Camminando per le strade di Parigi alla ricerca di tracce femminili, ho scoperto luoghi e figure importanti di questa capitale. Il desiderio di condividerle mi ha indotto a stilare questo piccolo reportage di viaggio che non ha, ovviamente, la pretesa di essere esaustivo.
Parigi è il luogo in cui, affermano molti studiosi e studiose, ebbe origine il femminismo con le istanze portate avanti dalle donne durante la Rivoluzione Francese. Quell’evento costituì la prima occasione per organizzarsi collettivamente e reclamare i diritti negati. Basti ricordare Olympe de Gouges e la sua Dichiarazione dei diritti della Donna e della cittadina in cui, nel preambolo che precede i 17 articoli, si legge: «Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della Nazione, chiedono di essere costituite in Assemblea Nazionale. Considerato che l’ignoranza, l’oblio, il disprezzo dei diritti delle donne sono le uniche cause delle pubbliche sfortune e delle corruzioni dei governi, hanno deciso di esporre in una dichiarazione solenne i diritti inalienabili e sacri delle donne»

Visitando il bel Museo Carnavalet non ho comunque trovato alcuna traccia né di Olympe de Gouges né della sua Dichiarazione, se non una riproduzione di quest’ultima nel bookshop. Un po’ stizzita, sono ritornata indietro a visionare con più attenzione le sale dedicate alla Rivoluzione Francese chiedendo lumi al personale di servizio che non ha saputo fornire alcuna risposta. Alla fine, un impiegato, non so se impaurito o impietosito dalla mia espressione, mi ha indicato una sala dove è esposta la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e dei cittadini sottolineando che accanto c’è un pannello esplicativo che denuncia il maschilismo che aveva escluso le donne. Sono andata subito a verificare: «Il aura un impact considérable, mais reste bourgeois et masculin». Certo, una magra consolazione ma così è.

Al Museo Carnavalet c’è un ampio spazio dedicato a Madame de Sevigné, figura abbastanza conosciuta. Nata a Parigi nel 1626, viene definita un’importante scrittrice anche se lei non si considerò mai tale. I suoi scritti costituiscono un importantissimo spaccato della vita che si conduceva a Corte nel diciassettesimo secolo. Non conoscevo invece Adelaide Binard, pittrice nata nel 1769 e deceduta nel 1825. Nel Museo si può ammirare il suo ritratto dal volto sorridente incorniciato da una cascata di riccioli neri. Nel pannello espostivo: «Je suis l’une des rares femmes artistes peintres de mon temps».

Musée Carnavalet
Fuori dal Museo decido di spostarmi quasi dall’altra parte della città verso l’avveniristica Fondazione Louis Vuitton nel 16° arrondissement. Lì, nelle vicinanze, trovo una strada intitolata a Joseph e Marie Hackin, un nome femminile a me totalmente sconosciuto. Inizio la ricerca e scopro che Marie Parmentier, chiamata Rie, era nata il 7 settembre del 1905 a Rombas, oggi comune francese del Dipartimento della Mosella ma ai tempi ubicato in territorio tedesco. Si trasferì a Parigi per studiare Archeologia presso l’École du Louvre e lì conobbe Joseph Hackin, archeologo e filologo, direttore del Museo Guimet. I due si sposarono nel 1923 e lei acquisì la cittadinanza francese. Sin dai primi anni del 1920 iniziò a viaggiare per il Medio Oriente e dopo aver acquisito grande esperienza e competenza, nel 1937, fu alla direzione di uno dei due siti di scavi a Begran in Afghanistan, impegnandosi anche nella realizzazione di un film documentario sui siti archeologici della zona. Nel luglio del 1940 Joseph venne nominato responsabile del Coordinamento delle relazioni intercorrenti fra i comitati della “Francia libera” (organizzazione politica-militare), sparsi per il mondo. Marie aderì all’organizzazione con il grado di sottotenente e fu cofondatrice del Corpo Femminile. Una coppia, quindi, di antifascisti e membri della Resistenza che combatterono insieme e che insieme morirono, nel 1941, a causa di un siluro che colpì la nave su cui viaggiavano al largo delle Isole Faroe. Marie Parmentier è stata anche coautrice di un saggio: Légendes et coutumes afghanes scritto con Ahmad Ali Kohzad, che in seguito ricoprì l’incarico di Direttore del Museo di Kabul. Insignita della Croix de Guerre 1939-1945 palma di bronzo, la sua effige è stata stampigliata su una medaglia commemorativa.

