Carole A. Feuerman. La voce del corpo 

Nei monumentali saloni di Palazzo Bonaparte, che a Roma si affaccia sulla scenografica piazza Venezia, purtroppo rovinata in questo periodo dai lavori per la costruzione della nuova metro, è ospitata, dal 4 luglio al 21 settembre 2025, la prima grande retrospettiva europea dedicata a Carole A. Feuerman. Organizzata da Arthemisia e Feuerman Sculpture Foundation, con la curatela di Demetrio Paparoni, “La voce del corpo”, questo il titolo della mostra, espone oltre cento opere dell’artista newyorkese che ha fatto del corpo femminile un’icona della contemporaneità, una forma assoluta, una metafora viva.

Locandina mostra

La mostra antologica racconta la straordinaria carriera di Feuerman, dalle sue prime illustrazioni e disegni inediti, alle sculture di corpi muscolosi e sensuali, per poi proseguire con figure pop superrealiste a grandezza naturale, fino alle sue opere più recenti, i corpi tatuati; il nucleo più ampio è costituito dai lavori degli anni Settanta che raffigurano frammenti di corpo prevalentemente femminile, connessi alle rivendicazioni femministe. La tecnica che usa l’artista combina materiali diversi, come resina, bronzo, silicone, acciaio lucido e vernice.
«Per Feuerman il corpo — spiega il curatore e critico d’arte Demetrio Paparoni — ha una voce: esprime stati interiori, racconta storie, veicola le sue battaglie, commenta la società e riflette la condizione umana. Comunica temi universali di forza, sopravvivenza, bellezza e transitorietà. Ma è anche un corpo che sente, che fa esperienza del mondo attraverso l’immediatezza dei sensi riuscendo a cogliere aspetti della realtà che sfuggono all’analisi razionale».

Alcuni allestimenti della mostra
Alcuni allestimenti della mostra

L’artista col suo lavoro indaga la condizione umana contemporanea, andando al di là della mera rappresentazione fisica, poiché ogni corpo rappresenta una storia, una narrazione che si completa con l’immaginazione dello spettatore.

Carole A. Feuerman nasce il 21 settembre 1945 ad Hartford, Connecticut, Stati Uniti, e attualmente vive e lavora a New York. La sua prolifica carriera dura da cinque decenni, e si inserisce nel filone del superrealismo pop, un realismo intriso di elementi concettuali. Il corpo umano nelle sue opere non è solo forma anatomica, ma voce che racconta emozioni, stati interiori, traumi. L’artista sceglie soggetti immersi nella cultura visiva della società contemporanea, creando un legame diretto con la Pop Art, e fondendo la perfezione dei dettagli col messaggio culturale.
La sua carriera inizia alla fine degli anni Sessanta come illustratrice, con la realizzazione di copertine di album discografici per rock star, di riviste, poster di film. Lavora per la Time Warner Records a New York, realizzando, tra l’altro, l’illustrazione di “Monkey Man” per i Rolling Stones e il dipinto con il serpente per l’album di Alice Cooper. Nel 1978 comincia a creare opere cariche di sensualità e lasciate a frammenti, per invitare l’osservatore a completarne la storia. Sono segmenti di corpi di donna, mutandine bordate di pizzo che coprono un bacino, reggiseni su cui premono mani, dove i tagli rimandano a traumi, fratture. Come dinanzi al frammento di un vaso o di una statua antica cerchiamo di immaginarci l’intero, di ricostruirne la storia, così le sculture-frammento di Feuerman ci spingono a uno sforzo di immaginazione, perché anche un frammento contiene l’essenza della realtà.

