Anche nel 2025 avremo il piacere di partecipare ai webinar del ciclo Cambiamo discorso-Contributi per il contrasto agli stereotipi di genere, organizzato da Reti Culturali, con una tematica del tutto innovativa, rispetto alle tante precedenti: Ben-essere di genere. Come si legge nella presentazione di questo nuovo progetto: «È evidente che “per stare bene” non basta la salute, cioè l’assenza di mali fisici, di patologie che siano diagnosticabili con strumenti oggettivi e possano essere curate con adeguati interventi terapeutici, medici o chirurgici. Questo vale per gli uomini come per le donne, ma il pervasivo fenomeno della discriminazione di genere induce a una riflessione particolare sull’indefinibile stato di inquietudine e turbamento che caratterizza ampia parte della realtà femminile, personale e sociale, con origini e motivazioni, sia pure inconsapevoli, anche di matrice culturale».

Il primo incontro della nuova serie si terrà giovedì 30 gennaio prossimo alle ore 17.00. Ci parlerà del suo argomento, La Medicina di Genere non serve alle donne, Roberta Pinelli, che è stata insegnante, Dirigente scolastica e Assessora alle Politiche sociali del Comune di Modena. Nell’incontro online potremo ascoltare dalla sua viva voce le tante documentazioni ed esperienze, che possono anche essere lette nei diversi articoli che ha scritto come autrice su Vitamine vaganti.
Come è ormai consuetudine da diversi anni, prima del webinar sul tema specifico (qui tutti gli articoli precedenti), andiamo a conoscere il percorso scolastico e professionale della relatrice, attraverso alcune domande che la presenteranno al pubblico dell’incontro virtuale.
Quali scuole hai frequentato nella tua adolescenza e giovinezza? Sono state scelte adeguate alle tue aspirazioni? Da docente, che cosa consiglieresti a ragazze e ragazzi per orientarsi al meglio di fronte ai tanti possibili percorsi di istruzione da intraprendere?
Ho frequentato l’Istituto Magistrale e l’ho scelto perché la mia famiglia riteneva che, essendo una scuola con titolo abilitante, mi avrebbe consentito di entrare nel mondo del lavoro anche se non avessi proseguito gli studi. Quando, nel 1970, si trattò di iscriversi all’Università, per la prima volta mi resi conto che essere una donna era un problema. Ho un fratello e, poiché la mia famiglia non poteva permettersi due figli all’Università (papà falegname, mamma domestica), il diritto all’istruzione post diploma era riservato a lui in quanto maschio. Per il mio futuro ebbi però due colpi di fortuna: mio fratello dichiarò che non aveva nessuna intenzione di continuare gli studi e i miei genitori, che nella loro semplicità erano però una coppia di idee molto aperte per quei tempi, decisero che, se volevo, avrei potuto iscrivermi io all’Università (con un certo “scandalo” da parte di parenti e amici). Mi iscrissi così alla Facoltà di Magistero dell’Università di Bologna e nel 1974, a 22 anni, mi laureai in Lettere a indirizzo storico con 110 e lode. Nel frattempo cominciai con le prime supplenze, superai il Concorso Magistrale e nel 1976 entrai in ruolo come maestra. Poi acquisii l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole di II grado e nel 1988 chiesi e ottenni il passaggio alla scuola superiore. Dopo 21 anni di insegnamento, superai il concorso da Dirigente scolastica e, per gli ulteriori 21 anni della mia carriera scolastica, sono stata Preside di diverse scuole, fino al pensionamento nel settembre 2017.
Se posso dare un consiglio ai ragazzi e alle ragazze che devono scegliere il percorso di studi dopo la scuola media, credo che le cose più sagge che possano fare siano due: pensare a quale futuro immaginano per sé stesse/i e, soprattutto, verificare le proprie competenze nelle diverse aree disciplinari, per scegliere una scuola adeguata ai propri interessi e alle proprie conoscenze/competenze. Faccio un esempio che mi riguarda: sapevo che le mie competenze in ambito scientifico (matematica, fisica, chimica) erano davvero scarse, e nonostante un vago desiderio di “fare cose da uomini”, come si diceva a quei tempi, sapevo che una facoltà Stem non sarebbe stata alla mia portata e, serenamente, optai per il settore umanistico. Scegliere la scuola superiore “perché ci vanno gli amici” oppure perché “è vicina a casa” o ancora perché, come dicono ancora molti genitori “mio figlio, mia figlia deve fare assolutamente il Liceo”, può portare a insoddisfazione per gli scarsi risultati, scontentezza per i contenuti disciplinari non confacenti ai propri interessi, fatica a mantenere il ritmo richiesto dalla scuola, fino ad arrivare all’insuccesso scolastico, al dover cambiare scuola, al dover ammettere e accettare lo smacco di una scelta sbagliata e, a volte, all’abbandono totale della scuola. Per la complessità di questa scelta, a mio parere la scuola media potrebbe fare davvero la differenza, se le attività di orientamento iniziassero fin dal primo anno, per avere tempi distesi per valutare sé stesse/i e le proprie competenze, i propri desideri e le personali difficoltà, oltre che per visitare le scuole superiori durante gli open day.