Un’altra intitolazione a una coppia di coniugi la ritrovo nel 17° arrondissement: una piazza dedicata a Yvon e Claire Morandat. Yvon era un politico francese, partigiano gollista nato nel 1913 a Buellas. Claire era, invece, il nome di battaglia da partigiana di Monique Walbaum, nata il 4 novembre del 1920 a Reims. Suo padre, Marc Wabaun, era vicepresidente della Camera di Commercio di Reims e sua madre si chiamava Violette Guillierme. Claire fu una combattente della Resistenza francese durante la Seconda guerra mondiale e per le sue azioni e il suo operato fu insignita di varie onorificenze: Medaglia Militare, Medaglia della Resistenza, Croce di Guerra. Fu anche nominata Cavaliere della Legione d’onore. Si spense a Parigi, nell’Ile de France, il primo aprile del 1985, quando già la piazza era stata intitolata al marito. Due anni dopo la sua morte, con grande sensibilità, è stato aggiunto il suo nome e oggi quel luogo ha la doppia intitolazione.

Noto un’altra doppia intitolazione in una piazza del VI° arrondissement: Louise Catherine Breslau e Madeleine Zillhard, una coppia di artiste. Louise era una pittrice, nata il 6 dicembre del 1856 a Monaco di Baviera e che morì a Parigi, dove visse gran parte della sua vita, il 12 maggio del 1927. Nata in seno a un’agiata famiglia borghese, sin da piccola, soffriva di una acuta forma di asma che la costringeva per lunghi periodi al riposo e all’isolamento. Pur se in tenera età, affrontò la solitudine della malattia con matite e pennelli, creando dei bellissimi disegni. Quando improvvisamente il padre morì, Louise fu mandata in un convento nei pressi del lago di Costanza per farle respirare un’aria più mite. In quel convento, oltre al miglioramento del suo stato di salute, affinò anche la sua arte nel disegno. La sua passione artistica la portò a Parigi per intraprendere seriamente gli studi artistici e si iscrisse all’Académie Julian che era l’unica ad ammettere le donne. Il suo talento attirò sin da subito l’attenzione di alcuni docenti. Fra i suoi ritratti quello alla pittrice Amélie Beaurg-Saurel, artista e femminista che in seguito dirigerà proprio l’Académie Julian. Nel 1879 fu l’unica allieva dell’Accademia a debuttare al “Salon de Paris” con un ritratto della cantante italiana Maria Feller. Maria inizialmente fu la sua modella e per un certo periodo la sua compagna. Giovanissima aprì un suo atelier, collaborò alla rivista degli impressionisti e veniva frequentemente acclamata dalla critica e dal pubblico tanto che le pervenivano numerose richieste da parte di facoltosi parigini che volevano essere immortalati in un ritratto dipinto da lei. Nel 1885 conobbe la pittrice, scrittrice e decoratrice Madeleine Zillhardt e fra le due donne nacque un grande amore che le portò a vivere insieme per più di quarant’anni.

