«Se consideriamo l’odonomastica e la toponomastica come un libro di storia a cielo aperto, la carenza di intitolazioni femminili denota una disarmonia di contenuti e valori. Stiamo quindi trasmettendo alle nuove generazioni un patrimonio di conoscenza e memoria parziale, squilibrato e ingiusto».
Barbara Belotti
Sabato 12 ottobre 2024, nella sala Belvedere del Castello Imperiali di Francavilla Fontana, ho avuto il piacere di coordinare la prima sessione dei lavori del XIII Convegno di Toponomastica femminile nella giornata, aperta alla cittadinanza, dedicata agli Strumenti di parità per ridurre il gap di genere. Oltre a moderare l’interessantissimo dibattito, sono stata incaricata di presentare la relazione di una delle fondatrici della nostra associazione, Barbara Belotti, incentrata sull’importanza dell’intitolazione delle vie alle donne come strumento di parità. Belotti, reduce dal Festival della rivista Internazionale dove era stata relatrice nell’incontro intitolato Mappe dedicato alla toponomastica e seguito da un pubblico numeroso e interessato, non aveva potuto raggiungerci in Puglia. Barbara Belotti, oltre a essere una cara amica e un punto di riferimento importante nella nostra associazione, è una storica dell’arte e docente italiana, fa parte della Commissione consultiva di toponomastica del Comune di Roma. Ha scritto Il femminile dalla famiglia allo spazio pubblico insieme a Maria Pia Ercolini (Il Mulino 2019) e Le Medici (Storie di Toponomastica femminile 2021), oltre a numerosi contributi per vitaminevaganti e altre riviste e libri.
In questo mio contributo mi sono ispirata alla sua relazione per il convegno sottolineando alcuni aspetti che mi piace riportare e su cui riflettere.
Partirò dalla prima parte del titolo della relazione: Intitolare vie alle donne si può. Forse non tutte e tutti sanno che è competenza dei Comuni intitolare luoghi e vie nei territori. Sia che siano presenti o no le Commissioni Toponomastiche, cui spettano i pareri sulle proposte dei nomi, all’intitolazione possono concorrere enti, associazioni, comitati, singole persone che devono presentare le istanze corredandole delle necessarie motivazioni all’origine della scelta. Il nostro Concorso per le scuole “Sulle vie della parità”, per esempio, invita le classi a farsi promotrici presso le amministrazioni comunali di richieste di intitolazione alle donne, traguardo finale di percorsi di studio con i quali evidenziare il contributo femminile alla costruzione della società. Le intitolazioni delle vie, tra l’altro, rientrando tra le funzioni dei Comuni, non richiedono costi ulteriori rispetto a quelli già previsti in bilancio. Ecco perché intitolare vie alle donne si può.

Su quasi 146mila strade di trenta città europee in 17 paesi, più del novanta per cento sono intitolate a uomini bianchi; questa predominanza dell’odonomastica maschile lascia spazi molto limitati alla memoria delle donne. Sulla base dei dati raccolti, circa il 5% delle intitolazioni di vie e piazze in Italia si riferisce a nomi femminili mentre le intitolazioni maschili sfiorano il 50%.
Da quando Toponomastica femminile si è costituita in associazione, ha molto lavorato sui censimenti delle varie città italiane, avviando una trasformazione nella percezione del problema. L’attenzione rivolta a questo particolare aspetto del gender gap dalle amministrazioni locali, dalle associazioni, dagli enti vari e dalla cittadinanza nel suo complesso è cambiata e oggi alla toponomastica femminile sono dedicate sezioni apposite dei bilanci di genere dei Comuni, tra cui quello di Milano. Sarà un cammino lungo ridurre il divario perché, se il percorso è ormai avviato da anni, i dati si sono discostati poco da quelli dei primi rilevamenti del 2012.

Sappiamo bene che la causa della scarsa presenza di nomi femminili sulle targhe delle strade risiede nella secolare esclusione delle donne dal potere, dalla cultura, dalla storia, insieme all’oblio storico perdurante. Purtroppo le scelte odonomastiche sono nate (e continuano ancora a nascere) sulla base di valutazioni e decisioni culturali-politiche con criteri sfavorevoli alle donne, anche perché spesso manca, in chi deve prendere le decisioni in merito, la conoscenza di quanto le donne hanno fatto nell’arte, nella scienza, nella poesia, nella politica, nel diritto, nell’economia, in tutti i settori della società.
Inoltre un fattore tutt’altro che secondario è la presenza maschile predominante e a volte esclusiva nei consigli comunali e/o nelle Commissioni consultive per la toponomastica. Barbara Belotti ricorda che «Per rendere le procedure di intitolazione più efficaci, attente e rispettose della storia e della memoria del genere femminile i Comuni dovrebbero iniziare a ripensare i regolamenti toponomastici a partire dalla composizione stessa delle Commissioni. Nel 2013 il Comune di Roma ha pubblicato un avviso per il rinnovo della Commissione Consultiva di Toponomastica in cui si stabiliva sia la parità di genere fra i/le componenti, sia la presenza di un’esperta di toponomastica femminile. A Torino nel 2021 il nuovo regolamento ha messo nero su bianco che a ogni gruppo di intitolazioni maschili devono corrispondere intitolazioni femminili superiori di almeno un’unità; inoltre fanno parte della Commissione consultiva rappresentanti di Toponomastica femminile, SIL, SIS, CIRSDE (Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere)», ente a cui è stato assegnato anche il compito di individuare e disciplinare le funzioni del Gender City manager.

Da sempre Toponomastica femminile sottolinea l’effetto negativo sulle bambine della mancanza di modelli femminili nell’odonomastica e come questa mancanza contribuisca a sminuire il valore sociale, culturale e umano delle donne, confermando nelle bambine e nelle ragazze la tendenza a sottostimarsi, a rafforzare nei loro compagni di scuola e di gioco modelli stereotipati e deformati. Per questo si deve intitolare luoghi a figure femminile di valore e farle uscire dall’oblio in cui sono state relegate.
Che dire, però, delle numerose intitolazioni a vittime di femminicidio cui assistiamo in questi ultimi anni? Se è vero che sono spesso una forma di partecipazione di intere comunità al dolore delle famiglie e delle persone vicine alle donne uccise, spesso per mano dei compagni di vita, è da considerare completamente sbagliata l’idea che questo tipo di intitolazioni servano a riequilibrare il gap di genere dell’odonomastica.
«Le bambine, le ragazze e le donne non hanno bisogno di una toponomastica del lutto e del martirologio, ma di modelli forti e positivi» sostiene Barbara Belotti. Il suggerimento, in casi di questo genere, è quello di restituire simbolicamente con un albero una forma di vita violentemente sottratta alla società, come è stato fatto all’interno del palazzo della Procura di Tivoli, con Toponomastica femminile, con una panchina rossa e un albero di melograno
In copertina: targa piazzale delle lavoratrici. Lodi.
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Articolo di Sara Marsico

Giornalista pubblicista, si definisce una escursionista con la “e” minuscola e una Camminatrice con la “C” maiuscola. Eterna apprendente, le piace divulgare quello che sa. Procuratrice legale per caso, docente per passione, da poco a riposo, scrive di donne, Costituzione, geopolitica e cammini.
