Tracey Emin in mostra a Firenze

Sex and Solitude, questo è il titolo della mostra che Palazzo Strozzi, a Firenze, ospita dal 16 marzo al 20 luglio 2025, la più grande mostra mai realizzata in Italia da un’istituzione culturale, dedicata a Tracey Emin, una delle artiste britanniche più famose, che negli ultimi trent’anni ha segnato profondamente l’immaginario femminile. La mostra fiorentina ci racconta il legame tra arte e vita nella sua produzione attraverso oltre sessanta lavori, dagli anni Novanta a oggi, che, utilizzando tecniche e materiali diversi, spaziano tra pittura, disegno, arazzi, video, fotografia, neon e scultura. Le opere in mostra provengono da tutto il mondo, da collezioni pubbliche e private, sono quelle storiche, ma anche quelle più recenti, e nuove produzioni, realizzate specificamente per l’evento espositivo.
Il pubblico è avvertito che la mostra presenta contenuti che potrebbero risultare sgradevoli per alcune persone, perciò si raccomanda l’accesso ai minori di quattordici anni solo se accompagnati da una persona adulta.

Locandina mostra (sin) – Tracey Emin (dex)
Hurt Heart, 2015 (sin) – Follow you to the end, 2024 (dex)

Il titolo della mostra fa riferimento alle tematiche principali delle opere di Emin quali la sessualità, la malattia, la vulnerabilità, la perdita, il dolore, la solitudine, l’amore. Senza filtri, irriverente, cruda, Tracey affonda in maniera diretta su esperienze personali, che hanno pesato sulla sua vita, gli abusi subiti, l’aborto, fino, più recentemente, al cancro e alla sua malattia, un vissuto che l’artista elabora e trasforma in metafore esistenziali e traduce in opere intense e potenti, dal linguaggio schietto ed esplicito. La sua è un’arte provocatoria, di denuncia, è un’autoesplorazione nella quale l’artista si mette a nudo. Il privato si tramuta così in una profonda riflessione sulla vita in opere di grande potenza. «La cosa più bella è l’onestà, anche se è davvero doloroso guardarla» ha osservato.

Tracey Karima Emin è nata il 3 luglio del 1963 a Croydon, un rione nella zona sud di Londra, da madre inglese e padre turco-cipriota, ed è cresciuta in estrema povertà nella città costiera di Margate, dove la madre possedeva un hotel, purtroppo finito in bancarotta. All’età di tredici anni è stata violentata, e da adolescente ha continuato a subire violenze, cosa che, come lei stessa ha confessato, accadeva a molte ragazze.
In un film, l’artista stessa racconta la sua adolescenza a Margate: «Non mi è mai piaciuta la scuola, ero sempre in ritardo. In realtà la odiavo, così a tredici anni me ne sono andata».
Trascorreva il suo tempo sul Golden Mile di Margate, sognando nella sua atmosfera vivace, con le sue luci al neon e le giostre, e facendo sesso. «Il sesso era qualcosa che potevi semplicemente fare ed era gratis». Aveva tredici anni e faceva sesso con uomini più grandi. Studia incisione al Maidstone Art College; nel 1987 si trasferisce a Londra per studiare pittura al Royal College of Art e comincia a sentire l’ammirazione per artisti come Egon Schiele ed Edvard Munch, per il quale ha una vera adorazione. Dopo la laurea, ha due aborti traumatici e descrive quel periodo come un “suicidio emotivo”.

There’s A Lot of Money in Chairs,
1994

In questi anni Emin sperimenta materiali inusuali e nella sua arte inizia a fondere autobiografia ed emozione. Nel novembre 1993 tiene la sua prima mostra personale alla White Cube, una galleria d’arte contemporanea di Londra. Emin lavora spesso con il tessuto, raccoglie tende, lenzuola e biancheria da hotel. Una delle sue opere è la poltrona della nonna, There’s A Lot of Money in Chairs (1994), su cui sono scritti il nome suo e quello del fratello gemello, l’anno di nascita e di morte della nonna, i nomi delle città dove si è fermata a leggere brani del suo libro, lungo la strada, seduta sulla sedia. 
Arriva alla ribalta con il gruppo YBA (Young British Artists), tenuto a battesimo dalla londinese Saatchi gallery e lanciato con la mostra Sensation alla Royal Academy of Art di Londra nel 1997. È dello stesso anno l’opera Everyone I Have Ever Slept With 1963–1995, una tenda su cui sono cuciti i nomi di tutte le persone con cui l’artista aveva dormito. Tra questi c’erano i partner sessuali, ma anche i parenti con cui aveva dormito da bambina, il fratello gemello e i suoi due bambini mai nati. L’opera è andata distrutta in un incendio nel 2004.

Everyone I Have Ever Slept With 1963–1995

Nel 1996, Emin si chiude nuda in una stanza all’interno di una galleria di Stoccolma per più di tre settimane per riconciliarsi con le sue ansie e sensi di colpa nei confronti della pittura, un mezzo che aveva abbandonato durante la gravidanza quando l’odore della pittura a olio e della trementina la faceva star male. L’opera divenne Exorcism of the Last Painting I Ever Made. I visitatori potevano guardare attraverso piccole lenti inserite nelle pareti del suo studio temporaneo. L’installazione, comprendente dipinti, lettere, oggetti personali, vari mobili, radio e lettore musicale, giornali e cibo, è riallestita nella mostra fiorentina, come pure l’altra sua opera My bed (1999).

Exorcism of the Last Painting I Ever Mad, 1996

Selezionata per il Turner Prize ed esposta alla Tate Gallery di Londra, destando non poche polemiche, My bed, realizzata durante un periodo sconvolto della sua vita, mostra il letto sfatto dell’artista circondato da oggetti personali e altri resti, come preservativi, biancheria macchiata di sangue, bottiglie di alcol vuote e mozziconi di sigaretta.

