La lezione di Josephine  

Il titolo dell’ultimo lavoro di Grazia Messina, direttrice della ricerca scientifica del Museo delle Migrazioni di Giarre e autrice di saggi e articoli che hanno sempre riservato particolare attenzione alle migrazioni femminili, è La lezione di Josephine (edizioni Torri del vento). 
Il libro narra la storia reale di Giuseppa Di Mauro che, nel 1912, a soli quattro anni, lasciò il piccolo paese di Trecastagni alle pendici dell’Etna ed emigrò, il 28 agosto del 1912, insieme al padre Cirino, alla madre Orazia Di Stefano e al fratello Alfio. Dopo quattordici giorni di navigazione arrivò in America compiendo un viaggio con il mare in burrasca su una nave che aveva affrontato una terribile tempesta attraversando lo Stretto di Gibilterra. 
La famiglia andò a vivere a Lawrence vicino Boston. In quella cittadina già densamente popolata da emigrati siciliani, Giuseppa vivrà la sua vita: dagli stenti e dalla povertà al divenire la prima insegnante di origine siciliana in quel territorio. 

Dalla sua vicenda si srotolano mille fili composti dallo stesso tessuto per chi migrava in quei tempi. Storie di nostalgia delle radici, di ricordi dei luoghi natii, di paure dell’ignoto e di speranze nel nuovo mondo. 
A Lawrence, la madre Orazia trovò subito lavoro in una fabbrica tessile e Giuseppa iniziò a frequentare la scuola. Appena compì dodici anni il padre pretendeva che dovesse interrompere la frequentazione scolastica per iniziare a lavorare. La madre, a cui era stata negata in Sicilia l’istruzione, si impuntò riuscendo a convincere il marito a farle proseguire gli studi. Per Orazia era importantissimo che la figlia studiasse e diventasse economicamente indipendente, sognava potesse diventare un’insegnante. E così in realtà accadde: Giuseppa, diventata Josephine, ottenne nel 1927 il titolo di maestra elementare e in seguito conseguirà ben due lauree: alla Boston University nel 1936 e alla Tufts University nel 1959. 

Nel prezioso manoscritto recuperato da Grazia Messina, Josephine racconta non solo la sua storia personale e della sua famiglia ma anche della numerosa comunità siciliana immigrata in quel luogo. Tra le pagine viene così restituita alla memoria sia l’essere donna in Sicilia che l’essere donna a Lawrence e le discriminazioni subite: «Mia madre e le sue tre sorelle erano nate nel paese di Viagrande, sotto l’Etna, in un’epoca in cui l’istruzione scolastica delle donne era ostacolata dai genitori, addirittura proibita in alcuni casi. Il compito di una ragazza era considerato quello di essere una sorta di serva per il futuro marito […] le ragazze non avevano nessun rapporto con gli uomini […] a loro non era mai concesso di allontanarsi dalla propria casa […] l’onore della donna era assolutamente garantito e concesso solo a colui che avrebbe violato la sua purezza con le nozze […]». 
Questa atmosfera opprimente aleggiò pesantemente su Josephine anche nel nuovo mondo: La Merica. La sua vita, i suoi gesti, erano continuamente monitorati e sorvegliati affinché il suo onore non venisse intaccato neanche da una piccola maldicenza. In quell’ambiente Josephine si sentiva come un’aliena, infatti a Lawrence le feste, le passeggiate e i fidanzati erano abitudini normali per le ragazze. Soverchiata da quelle regole anacronistiche viveva impaurita e si sentiva sempre a disagio. Le pesava un fardello di divieti e di tabù che continuò a gravare sulle sue spalle anche quando iniziò ad insegnare. «Mi sentivo come una persona ai margini della società perché non potevo mai partecipare a nessuna di tali attività, mi bloccavo completamente se un ragazzo lanciava solo un’occhiata nella mia direzione. Non esisteva nessuna azione persuasiva efficace per convincere i miei genitori a vedere le cose sotto una luce diversa, affinché io potessi in qualche modo integrarmi meglio nella società americana». 
Da insegnante dovette inoltre accettare una serie di norme legali molto limitanti per una donna. Le docenti, infatti, dovevano essere nubili, dovevano accettare salari molto bassi e sedi disagiate e assumere uno stile di vita moralmente irreprensibile pena l’immediato licenziamento. «La rigida logica era che la maestra, in quanto modello per tutti, doveva sempre dare l’esempio. I gioielli appariscenti erano disapprovati […] il trucco e le unghie smaltate non erano a loro volta incoraggiate […]. Si rischiava di essere licenziate arbitrariamente per la più piccola deviazione dal codice di comportamento prescritto. Per esempio, bere era assolutamente vietato. Due colleghe nel paese erano state immediatamente licenziate non perché stessero bevendo ma solo perché erano state viste pranzare in un ristorante dove si servivano bevande alcoliche». 

I primi anni di insegnamento non furono affatto facili: posti sperduti, inverni rigidi, neve e solitudine e scuole fatiscenti, ma lei resistette cercando sempre di elaborare metodi e strategie didattiche per coinvolgere e incuriosire alunne e alunni indifferenti, apatici e indisciplinati. Dopo tanti anni, riuscì a trovare un equilibrio personale e dopo aver incontrato anche l’amore, nel 1943 si sposò. Continuò a insegnare come supplente con l’impegno che finita la guerra avrebbe ceduto il posto a un collega rientrato dal Fronte. Fortunatamente, finito il conflitto mondiale, quell’iniquo obbligo legislativo di nubilato fu soppresso. 
Josephine da semplice maestra di scuole rurali, con la sua tenacia e la sua bravura, divenne direttrice di una scuola e poi consulente per l’Orientamento scolastico a Lawrence. Il memoriale che racconta tutte queste tappe della sua vita così si chiude: «All’amore dedico questo mio lavoro. Contiene il racconto di una lunga vita segnata dalla profonda passione per l’insegnamento». 
Alla veneranda età di 90 anni decise di affidare la sua storia alla scrittura in un memoriale che è depositato al Lawrence History Center di Lawrence. 
Josephine morì il 4 settembre del 2011 a 103 anni: «Era l’ultima della famiglia Di Mauro che aveva lasciato il paese di origine agli albori del Novecento. Portava via con sé il vissuto di un secolo, attraversato e per certi versi anche costruito da almeno tre generazioni di emigrati siciliani in America». 
Una delle ultime foto che corredano il libro la ritraggono con volto e sguardo fiero, occhi che ispirano temerarietà e saggezza. Un racconto ritrovato nella Storia dell’emigrazione che, dopo le faticose ricerche di archivio di Grazia Messina, ci restituisce la forza delle donne a tutte le latitudini. 
Una testimonianza preziosa da non dimenticare e da tramandare.  

Grazia Messina
La lezione di Josephine
Torri del Vento Edizione, 2025
pp. 258

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Articolo di Ester Rizzo

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Giornalista. Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Ist. Sup. di Giornalismo di Palermo, socia Sil, collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra editore ha curato il volume Le Mille. I primati delle donne. Autrice dei saggi: Camicette Bianche , Donne Disobbedienti , Il labirinto delle perdute e i romanzi storici Le ricamatrici e Trenta giorni e 100 lire, sempre per Navarra editore.

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