Titina Maselli in mostra a Roma

Nel centenario della sua nascita una grande mostra antologica, aperta dal 12 dicembre 2024 fino al 21 aprile 2025, è dedicata a Titina Maselli in due sedi romane, al Casino dei Principi di Villa Torlonia e al MLAC (Museo Laboratorio di Arte Contemporanea) dell’Università La Sapienza. La mostra offre un’ampia selezione delle opere di una delle artiste più importanti del Novecento italiano, che ha attraversato con grande autonomia e libertà molte correnti pittoriche, senza mai aderire a nessuna in particolare.

Casino dei Principi, Villa Torlonia – ingresso alla mostra
Una delle sale del percorso espositivo con gli splendidi mosaici pavimentali

Le sue opere non sono riconducibili, infatti, a nessuna delle correnti dominanti al suo tempo, né al realismo né all’astrattismo, piuttosto anticipano i temi della Pop Art. La mostra copre tutto l’arco temporale della produzione pittorica di Maselli, dagli anni Quaranta e Cinquanta, fino agli anni Duemila, riprendendo i principali temi iconografici a lei cari, i ritratti e autoritratti, lo sport, i paesaggi urbani e le nature morte. Al MLAC sono esposti soprattutto i dipinti di grandi dimensioni, realizzati tra gli anni Sessanta e i Duemila, e i lavori per il teatro, fotografie e documentari.

Molto corteggiata da tutti, Titina Maselli è protagonista di molti ritratti eseguiti da artisti del tempo; ne troviamo due all’inizio del percorso al Casino dei Principi dipinti dall’amico fraterno Renzo Vespignani, con cui l’artista condivideva gli ideali comunisti. Il ritratto di Toti Scialoja, compagno e marito per breve periodo dell’artista, esposto al piano superiore, la ritrae giovanissima con uno stile espressionista che ne mette in luce la fragilità. Mentre Gilles Aillaud la ritrae in una dimensione quotidiana dove convivono disordine e sensualità.

Due ritratti di Titina Maselli – Renzo Vespignani
Due ritratti di Titina Maselli – Gilles Aillaud (sin) – Ritratto di Titina Maselli – Toti Scaloja (dex)

Modesta Maselli, nota come Titina, nasce a Roma l’11 aprile del 1924, primogenita del critico d’arte Ercole e sorella del regista Francesco, detto Citto. La madre, Elena Labroca, era imparentata con i Pirandello. La famiglia, di origine molisana, era nota nel paese molisano di Pescolanciano e nei dintorni per la sincera fede socialista, e per la generosità con cui aiutava i compaesani bisognosi. La casa romana di via Sardegna è il punto di raccolta di artisti, letterati e intellettuali del tempo. Luigi Pirandello è uno zio acquisito, ospiti fissi anche Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli, Emilio Cecchi, Alberto Savinio, Alfredo Casella, Alberto Moravia, Palma Bucarelli e Silvio D’Amico. Ben presto la vocazione artistica di Titina la porterà a produrre opere sotto l’influsso degli artisti della Scuola romana, da cui si allontanerà rinunciando sia ad una pittura dallo sfondo sociale, sia all’astrattismo allora imperante. Nel maggio del 1945 Titina sposa il pittore Toti Scialoja con cui condividerà gli interessi artistici fino alla separazione nel 1950. Nel 1948 la prima personale alla galleria L’Obelisco di Roma è presentata nel catalogo da Corrado Alvaro che definisce “coraggiosa” la pittrice per la scelta dei suoi soggetti inusuali: nature morte, detriti incontrati per le strade di Roma di notte, oggetti banali, effimeri e insignificanti, come un telefono, una macchina da scrivere, una fetta di anguria, cartacce buttate sull’asfalto, pacchetti di sigarette. «Cose che nessun altro avrebbe dipinto» come ebbe a dire la stessa pittrice.

Nature morte urbane

Seguono partecipazioni a varie edizioni di Biennale e Quadriennale.
Nella Roma del dopoguerra l’artista dipinge di notte all’aperto, nei pressi della stazione Termini, a piazza Fiume o piazzale Flaminio, mai nella Roma monumentale, attratta dalle luci dei lampioni, i fari delle macchine, le motociclette, i palazzoni, le insegne pubblicitarie, i taxi, i tram, i camion. Nelle sue escursioni notturne, armata di cavalletto e colori per dipingere dal vero, scortata da Citto o da qualche amico, ma anche da sola, Titina «era affascinata dai residui della giornata che occupavano i marciapiedi: pezzi stracciati di giornali, pacchetti ripiegati di Luky Strike, bucce di mela o di banana» scrive il fratello Citto. Per dare il senso della notte profonda, poi, si faceva preparare da un carrozziere le tavole con una vernice nera e lucida e ci andava sopra con i colori ad olio.

Camion, ante 1965

In Camion ante 1965 l’automezzo è tutto in un dettaglio ingigantito, visto in scorcio dal basso, oltre alla striscia bianca che segna la corsia sull’asfalto nero.

Il mare, 1950

Qui il paesaggio marino di un profondo blu scuro solcato a tratti dalla schiuma bianca delle onde, diventa più chiaro quando si avvicina alla costa, come la ristretta porzione di cielo dall’intenso colore azzurro in alto delimitata diagonalmente dalla linea dell’orizzonte.

