L’economia è politica 

Quando meno te lo aspetti, accade.
Avevo quasi smesso di sperare e mi ero ormai rassegnata alla narrazione imperante che descrive il nostro sistema economico come il migliore dei mondi possibili, quando mi è capitato tra le mani questo libretto prezioso di Clara E. Mattei, L’economia è politica. Tutto quello che vediamo dell’economia e che nessuno racconta, edito da Fuoriscena.
Ho insegnato economia politica negli Istituti tecnici per circa 40 anni e ho continuato a studiarla per tutta la mia carriera di docente. L’insegnamento delle discipline giuridico-economiche viene assegnato a uno/un’unica docente. Proprio perché la mia formazione era prevalentemente giuridica, ho dedicato tutte le mie energie ad approfondire la scienza economica, su cui mi sentivo, soprattutto all’inizio, meno ferrata e sempre un po’inadeguata; ho finito per appassionarmi ai temi che trattava iscrivendomi a corsi di formazione e, da quando è stato istituito, seguendo con entusiasmo e curiosità il Festival dell’economia di Trento. I primi anni fortunatamente avevo un libro di testo di impostazione neoricardiana, il Bianchi-Campanella. Prima che morisse feci in tempo ad ascoltare una conferenza profetica del grande economista che porta il cognome del grande utopista. Annunciava l’avvento del pensiero unico neoliberista. Allora non fui in grado di capirlo fino in fondo ma adesso tutto è diventato molto chiaro. Gradualmenteil suo bellissimo manuale smise di esserci proposto dalle case editrici e la scelta fu tra una moltitudine di testi tutti uguali, di impostazione neoclassica o marginalista. Non si studiava più il pensiero di Smith, Ricardo, Malthus, Mill e Marx, relegati spesso in un’appendice biografica in fondo al libro, ma i titoli dei testi suggeriti, che avevano abbandonato l’aggettivo “politica”, presentavano l’economia come una scienza esatta, per addetti/e ai lavori, con le sue leggi universali, i suoi grafici, le sue formule matematiche e le sue tabelle, avulsa dalla storia nella sua pretesa e presunta scientificità. L’unica nota di eccentricità arrivava al momento di studiare Keynes, con la sua prosa così divertente e insolita rispetto ai noiosissimi testi neoclassici, quello stesso Keynes che però i cosiddetti “Keynesiani bastardi”, come li chiamò la grande economista Joan Robinson (https://vitaminevaganti.com/2019/10/26/mrs-robinson-economista-iconoclasta/), riuscivano a “ricucinare “in salsa neoclassica nei testi in adozione.
Il libro di Clara Mattei, economista e professoressa al Dipartimento della New School for Social Research di New York, è una boccata d’aria fresca e pura, una forma di disintossicazione dal pensiero unico neoliberista, diventato Il Verbo non solo nei manuali scolastici e accademici ma anche negli articoli di taglio economico e negli editoriali dei quotidiani e delle riviste, nelle interviste dei politici e delle politiche, nei discorsi degli opinionisti da talk-show, insomma ovunque. Quanto mi piacerebbe seguire un semestre di studio con lei negli States, magari una Summer School. L’intento di questa economista non allineata è provare ad abbattere il diffuso luogo comune secondo cui le decisioni delle istituzioni economiche (dalla Fed, alla Bce, al Tesoro) sarebbero “neutrali” o al servizio “del bene comune”, insieme all’idea che il capitalismo sia qualcosa di “dato”, inevitabile e perenne. Prova ne sia che di rado i nostri e le nostre governanti lo nominano e, quando succede, difficilmente sanno darne una definizione.
Abbiamo perniciosamente depoliticizzato l’economia e ci siamo rassegnati/e a lasciarla in mano a esperti/e del settore che non ci siamo mai sognate/i di sottoporre a critica, prendendo per vera l’idea che l’economia funzioni come ce la descrivono e che sia qualcosa di esterno a noi; ma a differenza di quanto ci lasciano intendere i e le tecniche la nostra economia non è un oggetto esterno. «L’economia siamo noi come persone in carne e ossa» scrive Mattei. Secondo l’ultimo rapporto Oxfam in Italia lo 0,1% più ricco detiene una ricchezza pari al 60% più povero. In dieci anni il numero dei minori in povertà assoluta è triplicato mentre nello stesso periodo di tempo il numero dei miliardari è sestuplicato. Occorre dunque “ripoliticizzare” l’economia, cioè “ridemocratizzarla” per fare in modo che i cittadini e le cittadine si riapproprino delle scelte più importanti che riguardano la loro vita. Per farlo, continua Mattei, occorre un cambio radicale di prospettiva secondo quanto ci ha insegnato Gramsci: non vi è nulla di più politico della lente attraverso la quale guardiamo il mondo.
