Le protagoniste nelle tragedie greche. Tra mito, passione e modernità

Il cartellone 2025 dell’Inda (Istituto nazionale del dramma antico), nel sessantesimo anno della sua fondazione, propone nel suggestivo Teatro greco di Siracusa quattro lavori, in scena dal 9 maggio al 6 luglio: due tragedie di Sofocle, Elettra ed Edipo a Colono, una commedia, Lisistrata, di Aristofane, e uno spettacolo, Iliade, che contamina prosa e danza.
La stagione 2025 siracusana mette in scena eroine guidate da passioni assolute, e il teatro è sempre pieno, di una folla coloratissima di studenti, docenti e gente accorsa da ogni parte d’Italia.

La prima eroina ad aprire la stagione è stata Elettra, regista Roberto Andò, protagonista Sonia Bergamasco nei panni di una donna segnata dal dolore, che vive per la vendetta, senza mai essere soddisfatta, anche dopo aver ottenuto giustizia.
Elettra, presente nelle tragedie sia di Sofocle che di Euripide, figlia di Agamennone e Clitennestra, vive nella reggia di Micene in isolamento, come una schiava, anche se è una principessa, consumata dal ricordo ossessivo del padre che è stato assassinato dalla madre e dal suo amante Egisto. Maturando l’odio verso chi l’ha privata del padre, Elettra attende per la vendetta il ritorno del fratello Oreste, da cui spera di ottenere giustizia. Contro le convenzioni sociali e morali del suo tempo, Elettra è un modello di donna determinata. I due fratelli uccidono senza pietà la madre e l’amante e il dramma si chiude non appena la vendetta è compiuta.
La protagonista rappresentata da Sonia Bergamasco, che è alla sua prima Elettra e alla sua prima Siracusa, è rabbiosa, struggente, scatenata, feroce, quasi malata; Sonia confessa di non stare dalla sua parte, perché è una parte di violenza estrema, ma sta con lei, vicino a lei, cercando di immergersi nelle sue passioni.

Il 10 maggio ha debuttato Edipo a Colono nella versione di Robert Carsen: il protagonista, interpretato da Giuseppe Sartori, condannato da una profezia a uccidere il padre Laio e sposare la madre Giocasta, ingravidandola quattro volte, ormai vecchio e stanco, chiede di essere sepolto a Colono, lontano da Tebe. Edipo a Colono è la continuazione dell’Edipo re, un ciclo che ha il suo culmine nell’Antigone. Una trilogia scritta da Sofocle, che sembra quasi una delle serie televisive dei nostri giorni, scritta venticinque secoli fa. L’Edipo, che incontriamo al Teatro greco di Siracusa in questa stagione, ha una barba fluente e una postura claudicante, tant’è che giunge in scena, scendendo dai gradoni del teatro con un bastone in mano e appoggiato alla figlia Antigone interpretata dalla giovane Fotinì Peluso, per la prima volta impegnata a teatro, figlia realmente di una madre greca. Antigone è la devozione filiale, l’esatto opposto di Elettra, piena di odio e rabbia verso la madre. Cambia ruolo da una tragedia all’altra. Qui lei accompagna suo padre a morire ed è i suoi occhi, gli occhi di suo padre ma anche di tutti i personaggi che le sono intorno. È lei l’unica a vedere, perché forse non guarda soltanto ma vede veramente.

