Editoriale. Compromessi?

Carissime lettrici e carissimi lettori,
Sogno, speranza, libertà. Non parliamo d’altro. Parliamo dell’unica possibilità di futuro. Il presente ci porta angoscia e queste tre parole diventano la magia che alimenta il domani, l’unico che possa esistere perché il mondo sopravviva.
Perché noi, umanità vivessimo.
La Speranza è l’«Attesa fiduciosa, più o meno giustificata, di un evento gradito o favorevole: avere, nutrire speranza (gli sorride, lo sorregge la speranza). Sempre in senso soggettivo, è aspirazione, spesso illusoria, a un vago avvenire di bene o di felicità (O speranze, speranze, ameni inganni della mia prima età! Leopardi). Atteggiamento baldanzoso nei confronti della vita (giovane di belle speranze). Stato d’animo d’incoraggiante o consolante fiducia (infondere speranza). Convinzione fiduciosa od ottimistica (ha speranza di vincere, di riuscire). Complesso di ambizioni e di progetti proiettati nel futuro (aveva riposto in quel figlio tutte le sue speranze, ad un certo punto della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire è l’ultima speranza, Sciascia) In senso oggettivo è prospettiva o eventualità favorevole e positiva (c’è ancora una debole speranza)».
Il Sogno, invece, è davvero più complesso da spiegare. Ha ragione chi scrive per l’enciclopedia Treccani a dividerne la spiegazione in tre parti: letteraria, medica e filosofica. Ma prima andiamo sul semplice. Allora, in senso figurativo, il termine si lega alla parola illustrata precedentemente: il sogno è la «Speranza o desiderio vano e inconsistente (non si può vivere di sogni, quella ragazza rimarrà per sempre il suo sogno proibito). Vagheggiamento della fantasia (sogni di gioventù). Esperienza vissuta al di fuori della coscienza (è stato un brutto sogno). Fantasma labile e caduco (la gloria è un breve sogno). Bellezza o cosa incantevole (un sogno di ragazza)». Ma non è questo che ci interessa. Qui la spiegazione è un’altra: è il sogno che ancora coincide con la Speranza, di riuscire a costruire un mondo migliore. Un’illusione? No, può sicuramente indicare una meta da raggiungere, con positività ed entusiasmo. Anche per questo la descrizione del sogno come auspicio, e poi divinazione, è praticamente nata con l’umanità: coi disegni trovati nelle grotte della Preistoria raffiguranti la “speranza”, l’auspicio di una caccia proficua. Il sogno continua nella Storia e appare anche nell’Iliade, diventa vero e proprio annuncio di ciò che avverrà. Poi la scienza, con Freud e Jung, ne fa uno studio di ciò che esplicitiamo durante il sonno, non avendo il “coraggio” o la possibilità di esprimere questa parte nascosta di noi.
La Libertà è collegata alla nostra Resistenza, alla festa del 25 Aprile. Ci riporta, quasi istintivamente a Libertà, uguaglianza, fraternità (liberté, égalité, fraternité) che è il motto simbolo della Rivoluzione francese, ma anche incarnazione ed emblema di tutte le democrazie: «lottare, morire per la libertà. Conquistare, mantenere, perdere la libertà. Rivendicare la libertà. e rivendicarsi in libertà. Togliere, distruggere, violare la libertà. Popolo maturo, immaturo alla libertà. Moti, sentimenti, palpiti di libertà». Personificata è, per esempio, la Statua della Libertà, il colossale monumento nel porto di New York, raffigurante una donna che sorregge col braccio destro una torcia. Viva la libertà! un’esclamazione, di significato generico, pronunciata talora in tono scherzoso o di sarcasmo. In senso astratto e più generale, è la facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo. In termini filosofici, quella facoltà che è il presupposto trascendentale della possibilità e della libertà del volere, che a sua volta è fondamento di autonomia, responsabilità e imputabilità dell’agire umano nel campo religioso, morale, giuridico: «Lo maggior don che Dio per sua larghezza Fesse creando…Fu de la volontà la libertate (Dante)». Sotto l’aspetto più strettamente giuridico la libertà del volere è considerata dal diritto penale come «elemento soggettivo necessario della imputabilità di un reato e dal diritto privato come elemento determinante la validità di un negozio giuridico». (liberamente presi dal Vocabolario e dall’enciclopedia Treccani).
La prima delle tre parole scelte per darci volontà di guardare avanti è quella che più si addice a questo momento, non escludendo di certo le altre due.
La libertà di stampa, la libertà di espressione, la possibilità di manifestare, la parità di tempo nel confronto delle idee reciproche da mantenere sui media (soprattutto in video) e il rigore, nell’esserci sempre, del cosiddetto contraddittorio, sono i pilastri di una democrazia, il rispetto della libertà delle persone e la conseguente possibilità di un’autentica fraternità e uguaglianza sociale. In più: mai i manganelli dovrebbero intervenire a “placare” gli animi decisi a protestare. Come è successo agli studenti e alle studentesse della prima università di Roma che da martedì scorso hanno protestato per non fare entrare “metaforicamente” la guerra di Netanyahu nell’università. Ci sia stata o no la violenza dalla parte di qualche ragazzo/ragazza è da verificare, ma non possiamo non schierarci con il presidente Sergio Mattarella che ha indicato nell’uso dei manganelli contro i ragazzi e le ragazze un metodo sbagliato. Il controllo, la salvaguardia della sicurezza dei e delle cittadine non coincide con la repressione, soprattutto
se sono giovani.
