Leggendo la stampa degli ultimi due anni e ascoltando i media generalisti non ci si può esimere dal domandarsi che cosa è successo al cosiddetto Occidente. L’ultima notizia, quella che ci ha informato che il Parlamento ucraino ha messo al bando la Chiesa ortodossa russa e ha ordinato al clero di aderire entro 9 mesi alla Chiesa ortodossa ucraina è passata quasi sotto silenzio. Unione Europea non pervenuta. Ma l’organizzazione europea dalle molte sedi non era la paladina dei valori democratici? E la libertà della Chiesa dallo Stato non è un principio cardine della nostra democrazia, quello di cui tratta, tra l’altro, l’ultimo articolo della nostra serie Costituzione letteraria proprio in questo numero della nostra rivista?
Forse dobbiamo prendere atto che tutti i trattati internazionali, tutte le Costituzioni, anche “la più bella del mondo”, sono ormai divenute “carta straccia” e hanno ceduto il passo alla geopolitica, che notoriamente non ha una grande considerazione del diritto. Forse dobbiamo prendere atto che i media occidentali, quelli cosiddetti “democratici”, ormai non sono più liberi e veicolano una narrazione che non corrisponde alla realtà, ma è parte integrante e fondamentale della propaganda di guerra. Sembra di assistere alla neolingua orwelliana. Guerra worldwide o guerra estesa, la chiamano, disquisendo in Convegni organizzati in location eleganti, come quella che si terrà il prossimo 31 agosto al Forte di Bard, in Valle d’Aosta, alla presenza di eurodeputati/e, quelle e quegli stessi che hanno avallato l’invio di armi sempre più evolute all’Ucraina, l’applicazione di sanzioni alla Russia che non hanno funzionato (ormai lo ammettano anche i media “allineati” al pensiero unico bellicista e non solo le persone inserite nelle liste di proscrizione dei e delle” putiniane”) e l’appoggio a Israele, condito da ipocriti appelli quotidiani al cessate il fuoco, mai seguiti da iniziative diplomatiche. Questo anche dopo che la Corte Internazionale di giustizia ha dichiarato con sentenza ( https://www.icj-cij.org/sites/default/files/case-related/186/186-20240719-adv-01-00-en.pdf) che «l’occupazione e l’annessione da parte di Israele dei territori palestinesi sono illegali e le leggi e prassi discriminatorie israeliane contro i palestinesi violano il divieto di segregazione razziale e di apartheid» (https://www.amnesty.it/corte-internazionale-di-giustizia-illegale-loccupazione-dei-territori-palestinesi/) e dopo che la sentenza preliminare del 24 gennaio scorso della stessa Corte Internazionale ha respinto il ricorso di Israele di archiviazione della richiesta del Sudafrica di definire genocidio il comportamento del Governo di Netanyahu.
In questa fase storica terribile ci mancano due voci, quelle di Teresa Sarti e Gino Strada, i due sognatori che hanno osato “praticare” e non solo predicare, i valori della Costituzione. Teresa Sarti se ne è andata troppo presto, ma era una dei fondatori, anzi, l’unica fondatrice di Emergency e ne è stata la presidente fino alla morte, non dimentichiamocelo.
Gino Strada, scomparso il 13 agosto 2021, ha inevitabilmente avuto più spazio sui media. Del dutùr di Sesto San Giovanni mi piace riportare il pentalogo, ricordato in un bellissimo ricordo su Doppiozero da Marco Revelli: «La sua sola presenza testimoniava che un’altra esistenza è possibile. Che in un mondo che ogni giorno ci scarica addosso le sue dosi tossiche di disumanizzazione, un altro modo di dar senso al nostro esistere è attuabile. Per tutta la vita, condotta all’insegna di una “scandalosa” coerenza, ha mostrato che “praticare i valori” si può, quando quei valori si sintetizzano in alcune, semplici, certezze: Che ogni vita umana ha una sua sacralità. Che quando una persona soffre deve essere aiutata e quando rischia di morire dev’essere salvata. Che quello alla salute è un diritto universale (e se non lo è “diventa un privilegio”). Che davanti al dolore e al bisogno si è tutti uguali. Con il naturale corollario di tutto ciò: la guerra è male, in sé».