Three hands (sin) – The girl you thought you were hold (dex)

 Questo però, come osserva Demetrio Paparoni, non corrisponde all’iperrealismo, in quanto Feuerman non ha mai desiderato che i suoi soggetti potessero essere scambiati per persone vere. La sua matrice è piuttosto quella del pop superrealismo: «Per l’iperrealismo l’arte deve confondersi con la realtà, tiene lontano l’intimismo e l’illusione della ricerca di un momento ideale, che è invece una delle caratteristiche principali dell’opera di Feuerman». Nonostante il marcato realismo dei dettagli, l’artista riesce a dare dei suoi soggetti una rappresentazione di sogno e surrealtà.     
In opere come Three hands, 1976, dove mani indugiano su corpi femminili, l’ambiguità non ci consente di capire se siamo di fronte a un atto di violenza o di gioco erotico. E ci sovviene il Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini, dove le mani di Plutone affondano nella viva carne della giovane, ma qui la completezza della scena ci conferma che si tratta di violenza. Nell’opera di Feuerman invece, dove non c’è la figura intera, ma solo un particolare, l’interpretazione è aperta ed è segno anche della maggiore libertà espressiva conquistata dalle donne, che ora affermano il dominio sul proprio corpo.  
In seguito la scultrice abbandona il frammento e scolpisce figure intere, realistiche, cominciando dai calchi dal vero. Famosa la sua serie di bagnanti a grandezza naturale. La passione per l’acqua nasce dai ricordi d’infanzia trascorsi in spiaggia, luogo che rappresenta per lei rifugio, evasione e tranquillità: «Quando voglio rigenerarmi mentalmente, vado in acqua. Molte persone lo fanno, anche se non lo riconoscono. Fai una doccia e ti senti rinfrescato; bevi un bicchiere d’acqua e ti senti rinfrescato». Da un incontro fortuito, avvenuto su una spiaggia con una ragazza appena uscita dal mare, il cui viso era rigato da gocce d’acqua, nasce nel 1978 la sua prima scultura di nuotatrice intitolata Catalina, un busto in altorilievo di una donna, con costume rosso, cuffia e occhialini da nuoto sulla fronte, ancora resa a frammenti, perché privo di braccia e della parte inferiore del corpo.   

Catalina

Survival of Serena, la cui prima versione risale al 1981, pare sia stata ispirata a delle donne cubane che l’artista aveva visto raggiungere la costa della Florida a nuoto con dei galleggianti. La presenza della camera d’aria nera, come quelle dei copertoni delle automobili, ci fa dubitare che si tratta di una bagnante che si gode il suo bagno a mare, e ci rimanda piuttosto all’immagine di una profuga stremata dagli stenti di un viaggio disperato. I tratti del viso però sono distesi e rasserenati e richiamano alla speranza. In ulteriori successive versioni di Survival of Serena il salvagente diventerà quello colorato delle bagnanti in vacanza, che comunque non appaiono felici, rimangono delle sopravvissute. Il mare è spesso utilizzato come metafora di difficoltà, per attraversarlo ci vuole coraggio, ma è anche visto come elemento di rinascita.  
Survival of Serena è stata esposta alla Biennale di Venezia nel 2007, ha vinto il primo premio alla Biennale di Pechino nel 2008, ed è visibile a un incrocio di Soho e su Park Avenue a Manhattan, New York. 

Survival of Serena a Soho (sin) e a Manhattan, New York (dex)

 Le nuotatrici adolescenti, le donne ritratte in pose raccolte, che esibiscono una precisione minuziosa nei dettagli, dalla cuffia da piscina alle gocce d’acqua, dai capillari sottopelle ai costumi aderenti, appaiono lontane da noi, come sospese in una bolla fuori dal tempo e dallo spazio, mute e immobili. Sono corpi perfetti, ma la loro perfezione ci ispira inquietudine, malinconia. Indifferenti allo sguardo altrui, vivono sole, in un raccoglimento completo con sé stesse, rendendo eterna l’essenza di un momento.  
«Gli occhi chiusi, il sorriso accennato, la piega delle labbra, i segni di espressione suggeriscono un momento di pienezza dell’essere in cui il sentire prevale sul pensare. Sollevano la testa per immergersi nella natura, per farsi accarezzare il volto dai raggi del sole o dalle gocce d’acqua che aspettano di asciugarsi sul loro corpo. Ogni tormento interiore sembra placarsi a contatto con gli elementi naturali» così Demetrio Paparoni in https://www.carolefeuerman.com/demetrio

