Il Monte Tonale si erge maestoso con la sua vetta a 1.883 metri di quota tra la Lombardia e il Trentino, ai piedi del ghiacciaio Presena. Si racconta che proprio su quel monte le streghe si dessero appuntamento raggiungendo velocemente la cima dove, tra un banchetto e l’altro, si divertivano a scatenare tempeste che giungevano sino alla Val Camonica e alla Val di Sole. Arrivando al Passo Tonale apparentemente non c’è nulla che ricordi le famigerate streghe ma se si alza lo sguardo su una piccola altura si scorge nitidamente la chiesetta di San Bartolomeo a cui si accede tramite una stradina percorribile anche in auto.

Lì, allineati in cerchio, si notano dei totem di legno in bianco e nero e tra di essi viene ricordata la storia delle streghe camune. La prima notizia risale al 1445, quando l’inquisitore della Val Camonica chiese al tribunale di Venezia le modalità per avviare un processo di stregoneria contro quelle donne. Le persecuzioni continuarono nel XVI sec. e il 23 giugno del 1505, a Cemmo, furono bruciate vive sette donne. Cinque anni dopo, ad Edolo, bruciarono sessanta streghe condannate dal vescovo di Brescia Paolo Zane: erano accusate di aver causato la siccità e fatto ammalare bestie e uomini con i loro sortilegi. Nel 1518 sempre lo stesso vescovo mandò al rogo altre sessanta streghe e venti uomini, tra cui Agnese “Capitana della Fattucchiere”.
Nel 1521, Papa Leone X ritenendo troppo blandi i provvedimenti contro questa “setta dannata”, inviò altri inquisitori e i roghi ripresero con più vigore: questa la triste storia. Passiamo adesso alla leggenda: molte madri spingevano le proprie figlie a salire a cavallo sul demonio che le portava sul monte Tonale dove si allestivano banchetti pantagruelici e dove ricevevano polveri magiche per avvelenare le persone. Tutto si svolgeva tra balli, orge sacrileghe e riti blasfemi. Questo si evince dagli scritti del giurista bresciano Alessandro Pompeio in una sua lettera del 28 luglio 1518, dopo essere stato testimone oculare delle testimonianze orali rese da quelle povere donne sotto tortura. È facile intuire come quei racconti avevano solo il fine di far cessare le torture, ma quei ”giudici divini in terra”, per assenza di intelletto o per atteggiamenti misogini, decretarono che in quei racconti risiedeva la Verità e quantificarono il numero delle streghe di quella zona incirca 2.500.

È curiosa la coincidenza che la chiesetta in quel luogo sia dedicata a San Bartolomeo, uno dei dodici apostoli, un predicatore che contrastava i riti pagani e in particolar modo tentava di cristianizzare il culto di Astarte-Persefone. Come curiosa potrebbe essere l’etimologia del nome del Monte: esistono varie tesi, tra cui quella che il nome deriverebbe da Giove Tonante, Tonante per i temporali con tuoni e saette che frequentemente si verificano in cima. Azzardando un’ipotesi potrebbe essere che in quel luogo dedicato al dio Giove resistessero forti tracce del rito pagano probabilmente dedicati a Persefone, figlia di Giove e di Demetra. Certo è invece il fatto che recenti ricerche archeologiche testimoniano l’esistenza di una via di epoca romana presso il Passo del Tonale. Sarebbe così plausibile sostenere la tesi, come scrive Vittorio Pirri studioso del luogo, che «le tregende […] trovarono origine nei culti dell’Antica Roma, i quali si sovrapposero ai precedenti culti celtici del periodo dei castellieri dell’Età del Bronzo e del Ferro, archeologicamente testimoniati nel contesto vallivo». Superando il Passo, dalla Lombardia si arriva in Trentino e a meno di 30 km è ubicato un paesino della Val di Sole: Peio, nascosto tra le cime del Parco nazionale dello Stelvio.

