lo scontro con i Presbiteriani la trascinò in tribunale. In nome del principio di separazione tra Chiesa e Stato, Anne Royall aveva protestato contro la concessione fatta alla congregazione di un locale pubblico costruito con fondi federali. Ne seguirono aggressioni e provocazioni: dichiarò che bambini presbiteriani le avevano lanciato sassi alle finestre, che un membro della congregazione aveva iniziato a pregare in silenzio sotto le sue finestre e che le avevano fatto visita per tentare di convertirla. Lei aveva risposto a tutto questo con improperi e insulti. Facendo riferimento a una common law inglese misogina e vecchia di secoli, venne accusata di essere una “common scold”, una persona malvagia e attaccabrighe, disturbatrice della quiete pubblica. Fu condannata al pagamento di un’ammenda in sostituzione della pena originaria medievale, che prevedeva di legare la persona condannata a una sedia, calandola poi ripetutamente in acqua. Possiamo immaginare l’effetto comico di tali accuse su una donna il cui «umorismo pungente, precedendo le satire politiche di Mark Twain prefigurava persino… le parodie dei notiziari televisivi contemporanei».
Dopo altri viaggi, all’età di 60 anni Anne Royall, tornata a Whashington D.C., fondò il primo giornale indipendente chiamandolo “Paul Pry”, dal nome di uno degli orfani che aveva assunto per impostare le copie. Il giornale conteneva editoriali, lettere del pubblico, risposte e pubblicità ed «emerse rapidamente come una forza a Capital Hill… le ricerche sulla corruzione di Anne portarono a numerose indagini su tangenti, nepotismo, difetti del sistema bancario americano, uno scandalo postale, frodi fondiarie contro i nativi americani nel sud e alla frontiera». Nel 1836, assillata dalla mancanza di fondi, fu costretta a interromperne la pubblicazione, ma subito dopo fondò “The Huntress”, ultima fatica, che continuò a dirigere fino alla sua morte avvenuta nel 1854.
Per saperne di più:
Cristina Scatamacchia, Nellie Bly-Un’avventurosa giornalista e viaggiatrice americana dell’Ottocento, Perugia, Morlacchi, 2002
David Randall, Tredici giornalisti quasi perfetti, Laterza, 2013, Edizione digitale
Jeff Birgess, The Trials of a Scold: The incredible truth story of writer Ann Royall, New York, St. Martin Press, 2017, Edizione digitale
Elisabeth J. Clapp, A notorious woman, Anne Royall in Jacksonian America, University of Virginia press, 2016, Edizione digitale
https://www.nystlegal.com.au/a-cure-for-the-common-scold/
https://www.hoepli.it/libro/i-segreti-dell-intervista/9788866580942.html
https://lithub.com/a-holy-terror-a-common-scold-and-the-first-feminist-blogger/
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Articolo di Rossana Laterza

Insegnante di Italiano e Storia in pensione. Con il gruppo Toponomastica femminile ha curato progetti di genere nella scuola superiore e collaborato a biografie di donne di valore dimenticate.
