Il rapporto Her Future at Risk. The Cost of Humanitarian Crises on Women and Girls, pubblicato da WeWorld il 5 marzo 2025, accende i riflettori sulle devastanti conseguenze delle crisi umanitarie su donne e ragazze. In questi contesti, le disuguaglianze di genere e generazionali si amplificano, lasciando le più vulnerabili in una condizione di profonda marginalizzazione. Basandosi sui dati del ChildFund Alliance World Index 2024, il report analizza otto paesi — Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Mali, Mozambico, Niger, Palestina e Ucraina — in cui WeWorld, in collaborazione con ChildFund Alliance, è attivamente impegnata. Attraverso le testimonianze dirette di operatrici umanitarie, attiviste, donne e ragazze coinvolte nei progetti sul campo, il documento offre una prospettiva concreta sulla drammaticità della situazione e sull’urgenza di un intervento globale.
Uno dei dati più allarmanti riguarda la violenza di genere: il 70% delle donne nei paesi colpiti da crisi subisce violenze, spesso per mano di gruppi armati o forze dell’ordine. In questi scenari, la violenza sessuale diventa un’arma di guerra, infliggendo danni fisici e psicologici profondi e destabilizzando intere comunità. A questa realtà si aggiunge una crisi sanitaria che colpisce in modo sproporzionato le donne: il 60% delle morti materne avviene in situazioni di emergenza, e la metà di questi decessi è legata ad aborti non sicuri. L’accesso alle cure per la salute sessuale e riproduttiva è spesso ostacolato da norme patriarcali e dalla carenza di strutture mediche adeguate. L’istruzione rappresenta un altro nodo cruciale. Nei paesi in crisi, 85 milioni di bambini sono esclusi dal sistema scolastico, e il 52% di loro sono bambine. Le ragazze hanno una probabilità 2,5 volte maggiore rispetto ai coetanei maschi di dover abbandonare la scuola e, in alcuni contesti, non hanno alcuna possibilità di ricevere un’istruzione. Il rapporto denuncia anche la piaga dei matrimoni forzati: le bambine che si sposano prima dei 15 anni hanno il 50% di probabilità in più di subire violenza domestica e sono maggiormente esposte a gravidanze precoci e complicazioni mortali. Nei contesti di conflitto e instabilità economica, molte famiglie vedono nei matrimoni forzati l’unica via per garantire un futuro alle proprie figlie, con conseguenze devastanti sulla loro libertà e il loro sviluppo.
Uno dei focus principali del documento è dedicato alla situazione in Afghanistan, dove il regime talebano ha imposto restrizioni sempre più oppressive nei confronti di donne e ragazze, negando loro istruzione, lavoro e libertà di movimento. WeWorld interviene attivamente nel paese, cercando di contrastare queste violazioni attraverso progetti mirati.
Il rapporto è suddiviso in due sezioni: il primo capitolo è dedicato alle conseguenze di genere e generazionali delle crisi umanitarie; mentre il secondo approfondisce questi aspetti nei territori coinvolti. L’approccio suggerito è trasformativo: non si tratta solo di proteggere, ma di creare le condizioni per una ripresa equa e duratura, in cui la leadership femminile giochi un ruolo centrale nella costruzione della pace e della resilienza delle comunità.
Il primo capitolo ci presenta un dato che non possiamo tralasciare. Entro il 2025, oltre 305 milioni di persone in 72 Paesi avranno bisogno di aiuti umanitari, con Africa, Medio Oriente e Asia tra le aree più colpite. Ma le crisi non si limitano a distruggere infrastrutture: il loro impatto più profondo è quello sulle persone, soprattutto su donne, bambine e bambini. Le donne affrontano barriere crescenti all’istruzione, alla sanità e al lavoro dignitoso, spesso costrette a ruoli di cura e a lavori sottopagati, mentre la violenza di genere — tra cui stupri e matrimoni forzati — diventa parte del quotidiano. Nei contesti di crisi, i matrimoni precoci si moltiplicano: in 18 dei 20 Paesi con i tassi più alti di matrimonio infantile si registrano emergenze umanitarie. Per molte famiglie, dare in sposa una figlia sembra una soluzione di sopravvivenza, ma per le ragazze significa abbandonare l’istruzione e subire marginalizzazione, gravidanze precoci e abusi.
