Giovanna Garzoni è stata una miniaturista nata ad Ascoli Piceno nel 1600 e morta a Roma nel febbraio 1670. La sua bravura le viene da subito riconosciuta: per primo Carlo Ridolfi, scrittore e pittore italiano, parla di lei nel volume Le Maraviglie dell’arte, ovvero Le vite degli Illustri Pittori Veneti e dello Stato.

Durante la vita e successivamente, dopo la morte, verrà elogiata senza indugio e apprezzata per la tecnica finissima.
Come avveniva di consueto all’epoca, le donne impegnate nell’arte ricoprivano un ruolo inedito e quasi inaccessibile: a predominare nell’ambito, non ci stupisce, erano gli uomini. Lo studio delle arti non era una scelta comune per le giovani la cui vita poteva essere votata all’attività ecclesiastica o alla casa. Era normale, infatti, che le figure femminili della famiglia si dedicassero alla pittura solamente in convento, nel caso in cui avessero preso i voti, e che le raffigurazioni fossero in larga prevalenza a scopo devozionale; negli altri rari casi in cui non fosse stato scelto il percorso religioso, le figlie di proprietari di botteghe o di maestri erano costrette, secondo le informazioni a noi pervenute, a vestire con abiti considerati maschili per poter accedere a questo tipo di mestiere, camuffando quindi la loro identità.
La dirompenza e la temerarietà — o meglio, la personale necessità e aspirazione — di valicare i confini di un’epoca che vedeva (nella maggior parte dei casi) le donne o suore o madri, si incarna in figure come quella di Giovanna Garzoni che decide di intraprendere una strada alternativa: il suo lavoro conta molte opere di diversa tipologia fra cui tele, stampe, miniature su pergamena e tessuti; divenne eccellente nella riproduzione di nature morte, senza tralasciare opere a carattere mitologico e ritratti. Questo ricco bagaglio di conoscenze e abilità affonda le radici in una fitta rete parentale e di amicizie; dopotutto della sua famiglia non si conosce molto ma ciò che è emerso ha portato alla luce dati rilevanti nell’ottica della formazione della miniaturista: sua madre proveniva infatti da una famiglia di orafi e le basi del disegno le furono impartite dallo zio Pietro Gaia, figura molto attiva ad Ascoli Piceno, e che a sua volta era stato seguace di Palma il Giovane, importante esponente della Scuola veneta. Garzoni, quanto la sua famiglia prima di lei fra Marche e Veneto, prese a viaggiare sin da giovane: una delle prime tracce la vede a Venezia prima dei trent’anni con suo fratello Mattio; durante questo soggiorno avrebbe seguito un corso di calligrafia di Giacomo Rogni dove compose il Libro de’ caratteri cancellereschi corsivi. Quest’opera ha la straordinaria capacità di rendere esplicita la relazione fra la calligrafia e i dipinti realizzati dalla pittrice cosmopolita: il volume tratta di un particolare stile calligrafico sviluppato in Italia, formato da lettere oblique ascendenti e discendenti e dalle linee sporgenti. Nel Libro si possono trovare testi di tipo religioso e storico, ma anche un epistolario che conta alcune lettere indirizzate a molteplici persone: vengono qui intrecciate le immagini a caratteri calligrafici, come è possibile notare nella resa grafica di una nave che spicca fra le pagine. Ed è proprio in tal caso che abbiamo la possibilità di vedere l’immensa sete di erudizione della calligrafa: in uno studio pubblicato da Aoife Cosgrove nell’anno accademico 2018/2019, la ricercatrice si focalizza sul documento ora preso in esame, cercando più notizie sull’educazione e sulla relazione di Garzoni con altre figure dell’epoca che potevano aver contribuito alla sua preparazione; oltre alla formazione con Rogni, Cosgrove evidenzia il legame con un calligrafo olandese di nome Jan van de Velde, detto il Vecchio: dall’attenta analisi della studiosa, troviamo, sul frontespizio di un pubblicazione nel 1605 del maestro, il disegno di una nave che appare incredibilmente simile a quello presente nel manuale di Garzoni.

