Il National Museum of Women in The Arts (Nmwa)

La parità di genere non è una realtà, ma solo una speranza anche nell’arte, negli studi critici, nei manuali scolastici di Storia dell’arte, nelle esposizioni museali. Le artiste, come hanno denunciato più volte le Guerrillas Girls, sono sottorappresentate nei musei di tutto il mondo, la loro presenza nel migliore dei casi non va oltre il 12% e spesso le loro opere giacciono nei depositi dei musei, come è capitato con una Minerva dipinta da Lavina Fontana. Nelle mie ricerche per un itinerario di genere a Galleria Borghese ero venuta a conoscenza dell’appartenenza del dipinto in questione alla collezione della Galleria, ma non riuscivo a trovarlo, perché in effetti era abbandonato nei suoi depositi, dove si conserva quella parte della collezione che non trova posto nell’esposizione ufficiale. Nella stessa Galleria poi, ma anche in tanti musei, non facciamo altro che vedere scene di violenza sulle donne, quasi sempre nude. Le opere più famose trattano argomenti come il Ratto delle Sabine, Susanna e i vecchioni, Apollo e Dafne, Il ratto di Proserpina, tutti pretesti per dipingere una donna nuda.
Recentemente si stanno compiendo molti sforzi per inserire le artiste nei percorsi espositivi, però ancora per la mostra Roma pittrice. Le artiste a Roma tra il XVI e XIX secolo a Palazzo Braschi a Roma, dal 25 ottobre 2024 al 4 maggio 2025, si sono dovuti svaligiare i depositi di tanti musei.

Ed ecco che l’esigenza di scoprire e far conoscere le artiste che sono state trascurate, cancellate o non riconosciute, e garantire il giusto posto delle donne nella storia dell’arte, spinse i coniugi Holladay, grandi collezionisti, a fondare il primo museo al mondo dedicato esclusivamente a sostenere l’arte fatta dalle donne, il National Museum of Women in the Arts (NMWA), situato a Washington. È stato costituito nel novembre 1981 da Wallace e Wilhelmina Holladay come museo privato senza scopo di lucro. Due anni dopo il museo acquistò a Washington un edificio che era stato un tempio massonico, costruito nel 1907-1908 in stile neorinascimentale, a tre isolati dalla Casa Bianca. E Wilhelmina osservò con piacere che «un bastione di una società segreta maschile sarebbe ora stato utilizzato per promuovere le donne nelle arti». Il 7 aprile 1987 fu ufficialmente inaugurato con la mostra American Women Artists, 1830-1930.

National Museum of Women in the Arts (NMWA), esterno

Dall’apertura a oggi il museo ha acquisito oltre 6.000 opere di più di 1.500 artiste, in una varietà di stili e media, dal XVI secolo ai giorni nostri.

Wilhlelmina and Wallace Holladay, 2005

La fondatrice del museo, Wilhelmina Cole Holladay e suo marito Wallace F. Holladay iniziarono a collezionare opere d’arte negli anni Cinquanta; in seguito, durante un viaggio in Europa, rimasero colpiti dalle nature morte della pittrice fiamminga del XVII secolo Clara Peeters, viste al Kunsthistorisches Museum di Vienna e al Museo del Prado di Madrid; alla ricerca di notizie su di lei scoprirono che i più importanti testi di storia dell’arte non includevano né lei né nessun’altra artista donna. «Se Peeters meritava di essere esposta in due dei più grandi musei del mondo, come è possibile che non ne fossimo a conoscenza?» ha scritto la signora Holladay nelle sue memorie, A Museum of Their Own (2008). Inizialmente i coniugi pensavano di donare la loro collezione a un museo. Ma avevano le competenze e le conoscenze per aprire un proprio museo, decisero allora di collezionare opere d’arte di donne e creare un museo tutto dedicato a loro. Wilhelmina si dimostrò abile e fortunata nel raccogliere fondi, aprì la sua casa e la sua collezione ai visitatori, con la sua famiglia e i suoi amici che fungevano da guide.

Wilhelmina Cole Holladay

Con l’acquisto dell’edificio a Washington, cominciarono i lavori di ristrutturazione: l’ampio auditorium del piano terra fu trasformato in un grande salone, Great Hall, che con due spettacolari scalinate in marmo porta al mezzanino superiore. Fu acquistata poi una proprietà adiacente e dopo i lavori di ristrutturazione, l’8 novembre 1997, in occasione del decimo anniversario, la nuova ala fu inaugurata alla presenza dell’allora first lady Hillary Clinton.

