L’injera non è solo un pane, ma un’esperienza. Questo alimento tradizionale dell’Etiopia e dell’Eritrea conquista il palato, con la sua consistenza soffice e spugnosa e il suo caratteristico sapore acidulo. Realizzata con farina di teff, un antico cereale senza glutine originario dell’altopiano etiope, l’injera prende vita attraverso un processo di fermentazione naturale, che le conferisce il suo gusto unico e la rende facilmente digeribile. Una volta pronto, l’impasto viene versato su una grande piastra di terracotta o metallo, chiamata mitad, che lo trasforma in una sorta di crêpe sottile e delicata.
Le radici dell’injera affondano nella storia più antica del Corno d’Africa, risalendo a oltre 3.000 anni fa. Già all’epoca, il teff veniva coltivato dagli abitanti della regione per la sua capacità di adattarsi a climi difficili e per le sue incredibili proprietà nutrizionali. Il metodo della fermentazione naturale, nato probabilmente per caso, divenne presto una tecnica consolidata, migliorando la conservazione del pane e arricchendolo di nutrienti essenziali.
Durante il fiorente Impero di Axum (I secolo a.C. – VII secolo d.C.), una delle civiltà più influenti dell’Africa antica, l’injera era già un alimento di base. La sua diffusione era favorita dai commerci con il Medio Oriente e altre regioni, ma il metodo di preparazione è rimasto pressoché invariato nei secoli.
Oltre a essere un pilastro dell’alimentazione quotidiana, l’injera è un elemento fondamentale della convivialità etiope ed eritrea. Servita su un grande vassoio comune, viene accompagnata da piatti come lo shiro wat (una crema di ceci aromatica). Qui, non ci sono forchette o coltelli: il pane stesso diventa una posata, utilizzata per raccogliere il cibo e gustarlo insieme agli altri/e commensali. Questo gesto non è solo pratico, ma rappresenta un profondo simbolo di ospitalità e comunità. Condividere l’injera è un atto di amicizia, un momento di unione, che trascende la semplice alimentazione.
Nel corso dei secoli, nonostante i contatti con altre culture e l’introduzione di nuove spezie e ingredienti, la preparazione dell’injera è rimasta fedele alle tradizioni. Oggi, grazie alla diaspora etiope ed eritrea, questo pane speciale ha conquistato il mondo, trovando spazio nei ristoranti internazionali e nei cuori di chi cerca sapori autentici e ricchi di storia.
Dalla sua nascita millenaria alle tavole di oggi, l’injera continua a raccontare la cultura e l’identità del Corno d’Africa, offrendo non solo nutrimento, ma anche un legame con le proprie radici. Chi la assaggia per la prima volta scopre non solo un cibo delizioso, ma anche un pezzo di storia, servito con un gesto di condivisione.
La preparazione dell’injera richiede pochi ingredienti, ma il processo è particolare per via della fermentazione, che dona al pane la sua consistenza spugnosa e il sapore leggermente acidulo.
Ingredienti
- 2 tazze di farina di teff (può essere mescolata con altre farine come quella di grano o di riso, se necessario);
- 3 tazze di acqua;
- ½ cucchiaino di sale;
- Facoltativo: un pizzico di lievito secco per accelerare la fermentazione.
Procedimento
1. Preparazione dell’impasto e fermentazione:
- In una ciotola capiente, mescola la farina di teff con l’acqua fino a ottenere una pastella liscia e senza grumi.
- Copri la ciotola con un panno pulito e lasciala fermentare a temperatura ambiente per 24-48 ore (fino a 3 giorni per un sapore più intenso).
- Durante la fermentazione, si formerà uno strato liquido in superficie: mescola bene prima di usare l’impasto.
2. Cottura
- Scalda una piastra antiaderente o una padella grande a fuoco medio (non serve olio).
- Versa un mestolo di impasto sulla piastra, facendolo espandere in modo uniforme come una crêpe.
- Dopo pochi secondi, inizieranno a formarsi piccole bolle sulla superficie: questo è il segno che la fermentazione ha funzionato!
- Copri la padella con un coperchio e cuoci per circa 1-2 minuti, finché la parte superiore risulta asciutta.
- L’injera non si gira come le crêpe: si cuoce solo da un lato.
- Rimuovila delicatamente e lasciala raffreddare su un telo pulito.
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Articolo di Nicole Maria Rana

Nata in Puglia nel 2001, studente alla facoltà di Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. Appassionata di arte e cinema, le piace scoprire nuovi territori e viaggiare, fotografando ciò che la circonda. Crede sia importante far sentire la propria voce e lottare per ciò che si ha a cuore.