Balance (sin) – Pisces (dex) 
Brooke with beach ball (sin) – Serenity (dex) 

Le donne di Feuerman non sono americane, né contemporanee, vivono in una dimensione atemporale, sono lì, intoccabili, distanti da noi, immerse in una quiete inquieta. I loro corpi non si esprimono linguisticamente, ma ci costringono ad ascoltare la loro voce interiore, che sa di malinconia, nostalgia. 

Brooke with Beach Ball potrebbe sembrare una qualsiasi bella donna con un pallone da spiaggia in mano, ma è molto di più: è persa nella contemplazione.  

Miniature Quan (Swarovski) 
Mona Lisa 

Al pari di quello delle bagnanti, un altro tema caro all’arte di Feuerman è quello della danza. Nel 1981, Feuerman ha realizzato una serie di sculture che presentano ancora una volta un corpo frammentato: gambe dai muscoli in tensione, piedi che calzano scarpette da balletto rosa, mani che annodano i nastri della scarpetta, parti del corpo che ci restituiscono l’energia, lo sforzo, la fatica di un corpo femminile. 

Audition 

Contrariamente a quanto si può pensare, l’arte del XX secolo non ha rotto con la tradizione, ma continuamente si confronta con le espressioni del passato. Il corpo umano è stato da sempre uno dei soggetti maggiormente esplorati dagli artisti, che lo hanno di volta in volta idealizzato o distorto. Le bagnanti, che nelle versioni classiche, come le Bagnanti di Renoir, appaiono circondate dal contesto naturalistico, l’acqua, la terra, gli alberi, nella scultura di Feuerman rimandano al contesto, che manca, attraverso la pelle abbronzata, le gocce d’acqua, i volti arrossati dal sole, i costumi. Ma la sensazione di incanto e di pienezza è la stessa. 
I più recenti corpi tatuati aggiungono un ulteriore significato alle sue opere; anche i tatuaggi, coi loro riferimenti simbolici, religiosi, spirituali, sono elementi narrativi, raccontano storie personali, esperienze o emozioni. Il corpo tatuato diventa così un diario visivo, moderno e contemporaneo, in cui è accentuata l’unicità dell’individuo. 

Sofia with tattoo (sin) – Eros with tattoo (dex) 

Nel 2011 l’artista ha fondato la Feuerman Sculpture Foundation per sostenere artisti sottorappresentati attraverso mostre, tirocini, borse di studio.  
Le sue sculture sono presenti in significative collezioni private, come quelle di Bill e Hillary Clinton, di Henry Kissinger, di Michail Gorbačëv, Steven A. Cohen, e di Malcolm Forbes, e in molti importanti musei, come il Metropolitan Museum of Art di New York e l’Ermitage di San Pietroburgo. Ha tenuto mostre a New York, Parigi, Washington, San Pietroburgo, Firenze e Chicago, e conferenze e workshop presso istituzioni come il Guggenheim Museum, il Whitney Museum e il Metropolitan Museum of Art. 

L’artista stessa ha dichiarato: «Attraverso le mie sculture, trasmetto i miei sentimenti sulla vita e sull’arte. È molto più facile per me esprimere le mie emozioni attraverso la scultura che attraverso le parole. Ritraggo la vita interiore di ogni immagine per catturare la passione e la sensualità del mio soggetto. In questo modo, il mio lavoro parla allo spettatore, evocando una risposta sia emotiva che intellettuale». 

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Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte fino al pensionamento. Tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile e componente del Comitato scientifico della Rete per la parità, ha scritto Le maestre dell’arte, uno studio sull’arte fatta dalle donne dalla preistoria ai nostri giorni e curato La presenza femminile nelle arti minori, ne Le Storie di Toponomastica femminile.

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