L’avanguardia sovversiva di Marcel Moore

Marcel Moore, nata Suzanne Malherbe il 19 luglio 1892 a Nantes, cresceva in un ambiente borghese, circondata da libri, arte e musica. Fin da piccola dimostrò un talento naturale per il disegno, tanto che intraprese studi all’École des Beaux-Arts di Nantes, dove si avvicinò all’eleganza sinuosa dell’Art Nouveau e alla raffinatezza dell’Art Déco, con una predilezione per l’illustrazione grafica.

Ma il destino di Suzanne cambiò radicalmente il giorno in cui incontrò Lucy Schwob, futura Claude Cahun. Tra loro nacque qualcosa di profondo: un legame viscerale, di vita e di creazione. Quando, intorno al 1917, le rispettive madri sposarono due fratelli, Suzanne e Lucy divennero sorellastre anche di fronte alla legge — un’alleanza perfetta per nascondere una verità che il mondo di allora non avrebbe mai accettato: il loro amore. Fu in quel periodo che Suzanne scelse il nome d’arte Marcel Moore, rompendo le convenzioni come aveva fatto anche Lucy con il suo pseudonimo. Questi nomi non marcatamente femminili erano una sfida, un manifesto di libertà contro i ruoli imposti, un’affermazione del diritto di reinventarsi. Negli anni Venti e Trenta, Moore e Cahun si stabilirono a Parigi, nel cuore pulsante dell’avanguardia. Frequentavano surrealisti, intellettuali, ribelli. Collaboravano con figure come André Breton, intrecciando arte e vita in un atto di continua rivoluzione. Moore, in particolare, brillava come illustratrice raffinata e come mente creativa dietro molte delle fotografie concettuali che oggi conosciamo attraverso il nome di Cahun. Ma la verità è che spesso, dietro l’obiettivo, c’era lei: Marcel Moore, regista silenziosa di immagini che sfidavano le convenzioni del tempo e di genere.

Nel 1937, forse cercando pace o forse un’altra forma di resistenza, si trasferirono sull’isola di Jersey. Tuttavia, la tranquillità durò poco: con l’occupazione nazista durante la Seconda guerra mondiale, decisero di lottare in modo audace e poetico. Diffondevano messaggi anonimi e provocatori contro il regime, firmandosi “Il soldato senza nome”. Scoperte e arrestate nel 1944, furono condannate a morte. Solo la liberazione dell’isola impedì l’esecuzione, ma le ferite di quella esperienza rimasero incise nel corpo e nell’anima.

Claude Cahun si spense nel 1954, mentre Marcel Moore sopravvisse, sola, fino al 1972, anno in cui scelse di togliersi la vita a Saint Helier, su quell’isola che aveva visto la loro sfida più grande. Per decenni, il nome di Marcel Moore rimase nell’ombra. Ma oggi, grazie agli studi femministi e queer, il suo contributo viene finalmente riconosciuto: non era una semplice “compagna” o “assistente”, ma un’artista pienamente autonoma, una co-creatrice visionaria che ha lottato, con l’arte e con la vita, per aprire spazi nuovi di libertà e identità.
Formata nell’eleganza sinuosa dell’Art Nouveau e nelle linee decise dell’Art Déco, Marcel Moore trovò presto un suo modo di esprimersi: raffinata, precisa, poetica, ma capace di sovvertire le regole. Si impose come illustratrice di libri e riviste, ma uno dei suoi capolavori resta Vues et visions (1919), la raccolta di prose poetiche firmata da Claude Cahun. Il suo linguaggio visivo è una trama fitta di allegorie e sogni dove i confini tra immaginazione e realtà, tra maschile e femminile, si dissolvono. Le sue illustrazioni esplicitano senza alcun dubbio la padronanza tecnica: tratti eleganti e vibranti, un raffinato gusto per l’essenziale, un’eco della tradizione giapponese del disegno su carta. Ma oltre la maestria, c’è la volontà radicale di spezzare i codici visivi dominanti: un gesto che rispecchiava, nell’arte figurativa, quello che Cahun compiva con la prosa.

