«L’intera mia vita è stata un susseguirsi di circostanze. E benché sia stata la moglie di Luigi Pirandello, sono state circostanze malevole il più delle volte. E comunque fragili».
Così si esprime la moglie del famoso drammaturgo in Le circostanze fragili, l’ombra di Pirandello, il romanzo di Virginia Asaro (Navarra Editore) pubblicato nel novembre del 2024.
È una storia che ci porta nel secolo scorso, a Girgenti, in Sicilia, dove vivevano la ricchissima famiglia Portolano, la famiglia Pirandello e la giovane Francesca Arciola. Di Luigi Pirandello possiamo dire di sapere pressoché tutto, molto meno si conosce, invece, di sua moglie Antonietta Portolano; tutta la sua vita è racchiusa, anzi, rinchiusa, nella nota vicenda del suo internamento in una casa di cure psichiatriche. Ai tempi, si disse che soffriva di una certa forma di pazzia.
Antonietta è rimasta solo un’ombra, un’ombra che riaffiora ogni tanto grazie alla notorietà del celebre marito. Ancora più difficile è trovare tracce di Francesca, coetanea della futura signora Pirandello alla quale lei fu legata per diverse ragioni. Le dinamiche della relazione che intercorre tra queste due donne ci porta dritti dentro quegli angusti anni a cavallo del Novecento. Il legame di queste due donne fu tormentato in particolar modo dopo il matrimonio di Antonietta con Luigi Pirandello.
Alla lettura del romanzo, suffragato da puntuale documentazione archivistica e memorie familiari dell’autrice, emerge con chiarezza come quel legame subisca una vera e propria trasformazione, divenendo per Antonietta un’ossessione, che insinuatasi a poco a poco nella sua mente, mai la lascerà. Incompresa dal marito scrittore finirà la sua vita a Villa Giuseppina, rinomata casa per cure psichiatriche in Roma, proprio a due passi dall’abitazione dei coniugi Pirandello.
Le circostanze fragili, l’ombra di Pirandello racconta le vicende di Antonietta e Francesca, legate a doppia mandata dalla loro stessa vita intrecciata, talvolta, come in una novella pirandelliana. La società del tempo aveva una regola aurea per risolvere i problemi familiari e tenere a bada gli scandali: il silenzio. Tacere.
Siamo alla fine del 1800, il nuovo secolo è alle porte e a Girgenti la famiglia Portolano era una delle più ricche della provincia agrigentina. Calogero Portolano, rimasto vedovo, intrattenne una relazione affettiva con la giovane Francesca che, come governante, prestava servizio nella famiglia.
La famiglia di Francesca aveva, invece, subìto un tracollo finanziario che le aveva tolto l’agio di cui godeva da moltissimo tempo ma lei era ricca della sua dignità e del suo coraggio anche se nulla poté contro la forza delle famiglie Portolano-Pirandello. A causa della salvaguardia dell’eredità la relazione di Francesca e Calogero fu fortemente ostacolata per impedire una divisione frammentaria dei beni. La ricchezza della famiglia Portolano oltre a essere ingente era diventata un’ossessione per tutti. Tutti erano attaccati a quei denari e sembravano vivere solo per accumulare ricchezza. Era un’ossessione, che perseguitò lo stesso Pirandello.
«Tutti quei soldi erano una prigione, una dannata ossessione che ha rovinato tutti. Noi eravamo fatti così. E Luigi non era da meno».
Fu proprio lo scrittore che il 2 settembre del 1909 si recò dal notaio per sottoscrivere un’importante transazione insieme alla moglie Antonietta che, però, dovette essere autorizzata.
«Era così che funzionava allora. Noi, eravamo nenti, meno di nenti […] Io non soltanto ero nenti, ero pure pazza, pensa…».
A distanza di alcuni anni per Antonietta si spalancò il cancello della casa di cura. In verità i figli si erano opposti all’internamento, in particolare Stefano. Quel suo destino di essere considerata pupattola di cencio si riverbererà nella sua intera esistenza: dal matrimonio con Luigi Pirandello, combinato dal padre, fino al suo internamento che durerà per ben quarant’anni. In una sua lettera del 9 dicembre 1918 indirizzata al figlio Stefano così scriveva: «È il fluido della gran parte degli uomini siciliani che mette questa cappa di piombo nella propria famiglia. Non escludo che questo avviene anche in molte famiglie del continente, ma in Sicilia la donna deve rappresentare mater dolorosa: niente distrazioni, niente vestire, niente amore, niente dignità, servire, servire, servire, ecco quello che si vuole da me, è possibile?».
Il merito di Virginia Asaro è proprio quello di aver squarciato quel pesante velo d’ombra restituendoci le figure di Antonietta e Francesca. L’autrice è riuscita a ricreare le atmosfere di quei tempi raccontando una storia sconosciuta e commovente. Scorrendo le pagine ci si immerge nei quartieri dell’antica cittadina, dove silenziose si muovono le ombre delle donne. Madri già stanche prima di partorire, gravate dall’accudimento della prole, prigioniere di strade e vicoli senza orizzonti. Donne ingabbiate da parole e giudizi malevoli che dovevano necessariamente schivare per vivere decorosamente in quel ruolo marginale che era il solo offerto da una società patriarcale. Il loro disagio non poteva essere espresso, si accumulava e si aggrovigliava nelle loro viscere, nei loro cuori, nelle loro menti.
«Antonietta e Francesca, due donne, due caratteri diversi: la mite e la pazza. Due donne, due vicende inestricabili, l’influenza della vita dell’una nella vita dell’altra è ineluttabile».
L’autrice, sin dalle prime pagine, sottolinea che il libro pur essendo un romanzo, racconta storia e personaggi reali e autentici: sono i loro nomi. Soltanto alcune situazioni sono frutto di fantasia e usate a scopo narrativo. Leggendo pare di sentire il dolore profondo che solca la mente e la gola di Antonietta: «Io sono stata moglie dello scrittore più grande e questa volta sento io di doverla raccontare questa storia […] ci sono storie che si compiono tardi, quando il tempo ha oltrepassato il tempo […] le bocche per parlare tacciono già per sempre e si resta a soppesare vissuti dai contorni scarsamente definiti. Impara questo: i personaggi definiti e no delle storie compiute o meno, non si amano e non si odiano, e le storie, troppo spesso, più semplicemente onorano il più forte e lui ricordano. Gli altri restano confinati dietro le quinte di palcoscenici immaginari a dare inconsapevolmente luce ai vincitori».
Così Antonietta e Francesca tornano alla ribalta. Due donne che nella vita vissuta furono costrette a restare in una bolla creata artatamente per essere zittite e per non offuscare una genialità che spesso si nutrì di queste vicende personali. Dal palcoscenico della vita, assurgono finalmente al ruolo di protagoniste dopo un secolo di silenzio.

Virginia Asaro
Le circostanze fragili, l’ombra di Pirandello
Navarra Editore, Palermo, 2024
pp. 147
***
Articolo di Ester Rizzo

Giornalista. Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Ist. Sup. di Giornalismo di Palermo, socia Sil, collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra editore ha curato il volume Le Mille. I primati delle donne. Autrice dei saggi: Camicette Bianche , Donne Disobbedienti , Il labirinto delle perdute e i romanzi storici Le ricamatrici e Trenta giorni e 100 lire, sempre per Navarra editore.
