Di recente, ho avuto occasione di guardare una miniserie che mi è piaciuta moltissimo, Daisy Jones & The Six. Si tratta della storia di una rock band degli anni Settanta, dall’ascesa sulla scena musicale di Los Angeles fino alla fama e alla caduta, avvenuta con la loro separazione proprio al culmine del successo. Ma è anche la storia di un amore che porta al tormento e poi alla liberazione. Nello scorrere gli episodi che vedono protagonisti Daisy Jones, Billy Dunne e Camila Alvarez, non ho potuto fare a meno di andare con la mente a un collegamento (anche se solo in parte) alla storia reale di June Carter e Johnny Cash.

June nasce a Maces Springs, in Virginia, nel 1923 e sin da subito manifesta le sue doti artistiche di cantante e musicista. Nel 1943 forma un gruppo con la madre Maybelle Carter e le sorelle Helen e Anita, chiamato Mother Maybelle & the Carter Sisters. June ha doti canore e recitative, soprattutto una spiccata verve comica, per cui riescono a dare vita al famoso Grand Ole Opry, programma radiofonico settimanale di musica country e concerti, trasmesso dal vivo sulla radio Wsm di Nashville ogni venerdì e sabato sera, attraverso il quale conosce molti artisti noti, tra cui Elvis Presley.

Michael Ochs Archives/Getty Images

Ma il programma è il galeotto dell’incontro che le cambierà per sempre la vita. A Nashville passa per caso, per una gita scolastica, un ragazzo, che sente cantare June e ne rimane rapito. È Johnny Cash, che si ripresenterà qualche anno dopo al Grand Ole Opry per cominciare un sodalizio artistico con June senza precedenti, partendo dal brano Ring of fire. Questo pezzo ha una storia particolare: June lo scrive insieme al marito, il cantautore Merle Kilgore, e lo fa interpretare a sua sorella, Anita Carter. Johnny lo ascolta e ne realizza un arrangiamento diverso e particolare come la tematica del brano, ovvero un uomo sposato che canta una canzone scritta per lui da una donna anch’essa sposata ma ormai innamorata del cantante. È il preludio in musica della loro passione, che all’inizio è contenuta. Tra i due ci sono un’alchimia e sinergia pazzesche, non solo artistiche.
Johnny, però, è un uomo molto complicato: oltre a essere sposato — come June, appunto — è da tempo in preda ad alcol e stupefacenti, in una discesa sempre più repentina agli inferi, come molte rockstar di quell’epoca (nella miniserie Daisy Jones & The Six, è Daisy la geniale e tormentata artista rock, che rischia — come Cash — di dissolversi per sempre). June è attratta, ma allo stesso tempo respinge l’idea di stare con lui, perché ha paura, teme che questa storia possa distruggerla e perché le sue forti convinzioni religiose le impediscono di lasciarsi andare liberamente a una storia adultera. Ma Johnny non molla, non intende perdere June e le chiede di sposarla per ben trenta volte, dopo aver rischiato di morire per una overdose ed essersi impegnato a ripulirsi.

L’attrazione e la chimica tra i due è fortissima e la loro relazione era già cominciata da tempo. June non può più opporsi, in fondo non lo vuole, e così acconsente al matrimonio. Si sposano nel 1968 e da allora resteranno insieme fino alla fine, quando nel maggio del 2003 June muore in seguito alle complicazioni di un intervento al cuore e Johnny la raggiunge nel settembre dello stesso anno. La carriera di June è stata folgorante: un talento naturale per la musica, ma anche per la scrittura, per il cinema e la televisione (si ricorderà il suo personaggio di Sister Ruth nella serie televisiva La signora del West). Alla storia d’amore con Johnny Cash è dedicato il biopic del 2005 Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line, prodotto dal figlio John Carter Cash ed interpretato da Reese Witherspoon, che vinse l’Oscar come migliore attrice protagonista, e da uno straordinario Joaquin Phoenix (Golden Globe come miglior attore in un film commedia o musicale), oltre a decine di altri premi di cui questo film ha fatto incetta.