Nella tragedia di Sofocle a lei intitolata Antigone, invece, incarna la disobbedienza civile in nome di una legge morale superiore, in quanto sceglie di sfidare il decreto del re Creonte che vieta la sepoltura del fratello Polinice, considerato traditore della patria. Il suo gesto dimostra fermezza ed è simbolo di integrità e di lotta per la giustizia.
Si cambia registro con la commedia ma fino a un certo punto perché in Lisistrata di Aristofane si parla di un tema tristemente attuale, si parla di guerra. A vestire i panni della protagonista è Lella Costa, che ha già portato in scena la commedia in vari teatri italiani e ormai è tutt’una col suo personaggio. Lisistrata s’inventa lo sciopero del sesso per porre fine a un conflitto, per il quale i politici del tempo, proprio come oggi, non sanno o non vogliono trovare una soluzione. A causa della guerra del Peloponneso gli uomini greci, infatti, sono impegnati nell’esercito e non hanno più il tempo di stare con le loro famiglie. Lisistrata propone allora alle altre donne, anche di altre città, di rifiutare rapporti sessuali con i propri mariti, finché questi non firmeranno la pace. Questa commedia è il primo testo conosciuto che parla di donne che prendono in mano il proprio destino e collaborano tra loro, anche se l’intento dell’autore non è quello di spezzare una lancia a favore della parità dei sessi, cosa impensabile a quei tempi, e ancora oggi obiettivo non realizzato. L’intento di Aristofane è piuttosto quello di rappresentare umoristicamente un mondo alla rovescia, dove prende il comando chi in genere è sottomesso.

Le tragedie greche, scritte principalmente da tre grandi autori del V secolo a.C.: Eschilo, Sofocle ed Euripide, hanno spesso per protagoniste figure femminili di straordinaria potenza drammatica. Nonostante una società patriarcale che relegava le donne a ruoli secondari nella vita pubblica, sul palco tragico emergono come protagoniste forti, capaci di incarnare passioni, conflitti, di fare scelte difficili. Antigone, Medea, Elettra, Clitennestra, personaggi mitologici, emblematici, sono modelli universali che ancora oggi pongono al pubblico interrogativi. Sono simboli di resistenza, vendetta, amore sacrificale. La loro sofferenza, spesso legata a infausti eventi familiari, si leva ancora oggi come un grido potente nei nostri teatri.
Clitennestra, moglie di Agamennone, è una figura complessa: è l’odiosa assassina dell’Elettra, ma è anche la madre consumata dal rancore per il sacrificio della figlia Ifigenia, immolata in nome della guerra; quando il marito torna da Troia, lo uccide, con la complicità dell’amante. Il suo è un atto di giustizia per la morte della figlia e di ribellione al potere maschile.
Altrettanto potente è la figura di Medea, protagonista dell’omonima tragedia di Euripide. Straniera in terra greca, Medea, tradita dal marito Giasone, che l’abbandona per sposare la figlia del re Creonte, trasforma la sua sofferenza in un desiderio di vendetta che non conosce limiti e la porta a compiere atti orribili, come l’uccisione dei propri figli. È una donna fragile, dominata dalla gelosia e dal desiderio di vendetta che la trasformano in una furia distruttiva.
Ecuba, regina di Troia, è presente in diverse tragedie. Assiste con dignità regale alla distruzione della sua città, alla morte del marito e dei figli, e alla sua riduzione in schiavitù. Ecuba incarna la capacità di sopportare dolori immensi senza perdere la propria dignità.
Elena, la cui bellezza leggendaria è causa della guerra di Troia, è una figura ambigua, che oscilla tra vittima e colpevole. Vista a volte come personificazione della fragilità e dell’infedeltà, altre volte sacrificata al destino e alle manipolazioni divine.
Queste sono solo alcune delle grandi protagoniste femminili che popolano il teatro tragico greco. Ognuna di loro ci offre uno spaccato profondo dell’animo umano, esplorando temi universali come l’amore, l’odio, la giustizia, la vendetta, il dolore e la resilienza. La loro forza drammatica e la complessità dei loro caratteri continuano a parlare e ad affascinare il pubblico di ogni epoca, rendendole figure eterne del nostro immaginario culturale.

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Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte fino al pensionamento. Tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile e componente del Comitato scientifico della Rete per la parità, ha scritto Le maestre dell’arte, uno studio sull’arte fatta dalle donne dalla preistoria ai nostri giorni e curato La presenza femminile nelle arti minori, ne Le Storie di Toponomastica femminile.

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