Ende, miniatrice medievale

Trasferiamoci col pensiero all’interno del monastero di San Salvador di Tábara, nel regno di Leon della penisola iberica. Quello di San Salvador di Tábara era un complesso monastico importante, posto sotto la protezione del sovrano, con una vasta biblioteca e uno scriptorium dove si trascrivevano e decoravano i codici. Nel più rigoroso silenzio venivano preparate le pergamene per la scrittura, si copiavano i testi, si decoravano le pagine, si creavano raffinati capilettera. Copisti, pittrici e pittori, miniatrici e miniatori facevano parte degli oltre 600 religiosi di entrambi i sessi presenti nel monastero dalla cui creatività e maestria sono nati capolavori.

Beato di Tábara, La torre del monastero di San Salvador di Tábara e il contiguo scriptorium, 970 ca, Madrid, Archivio storico nazionale

Tra loro visse una donna, una monaca molto probabilmente o forse un’aristocratica e colta vedova desiderosa di vivere nella pace del convento parte della sua vita, il cui nome è Ende o En, a seconda di come si interpreta il colophon del codice Beato di Girona, se «Ende pintrix» oppure «En depintrix». La scritta, oltre a fornire i nomi della miniatrice e del copista «Frater Emeterius et presbiter», sottolinea il valore dell’artista, ricordata come pittrice e come «Dei aiutrix» — aiutante di Dio — rimarcandone così l’abilità con le immagini e i colori, ma anche la straordinaria capacità di farsi interprete dell’eterno spirito divino e della sua divulgazione. Il Beato di Girona è un codice del X secolo, probabilmente realizzato intorno al 975, uno dei più importanti della Spagna conservato nella Cattedrale di Girona in Catalogna, copiato come altri da un Commento dell’Apocalisse redatto tra il 776 e il 786 dal monaco Beato de Liébana.

È formato da 284 fogli di pergamena di vitello, suddiviso in paragrafi e redatto in scrittura visigotica su bifolio; sono più di cento i fogli miniati, molti dei quali a tutta pagina, e costituiscono un importante lavoro del quale Ende, con l’apposizione della firma, dà prova di avere piena consapevolezza del suo ruolo e del suo valore artistico. Deve essere stata una donna di vasta cultura, Ende, tra le più antiche pittrici dell’arte occidentale. La decorazione del Beato di Girona si dimostra un’opera di livello elevato, gli studi definiscono il codice il culmine artistico raggiunto dallo scriptorium del monastero di Tábara. La qualità pittorica raggiunta da Ende si rivela superiore rispetto agli altri manoscritti del periodo ed evidenzia un esuberante uso dei colori, una felice forza creativa e una grande abilità tecnica. Il suo lavoro rientra nella riforma decorativa che nel X secolo riguardò questi testi ma Ende seppe guardare in primo luogo agli influssi carolingi e islamici senza dimenticare quelli mozarabici, visigoti, sasanidi e nordafricani.

Beato di Girona, L’uccello e il serpente, 975 ca, Girona, Cattedrale di Santa Maria

Sono caratteristiche della cosiddetta scuola mozarabica, nata in Spagna dall’incontro della cultura cristiana con quella islamica, la ripartizione a bande sovrapposte di alcune immagini e la policromia che la miniatrice esprime con enfasi nuova.

Beato di Girona, L’apertura dei quattro sigilli, 975 ca, Girona, Cattedrale di Santa Maria
Beato di Girona, Il messaggio della Chiesa di Smirne, 975 ca, Girona, Cattedrale di Santa Maria

Dal mondo musulmano derivano gli archi a ferro di cavallo presenti in molte architetture miniate e i motivi iconografici di animali predatori, come nella miniatura delle due bestie che richiama il passo dell’Apocalisse di San Giovanni: «E vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. E vidi salire dalla terra un’altra bestia che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, ma parlava come un drago. Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia». 