Affrontare tutto questo richiede molto più che interventi di emergenza: serve un approccio che promuova i diritti, l’educazione e la partecipazione attiva delle comunità. I programmi più efficaci coinvolgono attivamente donne, uomini e leader locali, ridefinendo il ruolo delle bambine nella società. L’educazione resta difatti un’arma potente: garantire la scuola anche in contesti di crisi riduce il rischio di matrimoni precoci e restituisce speranza per un futuro dignitoso. Per rompere questo ciclo è fondamentale ascoltare la loro voce, includerli nei processi decisionali, garantire supporto psicologico e costruire ambienti educativi basati sulla pace, il rispetto e la consapevolezza dei propri diritti. La pace duratura nasce proprio da qui: dal riconoscere bambini e bambine non solo come vittime da proteggere, ma come protagonisti/e del cambiamento.
Le testimonianze raccolte dal personale umanitario di WeWorld, attivo in Siria, Afghanistan, Ucraina, Palestina e Mali, offrono uno spaccato diretto delle difficoltà incontrate sul campo e della necessità urgente di politiche più inclusive dal punto di vista di genere. Queste esperienze evidenziano alcune priorità fondamentali per rendere gli interventi umanitari più efficaci e giusti:
- Approcci trasformativi e su misura, per garantire risposte efficaci ai bisogni specifici di donne e bambine.
- Prevenzione e risposta alla violenza di genere, con misure più incisive per proteggere le donne e garantire loro supporto adeguato.
- Accesso a cure mediche e supporto psicologico, per affrontare gli effetti devastanti della guerra e dello sfollamento.
- Maggior partecipazione femminile nei processi decisionali, affinché le donne possano influenzare le politiche di emergenza e ricostruzione.
- Abbattimento delle barriere culturali e sociali, per garantire a donne e bambine l’accesso ai propri diritti e alle risorse fondamentali.
Dare centralità alla popolazione femminile negli interventi umanitari non è solo una questione di equità, ma una condizione essenziale per il successo e la sostenibilità delle operazioni di emergenza e ricostruzione. L’unico modo per spezzare il ciclo della povertà, della violenza e dell’emarginazione è mettere al centro della risposta umanitaria chi subisce le conseguenze più gravi e garantire loro gli strumenti per ricostruire il proprio futuro.
L’analisi del secondo capitolo si concentra su otto paesi dove WeWorld opera da anni per fornire assistenza umanitaria e monitorare l’evoluzione delle crisi. Per comprendere appieno l’impatto di queste emergenze, il rapporto analizza gli ultimi dieci anni, un periodo chiave che coincide con l’avvio dell’Agenda 2030 e del ChildFund Alliance World Index. Le crisi umanitarie vengono solitamente valutate in base ai bisogni urgenti delle popolazioni colpite — cibo, alloggio, assistenza sanitaria e sicurezza. Tuttavia, la loro visibilità e la risposta internazionale dipendono anche da fattori meno evidenti, come l’opinione pubblica, la copertura mediatica e le priorità politiche globali.
- In Afghanistan, dopo il ritorno al potere dei talebani nel 2021, i diritti delle donne e delle ragazze sono stati drasticamente limitati. Restrizioni all’istruzione, al lavoro e alla libertà di movimento hanno cancellato progressi significativi, esponendo le donne a violenze e discriminazioni sistematiche. Si parla di “apartheid di genere” per descrivere questa repressione quotidiana. Secondo l’Ocha (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) entro il 2025, quasi la metà della popolazione dell’Afghanistan — 22,9 milioni di persone, tra cui 7,8 milioni di donne e bambini che necessitano di assistenza nutrizionale — avrà bisogno di aiuti umanitari.