La maturità artistica raggiunta da questa sublime protagonista del Seicento si rende evidente nel perseguimento di uno stile raffinato ma fortemente espressivo, che conferisce alle sue creazioni pittoriche la sensazione di star osservando qualcosa di verosimilmente vivo, reale. È questo l’esempio della creatività sul Libro dove, ad adornare le parole, già mirabilmente impresse su carta, spuntano uccellini, fiori e delicate rappresentazioni che assai somigliano ai suoi quadri di oggetti inanimati: è possibile osservare una superba organizzazione compositiva, dove al centro è presente un elemento caratterizzante attorno a cui ruotano altri dettagli ornamentali. Il risultato di questo lavoro certifica l’eccezionale capacità raggiunta dall’artista che le ha permesso di affinare la raffigurazione ed elaborare uno registro calligrafico degno di nota.
Garzoni vivrà in diverse città italiane fra cui la già citata Venezia, poi Napoli, Roma e Firenze, soggiornando in queste ultime due durante la fase più adulta della sua vita. Sembra possibile però, data la stretta connessione delle sue opere con lo stile d’Oltralpe, che sia stata anche in Francia, probabilmente pure in Inghilterra: del periodo che va dall’anno 1637 al 1641 non c’è traccia ma è facile ricondurre il percorso garzoniano a quello di correnti quali quelle inglese e fiamminga, di cui diventa probabile abbia fatto esperienza diretta. In particolare, possiamo rintracciare delle somiglianze con la ritrattistica inglese di John Hoskins il Vecchio (anch’egli inserito nella tradizione miniaturistica, in epoca elisabettiana), in dettagli nelle nature morte che rimandano al disegno francese del tempo ma soprattutto, come si è già visto, alla cultura figurativa fiamminga di cui effettua un’interessante rielaborazione: se l’attenzione degli olandesi, tra gli altri elementi, si concentra sulla disseminazione dei particolari, l’artista italiana li organizza in gabbie che li contengono e li dispongono nell’orbita dell’oggetto principale, un’impostazione che ci riporta immediatamente al Libro de’ caratteri cancellereschi corsivi.

Dopo aver ripercorso la sua carriera calligrafica e pittorica, è doveroso concentrarsi anche sulle miniature realizzate in età matura fra Firenze e Roma, che confermarono il prestigio ottenuto durante gli anni passati: in tali opere, che mescolano le tecniche e gli stili appresi nelle esperienze precedenti, la padronanza e un personale rigore compositivo si incontrano, dando come risultato miniature incantevoli di bouquet di fiori e piatti di frutta, in cui la luce accarezza gli oggetti in maniera delicata ma vibrante: nelle sue raffigurazioni è semplice rintracciare dei soggetti che si ripetono e compongono variazioni di un tema comune; dopotutto, la perizia di questa eccelsa protagonista seicentesca si vede nello studio approfondito del mondo naturale e botanico che riproduce con attenzione scientifica. Nel complesso le sue opere sono contraddistinte da uno stampo chiaro e limpido che propone su tela nature morte che vengono concepite per riprodurre i diversi stadi del ciclo di vita delle piante, come se fossero analizzate in laboratorio.



Le sue abilità furono apprezzate largamente: fu chiamata al servizio del viceré F. Alfán de Ribera duca di Alcalà a Napoli, successivamente la duchessa di Savoia, Cristina di Francia, la richiese presso la corte sabauda, come più tardi accadde con la famiglia dei Medici a Firenze, la cui collaborazione fu duratura e rimarchevole. La città toscana, cruciale nel percorso di Garzoni, è diventata casa di un cospicuo numero di sue opere che si trovano presso la Galleria degli Uffizi, il Gabinetto Disegni e Stampe e la Galleria Palatina: sono esposti ritratti, vasi e dipinti di straordinario pregio; altri prodotti del suo talento sono conservati a Roma nell’Accademia Nazionale di San Luca, a Venezia nelle Gallerie dell’Accademia e a Torino nel Palazzo Reale: tappe culturali e turistiche conosciute che, come nel caso delle opere di Giovanna Garzoni, conservano tesori inaspettati da scoprire.
Qui le traduzioni in francese, spagnolo e inglese
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Articolo di Nicole Maria Rana

Nata in Puglia nel 2001, studente alla facoltà di Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. Appassionata di arte e cinema, le piace scoprire nuovi territori e viaggiare, fotografando ciò che la circonda. Crede sia importante far sentire la propria voce e lottare per ciò che si ha a cuore.

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