Dal corredo all’atelier. Il mestiere delle sarte in Puglia 

Sentire il profumo dei panni appena stesi mi riporta alla mente antiche pratiche e mestieri. Vedere i vestiti svolazzare nell’aria, spinti dal vento, mi permette di scrutarli meglio, vederne i ricami, i colori, le fantasie. Quando ero piccola mi perdevo spesso in quel librare di tessuti sempre diversi, negli ornamenti cuciti sapientemente da mani esperte. Prima che la moda diventasse industria, mia nonna mi diceva spesso che in Puglia ogni paese aveva la sua sarta — o, meglio, la sua mescia — capace di trasformare un lembo di stoffa, con pazienza e precisione, in un pezzo unico. È una tradizione il cui eco è ancora vivo: il 25 febbraio 2024 a Grottaglie (in provincia di Taranto) è stata promossa l’iniziativa Domenica in Fattoria in cui le mescie hanno tramandato il loro sapere. Al centro della giornata non potevano esserci che il ricamo, il cucito e l’uncinetto, che non devono essere confusi fra loro: il ricamo, infatti, è un’attività artigianale che consiste nel decorare con ago e filo un tessuto con motivi o disegni; il cucito, al contrario, mette insieme due o più lembi di stoffa, cucendoli; l’uncinetto, infine, utilizza un bastoncino alla cui estremità si trova un uncino, che permette di creare piccoli anelli di tessuto che ripetuti formano poi il capo. Nella provincia di Bari, invece, l’8 ottobre 2023 si è svolta Domenica di Carta, una mostra documentaria chiamata proprio Il filo nascosto. La tradizione tessile come fonte di arricchimento, dedicata a riscoprire il valore della manifattura a Bari e il ruolo che il tessile ha avuto nella crescita economica, educativa e culturale della regione. Il percorso espositivo ha riunito molti documenti, fotografie, giornali e materiali d’archivio provenienti da due fondi purtroppo poco noti, ma che si sono rivelati estremamente preziosi: quello dell’impresa Contegiacomo di Putignano e quello dell’Ente Pugliese per la Cultura Popolare e l’Educazione Professionale. L’impresa Contegiacomo, fondata a Putignano (Bari) nel 1905 in società con la Nardone, si dimostrò fin da subito come una realtà d’élite nella produzione di cappelli e ombrelli, la cui attività è stata successivamente estesa al settore tessile negli anni Venti. Il successo dell’azienda si dovette anche alla manodopera femminile locale: molte giovani donne di Putignano, già esperte di ago e filo, vennero formate e introdotte al lavoro di fabbrica — un fatto insolito in un contesto ancora poco aperto all’occupazione femminile. La storia della ditta segue le trasformazioni del Novecento italiano: dal fascismo alla ripresa economica del dopoguerra, fino alla crisi industriale degli anni Ottanta. Parallelamente, l’Ente Pugliese per la Cultura Popolare, nato a Bari nel 1923 come erede dell’Umanitaria milanese, promosse invece corsi di formazione per ragazze destinati al lavoro nel settore tessile — taglio e cucito, merletto, biancheria, modisteria — che si diffusero in tutta la regione e oltre. Tra gli istruttori compaiono nomi di origine armena, testimonianza della diaspora che, negli anni Dieci del Novecento, portò a Bari un gruppo di persone dalla Turchia. Da quell’incontro nacque anche il villaggio di Nor Arax e un lanificio fondato dall’ingegner Valerio, dove si tentarono esperimenti di integrazione fra la tradizione pugliese e l’arte armena del tappeto orientale: un raro esempio di scambio interculturale ante litteram. Il percorso espositivo ha intrecciato così due storie parallele: quella dell’impresa Contegiacomo, simbolo dell’ingegno manifatturiero femminile, e quella dell’Ente Pugliese, che fece dell’artigianato tessile uno strumento di formazione, emancipazione e dialogo tra culture. 

