Fra pochi giorni sarà il 25 novembre, il giorno dedicato alla riflessione sulla violenza contro le donne. Stanno già imperversando sulle nostre bacheche social e sulle chat di messaggistica inviti a eventi, locandine (quasi sempre brutte, perché se le si fanno fare a professioniste/i poi bisogna pagarle!) di convegni, messaggi stucchevoli e benevolmente sessisti, fiocchetti rossi appuntati sulle giacche e scarpe rosse ovunque! Insomma, la fiera degli stereotipi del 25 novembre!
Nel frattempo, però, si discute di consenso, una parola importante cui avevo dedicato un articolo qui, 5 anni fa.
Si discute del consenso informato che bisogna chiedere alle famiglie, sia mai che a 15 anni si scopra come evitare una gravidanza!, che fa inalberare Valditara, il quale accusa l’opposizione di strumentalizzare i femminicidi, mentre riceve 50mila firme dai Provita proprio per imporre il consenso informato.
Ma, soprattutto, c’è l’emendamento sul consenso libero e attuale, che è stato inserito nel disegno di legge per la modifica dell’art. 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e approvato mercoledì dalla Camera, all’unanimità, con un accordo bipartisan che ricorda quello del 1995 che portò alla legge contro la violenza sessuale del 1996. Speriamo lo si approvi in breve tempo anche al Senato, il timore è lecito visto che stiamo ancora aspettando l’approvazione del disegno di legge sul reato di femminicidio promessoci l’8 marzo. Già, oltre che le banalità, ci sono le promesse da 8 marzo e 25 novembre!
Intanto leggiamo di orde di not all men che protestano. Gli stessi che dicono non si può dire più niente, ora protestano non si può fare più niente, si lamentano che gli toccherà andare a lucciole. E mi chiedo, sono sempre stati così contrastati i diritti delle donne? Cosa dicevano i nonni dei not all men di oggi quando si aboliva il delitto d’onore o il nuovo diritto di famiglia metteva padri e madri sullo stesso piano? Penso che ci saranno anche state resistenze ma c’era anche tanta voglia di cambiamenti positivi.
E poi, ci sarebbe la solita discussione: prima la legge o il cambiamento sociale? Prima la legge che sostiene il cambiamento o sarebbe meglio contrastare prima sessismo e misoginia? Sicuramente devono andare di pari passo, le leggi servono a poco se poi nella società c’è il backlash sul ruolo delle donne. Anche perché le leggi puniscono chi viola le donne ma vorremmo che le donne non fossero violate. Sarà per questo che ho molta speranza sul consenso libero e attuale, per una volta si tratta di un provvedimento di prevenzione!
Sul tema, suggestioni per riflettere ci arrivano dagli Stati Uniti; di questi giorni è la rivelazione delle mail segrete di Epstein. Martedì è arrivato il sì del Congresso alla divulgazione dei file, mentre decine di donne, vittime da ragazzine della rete dei pedofili, raccontavano il loro vissuto, coordinate dalla ex MAGA Marjorie Taylor Green, ora schieratasi con i democratici, per chiedere la pubblicazione dei file.
Ma, prima del 25 novembre, ci sono il 23 e il 24, con le elezioni regionali in Puglia, Campania e Veneto, la cui campagna elettorale ci ha regalato molte perle: Tajani che confonde San Nicola e San Paolo, Salvini che vuole mandare la gioventù pugliese a lavorare al Ponte! Parlano, a noi del Sud, senza neanche prendersi la briga di informarsi un po’, come fossimo solo terra da colonizzare. Meloni invece, a Napoli, ha saltato e ballato come una bulla che irride, in compagnia di un atletico Tajani che diventa sempre più il meme di se stesso. Ritornano le promesse di condoni e di autonomia differenziata ma, lo stesso giorno in cui Salvini rilancia quest’ultima, c’è Bocchino che accusa la sinistra di aver distrutto il patriottismo che sosteneva la nazionale di calcio maschile. Meloni, dal palco con Stefani in Veneto, ci ricorda l’inutilità di usare il femminile, con il solito esempio sbagliato di presidenta, una parola che non esiste, i participi presenti si declinano solo nel numero mentre il genere è marcato semplicemente dall’articolo: è sufficiente dire la presidente.