Che cosa è successo alle persone che abbiamo eletto nei nostri Parlamenti e al Parlamento europeo, molte delle quali hanno quasi beatificato giorni fa Gino Strada, pur avendolo delegittimato in più occasioni, quando era in vita, per la radicalità delle sue posizioni? Chi ha dato loro il potere di decidere senza esitazione di riarmarsi e inviare armi pericolosissime che continuano a uccidere giovani vite e purtroppo anche moltissime donne e bambini, soprattutto in Palestina, ma anche in altre parti del mondo? Non sarebbe stato corretto interpellare, gli elettori e le elettrici sul punto, in questo frangente così anomalo e nuovo, (anche se non del tutto. Basti pensare alla guerra dei Balcani), drammatico e foriero di autodistruzione delle persone e del pianeta? Non sarebbe stato necessario interpellare le tante ong e i movimenti femministi che praticano i valori della pace e invitarle ai tavoli dei negoziati, viste le loro abilità in merito, a esempio quella della Comunità di Sant’Egidio? La guerra in Italia è ripudiata anche come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (articolo 11 Cost.) e al suo posto i e le Costituenti hanno scelto la diplomazia. Purtroppo in questi due anni il Garante della Costituzione si è ben guardato dal ricordarlo al popolo italiano, sostenendo dall’inizio la legittimità dell’invio di armi per risolvere la controversia internazionale in cui il Paese coinvolto non è né nell’Ue né nella Nato. Sulle ragioni geopolitiche di questa anomalia ci si è soffermate più volte in occasione della recensione di alcuni numeri di Limes.
Noi ce ne stiamo comode e comodi ad assistere alla cronaca quotidiana degli eventi bellici, ne discutiamo e intanto a ogni invio di armi in più fingiamo di non sapere che molti giovani ucraini e russi moriranno, che bambini e donne e civili di Gaza muoiono di fame, di malattie che noi abbiamo sconfitto con un vaccino da tempo, che scuole e campi profughi vengono bombardati in spregio del diritto internazionale e umanitario, che Israele sta perseguendo la morte per fame e per epidemia dei e delle palestinesi con la scusa di sconfiggere Hamas , ci disinteressiamo di quante e quali siano le armi che inviamo (i nostri Governi, a partire dal Gabinetto Draghi, non lo hanno mai comunicato né al Parlamento né ai cittadini e alle cittadine) e che fine faranno, se saranno usate per difesa, condizione a cui abbiamo subordinato l’invio, per attaccare o per rifornire di armi paesi africani.
L’Occidente, e l’Ue in particolare, assiste agli ultimi sviluppi della “Guerra Russia-Nato” (attacco ucraino su Mosca con armi Nato e occidentali) che lascia indenne i suoi territori e la sua popolazione. Nel frattempo, come ricorda Lucio Caracciolo nell’editoriale dell’ultimo numero di Limes, Il mondo cambia l’Ucraina, «La guerra suona la campana per noi europei. Il dopoguerra si annuncia grigio. Non abbiamo (quasi) subìto danni bellici materiali né (ufficialmente) perdite umane, pur se sanzioni e controsanzioni appesantiranno per anni le nostre economie. Abbiamo però disperso quanto residuava del bene più prezioso: la credibilità. Base del rispetto di noi stessi, prima che dell’altrui. Dell’onore, diremmo, se la parola avesse senso nell’insostenibile leggerezza del postmoderno. Ci siamo confermati specialisti nel raccontare a noi stessi ciò che ci deve rassicurare. Narrazione talmente irreale da convincere le parti in conflitto della nostra irrilevanza. Siamo riusciti a esaltare la resistenza ucraina come lotta per i valori supremi dell’umanità, a protezione delle libertà e delle democrazie minacciate dall’impero russo — Male assoluto — e insieme avvertire che non siamo in guerra con Mosca né intendiamo entrarci. A combattere e morire per i valori che intendiamo universali pensi il particolare popolo ucraino. Remunerato con armi, denaro e retorica in quantità sufficienti a procrastinare la sconfitta. E più va peggio per gli ucraini più insistiamo perché si sacrifichino anche per noi in vista di un traguardo che non esiste …».
Come avrebbero ribattuto a queste amare considerazioni geopolitiche Teresa Sarti e Gino Strada? Non con un generico cosmopolitismo, oggi impensabile. Già nel 1934 il poeta indiano Tagore affermava: «Più i mondi si avvicinano e più ci scopriamo diversi». Purtroppo l’Occidente oggi ha perso i suoi valori. Lo ricorda, tra i tanti e le tante, Massimo Fini in un articolo provocatorio del Il Fatto quotidiano del 15 agosto scorso, L’Occidente senza chiese e la partita con l’Islam. Forse il fondatore e la fondatrice di Emergency ci direbbero che occorre riscoprire il valore del noi e costruire la pace preventiva, battendosi per la tenuta e lo sviluppo di democrazie consolidate e del tessuto sociale, come sostiene oggi Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, che la pace l’ha davvero costruita in Mozambico e che l’ha raccontata in un incontro a Melegnano a cui ho avuto la fortuna di partecipare.
Mi piace chiudere con le sue parole: «La pace non è debolezza, non è per i paurosi o per chi si volta dall’altra parte. La pace è per le persone forti».
In copertina: Teresa Sarti e Gino Strada.
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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.

come sei solita fai un’analisi lucida, ma questa volta soprattutto coraggiosa. Parlandoci di guerra quella odiata, ma vissuta da Cecilia e il dutur . Così sicuri che la guerra porti solo male. Ucraina Russia Israele Palestina. Tante le vittime e le vittime sono Innocenti. Il tuo articolo.apre gli occhi. Viva la scrittura
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Grazie, Giusi!
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