Certo che abbiamo paura della limitazione della libertà. Proprio nel mese della Liberazione non possiamo essere indifferenti a un Governo che “impone” per sé tutto il tempo che reputa necessario per esporre le proprie opinioni e non ammette repliche, condivisibili o meno. Non è, secondo noi, accettabile.
Allora sogniamo. Sogniamo che cambino le cose, che non ci siano da nessuna parte imposizioni, che il futuro sia sempre frutto della decisione di tutti e di tutte. Sì, come nel celebratissimo film di Paola Cortellesi che ha “toccato” gli animi di molti e, soprattutto, di molte donne, vi hanno visto una speranza, un sogno realizzato, un segno di libertà, di considerazione della propria esistenza.
Non è considerare invece la persona, e in questi casi, le donne, minare le loro scelte e introdurre, tra l’altro in una sanità malconcia e piena di lacune, soprattutto economiche, la “controparte” (tale mi sembra, sinceramente) che possa convincere una donna in un consultorio a rivedere la sua decisione di abortire, sempre secondo la legge e i suoi termini e tempi. Così, subdolamente, si mina, di nuovo, la legge 194 che perde forza di attuazione. Nessuno può dire che un aborto sia una scelta da prendere alla leggera. Non credo lo sia stato per nessuna donna, sia per il suo corpo che per la sua psiche. «Muoverla a commozione» (perché questo esplicitamente è il tentativo) corrisponde a girare il cosiddetto coltello nella piaga, triste come quando si moriva, quando le donne morivano, non protette dallo Stato, sui tavoli da cucina. Anche in questo caso la Sanità, come sopra le Forze dell’ordine, devono avere il loro segno specifico: di sostenere e proteggere, non mettere in confusione, confondere ciò che si è scelto, se lo si reputa giusto. Questa è civiltà (oltre che libertà)!
Non è espressione di libertà e neppure di civiltà quello che si è sentita rivolgere, al momento del licenziamento, una giovane donna incinta dalla sua datrice di lavoro: «Ci potevi pensare prima!». Una donna verso (nel senso latino!) un’altra donna. Non è civiltà (e invece molto machismo) nell’invito becero di un fotoreporter che chiede a un’attrice di mostrargli le gambe per una fotografia. La risposta è stata lapidaria: «Se fossi stata un uomo non me lo avresti chiesto». E ci fermiamo qui.
Invece un intellettuale, un uomo, anziano, di 81 anni, è stato portato in Tribunale dall’attuale Presidente del Consiglio. Una rappresentante delle più alte cariche del potere statale contro un pensatore. La querela di Giorgia Meloni a Luciano Canfora, filologo e storico e professore emerito all’università di Bari, risale al luglio del 2022, quando “il” presidente non era ancora tale. Ma questa settimana il processo si è aperto al Tribunale di Bari e il filologo è stato rinviato a giudizio (al 7 ottobre prossimo). La premier si era sentita e, non avendo ritirato la denuncia, ancora si sente diffamata da alcune frasi pronunciate dal professore in un liceo della città capoluogo pugliese. La Procura ha insistito nel chiedere il processo per Canfora, mentre l’avvocato difensore, invece, aveva chiesto il non luogo a procedere: «Abbiamo discusso e chiesto una sentenza di non luogo a procedere – ha detto l’avvocato Michele Laforgia, che sta difendendo il professore emerito —  perché il fatto non sussiste, ovvero perché il fatto non costituisce reato, comunque perché non punibile in quanto è discriminato dal diritto dell’esercizio di critica politica, di cui all’articolo 51 del Codice penale in relazione all’articolo
21 della Costituzione».
Il professore avrebbe detto, durante un intervento, nell’aprile di due anni fa nel liceo Fermi di Bari, che l’allora segretaria di Fratelli d’Italia sarebbe stata “neonazista nell’anima” perché simpatizzante di frange neonaziste europee e ostinata a non cancellare la fiamma tricolore dal simbolo del partito. Per questo è partita la denuncia per diffamazione. In solidarietà con Luciano Canfora oltre trenta associazioni e organizzazioni e già oltre 300 firmatari di un documento in sua difesa: «il bersaglio ultimo dell’azione legale intrapresa dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni è il diritto costituzionalmente garantito alla libertà di pensiero e di opinione». Un appello anche da oltralpe: il quotidiano francese Liberation ha lanciato una raccolta firme internazionale a favore di Canfora e tanti, oltre 100, gli intellettuali italiani e stranieri che hanno aderito: «Personalmente non condivido tutte le posizioni politiche del professor Canfora — ha scritto Corrado Augias — nelle presenti circostanze egli si trova però in una situazione indegna di una democrazia decente e, sul piano generale, pericolosa per la libertà delle opinioni, come dimostrano le numerose querele citate dall’appello. Vengono colpiti giornali, media di investigazione, una professoressa di filosofia della Sapienza, il rettore dell’università per stranieri di Siena, non viene risparmiato nemmeno un vignettista. Vale per Canfora – prosegue Augias — il famoso aforisma attribuito a Voltaire: non condivido interamente il tuo pensiero ma mi batterò perché tu possa continuare a manifestarlo». Da parte sua il Professor Canfora aggiunge un suo commento, diventato virale sui social: «Sono anziano, ma la testa mi funziona. La Storia non si querela, si studia». Chi vuol capire…
Consoliamoci infine con una frase della stupenda sempre Alda Merini, La pazza della porta accanto, come si definiva nel titolo di una sua opera. Ma per noi, sempre dalla sua Poesia, Un’anima indocile.