Ma è soprattutto nel campo della fotografia sperimentale, costruita a quattro mani con Cahun, che la sua presenza si fa ancora più potente. Molti degli iconici autoritratti di Claude Cahun — quelli che abbiamo esplorato nell’articolo del numero 324 di Vv — esistono grazie a Moore, l’occhio dietro l’obiettivo. Marcel Moore non era affatto una semplice “fotografa esecutrice”: era parte viva e pulsante del processo creativo. Ogni posa, ogni scenografia, ogni gioco di luce e di ombra nasceva da un dialogo a due voci con Cahun. Gli scatti non erano mai improvvisati: erano vere e proprie performance visive, esperimenti che inventavano un linguaggio nuovo, capace di anticipare di decenni temi oggi fondamentali come la fluidità di genere, l’identità come messa in scena, il corpo come territorio da reinventare. È per questo che oggi le riconosciamo come pioniere: dell’arte concettuale, del pensiero queer, della fotografia performativa. Marcel Moore, in particolare, emerge come una delle prime artiste a incarnare una visione davvero multidisciplinare — in un’epoca che, per una donna (e ancor più per una donna che amava un’altra donna), lasciava pochissimo spazio per esprimere tutto questo.

Quando nel 1919 una giovanissima Claude Cahun pubblica Vues et visions, a prendere vita è un sodalizio artistico destinato a lasciare il segno. A dare risvolto visivo alle impressioni oniriche e simboliste di Cahun è proprio Moore. Sfogliando Vues et visions, ci immergiamo in un mondo sospeso, dove parole e immagini si rincorrono senza mai sovrapporsi, ma arricchendosi a vicenda — una vera e propria convivenza, come quella delle due artiste. I disegni in bianco e nero di Moore sono eleganti e misteriosi e non si limitano ad accompagnare i testi: li amplificano, li riscrivono in un altro linguaggio. Ogni tavola racconta un universo a sé: corpi che si trasformano, occhi che osservano da mondi nascosti, figure ibride che fluttuano in spazi senza confini. Il simbolismo è denso, quasi febbrile, mentre le linee sono pulite, sottili, continue.

L’influenza delle stampe giapponesi, amatissime dall’avanguardia francese, si intravede nei dettagli decorativi e nella leggerezza della composizione che Moore riesce a far sua in modo personale, onirica e ambigua. Nelle illustrazioni di Vues et visions non c’è un tempo né un luogo precisi: tutto sembra avvenire dentro un sogno, in uno spazio fluido dove l’identità si scompone e si ricrea. Già qui si intuisce quanto Moore non fosse semplicemente un’illustratrice: era una narratrice di immagini, capace di aprire varchi nell’invisibile che espandono il testo, poeticamente diventando “aperte”, invitando a un’interpretazione personale e intuitiva. Alcune di queste meritano particolare attenzione.

Le Croisic. In questa illustrazione, Moore rappresenta due figure femminili in primo piano, con lo sfondo di un paesaggio marino stilizzato dove le linee ondulate del mare e del cielo creano un’atmosfera onirica e simbolica. La composizione suggerisce un legame profondo tra le due figure, evocando intimità e connessione emotiva, sicuramente un motivo ricorrente nella vita delle artiste.​

Le Croisic

La réponse. Questa tavola mostra una figura femminile che versa dell’acqua da un’anfora, con un’altra figura che osserva. L’immagine richiama simboli di purificazione e comunicazione: l’atto di versare l’acqua, infatti, può essere interpretato come un gesto di offerta o di condivisione, mentre l’osservatrice rappresenta la ricezione o la contemplazione.​

Le départ. In questa illustrazione, una figura femminile giace su un letto, con lo sfondo di un paesaggio urbano stilizzato. La scena suggerisce un momento di transizione o di partenza, con la figura che sembra in bilico tra il sonno e la veglia, tra il sogno e la realtà. Il contrasto tra le due dimensioni — interno ed esterno — sottolinea il tema del viaggio interiore.

Le départ

A Marcel Moore è stata intitolata una strada a Parigi: si tratta dell’Allée Claude Cahun–Marcel Moore, situata nel 6° arrondissement, nel quartiere di Montparnasse. Questa via è stata inaugurata nel 2018 e rappresenta la prima strada al mondo ufficialmente dedicata a una coppia dello stesso sesso. La scelta del luogo non è casuale: si trova vicino a rue Notre-Dame-des-Champs, dove Moore e Cahun vissero e lavorarono insieme. L’intitolazione è stata promossa dal Consiglio di Parigi come gesto simbolico per onorare la memoria delle due artiste e attiviste, riconoscendo il loro contributo all’arte, alla resistenza contro il nazismo e alla visibilità Lgbtqia+.

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Articolo di Nicole Maria Rana

Nata in Puglia nel 2001, studente alla facoltà di Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. Appassionata di arte e cinema, le piace scoprire nuovi territori e viaggiare, fotografando ciò che la circonda. Crede sia importante far sentire la propria voce e lottare per ciò che si ha a cuore.

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