Il capitalismo ha assoluto bisogno dello sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici per sopravvivere e la storia ce lo racconta. É quindi essenziale a questo sistema economico una narrazione che valorizzi il capitale e svilisca l’apporto alla ricchezza di lavoratori e lavoratrici.
A ciò sono demandati, oltre alle istituzioni nazionali e internazionali, gli articoli dei quotidiani e i manuali di Economia dai cui titoli è scomparso l’aggettivo “politica”, spesso sostituto con “pura”. Ci hanno talmente depoliticizzato, sostiene Mattei, che quando sentiamo il termine “politico” lo associamo alle beghe tra partiti e ai futili personalismi cui ci ha abituato la nostra classe dirigente. Quando invece la parola politica, soprattutto per chi ha studiato il latino, ha tutt’altro significato.
Il primo capitolo del libro riprende il titolo di un altro testo di Mattei, l’Ordine del capitale, e ci ricorda, con gli economisti classici, che il sistema economico capitalistico non è sempre esistito ma si è formato in una particolare epoca storica. E quanto sia importante la storia per capire gli avvenimenti economici ce lo insegnano proprio i classici. Nella lettura mainstream, fortemente astorica, il capitalismo invece sarebbe l’espressione di chi siamo veramente, cioè soggetti auto-interessati che hanno il loro modello nell’homo oeconomicus, un incrocio tra un gorilla che a certi stimoli risponde con reazioni prevedibili, e Terminator, il robot che conosce tutti i dati e i relativi costi e benefici di ogni azione; tale homo oeconomicus è capace di prendere le proprie decisioni in modo razionale, confrontando come se fosse un personal computer i costi e i benefici di ogni scelta e perseguendo il massimo risultato col minor dispendio di energie.
Se invece studiamo il capitalismo dal punto di vista storico, scopriamo che è un sistema economico relativamente giovane il cui elemento fondamentale non sono i mercati, che esistevano anche nell’antichità, ma una specifica relazione di classe. È questa relazione che consente l’accumulazione del capitale e che ha bisogno di difensori e narratori, suoi alleati fedeli pronti a difenderlo nei molti momenti di crisi.
Tra questi un ruolo importantissimo hanno avuto gli economisti che hanno costruito una teoria economica con pretese di oggettività, totalmente al servizio del capitale, dimenticando l’apporto fondamentale dei lavoratori e delle lavoratrici alla ricchezza. Il conflitto di classe, ben presente a Smith, Ricardo, Malthus e Marx, rappresenta la trama nascosta della nostra società.
La parte più interessante del libro, tutto da assaporare, è quella che smaschera economisti come Maffeo Pantaleoni, De Stefani, Ricci ed Einaudi in epoca fascista, completamente allineati al sistema (anche se i testi di Scienza delle finanze e Relazioni internazionali si dimenticano di ricordarlo), che hanno saputo formulare leggi economiche totalmente asservite all’impresa e al capitale. E questo pensiero, diffuso in ogni dove, si è insinuato persino nelle menti della classe lavoratrice. Leggere questa parte mi ha davvero aperto gli occhi e mi ha fatto comprendere come gli economisti abbiano aperto la strada al fascismo, come ricorda il sottotitolo di un altro libro dell’economista della New School for Social Research di New York,(Operazione austerità come gli economisti hanno aperto la strada al fascismo). Togliendo ogni riferimento ai conflitti di classe, questi professori scoprirono l’economia pura (che si sarebbe rivelata più politica di tutte le altre) da far assurgere a scienza esatta come la matematica, una disciplinache «consacrò il ruolo degli economisti (e qui uso il maschile volutamente n.d.r.) come quello di una cerchia esclusiva detentrice del sapere assoluto».