Great Hall
Visitatori al National Museum of Women in the Arts
Visitatori al National Museum of Women in the Arts

Il 9 agosto 2021 il museo è stato chiuso per la completa ristrutturazione dell’edificio. E dopo due anni di lavori ha riaperto il 21 ottobre 2023 con la mostra The Sky’s the Limit composta da 33 grandi sculture.

Wilhelmina Cole Holladay con alle spalle Lady With a Bowl of Violets, di Lilla Cabot Perry

Wilhelmina Cole è nata il 10 ottobre 1922 a Elmira (New York), e ha compiuto studi in storia dell’arte. Conobbe e sposò nel 1945 Wallace Holladay, all’epoca ufficiale della Marina degli Stati Uniti, che si apprestava a iniziare una carriera come architetto. Il matrimonio è durato fino alla morte del marito, nel 2012. Nel 1953-54 Wilhelmina perfezionò gli studi in Storia dell’arte presso l’Università di Parigi.
Oltre a ricoprire il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione del museo, è stata attiva in molte altre iniziative, ed è presente nei consigli di amministrazione, tra gli altri, della Corcoran Gallery of Art, dell’American Academy in Rome, del Comitato dei collezionisti della National Gallery of Art.
È morta il 6 marzo 2021 nella sua casa di Washington all’età di 98 anni.
Nel 1996 è entrata a far parte della National Women’s Hall of Fame, una istituzione, creata nel 1969, che ha come obiettivo quello di onorare le donne che si sono distinte in campi quali le arti, lo sport, la scienza, l’economia. Ha ricevuto tanti premi, riconoscimenti e onorificenze, come la National Medal of Arts nel 2006, e quattro lauree honoris causa.
Il Ritratto di nobildonna (1580 ca) di Lavinia Fontana è l’opera più antica della collezione del museo.

Lavinia Fontana, Ritratto di nobildonna, 1580 ca

Tra le tante artiste sono presenti, appartenenti al periodo barocco e al genere delle nature morte del XVI e XVII secolo, Rosalba Carriera, Judith Leyster, Maria Sibylla Merian, Clara Peeters, Rachel Ruysch, Elisabetta Sirani.

Clara Peeters, Natura morta con gigli, rose e viole, 1610
Rachel Ruysch, Rose e altri fiori, 1680 ca
Elisabetta Sirani, Madonna con bambino, 1663

Tra le neoclassiche del XVIII secolo troviamo Angelica Kauffmann, Élisabeth Vigée Le Brun. Tra le impressioniste del XIX secolo Mary Cassatt, Berthe Morisot.

Mary Cassatt, Il bagno, 1891 (sin)- Berthe Morisot, Giovane donna vestita di malva, 1880 (dex)

Tra le astrattiste Sonia Delaunay, tra le surrealiste Leonora Carrington, Remedios Varo, Frida Kahlo, tra le femministe Judy Chicago. E scultrici come Magdalena Abakanowicz, Louise Nevelson, espressioniste astratte e figurative come Lee Krasner, Käthe Kollwitz, Alice Neel; tra le fotografe Nan Goldin e ancora Niki de Saint Phalle, Gabriele Münter, Georgia O’Keeffe, Sophie Taeuber, Suzanne Valadon, per citare le più conosciute.

Frida Kahlo, Autoritratto dedicato a Leon Trotsky, 1937 (sin) – Suzanne Valadon, La bambola abbandonata, 1921 (dex)
Niki de Saint Phalle, in primo piano Nana incinta, 1995

Oltre alla collezione permanente, ci sono anche una serie di collezioni speciali, come le stampe botaniche del XVIII secolo, opere di argenteria e più di 1.000 libri d’artista in edizione limitata.
Il Centro di ricerche, Research Center, aperto al pubblico, fornisce informazioni sulle artiste di tutti i periodi e nazionalità, comprende più di 18.000 volumi, e 50 titoli di periodici. La biblioteca multimediale, Arts and Entertainment Network, contiene circa 500 video, DVD, nastri audio e altro materiale audiovisivo, con interviste ad artiste, documentari e film diretti da donne.
Il museo organizza conferenze e visite guidate e pubblica tre volte all’anno la rivista Women in the Arts, con articoli sulle mostre, e un calendario degli eventi.
Sin dalla sua inaugurazione il National Museum of Women in the Arts ha presentato oltre 300 mostre temporanee. Tra le più importanti, quella del 2002 su Georgia O’Keeffe e Frida Kahlo, del 2007 sulla rivoluzione delle artiste femministe, sulle realiste e romantiche del 2012, sulle fotografe del mondo arabo del 2016, su Judy Chicago del 2020.

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Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile. Ha scritto Le maestre dell’arte, uno studio sull’arte fatta dalle donne dalla preistoria ai nostri giorni e curato La presenza femminile nelle arti minori, ne Le Storie di Toponomastica femminile.

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