«E poi la vita ci insegna che bisogna sempre volare in alto. Più in alto dell’invidia, più del dolore, della cattiveria…
Più in alto delle lacrime, dei giudizi.
Bisogna sempre volare in alto, dove certe parole non possono offenderci, dove certi gesti non possono ferirci, dove certe persone non potranno arrivare mai».

Grazie di nuovo Alda Merini per tutte e tutti noi.
Buona lettura e un personale augurio di successo a Ilaria Salis, da tredici mesi in carcere in Ungheria, perché sia libera da trattamenti disumani e degna di ricevere giustizia vera.

Negli articoli di questo numero il tema della violenza contro le donne è affrontato da più punti di vista. La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani ripercorre la storia delle principali Convenzioni internazionali su questo gravissimo problema, che si può contrastare a partire dalle scuole, decostruendo gli stereotipi di genere. Purtroppo, chi compie questa opera preziosa è spesso sottoposta/o a una Caccia alle streghe in salsa contemporanea, messa in atto da quella parte della società che si è inventata un’inesistente “ideologia o teoria del gender”. (https://vitaminevaganti.com/2024/01/27/lideologia-gender-e-pericolosa/). Siano dunque benvenute le iniziative come quelle raccontate in Una stanza tutta per sé, la creazione di un’Aula per le audizioni protette presso la
Questura di Lodi.
La forma più subdola e meno visibile di violenza verso le donne è quella culturale, che rende invisibile tutto quello che hanno fatto nella società. Cecilia Beaux, ritrattista, esponente autorevole dell’impressionismo americano, presto dimenticata, è una di queste, insieme a Mary Davenport-Engberg, prima direttrice d’orchestra sinfonica del mondo. In Pontedera delle donne si ricordano moltissime figure femminili, note e meno note, presentate nel mese di marzo in collaborazione con la nostra associazione. Un modo di contrastare la violenza culturale nei confronti delle donne è sicuramente organizzare Concorsi nelle scuole in cui si invitino le giovani generazioni alla scoperta, con lo spirito della/del detective, delle figure femminili. Ne scrive l’autrice di Sulle vie della parità nelle Marche. Una comunità educante sempre più attenta e inclusiva.
Se volgiamo lo sguardo al Risorgimento, l’apporto delle donne a questa parte della storia italiana è stato per moltissimo tempo quasi completamente ignorato. L’autrice di Donne protagoniste in un dipinto di fine Ottocento ci presenta, commentando il quadro riprodotto dalla copertina di un libro, alcune figure femminili per lo più sconosciute o sottovalutate di quel periodo storico. A queste donne non possiamo non collegare una figura imponente del Risorgimento, Cristina Trivulzio di Belgiojoso. Una patriota nell’Harem, questa volta raccontata in uno dei suoi aspetti meno indagati, quello di viaggiatrice (e che viaggiatrice!). In Antropologia del viaggio scopriremo che «La storia è sicuramente piena di donne che hanno viaggiato ma che non hanno avuto la possibilità di lasciare ai posteri la loro esperienza; oggi, grazie al web e a una maggiore libertà e consapevolezza, anche le donne possono lasciarsi guidare da quell’istinto per la scoperta dell’ignoto che è in loro in quanto esseri umani, e lasciarne una traccia indelebile per i posteri”.
Continuano le nostre serie: per “Grecità”, questa settimana incontriamo Elettra, figlia di madre dal cuore maschio; nella sezione “Scienza e tecnica” ci occupiamo del pensiero di un’ambientalista e politica della Groenlandia in merito alle Terre rare e destino del mondo. La leggerezza non ci deve mai abbandonare; per Italo Calvino, nelle sue Lezioni americane, era una delle virtù da praticare. Per questo condividiamo con voi Il primo bacio, il tenero racconto di un uomo, scritto per la nostra serie “Flash-back”.
Chiudiamo, come sempre, con la ricetta vegana, che questa settimana ci consiglia il Risotto al radicchio, incrocio di sapori che delizieranno il nostro palato. Riprendendo l’editoriale di Giusi Sammartino, l’augurio a tutte e tutti noi è quello di praticare la “speranza attiva”, che ci ha insegnato Jane Goodall, di cui in questo mese di aprile ricorre il compleanno.
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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