Beato di Girona, Le due bestie, 975 ca, Girona, Cattedrale di Santa Maria


Ha una forte componente espressiva l’arte di Ende, quasi visionaria come è visionario il linguaggio dell’Apocalisse; ma accanto all’intensa espressività la pittrice inserisce elementi naturalistici, ricerche volumetriche e spaziali che sembrano anticipare i linguaggi artistici dell’epoca romanica.

Beato di Girona, La donna e il dragone, 975 ca, Girona, Cattedrale di Santa Maria

Piena di elementi drammatici è la scena della Donna e il dragone o della Donna vestita di sole, che traduce in immagini uno dei testi più noti dell’Apocalisse: «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto». Nell’angolo superiore sinistro una figura femminile ha il bacino occupato dal sole, simbolo della luce e della contrapposizione al male; i suoi piedi poggiano sulla luna e la posizione potrebbe indicare il pieno controllo su quel satellite che, nel mondo antico, veniva indicato come l’astro regolatore del tempo e dei ritmi di vita e natura; intorno al corpo della donna sono raffigurate le stelle. La sua interpretazione rimane piuttosto controversa, gli studi oscillano tra la raffigurazione simbolica della Chiesa e quella di Maria. Dalla donna vestita di sole deriverà secoli dopo l’iconografia dell’Immacolata Concezione: le stelle diventeranno un diadema, il sole all’altezza del bacino sarà trasformato in una luce circonfusa (come nel dipinto di Andrea Semino del 1588), il drago sostituito dal serpente tentatore dell’Eden (come nel quadro di Giambattista Tiepolo del 1768).

Andrea Semino (attribuito a), Immacolata, 1588, olio su tela, Genova, Chiesa di San Pietro in banchi
Giambattista Tiepolo, Immacolata Concezione, 1768, olio su tela, Madrid, Museo del Prado

Ancora dallo stesso passo dell’Apocalisse: «Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito». Come scritto nel testo, la creatura mostruosa si erge contro la donna, ha sette teste, le corna e i diademi, simbolo del potere politico, e con la parte finale della coda trascina le stelle verso il basso: traduzione in immagini impeccabile. Gli altri punti di questo passo si trovano distribuiti nelle due pagine della miniatura, mentre nella parte inferiore destra compare una scena dell’Inferno, nel quale gli angeli scaraventano i peccatori e il diavolo appare legato. In questa scena Ende non traduce in immagini ciò che è scritto nell’Apocalisse, bensì l’integrazione di un commento del Beato de Liébana. La vivacità espressiva dello stile di Ende è uno dei punti di forza del Codice di Girona, che si rivela tra i più alti esempi della pittura del Basso Medioevo spagnolo. La miniatrice svela però altre qualità artistiche che la rendono una protagonista del suo tempo.

Beato di Girona, L’arca di Noè e gli effetti del diluvio, 975 ca, Girona, Cattedrale di Santa Maria

Come dimostra la raffigurazione dell’arca di Noè, c’è in lei la volontà di rendere in modo naturale sia i gesti che le forme anatomiche di esseri umani e animali, con un realismo che appare sorprendente soprattutto nella raffigurazione dei corpi morti in balia delle acque o abbandonati sul fondale.

Beato di Girona, San Giovanni con il testimone, 975 ca, Girona, Cattedrale di Santa Maria

Superando gli stilemi della stilizzazione, della fissità e della bidimensionalità di molti esempi pittorici precedenti, Ende apre a nuovi linguaggi artistici nei quali la ricerca dello spazio e dei volumi raggiunge livelli alti.

Qui le traduzioni in francese, spagnolo e inglese.

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Articolo di Barbara Belotti

Dopo aver insegnato per oltre trent’anni Storia dell’arte nella scuola superiore, si occupa ora di storia, cultura e didattica di genere e scrive sui temi della toponomastica femminile per diverse testate e pubblicazioni. Fa parte del Comitato scientifico della Rete per la parità e della Commissione Consultiva Toponomastica del Comune di Roma.

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