Abitato da neanche 200 anime, nel suo nucleo storico tra salite, gradini e viuzze, troviamo un piccolo museo privato delle Streghe che viene definito il più piccolo d’Europa. In pochi metri quadrati sono concentrati preziosi documenti, foto e oggetti che in gran parte hanno attinenze storiche e documentate sulla persecuzione delle streghe di quei luoghi e sugli oggetti utilizzati per i riti ancestrali che si svolgevano in quelle valli anche nei vicini comuni di Vermiglio, Penas, Ossana, Castello. Un cartello esplicativo ci ricorda come le popolazioni del contesto alpino, nel loro naturale isolamento, hanno mantenuto le tradizioni originarie conservando le tracce dell’antica religione precristiana e i culti che affondano le radici nella lontana Età del Bronzo. Nel 1484 il vescovo di Trento Giovanni Hinderbach, spinto probabilmente dalla bolla papale di Innocenzo VIII, iniziò a reprimere tutti gli antichi culti femminili definendo streghe le donne che li praticavano.

Giova ricordare che dopo questa bolla papale, i domenicani Kramer e Sprengher scrissero il Malleus Maleficarum. Il vescovo Hinderbach fece addirittura raffigurare sul campanile della chiesetta di Peio un cane rabbioso che assale una sirena, quest’ultima immagine cara alle donne poiché simbolo di fertilità e prole, e fece incidere varie frasi che rievocano brani biblici, tra cui «manderò contro di voi le fiere delle campagne che vi rapiranno i figli e vi ridurranno a un piccolo numero». All’interno del museo vengono ricordate le figure e gli studi di famosi antropologici ed etnografi, tra cui Margaret Murray (1863-1963) che dimostrò le origini preistoriche della religione delle streghe. Nelle varie teche sono custoditi oggetti legati a questi antichi culti, come le Gamahez, pietre che le donne stringevano tra le mani al momento del parto o le piccole bambole (di origine polacca) in onore della strega del buon raccolto, o la parte superiore di un besant, che era un portafrutta rituale usato nella ricorrenza di Calendimaggio per ringraziare la Madre Terra dei suoi doni.

Altri spazi sono dedicati alle guaritrici di campagne e alle pietre di fertilità che rievocano il culto di Priapo. Esposti anche i capelli di strega, le bottiglie incantate o i cocci delle tazze frantumate con doviziose spiegazioni. Ed ancora i cosiddetti “luoghi delle streghe” come la Val di Rabbi con il Sass delle Strie o il Nido delle streghe a Longostagno sul Renon (BZ). Una piccola sezione è dedicata anche agli affreschi arrivati fino a noi come quello di casa Cazuffi-Rellain piazza Duomo a Trento, che rievocano temi pagani. Tante statuine, alcuni libri di fiabe, vari oggetti di devozione cristiana che ci raccontano di quel miscuglio di fede e tradizione che ancora oggi rimane nel nostro quotidiano. Un viaggio di conoscenza affascinante che consigliamo vivamente di effettuare per chi si trovasse in zona. Nell’ultima sezione è esposto l’elenco documentato di alcune vittime trentine condannate a morte con l’accusa di stregoneria e i luoghi provenienza.
Tra tutti quei nomi ci colpiscono Bartolomea, moglie di Giuliano di Papo, e Caterina, moglie di Antonio Della Libra: entrambe di Cavalese ed entrambe classificate come “mogli di”. Della Val di Non attira, invece, la nostra attenzione Anna, la dottorella di Tos, “dottorella” come a sminuire colei che probabilmente era una medica, una donna sapiente di quel luogo nel Seicento. Abbiamo contato 43 nomi dietro cui si nascondono 43 vite di donne perseguitate dalla violenza e dalla misoginia cieca. A loro dedichiamo quest’articolo.
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Articolo di Ester Rizzo

Giornalista. Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Ist. Sup. di Giornalismo di Palermo, socia Sil, collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra editore ha curato il volume Le Mille. I primati delle donne. Autrice dei saggi: Camicette Bianche , Donne Disobbedienti , Il labirinto delle perdute e i romanzi storici Le ricamatrici e Trenta giorni e 100 lire, sempre per Navarra editore.
