Editoriale. Effetti speciali, distorsioni e applausi

Vorrei sgombrare subito il campo da equivoci che potrebbero scaturire dalla lettura del titolo. Non mi sto addentrando nella recensione di uno spettacolo teatrale o cinematografico e neanche nella descrizione di un parco giochi moderno, di quelli che piacciono ai bambini e alle bambine ma soddisfano anche i gusti dei genitori. Vorrei parlare di vicende recenti, di filmati e immagini apparse un po’ ovunque nell’ultimo periodo, di fatti che riguardano tutte e tutti.
Gli effetti speciali sono quelli osservati nei numerosi servizi televisivi dedicati alle esequie di Charlie Kirk, attivista conservatore statunitense assassinato il 10 settembre scorso. Le decine di migliaia di persone accorse nello stadio di football State Farm di Glendale in Arizona, le luci, i filmati, i canti, i cori, l’imponente palco con tanto di fuochi d’artificio a terra hanno trasformato la cerimonia funebre in un grande evento mediatico, con scenografia e coreografia strategicamente studiate come in uno show. Le preghiere singole e collettive si sono innalzate e mescolate ai proclami politici, le parole Dio e Satana, bene e male, guerra religiosa e guerra culturale, odio e nemico hanno eccitato gli animi già agitati delle persone presenti, hanno ribadito valori di supremazia: quella dell’uomo bianco occidentale su tutto il resto, dell’uomo sulla donna — le cui dimensioni minori del cervello indicano un naturale stato di subordinazione —, di una religione su tutte le altre, di un’etica più giusta e di una morale più corretta, di un potere politico ed economico predominante sul resto del mondo.
Effetti speciali e distorsioni, come quelle successive che hanno portato a paragonare l’uccisione di Charlie Kirk a quella di Martin Luther King, avvenuta il 4 aprile 1968 a Memphis. Si possono accostare il dolore dei familiari e il vuoto lasciato da una persona cara scomparsa, si possono accomunare le lacrime e gli smarrimenti emotivi, si possono dichiarare simili i corpi esanimi di persone morte e la pietà umana può essere la medesima; ma non si possono commisurare le idee. Le idee dissonanti e divergenti, anche quelle più controverse, si possono affermare — è il principio stesso della democrazia —, ma resta il fatto che i pesi specifici sono e restano differenti, come la forza e la profondità che possiedono, come la coerenza e la logica che esprimono. Proclamare il contrario è una pericolosa distorsione, che tenta di ribaltare la storia, di deformare gli eventi, di ridurre al minimo i valori, fino a farli scomparire e renderli omologabili. E se lo si fa per un caso attuale, ci si sentirà legittimati ad applicare lo stesso metodo al resto, al passato, come dichiarare che le morti degli uomini e delle donne della Resistenza vanno equiparate a quelle dei caduti per la Repubblica di Salò, come asserire, distorcendo la parola, che «antifa» è terrorismo. La democrazia tutela tutte le idee e tutti coloro che le esprimono, anche a costo di salvaguardare quelle stesse persone che la minacciano e la assaltano. Le distorsioni culturali e concettuali, però, devono essere individuate e smascherate e il modo giusto per farlo è puntare dritto lo sguardo sulla realtà.
Abbiamo visto e sentito gli applausi scroscianti ai funerali di Charlie Kirk, quando si parlava di predominio bianco e superiorità di un solo Dio, ma abbiamo anche visto le persone, che sfilavano lungo la Tangenziale est di Roma nel corteo per la Palestina di lunedì 22 settembre, ricevere applausi solidali dalle automobiliste e dagli automobilisti bloccati nelle macchine ferme nelle corsie opposte. Applausi di approvazione, nonostante il disagio del blocco, di sintonia e di emozione. Anche gli applausi non sono uguali.
Abbattute le divisioni, spesso inconciliabili, tra manifestanti e cittadinanza, tutte e tutti si sono ritrovati sull’asfalto della Tangenziale a essere società civile attiva e unita. E non accadeva da tempo. C’è da rallegrarsi ma anche da porsi una domanda: si potrà catalizzare quell’energia, incanalarla in forme di ulteriore partecipazione ed evitare che la risorta società civile svanisca e torni, in parte, a essere silente e nascosta? L’opportunità c’è. Ci sarà anche il resto?