- Il Burkina Faso è segnato da conflitti armati e instabilità politica, con effetti devastanti sulle comunità locali. Ogni tre giorni e mezzo, una ragazza sotto i 19 anni rimane incinta, e ciò rende evidente la vulnerabilità delle giovani donne in questo contesto. La violenza diffusa e l’insicurezza limitano gravemente l’accesso all’istruzione e ai servizi sanitari, aumentando il rischio di matrimoni precoci e sfruttamento. Secondo il ChildFund Alliance World Index, meno di una bambina su tre frequenta regolarmente la scuola.
- In Etiopia, conflitti interni e disastri naturali hanno provocato massicci sfollamenti e gravi crisi alimentari. Il 27% delle donne e ragazze affrontano un alto rischio di violenza di genere, mentre l’accesso limitato all’istruzione e ai servizi sanitari compromette il loro sviluppo e benessere (ChildFund Alliance World Index).
- Il Mali è colpito da attacchi terroristici e scontri con gruppi armati, che limitano drasticamente l’accesso all’istruzione e al lavoro, soprattutto per questa fetta di popolazione. Le rigide norme culturali e le aspettative sociali le confinano spesso a ruoli domestici, ostacolando la loro partecipazione alla vita pubblica e ai processi decisionali.
- Il Mozambico è stato devastato da eventi climatici estremi, come il ciclone Idai, che hanno distrutto infrastrutture e mezzi di sussistenza. Quasi una donna su cinque ha riferito di aver subito violenza da parte del partner, evidenziando la necessità di interventi mirati per tutelare i diritti delle donne e garantire loro sicurezza e opportunità (ChildFund Alliance World Index).
- In Niger, l’insicurezza causata da gruppi jihadisti ha provocato sfollamenti e violenze diffuse. Le donne e le ragazze sono particolarmente vulnerabili, esposte a un alto rischio di violenza sessuale e matrimoni precoci, con un accesso estremamente limitato all’istruzione. L’instabilità politica recente ha ulteriormente aggravato la situazione umanitaria (WeWorld, 2024).
- In Palestina, le violazioni sistematiche del diritto internazionale e dei diritti umani aggravano una crisi già drammatica. Nel 2023, un bambino palestinese su dieci non frequentava la scuola, segnale di un accesso all’istruzione sempre più compromesso. Le donne affrontano restrizioni alla mobilità, violenze e discriminazioni, con conseguenze significative sulla loro partecipazione sociale ed economica (ChildFund Alliance World Index).
- La guerra in Ucraina ha devastato infrastrutture e servizi essenziali, aumentando la dipendenza della popolazione dagli aiuti umanitari. Donne e ragazze affrontano un rischio elevato di violenza di genere, tratta e sfruttamento, mentre l’accesso all’istruzione e ai servizi sanitari è gravemente compromesso (Ocha, 2024).
Un focus particolare riguarda l’Afghanistan che, in particolar modo, vive una crisi complessa e stratificata, in cui conflitti, disastri naturali e insicurezza alimentare si intrecciano con la sistematica erosione dei diritti delle donne. Dal 2021, il ritorno al potere delle Autorità De Facto ha cancellato ogni progresso, imponendo restrizioni draconiane su istruzione, sanità e libertà di movimento femminile, trasformando l’emergenza umanitaria in una crisi profondamente politica. Nonostante le crescenti limitazioni, le organizzazioni umanitarie continuano a operare con resilienza, garantendo l’accesso ai servizi essenziali e difendendo spazi di libertà sempre più ristretti. Questi interventi non sono solo risposte emergenziali, ma rappresentano l’unico ponte tra il diritto al presente e la speranza per il futuro. Dal 2002, WeWorld ha sviluppato diversi programmi in Afghanistan per sostenere le comunità più vulnerabili. Le iniziative spaziano dall’empowerment giovanile, con il supporto ai due principali orfanotrofi di Kabul e programmi contro l’abbandono scolastico, al settore agricolo, aiutando circa 1.500 famiglie con interventi infrastrutturali. In ambito di sicurezza alimentare, l’organizzazione ha distribuito 2.000 capre gravide a oltre 600 famiglie sfollate nella Valle di Arirod. Inoltre, ha realizzato progetti Wash (acqua, servizi igienico-sanitari e igiene), tra cui un acquedotto a caduta e un sistema di canalizzazione delle acque inondabili nel distretto di Karukh, grazie al finanziamento dell’Aics, Fao e Unhcr.
