Pasquarosa Marcelli

L’esordio come pittrice di Pasquarosa Marcelli avvenne nel corso della terza mostra della Secessione romana, tra aprile e giugno del 1915. Cinque dipinti, tre Nature morte e due Garofani, esposti nelle sala VIII del Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale, tutti venduti; in particolare le due tele intitolate Garofani furono acquistati dalla regina Margherita di Savoia e dal direttore dell’Accademia di Francia a Roma Albert Besnard.

Garofani, 1914, olio su tela, Roma, Palazzo del Quirinale

Un esordio benedetto dall’interesse di critica e pubblico e dal sostegno degli amici artisti che l’avevano incoraggiata a cimentarsi nella pittura. Perché Pasquarosa, dal nome gioioso e luminoso come un giorno di primavera, di essere una straordinaria artista lo scoprì per caso.

Pasquarosa, 1912, foto di Barbara Belotti per gentile concessione del dottor Paolo Bertoletti

Era arrivata a Roma nei primi anni Dieci dalla natia Anticoli Corrado, un antico borgo affacciato sulla valle dell’Aniene, noto per essere “il paese delle modelle”. Si trasferì inizialmente dalla zia Maria Lucantoni, anche lei in passato modella fino alle nozze con lo scultore svizzero Bertoldo Nebel. Pasquarosa, nata il 9 novembre 1896 in una famiglia povera, non aveva frequentato la scuola, aveva patito la fame e le difficoltà della vita fino all’età di sedici anni. Il salto a Roma, che altre compagne di paese avevano compiuto o erano in procinto di fare spinte dalle necessità e dalla speranza di un buon matrimonio, la portò in una realtà culturale e umana molto distante e diversa da quella di Anticoli. Cominciò a posare nel 1912 per lo scultore Nicola D’Antino, il pittore Felice Carena e l’artista romano Nino Bertoletti, col quale il rapporto professionale si trasformò presto in un’intensa relazione d’amore sfociato nel matrimonio civile nel 1915. Il loro fu un legame profondo e duraturo — restarono insieme quasi sessant’anni — costruito saldamente anche su pilastri di arte e cultura. Nino fu un vero compagno di vita, sempre al fianco di Pasquarosa per favorirne e sollecitarne le ricerche culturali e pittoriche, capace di passi indietro pur di non ostacolarne o oscurarne la carriera. Fu con lui che Pasquarosa imparò a leggere e scrivere, a conoscere la poesia di Leopardi, a muovere i primi passi nella pittura, aiutata in questo dai suoi consigli e dai suoi incoraggiamenti, ma anche dallo stimolante ambiente di Villa Strohl Fern dove, nel 1913, andò a vivere condividendo con Nino uno degli studi artistici allestiti nel parco. Immersa in discorsi ed esperienze d’arte, accanto ad alcuni tra i protagonisti dei nuovi linguaggi artistici della Secessione romana come Deiva De Angelis, Cipriano Efisio Oppo, Carlo Socrate, Virgilio Guidi, Francesco Trombadori e molti altri, Pasquarosa scoprì di avere un innato talento per forme e colori. La giovane, di origini umili, pressoché illetterata, audacemente e con risolutezza volle consacrare la propria vita alla pittura.

Pasquarosa nello studio a Roma, 1914, Roma, Archivio Nino e Pasquarosa Bertoletti

Con colori intensi, audaci, corposi l’artista ricostruiva sulle tele, in un linguaggio espressionista del tutto personale, gli spazi e gli oggetti che la circondavano. I temi affrontati furono — e continuarono a essere nel corso della carriera — soprattutto nature morte, vasi di fiori, ventagli, ceramiche.

Vaso di fiori con specchio, 1915, foto di Barbara Belotti per gentile concessione della dottoressa Carmela Tulelli Bertoletti

Meno frequenti, ma non per questo di minor valore, i ritratti e i paesaggi in cui rappresentò i luoghi che frequentava con la famiglia e le persone amiche

Angelina, 1915, Roma, Archivio Nino e Pasquarosa Bertoletti

Dopo il matrimonio civile nel ‘15, Pasquarosa e il marito si trasferirono in via Antonio Bosio, nei pressi della via Nomentana, nello stesso edificio in cui viveva Luigi Pirandello. Nino partì volontario per il fronte della Prima guerra mondiale, Pasquarosa restò a Roma in attesa del primogenito Giorgio nato nel ’16. Vinse il senso di lontananza e la nostalgia di Nino con frequenti scambi epistolari e l’aver imparato a leggere e a scrivere le furono di conforto. La sua doveva essere un scrittura un po’ difficoltosa, il gesto sul foglio forse poco fluido, ma la tenacia e il sentimento guidarono sempre la sua mano. «Per fare bene l’indirizzo sulle buste — le scriveva il marito dal fronte nel 1917 — tira prima le righe col lapis che poi cancellerai quando l’inchiostro è asciutto. Desidererei molto anch’io che tu avessi una maestra per imparare a scrivere meglio. Ma ora non so come fare. È una delle cose più importanti che dovremo fare appena torneremo insieme».