Il primo numero di ottobre di Vitaminevaganti, che torna, dopo la pausa estiva, a proporre quindici approfondimenti, si apre con un articolo sulla scuola, per omaggiare il prezioso lavoro delle e dei docenti in previsione della Giornata mondiale degli insegnanti di domani 5 ottobre (anche se bisognerebbe dedicarla, quanto meno, “alle e agli insegnanti”, vista la preponderanza del genere femminile nella scuola): Inclusione negli Istituti superiori. Cosa dicono le percentuali; continua con Maria Björnson, scenografa e costumista e Natacha Rambova, fascino, creatività ed eclettismo, le due artiste di Calendaria di questa settimana. Restiamo nel campo dell’arte con Marlow Moss: l’anticonformista dimenticata, il cui contributo, «basato sulla ricerca di un’estetica universale attraverso la geometria, è stato fondamentale per l’evoluzione dell’arte astratta».
Nella sezione “Storie” incontreremo Zoja Kosmodem’janskaja. Dal martirio al mito, una eroina della “Grande Guerra Patriottica” la cui vita presenta aspetti non raccontati dalla narrazione ufficiale.
Allarghiamo lo sguardo con l’autrice di Un mondo diverso che ci racconta, per “Flash-back”, una Svizzera fuori dagli stereotipi dove le donne sanno essere da tempo molto più libere delle italiane; restiamo all’estero con Geopolitica dello Stretto di Bering, un articolo che ha modo di sollecitare la nostra attenzione sull’importanza geostrategica dell’Artico.

Sono due le recensioni di questa settimana: Il sessismo da cui proveniamo. “Le proletarie del Tavoliere” illustra, all’interno del Progetto Cosmopolita, un trattatello del 1910, scritto da un docente a cui è stata intitolata una via a Foggia, in cui sono raccolte affermazioni «talmente misogine che non si sa se ridere o piangere»; Ogni volta morivo ai miei occhi ci parla di «Lupo solitario» il romanzo-confessione «in cui Bibi Khudeja racconta i dolori, le sofferenze e le incertezze che ha affrontato per darsi alla luce, per diventare una donna adulta, matura, indipendente, un po’ meno “pakistana” e un po’ più “occidentale». Di una grande scrittrice e della sua produzione racconta, per “Tesi vaganti”, L’arte di raccontare Sé. Uno sguardo alla scrittura di Natalia Ginzburg.
Nella Sezione “Scienza e Tecnica” si affronta il tema impegnativo e necessario dellIntelligenza artificiale, tra opportunità e rischio.
Le pastaie pugliesi. La provincia di Bari continua la serie sulle pastaiole pugliesi con un approfondimento sulla nascita delle orecchiette suggerendo i vari modi di cucinarle.
Il settembre di Toponomastica femminile ripercorre, come di consueto, le molte attività della nostra associazione in giro per l’Italia.
Chiudiamo questo numero con la Rubrica “Juvenilia” dedicata ai progetti delle scuole che si sono distinti nella partecipazione al XII Concorso “Sulle vie della parità”. Il bellissimo lavoro “Ritratti di donna” per la toponomastica femminile realizzato dagli/dalle studenti della classe 3C dell’Istituto Comprensivo Margherita Hack di Cernusco sul Naviglio (MI) è descritto in Lettera di scuse, in cui l’autrice ci ricorda che dedicare dei luoghi, delle vie o delle piazze alla memoria di Mia Martini, Emanuela Loi e Samia Yusuf Omar «non è solo un modo per restituire il riconoscimento che è stato loro negato; bisogna farlo per fare i conti con la nostra coscienza nazionale».

Belle letture ribelli a tutte e tutti.

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Articolo di Barbara Belotti

Dopo aver insegnato per oltre trent’anni Storia dell’arte nella scuola superiore, si occupa ora di storia, cultura e didattica di genere e scrive sui temi della toponomastica femminile per diverse testate e pubblicazioni. Fa parte del Comitato scientifico della Rete per la parità e della Commissione Consultiva Toponomastica del Comune di Roma.

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