My Bed, 1999

Molte celebrità e musicisti sostengono l’arte di Emin, Elton John colleziona le sue opere, così come George Michael, le modelle Jerry Hall, Kate Moss e Naomi Campbell, Madonna e la star del cinema Orlando Bloom che ha acquistato numerose opere di Emin ad aste di beneficenza.
Nel 2001 un’altra mostra alla White Cube e l’anno dopo alla Modern art Oxford decretano il successo di Emin, la cui carriera da quel momento conosce una crescita costante. Nel 2007 rappresenta il Regno Unito alla 52ᵃ Biennale di Venezia con un’esposizione dal titolo Borrowed Light. Utilizzando un’ampia gamma di mezzi, l’artista interpreta momenti della sua vita, descrivendo in particolare come ci si sente a essere un corpo invaso dalle emozioni.

Borrowed Light alla 52ᵃ Biennale di Venezia

Emin usa spesso scritte con luci al neon, frasi dove mette tutta la sua rabbia, i suoi tormenti, i suoi desideri.

You Forgot To Kiss My Soul (sin) – Love is what you want (dex)
I followed you into the water knowing I would never return
More Passion

Nel 2018, la più grande opera al neon di Emin, I Want My Time With You, è stata esposta alla stazione di Londra St Pancras, sotto il grande orologio centrale. In un’intervista Emin ha affermato che l’opera è un messaggio per il resto d’Europa durante la crisi della Brexit, rivolto ai passeggeri che scendono dai treni Eurostar provenienti da Parigi, Bruxelles e Amsterdam.

I Want My Time With You – St Pancras International Station, 2018

Nel febbraio 2005, la prima opera d’arte pubblica di Emin, The Roman Standard, una scultura in bronzo, è stata esposta all’esterno dell’Oratorio adiacente alla Cattedrale di Liverpool. Consiste in un piccolo uccello appollaiato su un alto palo di bronzo, ed è un omaggio al famoso simbolo della città, il Liver Bird.

The Roman Standard, Liverpool, 2005

Baby Things, del 2008, è la riproduzione accurata di Emin in bronzo di minuscole scarpe e vestiti persi dai bambini, installata in giro per la città di Folkestone. Queste sculture rimandano all’alto tasso di gravidanze adolescenziali di Folkestone, simile a quello di Margate.

Baby Things, Mitten, Folkestone, 2008

Da artista trasgressiva e provocatoria, il 29 marzo 2007, Tracey Emin diventa Accademica dalla Royal Academy of Arts, nella quale nel 2011 riceve la cattedra di Disegno. Nel 2013 è nominata come una delle cento donne più potenti del Regno Unito da Woman’s Hour su BBC Radio 4.
The Mother, la sua più grande opera in bronzo, collocata nel 2022 accanto al Museo Munch di Oslo, rende omaggio alla madre di Munch, scomparsa quando lui aveva solo sei anni. Quindici tonnellate di bronzo, alta nove metri, è un monumento alla figura femminile vista come protettrice.

The Mother, Oslo, 2022

Nel 2020 le è stato diagnosticato un cancro alla vescica e si è sottoposta a un importante intervento chirurgico che ha comportato la rimozione degli organi interessati e di quelli circostanti. Ora i suoi dipinti fluttuano tra la gioia per essere ancora in vita e la sofferenza per il continuo sanguinamento delle ferite e con gocciolamenti e zampilli di rosso sul suo corpo disteso trasmettono un senso di urgenza.

I waited so Long

Tracey Emin torna al White Cube nel novembre 2024 e presenta nuovi dipinti e sculture, tra cui la scultura monumentale, I Followed You To The End, che domina lo spazio del cortile anche nella mostra fiorentina. A prima vista, la sua forma sembra astratta, poi si rivela l’anatomia inferiore di una figura con le gambe distese ambiguamente aperte che evocano un’intimità sensuale.

I Followed You To The End, 2024

Emin attualmente vive e lavora tra Londra, il sud della Francia e Margate, dove finanzia i Tracey Karima Emin (Tke) Studios, uno spazio professionale per artisti, che include anche la Tracey Emin Artist Residency (Tear), una residenza artistica gratuita per studio.
La Regina Elisabetta II, per il suo contributo alle arti visive, la nomina Commander of the Most Excellent Order of the British Empire nel 2013. Nel 2024 è insignita del titolo di Dame nell’ambito dei premi conferiti in occasione del compleanno del re.
Tracey scrive anche libri, come Esplorazione dell’anima (1994), un racconto autobiografico; collabora con i bambini, come ha fatto nel 2000 quando ha lavorato insieme a loro a un’opera d’arte alla Ecclesbourne Primary School di Islington. È nota anche per la sua attività di beneficenza, per la quale ha raccolto oltre un milione di sterline. Dona spesso opere d’arte originali per aste di beneficenza. In Uganda ha fondato la Tracey Emin Library presso la Forest High School rurale.
Roberta Smith del The New Yorker così si è espressa sul lavoro di Emin: «Nella sua arte racconta tutto, tutte le verità, sia orribili che meravigliose, ma soprattutto orribili, sulla sua vita. Il dolore fisico e psichico sotto forma di rifiuto, incesto, stupro, aborto e sesso con estranei figurano in questo racconto, così come l’amore, la passione e la gioia».

***

L’articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile. Ha scritto Le maestre dell’arte, uno studio sull’arte fatta dalle donne dalla preistoria ai nostri giorni e curato La presenza femminile nelle arti minori, ne Le Storie di Toponomastica femminile.

Lascia un commento