Autista di piazza, 1950

Protagonista della scena notturna urbana è un tassista, intento a leggere un giornale in mezzo ad automobili. Il cielo scuro è solcato da un reticolo di fili elettrici, soggetto comune nei dipinti dell’artista.

Nel 1952 Titina si trasferisce a New York, dove rimarrà fino al 1955, affascinata dai grattacieli, le automobili enormi, le insegne al neon, le scale antincendio: questo soggiorno sarà per lei fonte di grande ispirazione per approfondire i temi della vita moderna e urbanizzata.  Alla cromia dei primi dipinti con forti contrasti chiaroscurali e predominanza del nero, si sostituiscono opere di grandi dimensioni dai colori accesi, rubini, viola, verdi acidi, gialli fosforescenti.

Grattacieli a New York

Alla diva hollywoodiana Greta Garbo, Titina dedica diverse opere, a cominciare da quella che espone alla Biennale di Venezia nel 1964, che le valse l’appellativo di “Madre della Pop-art”, e che, in prestito dal museo del Novecento di Firenze, è possibile ammirare presso la sede espositiva MLAC.
Nel ritratto del 1969, partendo da una fotografia in bianco e nero apparsa sui rotocalchi, l’artista si focalizza sul volto, che occupa quasi tutto il dipinto e si scorge sotto a un elegante cappello di foggia parigina. Grandi occhi, palpebre abbassate, lunghe ciglia, naso appena tratteggiato, bocca chiusa accrescono l’espressività del volto.
La versione del 1971 è caratterizzata da strisce pittoriche orizzontali che tagliano e intersecano la figura, espediente usato anche altre volte per rendere il movimento.

 Greta Garbo, 1964
Greta Garbo, 1969
Sala con le due immagini di Greta Garbo del 1969 e del 1971

Nel Grande gatto l’immagine dell’animale dallo sguardo fisso è falsata dai colori antinaturalistici.

Il Grande gatto

Nel ‘63 inaugura la stagione dei quadri di dimensioni iperboliche e si converte all’uso dell’acrilico.

Lo sport è un altro dei soggetti prediletti dall’artista, giocatori di calcio, ciclisti e boxeurs interpretano lo sforzo per raggiungere un obiettivo, spesso anche vano, per superare un limite. L’idea le è venuta guardando i giornali sportivi letti e poi buttati per terra nelle strade: l’artista, infatti, che non era una sportiva, né una tifosa, guardando le fotografie pubblicate nei giornali sportivi, ha sviluppato un racconto in cui calciatori, ciclisti e pugili sono gli antieroi del mondo moderno, rappresentati nel contesto delle loro azioni, un ring, uno stadio assiepato di pubblico, una pista.

Sala dello sport
Calciatori, 1966
Calciatori

A partire dalla prima metà degli anni ’70 atleti e paesaggi urbani si uniscono nelle sue opere sovrapponendosi su piani differenti, in scene più complesse, stratigrafie di immagini in cui gli elementi distintivi della sua poetica si manifestano simultaneamente. I grattacieli si intrecciano e fanno da sfondo alle immagini di calciatori o di boxeurs creando giochi di trasparenze e sovrapposizioni. Le opere assumono grandi dimensioni e si accendono di un cromatismo spesso dai colori acidi, con l’intento di trasmettere energia.

Stratigrafie di immagini

Dopo soggiorni a Vienna e vari ritorni in Italia, Titina si stabilisce a Parigi e nel 1972 avrà il suo studio e la sua abitazione a La Ruche, un luogo parigino messo a disposizione dal governo francese per artisti provenienti da tutto il mondo.

Dagli anni Settanta si dedica alla scenografia teatrale, progettando scene e costumi per opere di Stravinskij, Beckett, Pirandello, Brecht etc, soprattutto con la regia di Bernard Sobel e Carlo Cecchi. Sfrutta tutto il volume del teatro, gioca con la profondità e mette i macchinari a vista.

Ciclista

In Ciclista del 1995 l’atleta, curvo sul manubrio, sembra uscire dalla tela ed è colto nel suo slancio energico che ne deforma la sagoma; i colori vividi vanno dal rosa all’arancio, dal verde al blu e pervadono anche lo sfondo.

Nel 2000 il presidente della Repubblica C.A. Ciampi le conferisce il prestigioso Premio dell’Accademia di San Luca.

I boxeurs del 2005 è l’ultimo dipinto; la grande tela è ancora sul cavalletto quando, a 81 anni, l’artista muore inaspettatamente a Roma il 22 febbraio del 2005.

I boxeurs, 2005

Tra astrattisti e neorealisti Titina sceglie un suo percorso indipendente, una terza via, un realismo che non cerca la rappresentazione dell’oggetto ma la verità della sua essenza. Cattura con il colore l’energia della metropoli, New York, la metropoli delle metropoli, l’ambiente in cui si sente perfettamente a suo agio, in calciatori e pugili non rappresenta l’azione ma la tensione, le grida della folla che incita i suoi idoli.

In concomitanza con la mostra, il 17 gennaio 2025 il Mlac ha dedicato una giornata di studi all’artista con la partecipazione di chi l’ha conosciuta, frequentata e studiata..

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L’articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile. Ha scritto Le maestre dell’arte, uno studio sull’arte fatta dalle donne dalla preistoria ai nostri giorni e curato La presenza femminile nelle arti minori, ne Le Storie di Toponomastica femminile.

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