Ma torniamo al 25 novembre. Sì, sarebbe importante prevenire. Sicuramente l’educazione sessuale è necessaria ma, più che di educazione al rispetto o all’affettività, abbiamo bisogno di una educazione di genere che attraversi tutta la didattica in maniera trasversale, che rivoluzioni i libri di testo, a cominciare da quelli della primaria dove ancora le mamme sono rappresentate in cucina, le nonne a lavorare a maglia e fare torte. E le bambine chiuse in casa a giocare con le bambole. Continuando con i libri di scienza, di arte, di letteratura che devono dare spazio alle donne che, in epoche in cui venivano totalmente emarginate, sono riuscite comunque a lasciarci invenzioni e scoperte, parole, segni pittorici, cultura, cambiamenti sociali. Donne che ora, sui libri di testo, sono solo un paragrafo a margine. Per far questo, a dicembre, terminata la fiera delle banalità da 25 novembre, comincerà la parte più intensa del progetto Cosmopolita di Toponomastica femminile, che attraverserà tutta la Puglia per formare insegnanti sulla didattica di genere, sull’educare alla consapevolezza e al senso critico, sul contrasto agli stereotipi. Didattica di genere che forse è anche più importante dell’educazione sessuale (che già dovrebbe rientrare nei programmi scolastici) e dell’educazione all’affettività e al rispetto (che già insegnanti consapevoli svolgono da sempre).
Parlavo di eventi stucchevoli e banali da 25 novembre. Beh, quest’anno la presidente del Consiglio, con la ministra delle Pari Opportunità, ci offre una corsa. No, non si tratta di un allenamento per quella che dobbiamo fare, dopo aver parcheggiato l’auto o essere scese dall’autobus la sera, fino al portone di casa, nella speranza di non essere derubate o stuprate o aggredite, ma un evento di sensibilizzazione sulla violenza contro le donne.
Ma cosa vuol dire sensibilizzare? «Rendere particolarmente sensibile (una o più persone, un gruppo sociale, una collettività) a un problema, a una situazione, richiamandovi l’attenzione». Abbiamo ancora bisogno di sensibilizzare? Stiamo ancora a questo punto? Di sensibilizzazione benevola ne abbiamo avuta tanta, ma a quanto pare non è servita. Abbiamo bisogno di combattere il sessismo ovunque si annidi, abbiamo bisogno di modificare i modelli culturali e sociali in cui siamo immerse.
Mentre sto scrivendo mi arriva la notifica di un articolo che parla della scoperta di un nuovo sito sessista contenente video porno realizzati con l’intelligenza artificiale. Nel frattempo leggo il rapporto di Action Aid sulla violenza contro le donne, appena pubblicato: 95 pagine per raccontare un’indagine che esplora i punti di vista del campione intervistato (suddiviso per fasce d’età, sesso e presenza geografica), sui più diversi aspetti e nei più diversi contesti (domestico, pubblico, dei trasporti, digitale) da cui emerge quanto ancora ci sia da lavorare, anche tra i giovani, ad esempio, sul comprendere e non giustificare la violenza. Il rapporto si conclude con un lungo elenco delle modalità di prevenzione e un altrettanto importante elenco di raccomandazioni a Governo e Parlamento per interventi che riguardino: lo spazio domestico, i trasporti pubblici, gli spazi pubblici, gli spazi culturali ed educativi, l’ambito digitale, che al momento mi pare quello sul quale l’urgenza sia massima. Prima però bisognerebbe formare la politica, ad esempio la consigliera De Angelis, Presidente della Commissione Pari Opportunità di Ancona, che proprio ieri ha dichiarato che i femminicidi non esistono (sarebbe proprio utile approvarlo quel disegno di legge!) o l’Amministrazione comunale di Fiumicino, che ha annunciato pochi giorni fa l’apertura di una casa rifugio, comunicandone l’ubicazione.
E a proposito di Action Aid, giovedì ha aperto le porte al pubblico a Roma presso lo Spazio AlbumArte in Via Flaminia 122 il Mupa (Museo del Patriarcato) e sarà visitabile in anteprima mondiale fino al 25 novembre. «Reperti autentici, opere e testimonianze restituiscono l’atmosfera degli anni ’20 del 2000, tra dinamiche familiari, stereotipi di genere e violenza normalizzata. Un viaggio tra gli oggetti, i gesti e le parole che hanno plasmato la cultura patriarcale».