Nel secondo dopoguerra, quando la Puglia cercava di rialzarsi dalle macerie e dalla povertà causate dal conflitto, le aule dei corsi di taglio e cucito cominciarono a riempirsi. Nei registri conservati all’Archivio di Stato di Lecce — datati tra il 1952 e il 1954 — si leggono i nomi e le firme tremolanti di centinaia di ragazze: domande d’iscrizione, elenchi di allieve, verbali d’esame: dietro ciascuna riga c’era una giovane donna che provava a riscattarsi, a emanciparsi da situazioni subalterne, o di dipendenza economica. Molte di loro venivano dai paesi dell’entroterra e avevano già familiarità con l’ago e il filo, un sapere tramandato da madri e generazioni più anziane di donne: con i corsi le allieve avevano la possibilità di trasformare quel sapere domestico in una professione riconosciuta, fonte di reddito. Per la prima volta, l’arte del cucito usciva dalle case e trovava posto in un’aula, con programmi, prove, valutazioni e attestati. I corsi, organizzati tra gli anni 1929-1950 dal Provveditorato agli Studi e dal Consorzio Provinciale per l’Istruzione Tecnica rappresentavano un ponte tra tradizione e futuro: le giovani imparavano a confezionare abiti, a leggere i cartamodelli, a padroneggiare la precisione e la pazienza. Era il riconoscimento di un sapere femminile che per secoli era rimasto invisibile, confinato tra le mura domestiche. Nei documenti datati 1951-1953 troviamo Esami per patente di sarta: fascicoli personali dei partecipanti al corso, nel 1966-1967 Istanze di ammissione agli esami di sarta qualificata, e ancora nel 1964-1970 Corsi di taglio e cucito per sarte autorizzate. La formazione, che di fatto abilitava in maniera legittima il lavoro in questo settore, era centrale non solo nel settore pubblico, ma anche in quello privato: nel novembre del 2011 è stata inaugurata una mostra — che è stata visitabile fino al 2012 — presso la Biblioteca comunale di Putignano: il percorso espositivo, che ha preso il nome di Sistema della Moda e Sistema delle Fonti in Puglia, ha raccolto materiali originali degli anni ’50, vecchie etichette, cataloghi d’impresa, cartellini di abiti e fotografie, con la sezione “Le donne tra lavoro e formazione” che ha portato alla luce come la grande impresa di confezioni Cesare Contegiacomo abbia svolto un ruolo chiave di raccordo tra saperi artigianali locali e la produzione più organizzata. 

Sempre a Putignano, grazie alle Sorelle Luisi, la tradizione della sartoria femminile si è trasformata in un vero e proprio fenomeno economico e sociale a partire dagli anni Quaranta. Maria e Antonia Luisi cominciarono a confezionare abiti per battesimi e cerimonie nelle loro case, fino a diventare un punto di riferimento per l’intero paese: fu grazie alla loro intraprendenza, insieme all’apporto di figure come Giovanna e Orestina Sbiroli, che la città cominciò a diventare un punto di riferimento nella produzione di abiti da sposa. Attorno alle loro mani esperte nacque una rete di collaboratrici e apprendiste che fece di Putignano un vero “laboratorio della sposa pugliese”, la cui attività durò circa vent’anni — come ricostruito da Carmen Dambruoso sulle pagine del periodico Fax nel 2000. 

Oggi il mestiere delle sarte in Puglia continua a reinventarsi senza mai perdere le proprie radici. L’Atelier Cinzia, nel cuore di Bari, ne è la testimonianza più chiara: tra macchine da cucire, cartamodelli e stoffe colorate, il laboratorio fondato negli anni Ottanta da Nunzia è ancora un punto di riferimento per chi vuole imparare l’arte del cucito. Qui si tengono corsi di formazione per nuove sarte, in un passaggio di saperi che rinnova la tradizione artigiana femminile della regione. La storia dell’atelier dimostra che quello della sarta non è un mestiere del passato, ma una professione capace di adattarsi ai tempi pur restando fedele ai suoi valori fondanti: cura, pazienza e creatività. Tra le mani di chi cuce oggi, come ieri, si intrecciano storie di lavoro e di libertà, di riscatto. E in ogni punto, in ogni filo che unisce due lembi di tessuto, continua a battere la memoria di un sapere antico, ancora indispensabile per comprendere l’anima della Puglia. 

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Articolo di Nicole Maria Rana

Nata in Puglia nel 2001, studente alla facoltà di Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. Appassionata di arte e cinema, le piace scoprire nuovi territori e viaggiare, fotografando ciò che la circonda. Crede sia importante far sentire la propria voce e lottare per ciò che si ha a cuore.

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