John. Getty Images
Nonostante la solida relazione e l’amore che legava i due artisti, June ha dovuto farsi carico più volte delle fragilità dell’uomo che amava. I demoni della sua mente, dovuti anche a una vita segnata dal dolore (un suo fratello era rimasto ucciso in un incidente sul lavoro e il rapporto con il padre era sempre stato conflittuale), erano ritornati a completare l’opera di distruzione del corpo e dell’anima di Johnny. June gli resta accanto, senza rinunciare alla sua carriera, con un’incrollabile fiducia nella possibilità che il suo uomo possa sempre farcela e tornare a rialzarsi dalle ceneri, come un’araba fenice.

Vincerà l’ultimo premio nel 1999, il Grammy per l’album Press on. Le canzoni sia da solista che quelle cantate con il marito, sono pregne della loro passione per la musica e per l’amore che li lega: «You’ve got a way to keep me on your side, /You give me cause for love that I can’t hide. /For you I know I’d even try to turn the tide, /Because you’re mine, I walk the line» («Tu hai un modo di tenermi vicino a te, /mi dai un motivo per amare che io non posso celare. /Per te io so che proverei persino a superare la corrente. /Perché tu sei mia, io rigo dritto»).
La storia di questa artista della musica country meriterebbe di essere raccontata anche senza Johnny. È, infatti, singolare che, cercando notizie in rete, le foto e i siti riportino il nome di June sempre e solo abbinato alla storia d’amore e di musica che l’ha unita a Cash. Eppure, lei aveva iniziato ben prima la sua carriera, andando in tournée finanche con Presley. Ci ha pensato certamente il figlio John Carter Cash, che ha prodotto l’album Anchored in Love: A Tribute to June Carter Cash, pubblicato nel 2007 con vari artisti e artiste di musica country, tra cui Sheryl Crow, Willie Nelson, Loretta Lynn, Rosanne Cash, Emmylou Harris e Kris Kristofferson, che eseguono le più belle canzoni di June. Lo stesso John ammirava in June la tenacia e ne avvertiva la superiorità e l’equilibrio, come testimoniano le sue stesse parole dedicate alla compagna in un celeberrimo biglietto di auguri, in occasione del di lei sessantacinquesimo compleanno: «Buon compleanno principessa, ormai siamo vecchi e ci siamo abituati l’uno all’altra. La pensiamo nello stesso modo. Leggiamo la mente dell’altro. Sappiamo quello che l’altro vuole anche senza dirlo. A volte ci irritiamo anche un po’. Forse a volte ci diamo anche per scontati. Ma ogni tanto, come oggi, medito su questo e mi rendo conto di quanto sono fortunato a condividere la vita con la più grande donna che abbia mai incontrato. Continui ad affascinarmi e a ispirarmi. La tua influenza mi rende migliore. Sei l’oggetto del mio desiderio, la prima ragione della mia esistenza. Ti amo tantissimo. Buon compleanno principessa».

Di lei ci resta il ricordo di una donna tenace, appassionata, una virtuosa della musica country, libera di divorziare e risposarsi per tre volte, fino a legarsi all’uomo che — nonostante le sue irreparabili debolezze — non riesce a non amare per sempre, in un cerchio di fuoco divorante: «The taste of love is sweet/When hearts like ours meet/I fell for you like a child/Oh, but the fire went wild/I fell into a burning ring of fire» («Il sapore dell’amore è dolce/quando cuori come i nostri si incontrano/mi sono innamorato di te come un bimbo/oh, ma poi il fuoco è diventato incontrollato/sono caduto dentro un ardente cerchio di fuoco»).
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Articolo di Valeria Pilone

Già collaboratrice della cattedra di Letteratura italiana e lettrice madrelingua per gli e le studenti Erasmus presso l’università di Foggia, è docente di Lettere al liceo Benini di Melegnano. È appassionata lettrice e studiosa di Dante e del Novecento e nella sua scuola si dedica all’approfondimento della parità di genere, dell’antimafia e della Costituzione.

Che bell’articolo e che splendida storia d’amore! Grazie, Valeria Pilone!
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