Ritieni, per la tua esperienza, che la scuola oggi tenga conto delle differenze di genere e sappia interloquire in modo specifico con ragazze o ragazzi?
Come dicevo, sono in pensione ormai da sette anni e mi sfuggono molti aspetti della scuola di oggi, soprattutto dopo la pandemia. Credo però che la scuola fatichi ancora molto a sentire le differenze di genere come un proprio “problema” e che i docenti non abbiano piena percezione che anche l’attenzione alla parità di genere deve far parte delle loro competenze. Il problema di fondo è che nella formazione delle/dei docenti si fa ancora molta attenzione alle competenze disciplinari, meno a quelle psicologiche, pedagogiche e didattiche, e ancor meno ai diritti conquistati e da difendere o a quelli non ancora acquisiti.
Sappiamo che hai affiancato alla professione docente una attiva partecipazione alla vita politica e sociale della tua città: quali strumenti ha la scuola per formare in questo senso cittadine e cittadini consapevoli e presenti?
Certamente l’educazione alla cittadinanza, a cui le scuole sono tenute, può essere un buon veicolo per questa formazione, ma necessita di uno spazio maggiore e di una maggiore consapevolezza da parte delle istituzioni e del corpo docente di quanto sia fondamentale educare alla cittadinanza i/le giovani. Sono però convinta che l’educazione “civica” non possa e non debba praticarla solo la scuola; in primis dovrebbe essere la famiglia a insegnarla, ma credo che dovrebbe essere l’intera società a farsene carico, anche solo dando il cosiddetto “buon esempio”.
Che cosa ti ha portato a occuparti di un argomento così specifico come la Medicina di Genere?
È stata una vera e propria casualità. Durante il mio mandato come Assessora ai Servizi sociali sono state invitata più volte ai convegni dell’Associazione “Donne Medico” di Modena e in queste diverse occasioni ho preso coscienza di quanto fosse importante una medicina che tenesse conto delle differenze. Al termine del mandato, ho approfondito il tema con svariate letture e me ne sono appassionata.
Che tu sappia, nelle Università se ne tratta?
Le prime Università a inserire questo tema nei propri percorsi di studio sono state Padova, Sassari e l’università della Basilicata, ma nel 2019 è stato calcolato che circa il 90% delle Facoltà abbiano introdotto il tema sesso-genere nella propria offerta formativa.
Se tu diventassi ministra della salute, che iniziative attiveresti per una efficace informazione e formazione in merito?
Certamente renderei obbligatorio per tutte le Università l’inserimento del tema nei percorsi di studio, in particolare per le Facoltà di medicina, infermieristica e per tutte e tutti gli operari sanitari in formazione. Come detto, farei altrettanto per quanto riguarda la formazione docente, a partire da coloro che opereranno nella scuola dell’infanzia, perché la parità si può e si deve apprendere fin dalla più giovane età.
Grazie davvero a Roberta Pinelli per queste interessanti risposte, e le diamo appuntamento per il prossimo giovedì: saremo in tante/i ad ascoltarla.
Questo il link per effettuare la preiscrizione all’incontro online e ricevere poi le indicazioni per il collegamento: https://csvmarche-it.zoom.us/webinar/register/WN_7UitrE5aR2KUcn6a9RDdJg
Chi non potesse partecipare alla diretta dell’incontro online, potrà rivederlo (come tutti i precedenti) sulla pagina fb di Reti culturali.
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, già docente di filosofia/scienze umane e consigliera di parità provinciale, tiene corsi di formazione, in particolare sui temi delle politiche di genere. Giornalista pubblicista, è vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile e caporedattrice della rivista online Vitamine vaganti.