Nino Bertoletti, Pasquarosa col cappello nero, 1914, olio su tela

Maestro fu per lei anche Luigi Pirandello, che contribuì a spalancarle le porte della letteratura facendole conoscere, tra le altre, le opere di Shakespeare; la aiutò a comporre una ricca e solida biblioteca personale, vero tesoro per lei che, pur avendo iniziato tardi a leggere, si rivelò un’appassionata e colta lettrice. Nonostante la differenza culturale, il sentimento di sincera amicizia tra Pasquarosa e lo scrittore siciliano non venne mai meno: nei ricordi del nipote Paolo Bertoletti trova ancora posto il racconto, ormai quasi mitico in famiglia, del pranzo preparato dalla pittrice in occasione del premio Nobel assegnato allo scrittore siciliano.
Con gli anni Pasquarosa cominciò a non essere più considerata un caso artistico fortuito, ma una vera protagonista. In occasione di una mostra collettiva alla Casina del Pincio a Roma nel ’18, Cipriano Efisio Oppo parlò infatti di «miracolo» aggiungendo: «Tutti abbiamo visto in questa pittura inesperta qualcosa di straordinario».

Pasquarosa, 1921, foto di Barbara Belotti per gentile concessione del dottor Paolo Bertoletti

Nel ’23 Pasquarosa espose nella Galleria d’arte Bragaglia, poi un certo rallentamento si registra nel resto del decennio. Sulla scena dell’arte rientrò nel 1928 presentando alcune opere all’Esposizione internazionale di pittura e scultura di Madrid; nel mese di febbraio del ‘29 tenne la sua personale all’Arlington Gallery di Londra, prima italiana a esporre in Inghilterra. La mostra, accolta con favore, fu un’importante occasione per far conoscere, attraverso trentanove dipinti, la sua produzione pittorica, soprattutto nature morte e composizioni floreali ma anche alcuni scorci di Roma.

La Sinagoga a ponte Quattro Capi (Ponte Cestio), 1928, Roma Galleria Comunale d’Arte moderna e contemporanea

Il ‘29 fu un anno di soddisfazioni — le venne assegnata un’intera sala alla Prima Mostra del Sindacato Laziale Fascista di Roma (dove espose nuovamente nelle edizioni del 1932, 1936, 1937, 1942) — ma anche di preoccupazioni: fu costretta a trasferirsi alcuni mesi a Parigi per sottoporre il suo secondogenito a un difficile intervento chirurgico e risolvere la malformazione congenita al palato.

Scacchiera, 1932, olio su tela, Roma, Museo della scuola romana

I riconoscimenti proseguirono l’anno successivo con l’esordio alla Biennale di Venezia, alla quale partecipò altre cinque volte (1932, 1934, 1936, 1948 e 1954) e nel 1931 con la Quadriennale di Roma, dove tornò anche nel 1935, nel 1939, nel 1948, nel 1955-56, nel 1959-1960 e nel 1966.
Nel corso della sua vita professionale Pasquarosa svolse il suo lavoro ogni giorno, anche nei periodi di vacanza, in modo disciplinato e rigoroso, mantenendo fede alle propria ricerca pittorica e al linguaggio dei colori.

Natura morta con gatto,1918, olio su tela, Roma, Archivio Nino e Pasquarosa Bertoletti

Alla vivacità dei toni e alla pastosità dei colori mostrata nei primi anni, sostituì in seguito tonalità più “morbide” e “sciolte”, approdando in alcuni dipinti ad atmosfere silenti e immote, come in Capanne sulla spiaggia del 1927. Seppe cambiare e rinnovare il suo linguaggio artistico, ma restò fedele al suo essere artista e donna indipendente e autonoma, difficilmente etichettabile.

Capanne sulla spiaggia, 1927, olio su tela, Roma, Galleria comunale d’Arte moderna e contemporanea

La sua è stata una vita piena di soddisfazioni professionali (non ultimo il premio Marzotto vinto nel 1951 ex aequo con Mario Mafai), non priva di dolori e difficoltà, ma sempre accompagnata dal calore delle persone incontrate. Nel suo cammino esistenziale e artistico è stata costantemente benvoluta e circondata dalla stima di intellettuali, scrittori e critici, da Massimo Bontempelli e Paola Masino a Corrado Alvaro, da Luigi Pirandello e Marta Abba a Olga Ossani (Febea) e Olga Resnevič Signorelli, da Emilio Cecchi a Roberto Longhi. Altrettanto importanti furono i legami nel mondo dell’arte: oltre alle amicizie costruite nella vivace realtà di villa Strohl Fern e della Secessione romana, Pasquarosa ebbe frequentazioni con Felice Carena, con Giorgio De Chirico (conosciuto nel ’19 e che la definì «donna di alta qualità e pittrice piena d’ingegno»), Leonetta Cecchi Pieraccini, Armando Spadini, e, in tempi successivi, con Renato Guttuso, Fausto Pirandello, Toti Scialoja, Antonello Trombadori.

Roma, V Municipio, Foto di Virginia Costantino

Quando nel 1971 Nino morì, l’immenso dolore portò Pasquarosa quasi a isolarsi; poco più di due anni dopo, il 10 ottobre 1973, si spense a Camaiore.
Recentemente, tra gennaio e aprile del 2024, a quasi cento anni di distanza dalla mostra londinese del ‘29, l’Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra ha ricordato con un’esposizione le tappe della prestigiosa carriera di questa pittrice e donna libera.

In copertina: Teiera sul tappeto, 1914, olio su tela (part.), Roma, Archivio Nino e Pasquarosa Bertoletti.

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Articolo di Barbara Belotti

Dopo aver insegnato per oltre trent’anni Storia dell’arte nella scuola superiore, si occupa ora di storia, cultura e didattica di genere e scrive sui temi della toponomastica femminile per diverse testate e pubblicazioni. Fa parte del Comitato scientifico della Rete per la parità e della Commissione Consultiva Toponomastica del Comune di Roma.

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