Non posso chiudere senza un saluto affettuoso alle gemelle Alice ed Ellen Kessler che, con grazia e generosità, si sono accomiatate. Nessuna persona è costretta, naturalmente, a fare la loro scelta, ma ogni persona dovrebbe essere libera di compierla.
«Forse questo è il grande merito del cinema: la possibilità di perdersi e ritrovarsi infinite volte in un film, di riconoscersi e di conoscere ciò che prima si ignorava». Così scrive l’autrice della Festa del Cinema di Roma 2025, che apre la rassegna degli articoli della settimana. Alla settima arte è dedicato anche Crossing Istanbul, la recensione di un film nelle sale in questi giorni, in cui «i personaggi che intrecciano vite, storie e motivazioni diverse ridisegnano in qualche modo un concetto di parentela e solidarietà non convenzionale». Continuano le nostre serie. Per “Calendaria 2025” presentiamo Monir Sharhroudy Farmanfarmaian, «artista che è riuscita a creare una mirabile fusione tra l’artigianato tradizionale iraniano e l’astrazione moderna»; per La cultura della corda. Trame, relazioni e storie. Parte sesta; per “Le donne della Secessione romana” Maria Immacolata Zaffuto, artista dal talento eclettico. Del 1° convegno internazionale di Toponomastica inclusiva. Giorno 2. Prima parte leggeremo la descrizione della prima parte di questa intensa giornata. Per “Juvenilia” Un salto nello spazio in compagnia di scienziate stellari conosceremo il lavoro vincitore del primo premio nel Concorso Marchigiano “Sulle vie della parità” della classe 5ª A della Scuola Primaria Plesso Monterado dell’Istituto Comprensivo “Nori de’ Nobili” di Trecastelli (An), progetto che, come sempre, ha partecipato anche al Concorso omonimo di Toponomastica femminile. Nella sezione Scienza e Tecnica, restiamo in argomento con Maria Angela Ardinghelli, scienziata con discrezione. Per “Pane e olio” Olivo tra cielo, terra e infinito leggeremo della celebrazione della Giornata mondiale dell’Ulivo, a cura dell’Unesco. “Per flash-back” proponiamo Carnevale: maschere e sorprese.
Nella Sezione “Architettura e urbanistica” Decolonizzare la città, un’opera collettiva rifletteremo una volta di più su come l’odonomastica sia un rilevatore sociale e «ogni monumento […] una “macchina del tempo coloniale” (che) celebra la conquista, fissa la gerarchia, trasforma la violenza in eredità estetica. Statue e monumenti cristallizzano lo status quo, rendendo visibili i valori di chi ha potuto scegliere quali valori celebrare». Quanto piace alla nostra rivista scoprire camminando la geografia dei nostri territori, anche di quelli meno conosciuti, lo sa bene chi ci legge: Fai e Natura al Nord. Trekking nel Romagnese. Parte prima ci porta nella stagione autunnale del Fai con gite in numerosi luoghi eccezionali, di solito non visitabili. «Quanto è bello andare a scoprire e riscoprire quante donne meravigliose ci hanno precedute, che hanno fatto la storia dell’umanità e che, per qualche strano sortilegio, non si trovano nelle pagine di storia o nei grandi pantheon dove si celebrano i personaggi illustri». Con queste parole di Serena Dandini, a noi care e che un po’ sintetizzano l’impegno di Toponomastica femminile, introduciamo L’Eredità delle Donne. La storia di un festival che riscrive la memoria femminile.
Chiudiamo la nostra rassegna dedicando, con la nostra editorialista, un approfondimento alle gemelle Kessler, Alice ed Ellen Kessler, il coraggio delle scelte.
Buone letture resistenti a tutte e tutti.
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Articolo di Donatella Caione

Ex editrice, ama dare visibilità alle bambine, educare alle emozioni e all’identità; far conoscere la storia delle donne del passato e/o di culture diverse; contrastare gli stereotipi di genere e abituare all’uso del linguaggio sessuato. Svolge laboratori di educazione alla lettura nelle scuole, librerie, biblioteche. Si occupa inoltre di tematiche legate alla salute delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.