Madeleine era nata il 10 giugno 1863 a Saint-Quentin, nel nord della Francia e insieme alla sorella Jenny si era trasferita nella capitale francese per frequentare l’Acadèmie Julian. L’incontro con Louise si trasformò in una convivenza e in uno stabile rapporto di coppia nel 1886. La loro casa era un ritrovo di grandi artisti e intellettuali. Del resto Louise era ormai considerata alla stessa stregua di Auguste Rodin, Jules Breton ed Edgar Degas e nel 1889 ottenne un importante primato: fu la prima donna straniera a ricevere la medaglia d’oro all’Expo di Parigi con il quadro Contre Jour che la raffigurava insieme a Madeleine. Louise venne anche nominata Cavaliere della Legion d’Honneur. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, le due artiste, nella loro casa alla periferia della città, misero il loro talento artistico a disposizione delle famiglie francesi, donando un ritratto del loro caro che si accingeva a partire per il Fronte. In particolare, Madeleine iniziò a creare le cosiddette “ceramiche patriottiche” che denunciavano i bombardamenti civili durante la guerra. Subito dopo il conflitto le condizioni di salute di Louise si aggravarono e decise così di ritirarsi dalla vita pubblica. Morì il 12 maggio del 1927 lasciando nel dolore Madeleine. La sua compagna le sopravvisse per altri 23 anni che dedicò interamente a catalogare i suoi dipinti, a organizzare manifestazioni che non la facessero cadere nell’oblio e donò diversi quadri ai musei più importanti. Oggi le sue opere possono essere ammirate in tante parti del mondo. Oltre al Louvre, al Museo d’Orsay, al Petit Palais e al museo Carnavalet di Parigi e alla Reggia di Versailles, alcuni quadri sono esposti al British Museum, al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Strasburgo, al Museo di Belle Arti di San Francisco, di Nizza, di Roen e di Digione.

Per restare in ambito artistico, un’altra intitolazione cattura la mia attenzione. Passeggiando sulla riva della Senna scorgo una sorta di pontile illuminato dedicato alla pittrice Rosa Bonheur. Sicuramente Maria Rosalia Bonheur gode tutt’oggi di una popolarità molto più ampia rispetto alle altre artiste. La sua fama oltrepassò i confini francesi per arrivare fino agli Stati Uniti d’America. Nata nel 1822 a Bordeaux, vanta il primato di essere stata la prima artista francese insignita del titolo di Cavaliere della Légion d’Honneur nel 1865. Venne considerata per tutta la vita un “maschio mancato” ma lei non se ne curava affatto, anzi amava portare i capelli corti e fumare sigari Avana. L’unica seccatura era quella di essere costretta a richiedere ogni sei mesi alla Prefettura di Parigi l’autorizzazione a indossare i pantaloni soprattutto perché amando dipingere i cavalli girava per stalle e fattorie. Rosa conobbe Nathalie Micas quando aveva solo quattordici anni e convisse con lei fino alla morte della compagna, avvenuta nel 1889. Dopo nove anni di solitudine iniziò una relazione con Anna Elizabeth Klumpke, una pittrice di San Francisco. Questa nuova relazione durò solo nove mesi poiché Rosa morì il 3 maggio del 1899. In una sua lettera scritta un anno prima leggiamo: «La mia natura brusca e perfino un po’ selvaggia non ha mai impedito al mio cuore di restare sempre perfettamente femminile… sosterrò l’indipendenza delle donne fino al mio ultimo giorno… del resto sono convinta che a noi appartenga l’avvenire». Tante strade in Francia sono a lei intitolate e anche alcune scuole, ma il suo nome, illuminato, sulla Riva della Senna, ha un fascino particolare. E penso alla luce non solo di artista ma anche di anticonformista che la sua personalità doveva emanare nell’Ottocento, un secolo in cui le donne erano imbrigliate in mille gabbie. Sono rimasta lì un bel po’ a osservare il suo nome mentre i colori del tramonto si smorzavano e la luce del suo nome si faceva più vivida.
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Articolo di Ester Rizzo

Giornalista. Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Ist. Sup. di Giornalismo di Palermo, collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra editore ha curato il volume Le Mille. I primati delle donne. Autrice dei saggi: Camicette Bianche , Donne Disobbedienti , Il labirinto delle perdute e i romanzi storici Le ricamatrici e Trenta giorni e 100 lire, sempre per Navarra editore.