Dopo il ritiro delle forze internazionali nell’agosto 2021, WeWorld ha ripreso le proprie attività in Afghanistan, concentrandosi sugli aiuti umanitari. Dal marzo 2022 ha implementato quattro programmi di emergenza per la distribuzione di denaro contante nella provincia di Herat, rispondendo all’insicurezza alimentare nel distretto di Kushk Robat-e-Sangi. Nel 2023, in seguito al terremoto di ottobre, ha fornito assistenza grazie al supporto del ChildFund Alliance.
Tra le principali iniziative messe in campo, spiccano gli interventi Cash-for-Food, ovvero aiuti economici destinati soprattutto a famiglie guidate da donne, in particolare vedove, spesso tra le più vulnerabili nei contesti di crisi. Le distribuzioni, realizzate sia in collaborazione con l’Ong afghana Rraa sia direttamente da WeWorld, si sono susseguite tra marzo 2022 e gennaio 2024: in tutto, 19 interventi che hanno permesso di sostenere ben 550 famiglie. Un altro fronte di azione fondamentale è stata la risposta all’emergenza terremoto: a seguito del sisma dell’ottobre 2023, sono stati distribuiti contributi economici per l’acquisto di beni di prima necessità e per garantire ripari adeguati durante l’inverno. A ciò si sono aggiunti tre ulteriori interventi di Cash-for-Food, realizzati tra dicembre 2023 e febbraio 2024, che hanno raggiunto altre 155 famiglie in difficoltà.
Il futuro dei diritti delle donne è sempre più incerto, soprattutto nei contesti segnati da crisi umanitarie, dove disuguaglianze di genere già esistenti si aggravano fino a diventare vere e proprie emergenze. Le donne e le ragazze affrontano vulnerabilità multiple, tra instabilità politica, collasso economico e risposte umanitarie cronicamente sottofinanziate. Eppure, nonostante l’urgenza, i programmi volti a contrastare la violenza di genere restano tra i meno finanziati al mondo: nel 2024, solo il 27% dei fondi necessari è stato raccolto. A peggiorare il quadro, il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti nel gennaio 2025 ha portato a tagli drastici ai fondi umanitari e alla sospensione delle attività dell’Usaid, con conseguenze devastanti per milioni di donne, tra cui 11 milioni di donne incinte in cerca di protezione. La reintroduzione della Global Gag Rule — una politica che limita i finanziamenti a organizzazioni che offrono servizi legati all’aborto — ha ulteriormente compromesso l’accesso alla salute sessuale e riproduttiva, costringendo molte strutture a chiudere o ridurre i servizi essenziali.
In questo scenario segnato da incertezza politica e finanziaria, diventa sempre più urgente adottare approcci umanitari trasformativi e centrati sul genere, capaci non solo di rispondere all’emergenza ma di affrontare le radici delle disuguaglianze. Il feministhumanitarianism propone proprio questo: un cambio di paradigma che metta al centro la leadership delle donne, la partecipazione attiva delle comunità e la trasformazione dei sistemi che perpetuano la violenza e l’esclusione. Solo così sarà possibile costruire risposte davvero efficaci, inclusive e durature, restituendo alle donne non solo protezione, ma anche potere e protagonismo.
Per consultare il report, clicca qui.
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Articolo di Nicole Maria Rana

Nata in Puglia nel 2001, studente alla facoltà di Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. Appassionata di arte e cinema, le piace scoprire nuovi territori e viaggiare, fotografando ciò che la circonda. Crede sia importante far sentire la propria voce e lottare per ciò che si ha a cuore.