Mattei nel libro porta a sostegno della propria tesi dati ed esempi tratti dalla realtà soprattutto statunitense e si sofferma sulla “santa disoccupazione»”, di cui tanto ha bisogno il capitale per poter mantenere il suo dominio sulla classe lavoratrice; condivide poi con i lettori e le lettrici alcuni strumenti di autodifesa per correggere la lente malamente graduata dell’economia ortodossa e lo fa a partire dalla rilettura dei classici e di Marx.
Esamina quindi la storia e ricorda ciò che da decenni è taciuto: quando i mezzi di autoprotezione del capitalismo non sono più in grado di correggerne le inevitabili distorsioni, a cui naturalmente si avvia nei momenti di crisi, dalle contestazioni del sistema emergono forme alternative di organizzazione. Prendendo spunto dal suo libro Operazione austerità la brava e coraggiosa economista ripercorre la storia mettendo in evidenza i periodi nei quali i lavoratori e le lavoratrici sfruttate e quasi mai pagate il giusto, con la mobilitazione hanno ottenuto conquiste salariali considerevoli e diritti. Si è trattato di periodi storici nei quali, come nel biennio rosso, c’è stato il riconoscimento della piena soggettività del lavoratore e della lavoratrice come creatori di valore e agenti della storia. Oggi siamo probabilmente alla vigilia di una fase storica di questo tipo. Basti ricordare che il compenso annuo del 2023 dell’amministratore delegato di Stellantis è di 23 milioni di lire mentre la stessa impresa, “creatrice di ricchezza nell’immaginario collettivo”, ha chiesto l’accesso alla Cassa integrazione di duemila lavoratori e lavoratrici.
La risposta del capitalismo , dopo il biennio rosso, non si fece attendere e impostò la controffensiva dell’austerità. L’austerità, entrata come un mantra nei nostri discorsi, non è secondo Mattei quel termine tecnico che vogliono farci credere, ma rappresenta l’insieme delle politiche economiche che le istituzioni governative implementano per difendere a spada tratta «l’ordine del capitale»; vale a dire un progetto politico nato dalla necessità di conservare i rapporti capitalistici di dominio di classe tesi a vanificare le conquiste della classe lavoratrice.
Dall’analisi di Mattei emerge dunque l’incompatibilità tra capitalismo e democrazia. Molti sono coloro che, nel campo della “triste scienza”, hanno apprezzato L’economia è politica: da Branko Milanovic, che sottolinea la capacità della giovane economista di far tornare l’economia a essere «un’attività e una scienza rivolta al miglioramento della vita delle persone e non uno strumento solo apparentemente apolitico e tecnocratico per l’arricchimento di una minoranza», ad Adam Tooze, della Columbia University, secondo cui il merito maggiore del libro è quello di aver svelato come il potere politico sia ormai codificato nella struttura della teoria economica, a Thomas Piketty, che ha apprezzato soprattutto la parte sull’austerità.
La sorpresa più bella che ho provato leggendo questo libretto prezioso è stata scoprire che Mattei è la pronipote di due persone meravigliose: la più giovane Madre Costituente italiana, la partigiana “Chicchi” Teresa Mattei, grande pacifista in democrazia, Teresa e suo fratello Gianfranco, come lei partigiano della Brigata Garibaldi, catturato e torturato dai fascistiche, per non tradire i suoi compagni sotto le efferate sevizie del regime di Mussolini, si impiccò in cella. Scrive Clara Mattei nell’introduzione, parafrasando le parole del suo prozio «Siate forti, sapendo che lo sono stato anch’io»,lasciate per i genitori sul retro di un assegno consegnato di nascosto al compagno di cella: «per essere forti ci vogliono strumenti forti. E allora proviamoci». Smascheriamo la falsa narrazione del sistema economico, che è al servizio di una minoranza, e diventiamo attiviste e attivisti di un’economia veramente politica. L’invito a leggere questo testo è rivolto a tutti e tutte, ma in primis alle e ai giovani docenti che dovrebbero adottarlo nelle scuole, accanto ai testi di un pensiero economico antistorico che ha fatto il suo tempo.

Clara E. Mattei
L’economia è politica
Fuori Scena, Milano, 2024
pp. 192

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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

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